mercoledì 9 febbraio 2011

Fino a quando, Signore?

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Pare che una volta convertito, dopo aver tanto faticato per abbandonare le gozzoviglie della passata gioventù, Agostino, quando già era stato acclamato vescovo dai suoi concittadini, fu preso dallo sconforto. I risultati della sua prodigiosa azione pastorale stentavano a venire; dopo i primi mesi di entusiasmo, anche la comunità della sua diocesi cominciava a dare segni di pigrizia, di insofferenza; già cominciavano i ritardi alle riunioni domenicali, già si vociferava di prediche troppo lunghe... Il povero Agostino allora si rivolse al Crocifisso così: "O Signore Gesù, dimmi, quanta pazienza dovrò avere con questo popolo che Tu mi hai affidato? Fino a quando li sopporterò? Quanta pazienza? Ti prego, rispondimi...". Dopo qualche minuto gli parve di udire la risposta di Cristo: "La stessa pazienza che Io ho avuto con te, Agostino!".



«Così dobbiamo quasi imitare Dio, la sua pazienza»

A commento di questo aneddoto, riporto una risposta di papa Benedetto XVI nell’intervista rilasciata ai giornalisti sull’aereo durante il volo verso Cipro il 4 giugno 2009 (dopo l’assassinio di monsignor Luigi Padovese il 3 giugno) e un brano di don Luigi Giussani tratto da "Si può (veramente?!) vivere così?" (Bur, Milano 1996, pp. 246-247).


«Con tutti questi episodi che stiamo vivendo, c’è sempre il pericolo che si perda la pazienza, che si dica “adesso basta”, e non si voglia più cercare la pace. E qui mi viene in mente una bella storia del Parroco di Ars. Alle persone che gli dicevano: non ha senso che io adesso vada alla confessione e all’assoluzione, perché dopodomani sono sicuro di ricadere negli stessi peccati, il Curato d’Ars rispondeva: non fa niente, il Signore volutamente dimentica che tu dopodomani farai gli stessi peccati, ti perdona adesso completamente, sarà longanime, e continuerà ad aiutarti, a venire verso di te. Così dobbiamo quasi imitare Dio, la sua pazienza. Non perdere mai la pazienza, non perdere il coraggio, non perdere la longanimità di ricominciare; creare queste disposizioni del cuore di ricominciare sempre di nuovo, nella certezza che possiamo andare avanti, che non tutto è perduto, che possiamo ancora farcela, che la soluzione non si trova nella rabbia, ma nella pazienza del bene» (Benedetto XVI).


«Di fronte a una presenza, uno è colpito e dice: “Gli vado dietro!”, “Sì, ti vengo dietro!”. Il è il “ti vengo dietro”. Poi commette cento assassinii, ma dopo il centesimo assassinio – li ha fatti dimenticando tante cose, risentendo i rimorsi –, se dopo cento assassinii quella presenza lì gli dicesse: “Ma, cosa hai fatto? Con chi sei?”, con tutto il dolore del mondo direbbe: “Con te”.
Così il di san Pietro non è una decisione, ma è l’emergenza di qualcosa che si era creato giorno per giorno, come un filo che attraversava tutte le sue giornate, perché non c’era niente come quell’uomo lì. Questo non gli ha impedito di farsi dare del “satana” da Lui, di rinnegarlo (ma dire i cento assassinii mi piace di più, perché è più chiaro)».(L. Giussani)