venerdì 11 febbraio 2011

L'azione pastorale: caratteristiche

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Poichè la fede - cioè l'accettazione esistenziale e consapevole dell'iniziativa salvifica del Padre - è un fatto globale e originale, anche l'azione pastorale avrà queste caratteristiche.

Globalità.
Con l'atto di fede cambia la prospettiva su tutto. Se qualcosa nella vita dei singoli credenti e delle comunità cristiane si impone e si sviluppa senza apprezzabile differenza dalla visione antropologica e cosmologica di chi non crede, c'è da dubitare dell'autenticità dell'atto di fede.
Cè qui da ricordare che, a misura che la connessione con la Rivelazione si fa mediata e indiretta, e dunque ci si allontana dai contenuti sorgivi dell'annuncio (per i quali non è ammissibile nessun pluralismo), può insorgere una multiformità di prospettive e di proposte, che dovranno o almeno potranno essere rispettate nella loro varietà, purchè non si arrivi a compromettere con questo la sostanziale unità e il rigore intrinseco della verità rivelata, e purchè la pluralità dei pareri non finisca con l'essere di grave danno ai primi destinatari dell'azione pastorale, che sono i piccoli e i semplici. (1).

Originalità.
Chi accoglie Cristo come Figlio di Dio e Salvatore, chi ritiene di avere Dio per Padre e il Regno di Dio per traguardo e modello della esistenza terrestre, non può avere nè la stessa concezione del mondo e dei suoi problemi nè la stessa visione dell'uomo e dei valori umani nè lo stesso atteggiamento esistenziale di chi non crede.
In nessun campo che sia propriamente umano, l'aver fede o il non averla può essere giudicato irrilevante. Nessuna meraviglia perciò che coloro che hanno accolto Cristo come il centro e il senso dell'universo approdino in ogni settore della vita a posizioni quasi sempre ben diverse da quelle di coloro "che non hanno speranza" (1Ts.4,13). (2)
Qui trova la sua riprovazione l'eresia oggi serpeggiante, che tende a non percepire più una sostanziale differenza tra Chiesa e mondo, tra il credente e il non credente, tra la visione cristiana delle cose e le ideologie del momento. E qui trova la sua giusta dimensione il problema del dialogo. Il dialogo con gli uomini di ogni cultura (ferma restando la necessità della condanna degli errori in quanto tali) è necessario e va sempre tentato senza stanchezza e senza scoraggiamenti per le seguenti ragioni:

- perchè il cristiano non deve mai fare della sua fede una cittadella impenetrabile e opaca, ma piuttosto una irradiazione su tutta la realtà e su tutti i cuori;
- perchè ogni uomo è originariamente modellato su Cristo, e perciò ha già nella sua stessa natura (quando non è arbitrariamente soffocata o alterata) una certa affinità con la verità che illumina e salva;
- perchè ogni uomo è di fatto sotto l'azione dello Spirito Santo, che può trovare ascolto e corrispondenza nell'interno persino dei cuori che sembrerebbero più lontani.

Il dialogo però va tentato senza illusioni, e soprattutto senza attenuazioni della ricchezza spirituale cristiana. Il secondo capitolo della prima lettera ai Corinzi ci insegna che c'è dissenso irriducibile tra l'uomo pneumatikòs (cioè l'uomo in cui lo Spirito si è fatto principio di conoscenza e di vita) e l'uomo psychicòs (cioè l'uomo impenetrabile all'azione dello Spirito e alieno dalla visione di fede). Essi non potranno intendersi veramente sui problemi fondamentali e sul significato profondo dell'esistenza, a meno che l'incredulo cominci a credere o, sventuratamente, il credente cominci a non credere più...
Fonte: G. Biffi, Pecore e pastori, op. cit.

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(1): Facilmente immaginabili sono le implicazioni di questo principio sulla prassi pastorale di una parrocchia in cui sono presenti, ad esempio, Cammino Neo-catecumenale, Comunione e Liberazione, Rinnovamento nello Spirito Santo e Focolari... A tal proposito può essere forse utile rileggere il famoso testo di Vincenzo di Lerins, che riporto di seguito:

Dal «Primo Commonitorio» di san Vincenzo di Lerins, sacerdote
(Cap. 23; PL 50, 667-668)

Lo sviluppo del dogma
Qualcuno forse potrà domandarsi: non vi sarà mai alcun progresso della religione nella Chiesa di Cristo? Vi sarà certamente e anche molto grande.
Chi infatti può esser talmente nemico degli uomini e ostile a Dio da volerlo impedire? Bisognerà tuttavia stare bene attenti che si tratti di un vero progresso della fede e non di un cambiamento. Il vero progresso avviene mediante lo sviluppo interno. Il cambiamento invece si ha quando una dottrina si trasforma in un'altra.
E' necessario dunque che, con il progredire dei tempi, crescano e progrediscano quanto più possibile la comprensione, la scienza e la sapienza così dei singoli come di tutti, tanto di uno solo, quanto di tutta la Chiesa. Devono però rimanere sempre uguali il genere della dottrina, la dottrina stessa, il suo significato e il suo contenuto. La religione delle anime segue la stessa legge che regola la vita dei corpi. Questi infatti, pur crescendo e sviluppandosi con l'andare degli anni, rimangono i medesimi di prima. Vi è certamente molta differenza fra il fiore della giovinezza e la messe della vecchiaia, ma sono gli stessi adolescenti di una volta quelli che diventano vecchi. Si cambia quindi l'età e la condizione, ma resta sempre il solo medesimo individuo. Unica e identica resta la natura, unica e identica la persona.
Le membra del lattante sono piccole, più grandi invece quelle del giovane. Però sono le stesse. Le membra dell'uomo adulto non hanno più le proporzioni di quelle del bambino. Tuttavia quelle che esistono in età più matura esistevano già, come tutti sanno, nell'embrione, sicché quanto a parti del corpo, niente di nuovo si riscontra negli adulti che non sia stato già presente nei fanciulli, sia pure allo stato embrionale.
Non vi è alcun dubbio in proposito. Questa è la vera e autentica legge del progresso organico. Questo è l'ordine meraviglioso disposto dalla natura per ogni crescita. Nell'età matura di dispiega e si sviluppa in forme sempre più ampie tutto quello che la sapienza del creatore aveva formato in antecedenza nel corpicciuolo del piccolo.
Se coll'andar del tempo la specie umana si cambiasse talmente da avere una struttura diversa oppure si arricchisce di qualche membro oltre a quelli ordinari di prima, oppure ne perdesse qualcuno, ne verrebbe di conseguenza che tutto l'organismo ne risulterebbe profondamente alterato o menomato. In ogni caso non sarebbe più lo stesso.
Anche il dogma della religione cristiana deve seguire queste leggi. Progredisce, consolidandosi con gli anni, sviluppandosi col tempo, approfondendosi con l'età. E' necessario però che resti sempre assolutamente intatto e inalterato.
I nostri antenati hanno seminato già dai primi tempi nel campo della Chiesa il seme della fede. Sarebbe assurdo e incredibile che noi, loro figli, invece della genuina verità del frumento, raccogliessimo il frutto della frode cioè dell'errore della zizzania.
E' anzi giusto e del tutto logico escludere ogni contraddizione tra il prima e il dopo. Noi mietiamo quello stesso frumento di verità che fu seminato e che crebbe fino alla maturazione.
Poiché dunque c'è qualcosa della primitiva seminagione che può ancora svilupparsi con l'andar del tempo, anche oggi essa può essere oggetto di felice e fruttuosa coltivazione.


(2): Dalle "Omelie sulla Prima Lettera ai Corinzi", di san Giovanni Crisostomo, vescovo


"Parliamo di una sapienza divina, misteriosa", dice l'apostolo. Il mistero non ammette dimostrazione, ma annuncia ciò che è. Non sarebbe più mistero divino se tu vi aggiungessi qualcosa di tuo. Del resto si chiama mistero proprio perchè crediamo non ciò che vediamo, ma altro è ciò che vediamo e altro quello in cui crediamo. Tale è la natura dei misteri della nostra fede.
Diversa dinanzi al mistero è la reazione di me che credo e di chi non crede. Io ascolto che Cristo è stato crocifisso e rimango pieno di meraviglia dinanzi al Suo amore per gli uomini; lo ascolta chi non crede e dice che è stoltezza. Io ascolto che Egli si è fatto servo, e ammiro la Sua sapienza; lo ascolta quell'altro e lo considera un'abiezione. Io sento che è morto, e stupisco dinanzi alla Sua potenza che non è stata vinta dalla morte, ma anzi ha distrutto la morte; lo sente quello e lo giudica una pazzia.
Quando chi non crede sente parlare di resurrezione, la ritiene una favola; io invece, convinto all'evidenza dalle prove che possediamo, adoro l'economia di Dio.Quando quello sente parlare di lavacro, pensa solo all'acqua; io non solo vedo quello che appare, ma anche la purificazione dell'anima per mezzo dello Spirito. Quello pensa che io abbia lavato soltanto il corpo; io invece credo che anche l'anima è diventata pura e santa, e penso al sepolcro, alla resurrezione, alla santificazione, alla giustizia, alla redenzione, all'adozione, all'eredità, al Regno dei Cieli, allo Spirito che mi è stato dato. Non considero infatti quello che appare agli occhi del corpo, ma ciò che rappresenta agli occhi dell'anima. Sento nominare il corpo di Cristo: io intendo in un senso, colui che non crede in un altro.
E' come quando i bambini vedono un libro, ma non conoscendo il valore delle lettere, non capiscono ciò che vedono. Così avviene nei riguardi del mistero: gli infedeli odono, ma come non udissero nulla; invece i credenti, che hanno ricevuto dallo Spirito la capacità di comprendere,penetrano nel significato nascosto.