mercoledì 13 aprile 2011

Prega Dio in spirito.

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Per la sera propongo un testo di Giovanni di Apamea, un Padre siriaco del V secolo.
"La preghiera non è resa perfetta dall'insegnamento o dalla ripetizione di parole: non preghi infatti un uomo, e non hai dunque bisogno di ripetere davanti a lui parole ben composte. I moti della tua preghiera li indirizzi a colui che è spirito, non ha corpo nè è composto: pregalo allora in spirito, quale è.
A chi prega Dio in perfezione non si richiede un luogo nè un discorso fatto da lingua. Sul fatto che non si richiede un luogo per la preghiera perfetta nostro Signore disse: "Viene l'ora in cui nè su questo monte nè in Gerusalemme adorerete il Padre..." (Gv.4,21). E Paolo ci insegna questa preghiera e questo cantico spirituale mostrandoci come cantare e pregare: "Che farò dunque? - dice - Pregherò in spirito e pregherò anche nella mia mente" (1Cor.14,15). Spirito e mente: in essi disse infatti che si deve pregare e cantare, e non fece menzione della lingua, perchè questa preghiera spirituale è più interna della lingua e più profonda delle labbra, è più interiore delle parole ed è oltre il canto. E quando uno prega questa preghiera, tramonta al mondo e sta nel luogo degli esseri spirituali... Finchè infatti l'uomo si esercita per lungo tempo nelle pratiche esteriori, nel digiuno frequente, nel cantico vocale, in quotidiane benedizioni, in veglie assidue, nella ripetizione dei salmi, in dure fatiche, in vigilie, nell'astinenza, nel cibo misurato e in tutte queste cose; quando in ogni istante il ricordo di Dio riempie la sua anima e geme e, giustamente, prova grande timore dinanzi al suo Nome, quando si umilia davanti a ognuno e pensa che chiunque è migliore di lui, pur vedendo le opere cattive proprie dell'uomo, e si umilia dinanzi a chi vede preda della lussuria, adultero, arrogante, ebbro e lo ritiene migliore di sè quanto ai suoi pensieri e non quanto al contegno esteriore, e si avvicina a colui che vede sprofondato in ogni male e davanti a lui si prosterna e gli abbraccia i piedi e gli chiede: "Prega su di me perchè sono peccatore e sono di molto debitore a Dio e nulla gli ho reso", quando dunque uno abbia fatto cose simili a queste o più grandi di queste, che non ho detto, allora uno giunge a quella intelligenza spirituale con cui gli esseri spirituali pregano e cantano Dio
".
Giovanni di Apamea, Discorso sulla preghiera, 1-3