giovedì 16 giugno 2011

Commenti al Pater: Agostino (2)



 Dalla "Lettera a Proba" di sant'Agostino, vescovo.

Spiegazione del Pater noster.
11. 21. A noi dunque sono necessarie le parole perché richiamiamo alla mente e consideriamo che cosa chiediamo, ma non dobbiamo credere che con esse si suggerisca qualcosa al Signore o lo si voglia piegare ai nostri voleri. Quando diciamo: Sia santificato il tuo nome, eccitiamo noi stessi a desiderare che il nome di lui, ch’è sempre santo, sia considerato santo anche presso gli uomini, cioè non sia disprezzato, cosa questa che non giova a Dio ma agli uomini. Quando diciamo: Venga il tuo regno, il quale, volere o no, verrà senz’altro, noi eccitiamo il nostro desiderio verso quel regno, affinché venga per noi e meritiamo di regnare in esso. Quando diciamo: Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra, noi gli domandiamo l’obbedienza, per adempiere la sua volontà, a quel modo che è adempiuta dai suoi angeli nel cielo. Quando diciamo: Dacci oggi il nostro pane quotidiano, con la parola oggi intendiamo " nel tempo presente ", in cui o chiediamo tutte le cose che ci bastano indicandole tutte col termine " pane " che fra esse è la cosa più importante, oppure chiediamo il sacramento dei fedeli che ci è necessario in questa vita per conseguire la felicità non già di questo mondo, bensì quella eterna. Quando diciamo: Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, richiamiamo alla nostra attenzione che dobbiamo chiedere e fare per meritare di ricevere questa grazia. Quando diciamo: Non c’indurre in tentazione, ci eccitiamo a chiedere che, abbandonati dal suo aiuto, non veniamo ingannati e non acconsentiamo ad alcuna tentazione né vi cediamo accasciati dal dolore. Quando diciamo: Liberaci dal male, ci rammentiamo di riflettere che non siamo ancora in possesso del bene nel quale non soffriremo alcun male. Queste ultime parole della preghiera del Signore hanno un significato così largo che un cristiano, in qualsiasi tribolazione si trovi, nel pronunciarle emette gemiti, versa lacrime, di qui comincia, qui si sofferma, qui termina la sua preghiera. Con queste parole era opportuno affidare alla nostra memoria le verità stesse.
Il Pater compendia le invocazioni dei santi dell’Antico Testamento.
12. 22. Ora, tutte le altre parole che diciamo, sia quelle che formula da principio il sentimento di chi prega per renderlo più vivo, sia quelle cui rivolge l’attenzione in seguito per accrescerlo, non esprimono altro se non quanto è racchiuso nella preghiera insegnataci dal Signore, se la recitiamo bene e convenientemente. Chi però dice cose che non abbiano attinenza con questa preghiera evangelica, anche se non prega illecitamente, prega in modo carnale e non so come quelle cose non si dicano in modo illecito, dal momento che ai rinati nello Spirito conviene pregare solo in modo spirituale. In realtà chi dice: Sii conosciuto fra tutti i popoli, come lo sei fra noi, e: I tuoi profeti siano riconosciuti fedeli, che altro dice se non: Sia santificato il nome tuo? Chi dice: O Dio delle virtù, convertici, mostra il tuo volto e saremo salvi, che altro dice se non: Venga il tuo regno? Chi dice: Guida i miei passi secondo la tua parola e non permettere che l’iniquità mi abbia completamente in suo potere, che altro dice se non: Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra? Chi dice: Non darmi né povertà né ricchezza, che altro dice se non: Dacci oggi il nostro pane quotidiano? Chi dice: Ricordati, o Signore, di David e di tutta la sua mansuetudine, ovvero: Signore, se ho fatto questo, se c’è iniquità nelle mie mani, se ho reso male a chi mi faceva male, che altro dice se non: Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori? Chi dice: Allontana da me le passioni del ventre e fa che il desiderio dell’impurità non s’impossessi di me, che altro dice se non: Non c’indurre in tentazione? Chi dice: Strappami dai miei nemici, o Dio, e liberami da coloro che si levano contro di me, che altro dice se non: Liberaci dal male? E se passi in rassegna tutte le parole delle preghiere contenute nella S. Scrittura, per quanto io penso, non ne troverai una che non sia contenuta e compendiata in questa preghiera insegnataci dal Signore. Pertanto nel pregare ci è permesso domandare le medesime cose con altri termini, ma non dev’essere permesso di domandare cose diverse.
Si possono chiedere onori e ricchezze?
12. 23. Queste sono le preghiere che senza alcun ondeggiamento di dubbio dobbiamo elevare per noi, per i nostri cari, per gli estranei e per gli stessi nemici, benché nel cuore di chi prega spunti e s’innalzi un sentimento diverso per l’una o l’altra persona a seconda dei rapporti più o meno stretti di parentela o di amicizia. Ma se uno nella preghiera dice per esempio: " Signore, moltiplica le mie ricchezze " o: " Dammene tante quante ne hai date a questo o a quello " ovvero: " Accresci i miei onori, fa che in questo mondo io sia assai potente e famoso " o altre simili cose, e le desidera ardentemente senza avere lo scopo di volgerle a vantaggio degli uomini secondo il volere di Dio, costui, a mio avviso, non trova affatto nella preghiera insegnataci dal Signore nessuna espressione compatibile con questi desideri. Perciò si abbia almeno il pudore di chiedere ciò che non si ha pudore di desiderare oppure, se si ha pudore anche di desiderarlo ma la passione ha il sopravvento, quanto sarà meglio chiedere al Signore che ci liberi anche da questo male della cupidigia, dato che gli diciamo: Liberaci dal male!

La preghiera sia avvalorata dalle opere buone.
13. 24. Eccoti, a quanto io posso giudicare, non solo con quali disposizioni ma anche cosa si debba chiedere nella preghiera, e non sono io a insegnartelo, ma Colui che si degnò d’insegnarlo a, tutti noi.