mercoledì 15 giugno 2011

Non diamo nulla per scontato...



... neanche la fede dei catechisti. E' quanto ha detto il Papa inaugurando il Convegno ecclesiale che conclude l'anno pastorale della Diocesi di Roma lo scorso 13 giugno (v. Post dal titolo: "La gioia di generare alla fede"). E' quanto inspiegabilmente non comprendono tanti pastori: non è sufficiente che una catechista "si presenti bene", è assolutamente indispensabile che conosca il Catechismo della Chiesa Cattolica. Interessante sarebbe fare una indagine in proposito...
Di seguito un articolo di Massimo Introvigne a commento dell'intervento del Papa. Da "La Bussola Quotidiana" di oggi 15 giugno.


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La fede va proposta,  non presupposta




Nella serata del 13 giugno nella Basilica di San Giovanni in Laterano Benedetto XVI ha inaugurato il Convegno ecclesiale che conclude l’anno pastorale della Diocesi di Roma, in svolgimento dal 13 al 16 giugno sul tema «"Si sentirono trafiggere il cuore" (At 2, 37). La gioia di generare alla fede nella Chiesa di Roma».

Senza dubbio tenendo conto anche di recenti inchieste sociologiche secondo cui va diminuendo, anche in Italia, il numero di coloro - soprattutto giovani - che conoscono le verità fondamentali della fede, dell'ampio dibattito in corso anche nella Chiesa sulle nuove forme di ateismo che non tanto negano la religione ma le rimangono indifferenti,  e di tanti segni di decadenza civile e morale, il Pontefice ha proposto ancora una volta la nuova evangelizzazione come unico rimedio alla crisi. Non ci sono scorciatoie: o si ricomincia a formare cristiani, partendo dai bambini e dai giovani, o la crisi attuale non conoscerà vie di uscita.

«Mi torna alla mente - ha detto il Pontefice - che proprio in questa Basilica, in un intervento durante il Sinodo Romano, citai alcune parole che mi aveva scritto [il teologo svizzero] Hans Urs von Balthasar [1905-1988]: "La fede non deve essere presupposta ma proposta". È proprio così. La fede non si conserva di per se stessa nel mondo, non si trasmette automaticamente nel cuore dell’uomo, ma deve essere sempre predicata».

Dopo la Pentecoste, Pietro inizia subito a predicare. E «a quell’annuncio tutti "si sentirono trafiggere il cuore". Questa reazione fu generata certamente dalla grazia di Dio: tutti compresero che quella proclamazione realizzava le promesse e faceva desiderare a ciascuno la conversione e il perdono dei propri peccati». Prima oscuramente, poi sempre più chiaramente il popolo che ascoltava Pietro comprese che finalmente era svelato il senso della vita umana ed era mostrata la strada verso la vera felicità. Comprese «che la risurrezione di Gesù era in grado di illuminare l’esistenza umana. E in effetti da questo evento è nata una nuova comprensione della dignità dell’uomo e del suo destino eterno, della relazione fra uomo e donna, del significato ultimo del dolore, dell’impegno nella costruzione della società. La risposta della fede nasce quando l’uomo scopre, per grazia di Dio, che credere significa trovare la vita vera, la "vita piena"». Il Papa ha ricordato l'esempio di «uno dei grandi Padri della Chiesa, Sant’Ilario di Poitiers [ca. 315-367], [il quale] ha scritto di essere diventato credente quando ha compreso, ascoltando il Vangelo, che per una vita veramente felice erano insufficienti sia il possesso, sia il tranquillo godimento delle cose e che c’era qualcosa di più importante e prezioso: la conoscenza della verità e la pienezza dell’amore donati da Cristo (cfr De Trinitate 1,2)».

Oggi, precisamente, lo stesso «annuncio deve risuonare nuovamente nelle regioni di antica tradizione cristiana. Il beato Giovanni Paolo II [1920-2005] ha parlato della necessità di una nuova evangelizzazione rivolta a quanti, pur avendo già sentito parlare della fede, non apprezzano più la bellezza del Cristianesimo, anzi, talvolta lo ritengono addirittura un ostacolo per raggiungere la felicità. Perciò oggi desidero ripetere quanto dissi ai giovani nella Giornata Mondiale della Gioventù a Colonia: "La felicità che cercate, la felicità che avete diritto di gustare ha un nome, un volto: quello di Gesù di Nazareth, nascosto nell’Eucaristia"!».

Per converso, anche la crisi ha un nome: è la negazione, esplicita o implicita, che quel Gesù di Nazareth sia Dio. «Se gli uomini dimenticano Dio è anche perché spesso si riduce la persona di Gesù a un uomo sapiente e ne viene affievolita se non negata la divinità. Questo modo di pensare impedisce di cogliere la novità radicale del Cristianesimo, perché se Gesù non è il Figlio unico del Padre allora nemmeno Dio è venuto a visitare la storia dell’uomo».

È un fatto: le indagini sociologiche ci mostrano una preoccupante crescita del numero di coloro che, pur dicendosi genericamente cattolici, non hanno più una chiara nozione della divinità di Cristo. Chi è chiamato a porre rimedio a questo stato di cose? La risposta del Papa è chiara: «soprattutto lo sono i genitori». «Tutti i papà e le mamme sono chiamati a cooperare con Dio nella trasmissione del dono inestimabile della vita, ma anche a far conoscere Colui che è la Vita. Cari genitori, la Chiesa, come madre premurosa, intende sostenervi in questo vostro fondamentale compito. Fin da piccoli, i bambini hanno bisogno di Dio ed hanno la capacità di percepire la sua grandezza; sanno apprezzare il valore della preghiera e dei riti, così come intuire la differenza fra il bene ed il male. Sappiate, allora, accompagnarli nella fede sin dalla più tenera età».

Ma - ha aggiunto il Pontefice - «come coltivare poi il germe della vita eterna a mano a mano che il bambino cresce? San Cipriano [210-258] ci ricorda: "Nessuno può avere Dio per Padre, se non ha la Chiesa per Madre"». Il ragazzo che cresce dev'essere guidato alla scoperta della Chiesa, perché «la parola della fede rischia di rimanere muta, se non trova una comunità che la mette in pratica, rendendola viva ed attraente». Dopo avere esortato a dedicarsi «con passione» alla riscoperta dell'importanza della Cresima, il Papa ha aggiunto che «Ã¨ necessario che la conoscenza di Gesù cresca e si prolunghi oltre la celebrazione dei Sacramenti. È questo il compito della catechesi, come ricordava il beato Giovanni Paolo II: "La specificità della catechesi, distinta dal primo annuncio del Vangelo, che ha suscitato la conversione, tende al duplice obiettivo di far maturare la fede iniziale e di educare il vero discepolo di Cristo mediante una conoscenza più approfondita e più sistematica della persona e del messaggio del nostro Signore Gesù Cristo" (Esort. ap. Catechesi tradendae, 19)».

Ma, perché questo sia possibile, c'è bisogno - e c'è talora carenza - di catechisti fedeli all'insegnamento della Chiesa, il che oggi significa formati sul Catechismo della Chiesa Cattolica del 1992 e capaci di trasmetterne il contenuto. «La catechesi - ha ricordato il Papa - è azione ecclesiale e pertanto è necessario che i catechisti insegnino e testimonino la fede della Chiesa e non una loro interpretazione. Proprio per questo è stato realizzato il Catechismo della Chiesa Cattolica, che idealmente questa sera riconsegno a tutti voi, affinché la Chiesa di Roma possa impegnarsi con rinnovata gioia nell’educazione alla fede. La struttura del Catechismo deriva dall’esperienza del catecumenato della Chiesa dei primi secoli e riprende gli elementi fondamentali che fanno di una persona un cristiano: la fede, i Sacramenti, i comandamenti, il Padre nostro».

Non basta ancora. La nuova evangelizzazione avrà successo solo se sarà capace di «educare al silenzio e all’interiorità» e diventare scuola di preghiera. Tutto questo non è facile ma, come Benedetto XVI ha detto molte volte, un aiuto può venire - tanto più a Roma - dal fatto che molte persone, pure lontane dalla Chiesa, sono affascinate dallo splendore dell'arte cristiana. «Il patrimonio di storia e arte che Roma custodisce - ha ripetuto il Pontefice - è una via ulteriore per avvicinare le persone alla fede. Invito tutti a fare tesoro nella catechesi di questa "via della bellezza" che conduce a Colui che è, secondo S. Agostino [354-430] la Bellezza tanto antica e sempre nuova». Il tema è stato approfondito in un documento del Pontificio Consiglio della Cultura, «La Via pulchritudinis» del 2006, e oggi non va mai sottovalutato. In mezzo a tante brutture, la via della bellezza può essere la prima strada della nuova evangelizzazione.