giovedì 14 luglio 2011

Colpo di Grazia





La seconda lettura dell'Ufficio (secondo il rito monastico) di oggi 14 luglio, giovedi della XV settimana del Tempo Ordinario, Anno I, merita davvero di essere riportata, anche perchè si inserisce bene a conclusione dei post che ho pubblicato finora sulla Teologia della Grazia (l'ultimo risale allo scorso giovedi 30 giugno e l'ho intitolato : "La Grazia della coerenza", a cui rimando...). Grande Agostino.

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Dal libro "Sulla predestinazione dei santi" di sant'Agostino, vescovo.
(c. XV, nn. 30-31)

Tacciano i meriti umani perduti in Adamo

C'è anche quel lume splendidissimo di predestinazione e di grazia che è il Salvatore stesso, il Mediatore di Dio e degli uomini, l'uomo Cristo Gesù. Ma per conseguire quel risultato, quali sono i meriti nelle opere o nella fede che la natura umana che è in lui si era procurata precedentemente? Si risponda, per favore: quell'uomo da dove trasse il merito per essere assunto dal Verbo coeterno al Padre in unità di persona e diventare Figlio unigenito di Dio? Quale bene, qualunque esso fosse, c'era stato in lui in precedenza? Che cosa aveva fatto prima, che cosa aveva creduto, che cosa aveva chiesto, per arrivare a questa inesprimibile sublimità? Non fu forse perché il Verbo lo creò e lo assunse, che quest'uomo cominciò ad essere Figlio unico di Dio dal momento stesso che cominciò ad esistere? Quella donna piena di grazia non lo concepì forse come Figlio unico di Dio? Non fu forse dallo Spirito Santo e dalla vergine Maria che nacque il Figlio unico di Dio, non per brama carnale, ma per singolare dono di Dio? C'era forse da temere che col progredire dell'età quell'uomo peccasse attraverso il libero arbitrio? O invece in lui la volontà non era libera? O non piuttosto egli era tanto più libero quanto meno poteva sottomettersi al peccato? Certamente la natura umana, cioè la nostra, accolse singolarmente in lui tutte queste qualità singolarmente mirabili, e quante altre in assoluta verità si possono dichiarare sue proprie, senza alcun merito precedente. Qui l'uomo risponda a Dio, se ne ha il coraggio, e dica: Perché non avviene lo stesso anche per me? E si sentirà rispondere: O uomo, chi sei tu per rispondere a Dio? A questo punto accresca l'impudenza invece di frenarla ed aggiunga: Come dovrei intendere: Chi sei tu, o uomo? Se io sono quello che mi sento dire, cioè uomo, e uomo è anche Colui di cui sto parlando, perché non dovrei essere quello che è lui? E' in virtù della grazia che Egli ha tanta dignità e grandezza. Perché la grazia è diversa, quando la natura è comune? Certo non vi è parzialità per le persone presso Dio. Via, discorsi del genere non li farebbe mai non dico un cristiano, ma neppure un folle.
Nel nostro Capo la fonte stessa della grazia. Grazia e predestinazione sia di Cristo che di noi sono doni gratuiti di Dio.
Ci sia manifesta dunque nel nostro Capo la fonte stessa della grazia, da cui secondo la misura assegnata a ciascuno essa si diffonde per tutte le sue membra. Fin dall'inizio della sua fede ogni uomo diviene cristiano per la medesima grazia, per la quale quell'uomo fin dall'inizio del suo esistere divenne Cristo; dal medesimo Spirito quegli è rinato e Questi è nato; per il medesimo Spirito avviene che a noi siano rimessi i peccati e che Egli non abbia alcun peccato. Dio certamente conobbe per prescienza che avrebbe compiuto queste cose. Dunque questa è la predestinazione dei santi, che si manifestò al grado più alto nel Santo dei santi. E chi potrà confutarla fra coloro che rettamente intendono le parole della verità? Infatti noi abbiamo appreso che fu predestinato lo stesso Signore della gloria, in quanto essendo uomo divenne Figlio di Dio. Proclama il Dottore delle Genti al principio delle sue epistole: Paolo servo di Gesù Cristo, chiamato ad essere Apostolo, riservato al Vangelo di Dio, che già era stato promesso per mezzo dei Profeti nelle Sante Scritture riguardanti il Figlio suo, che nacque secondo la carne dal seme di David, che fu predestinato Figlio di Dio nella sua potenza, secondo lo Spirito di santità, con la resurrezione dai morti. Dunque questa fu la predestinazione di Gesù: Colui che doveva essere figlio di David secondo la carne, sarebbe stato tuttavia nella sua potenza Figlio di Dio secondo lo Spirito di santità, perché nacque dallo Spirito Santo e dalla vergine Maria. Il Dio Verbo agendo in maniera ineffabile e singolare assunse l'uomo; per questo fatto con verità e precisione Egli fu detto Figlio di Dio e figlio dell'uomo insieme, figlio dell'uomo perché l'uomo veniva assunto, e Figlio di Dio perché era Dio l'Unigenito che assumeva l'uomo; altrimenti si dovrebbe credere non ad una trinità, ma ad una quaternità. E fu predestinata questa assunzione della natura umana, questa assunzione così grande, elevata e sublime che l'umanità non poteva innalzarsi a mete più alte, mentre la divinità non poteva discendere a maggiore umiltà, accogliendo la natura dell'uomo insieme all'infermità della carne fino alla morte sulla croce. Come dunque fu predestinato quell'Unico ad essere il nostro capo, così noi nella nostra moltitudine siamo predestinati ad essere le sue membra. E allora tàcciano i meriti umani che si sono dissolti in Adamo; regni, come regna, la grazia di Dio attraverso Gesù Cristo Signore nostro, unico Figlio di Dio, solo Signore. Chiunque troverà nel nostro Capo dei meriti che abbiano preceduto la sua singolare generazione, questi ricerchi anche in noi, sue membra, dei meriti che abbiano preceduto il moltiplicarsi in noi della rigenerazione. E infatti a Cristo non fu data in ricompensa ma in dono quella generazione che, estraneo ad ogni vincolo di peccato, lo fece nascere dallo Spirito e dalla Vergine. Allo stesso modo anche a noi la rinascita dall'acqua e dallo Spirito non fu data in ricompensa di qualche merito, ma concessa gratuitamente; e se la fede ci ha condotto al lavacro della rigenerazione, non per questo dobbiamo pensare che per primi noi abbiamo dato qualcosa per ricevere in cambio questa rigenerazione salutare. Certamente a farci credere in Cristo fu Colui che fece nascere per noi il Cristo in cui crediamo; a creare negli uomini il principio della fede e il suo perfezionamento in Gesù è Colui che ha fatto l'uomo Gesù autore e perfezionatore della fede. Così Egli è chiamato, come sapete, nell'Epistola agli Ebrei.