giovedì 21 luglio 2011

Il sacerdote, ministro della Misericordia Divina (1).


Nel marzo scorso la Congregazione per il Clero ha curato la stesura di un testo che aiuta i confessori e i direttori spirituali nell'esercizio del loro delicatissimo ministero... Di seguito la presentazione, la introduzione e la prima parte, dedicata al ministero della penitenza e della riconciliazione nella prospettiva della santità cristiana.




CONGREGAZIONE PER IL CLERO

IL SACERDOTE
MINISTRO
DELLA MISERICORDIA DIVINA

SUSSIDIO PER CONFESSORI
E DIRETTORI SPIRITUALI

Libreria Editrice Vaticana

© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana - 00120 Città del Vaticano
Tel. 06.698.81032 - Fax 06.698.84716
ISBN 978-88-209-8548-6
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PRESENTAZIONE
« È necessario tornare al confessionale, come luogo nel quale celebrare
il sacramento della riconciliazione, ma anche come luogo in
cui “abitare” più spesso, perché il fedele possa trovare misericordia,
consiglio e conforto, sentirsi amato e compreso da Dio e sperimentare
la presenza della misericordia divina, accanto alla presenza reale
nell’eucaristia ».
Con queste parole, il Santo Padre Benedetto XVI si rivolgeva ai
confessori, durante il recente Anno Sacerdotale, indicando a tutti ed
a ciascuno l’importanza e la conseguente urgenza apostolica di riscoprire
il sacramento della riconciliazione, sia come penitenti, sia come
ministri.
Accanto alla quotidiana celebrazione eucaristica, la disponibilità
all’ascolto delle confessioni sacramentali, all’accoglienza dei penitenti
e, laddove richiesto, all’accompagnamento spirituale, sono la reale
misura della carità pastorale del sacerdote e, con essa, testimoniano la
lieta e certa assunzione della propria identità, ridefinita dal sacramento
dell’ordine e mai riducibile a mera funzione.
Il sacerdote è ministro, cioè servo e insieme prudente amministratore
della divina misericordia. A lui è affi data la gravissima responsabilità
di « rimettere o ritenere i peccati » (cf. Gv 20,23); attraverso di lui, i
fedeli possono vivere, nell’oggi della Chiesa, per la forza dello Spirito,
che è Signore e dà la vita, la gioiosa esperienza del fi gliol prodigo, il
quale, tornato nella casa del padre per vile interesse e come schiavo,
viene accolto e ricostituito nella propria dignità fi liale.
Laddove c’è un confessore disponibile, presto o tardi arriva un
penitente; e laddove persevera, persino in maniera ostinata, la disponibilità
del confessore, giungeranno molti penitenti!
La riscoperta del sacramento della riconciliazione, come penitenti
e come ministri, è la misura dell’autentica fede nell’agire salvifico di
Dio, che si manifesta più efficacemente nella potenza della grazia, che
nelle umane strategie organizzative di iniziative, anche pastorali, talvolta
dimentiche dell’essenziale.

Cogliendo con intensa motivazione l’appello del Santo Padre e
traducendone l’intenzione profonda, si intende offrire, con il presente
sussidio, frutto ulteriore dell’Anno Sacerdotale, uno strumento utile
alla formazione permanente del clero ed un aiuto alla riscoperta del
valore imprescindibile della celebrazione del sacramento della riconciliazione
e della direzione spirituale.
La nuova evangelizzazione e il rinnovamento permanente della Chiesa,
semper reformanda, traggono dinamica linfa vitale dalla reale santificazione
di ciascun membro; santificazione che precede, postula ed è condizione
di ogni effi cacia apostolica e della invocata riforma del clero.
Nella generosa celebrazione del sacramento della divina misericordia,
ciascun sacerdote è chiamato a fare costante esperienza dell’unicità
e dell’indispensabilità del ministero affidatogli; tale esperienza contribuirà
ad evitare quelle « fluttuazioni identitarie », che non di rado caratterizzano
l’esistenza di taluni presbiteri, favorendo quel grato stupore
che, necessariamente, colma il cuore di chi, senza proprio merito, è
stato chiamato da Dio, nella Chiesa, a spezzare il pane eucaristico e a
donare il perdono agli uomini.
Con tali voti affidiamo la diffusione ed i frutti del presente Sussidio
alla Beata Vergine Maria, Rifugio dei peccatori e Madre della divina
Grazia.
Vaticano, 9 marzo 2011
Mercoledì delle Ceneri
MAURO CARDINAL PIACENZA
Prefetto
CELSO MORGA IRUZUBIETA
Arcivescovo tit. di Alba marittima
Segretario

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INTRODUZIONE: VERSO LA SANTITÀ
1. « In ogni tempo e in ogni nazione è accetto a Dio chiunque lo
teme e opera la giustizia (cf. At 10,35). Tuttavia Dio volle santifi care e
salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma
volle costituire di loro un popolo, che lo riconoscesse secondo la verità
e lo servisse nella santità ».

Nel cammino verso la santità alla quale il
Signore ci chiama (cf. Mt 5,48; Ef 1,4), Dio ha voluto che ci aiutassimo a
vicenda, facendoci mediatori in Cristo per avvicinare i fratelli al suo eterno amore. In questo orizzonte di carità s’inseriscono la celebrazione del
sacramento della penitenza e la pratica della direzione spirituale, oggetti
di questo documento.
A questo proposito, richiamano la nostra attenzione alcune parole di Benedetto XVI: « In questo nostro tempo, costituisce senz’altro
una delle priorità pastorali quella di formare rettamente la coscienza dei
credenti »; ed aggiungeva il Papa: « A formare le coscienze contribuisce
anche la “ direzione spirituale”. Oggi più di ieri c’è bisogno di “maestri
di spirito” saggi e santi: un importante servizio ecclesiale, per il quale
occorre senz’altro una vitalità interiore da implorare come dono dello
Spirito Santo mediante intensa e prolungata preghiera e una preparazione specifi ca da acquisire con cura. Ogni sacerdote poi è chiamato
ad amministrare la misericordia divina nel sacramento della penitenza,
mediante il quale rimette in nome di Cristo i peccati e aiuta il penitente
a percorrere il cammino esigente della santità con retta ed informata coscienza. Per poter compiere tale indispensabile ministero ogni presbitero
deve alimentare la propria vita spirituale e curare un permanente aggiornamento teologico e pastorale ».

In questa linea si offre questo sussidio
ai sacerdoti in qualità di ministri della misericordia divina.
L’anno dedicato a ricordare la figura del Santo Curato d’Ars, nel
150º anniversario della sua morte (1859-2009), ha lasciato un’impronta

incancellabile soprattutto nella vita e nel ministero dei sacerdoti: un « impegno d’interiore rinnovamento di tutti i sacerdoti per una loro più
forte ed incisiva testimonianza evangelica nel mondo di oggi ».

Questo rinnovamento interiore dei sacerdoti deve abbracciare tutta la loro vita e tutti i campi del loro ministero, plasmandone profondamente i criteri, le motivazioni e gli atteggiamenti concreti. L’attuale
situazione esige la testimonianza e richiede che l’identità sacerdotale
venga vissuta nella gioia e nella speranza.

2. Il ministero del sacramento della riconciliazione, strettamente
legato al consiglio o direzione spirituale, tende a recuperare, sia nel ministro che nei fedeli, l’« itinerario » spirituale e apostolico, come ritorno
pasquale al cuore del Padre e come fedeltà al suo progetto d’amore su
« tutto l’uomo e tutti gli uomini ».

Si tratta di intraprendere nuovamente, dentro di sé e nel servizio agli altri, il cammino di relazione interpersonale con Dio e con i fratelli, quale cammino di contemplazione,
perfezione, comunione e missione.
Incoraggiare la pratica del sacramento della penitenza in tutta
la sua vitalità, come pure il servizio del consiglio o direzione spirituale, signifi ca vivere più autenticamente la « letizia nella speranza »
(cf. Rm 12,12), e, attraverso di essa, favorire la stima e il rispetto per
la vita umana integrale, il recupero della famiglia, l’orientamento dei
giovani, il rinascere delle vocazioni, il valore del sacerdozio vissuto e
della comunione ecclesiale e universale.
3. Il ministero del sacramento della riconciliazione in rapporto
alla direzione spirituale, è urgenza d’amore: « L’amore del Cristo infatti
ci possiede; e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque
tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono
non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per
loro » (2Cor 5,14-15). Questo presuppone una particolare dedizione
perché veramente i seguaci di Cristo « non vivano più per se stessi »
(ibid.), ma si realizzino nella carità e nella verità.

Tutto il lavoro pastorale dell’apostolo San Paolo, con le sue diffi -
coltà paragonate ai « dolori del parto », si può riassumere nell’urgenza
di « formare Cristo » (cf. Gal 4,19) in ciascuno dei fedeli. Il suo obiettivo
era quello di « rendere ogni uomo perfetto in Cristo » (cf. Col 1,28), senza
riduzioni e senza confini.

4. Il ministero della riconciliazione e il servizio del consiglio o direzione spirituale si inseriscono nel contesto della chiamata universale alla
santità come pienezza della vita cristiana e « perfezione della carità ».

La
carità pastorale nella verità dell’identità sacerdotale deve portare il sacerdote a proiettare tutti i suoi ministeri verso la prospettiva della santità,
che è armonizzazione di pastorale profetica, liturgica e diaconale.

È parte integrante del ministero sacerdotale rendersi disponibili ad
orientare tutti i battezzati verso la perfezione della carità.

5. Il sacerdote ministro, in quanto servitore del mistero pasquale
che egli annuncia, celebra e comunica, è chiamato ad essere confessore e guida spirituale, come strumento di Cristo, partendo anche dalla
propria esperienza. Egli è ministro del sacramento della riconciliazione
e servitore della direzione spirituale così come è, allo stesso tempo,
benefi ciario di entrambi questi strumenti di santifi cazione per il suo
personale rinnovamento spirituale e apostolico.

6. Il presente « sussidio » intende offrire alcuni esempi semplici,
fattibili e generatori di speranza, che fanno riferimento ai numerosi
documenti ecclesiali (citati nei vari punti) per un’eventuale consultazione. Non si tratta di una casistica, ma di un servizio aggiornato di speranza e incoraggiamento.

* * *

I.
IL MINISTERO DELLA PENITENZA
E DELLA RICONCILIAZIONE
NELLA PROSPETTIVA DELLA SANTITÀ CRISTIANA
1. Importanza attuale, momento di grazia
Un invito urgente
7. All’inizio del terzo millennio, Giovanni Paolo II scriveva: « Un
rinnovato coraggio pastorale vengo poi a chiedere […] proporre in
modo suadente ed effi cace la pratica del sacramento della riconciliazione ».
Lo stesso Papa successivamente affermava che era suo intento « un
sollecito rilancio del sacramento della riconciliazione, anche come esigenza
di autentica carità e di vera giustizia pastorale » ricordando che
« ogni fedele, con le dovute disposizioni interiori, ha diritto a ricevere
personalmente il dono sacramentale ».
8. La Chiesa, non solo annuncia la conversione e il perdono, ma
allo stesso tempo è segno portatore di riconciliazione con Dio e con
i fratelli. La celebrazione del sacramento della riconciliazione si inserisce
nel contesto di tutta la vita ecclesiale, soprattutto in rapporto
al mistero pasquale celebrato nell’eucaristia e facendo riferimento al
battesimo vissuto e alla confermazione, e alle esigenze del comandamento
dell’amore. È sempre una celebrazione gioiosa dell’amore di
Dio che dà se stesso, distruggendo il nostro peccato quando lo riconosciamo
umilmente.
La missione di Cristo operante nella Chiesa
9. La missione ecclesiale è un processo armonico di annuncio, celebrazione
e comunicazione del perdono, in particolare quando si celebra
il sacramento della riconciliazione, che è frutto e dono della Pasqua del
Signore risorto, presente nella sua Chiesa: « Ricevete lo Spirito Santo;

a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete,
resteranno non rimessi » (Gv 20,22-23).
La gioia del perdono diventa atteggiamento di gratitudine e generosità
nel cammino della santifi cazione e della missione. Chi ha
sperimentato il perdono, desidera che altri possano giungere a questo
incontro con Cristo Buon Pastore. Perciò, i ministri di questo sacramento,
che sperimentano essi stessi la bellezza di questo incontro
sacramentale, diventano più disponibili ad offrire tale servizio umile,
arduo, paziente e gioioso.
10. La pratica concreta, lieta, fi duciosa e impegnata del sacramento
della riconciliazione, manifesta a che livello un credente e una comunità
sono evangelizzati. « La pratica della confessione sacramentale, nel contesto
della comunione dei santi, che concorre in diversi modi ad avvicinare
gli uomini a Cristo, è un atto di fede nel mistero della redenzione e
della sua attualizzazione nella Chiesa ».
Nel sacramento della penitenza, frutto del sangue redentore del Signore,
sperimentiamo che Cristo « è stato consegnato alla morte a causa
delle nostre colpe ed è stato risuscitato per la nostra giustifi cazione »
(Rm 4,25). Perciò San Paolo poteva affermare che « Dio ci ha riconciliati
con sé mediante Cristo e ha affi dato a noi il ministero della riconciliazione
» (2Cor 5,18).
11. La riconciliazione con Dio è inseparabile dalla riconciliazione
con i fratelli (cf. Mt 5,24-25). Questa riconciliazione non è possibile
senza purifi care in qualche modo il proprio cuore. Ma qualsiasi riconciliazione
proviene da Dio, perché è Lui che « perdona tutte le tue
colpe » (Sal 103,3). Quando si riceve il perdono di Dio, il cuore umano
impara meglio a perdonare e a riconciliarsi con i fratelli.
Aprirsi all’amore e alla riconciliazione
12. Cristo spinge verso un amore sempre più fedele e, quindi,
verso un cambiamento più profondo (cf. Ap 2,16), affi nché la vita
cristiana abbia gli stessi sentimenti che furono in Lui (cf. Fil 2,5). La
celebrazione, all’occorrenza anche comunitaria, del sacramento della
penitenza con la confessione personale dei peccati, è un grande aiuto
a vivere la realtà ecclesiale della comunione dei santi.
13. Si tende alla “riconciliazione” piena secondo il “Padre nostro”,
le beatitudini e il comandamento dell’amore. È una via di purifi cazione
dai peccati e anche un itinerario verso l’identifi cazione con Cristo.
Questo cammino penitenziale è oggi e sempre di estrema importanza,
come fondamento per costruire una società che viva la comunione.
« La sapienza della Chiesa ha sempre proposto di tenere presente
il peccato originale, anche nell’interpretazione dei fatti sociali e nella
costruzione della società: ignorare che l’uomo ha una natura ferita,
incline al male, è causa di gravi errori nel campo dell’educazione, della
politica, dell’azione sociale e dei costumi ».
La testimonianza e la dedizione dei pastori
14. In tutte le epoche della storia ecclesiale si incontrano fi gure
sacerdotali che sono modello di confessori o di direttori spirituali.
L’esortazione apostolica Reconciliatio et Paenitentia (1984) ricorda San
Giovanni Nepomuceno, San Giovanni Maria Vianney, San Giuseppe
Cafasso e San Leopoldo di Castelnuovo. Benedetto XVI, in un discorso
alla Penitenzieria Apostolica, aggiunge San Pio da Pietrelcina.
Nel ricordare queste fi gure sacerdotali, Giovanni Paolo II aggiunge:
« Desidero rendere omaggio anche all’innumerevole schiera di confessori
santi e quasi sempre anonimi, ai quali è dovuta la salvezza di
tante anime, da loro aiutate nella conversione, nella lotta contro il peccato
e le tentazioni, nel progresso spirituale e, in defi nitiva, nella santifi
cazione. Non esito a dire che anche i grandi santi canonizzati sono
generalmente usciti da quei confessionali e, con i santi, il patrimonio
spirituale della Chiesa e la stessa fi oritura di una civiltà, permeata di
spirito cristiano! Onore, dunque, a questo silenzioso esercito di nostri
confratelli, che hanno ben servito e servono ogni giorno la causa della
riconciliazione mediante il ministero della penitenza sacramentale ».

15. Attualmente in molte Chiese particolari, soprattutto nelle basiliche
minori, nelle cattedrali, nei santuari e in alcune parrocchie più
centrali delle grandi città, si osserva una risposta molto positiva da
parte dei fedeli allo sforzo dei pastori, di offrire un servizio assiduo del
sacramento del perdono. Se « con il sacramento della penitenza (i ministri)
riconciliano i peccatori con Dio e con la Chiesa », questa stessa
celebrazione penitenziale può dar luogo al servizio della direzione o
consiglio spirituale.
16. I « munera » sacerdotali sono strettamente legati fra loro, a benefi
cio della vita spirituale dei fedeli. « I presbiteri sono, nella Chiesa e
per la Chiesa, una ripresentazione sacramentale di Gesù Cristo, Capo e
Pastore, ne proclamano autorevolmente la parola, ne ripetono i gesti di
perdono e di offerta della salvezza, soprattutto col battesimo, la penitenza
e l’eucaristia; ne esercitano l’amorevole sollecitudine, fi no al dono
totale di sé per il gregge, che raccolgono nell’unità e conducono al Padre
per mezzo di Cristo nello Spirito ».
17. Per questo, la stessa esortazione apostolica Pastores dabo vobis invita
i ministri a far uso di questa pratica quale garanzia della loro vita
spirituale: « Una parola speciale voglio riservare per il sacramento della
penitenza, del quale i sacerdoti sono i ministri ma devono anche esserne
i benefi ciari, divenendo testimoni della compassione di Dio per i peccatori
». Ripetendo quanto scritto nell’Esortazione Reconciliatio et paenitentia:
« La vita spirituale e pastorale del sacerdote, come quella dei suoi fratelli
laici e religiosi, dipende, per la sua qualità e il suo fervore, dall’assidua e
coscienziosa pratica personale del sacramento della penitenza [...] In un
prete che non si confessasse più o si confessasse male, il suo essere prete
e il suo fare il prete ne risentirebbero molto presto e se ne accorgerebbe
anche la comunità di cui egli è pastore ».Ma quando sono riconoscente
perché Dio mi perdona sempre, come scriveva Benedetto XVI, « nel lasciarmi
perdonare, imparo anche a perdonare gli altri ».

18. La fecondità apostolica proviene dalla misericordia di Dio.
Perciò, i piani pastorali sarebbero scarsamente effi caci se si sottovalutasse
la pratica sacramentale della penitenza: « Deve essere riservata
la massima cura pastorale a questo sacramento della Chiesa, fonte di
riconciliazione, di pace e di gioia per noi tutti che abbiamo bisogno
della misericordia del Signore e della guarigione delle ferite del peccato
[...]. Il Vescovo non mancherà di ricordare a tutti coloro a cui, in
forza dell’uffi cio, è demandata la cura delle anime, il dovere di offrire
ai fedeli l’opportunità di accostarsi alla confessione individuale. Egli
provvederà pure a verifi care che di fatto siano date ai fedeli le massime
facilitazioni per potersi confessare. Considerato alla luce della
Tradizione e del Magistero della Chiesa l’intimo legame esistente fra
il sacramento della riconciliazione e la partecipazione all’eucaristia, si
rende oggi sempre più necessario formare la coscienza dei fedeli a
partecipare degnamente e fruttuosamente al banchetto eucaristico, accostandovisi
in stato di grazia ».
L’esempio del Santo Curato d’Ars
19. L’esempio del Santo Curato d’Ars è molto attuale. La situazione
storica di quel momento non era facile, a causa delle guerre,
della persecuzione, delle idee materialiste o secolarizzanti. Al suo arrivo
nella parrocchia, era ben scarsa la frequenza al sacramento della
penitenza. Negli ultimi anni della sua vita, la frequenza arrivò ad essere
massiccia, persino da parte di fedeli provenienti da altre diocesi. Per
il Santo Curato, il ministero della riconciliazione fu « un lungo martirio
» che « produsse frutti molto abbondanti e vigorosi ». Davanti alla
condizione di peccato, diceva « non si sa cosa fare, non si può fare
niente se non piangere e pregare ». Ma egli « non viveva se non per i
poveri peccatori con la speranza di vederli convertirsi e piangere ».
La confessione frequente, anche senza peccato grave, è un mezzo raccomandato
costantemente dalla Chiesa allo scopo di progredire nella
vita cristiana.

20. Giovanni Paolo II, nella Lettera ai sacerdoti per il Giovedì Santo del
1986, per commemorare il secondo centenario della nascita del Santo
Curato, riconosceva che « è certamente la sua instancabile dedizione
al sacramento della penitenza, ciò che ha rivelato il carisma principale
del Curato d’Ars ed ha creato a giusto titolo la sua fama. È bene che
un tale esempio ci porti oggi a ridare al ministero della riconciliazione
tutta quella importanza che gli spetta ». Il fatto stesso che un gran numero
di persone « per varie ragioni, sembra astenersi totalmente dalla
confessione, è segno che è urgente sviluppare tutta una pastorale del
sacramento della penitenza, portando incessantemente i cristiani a riscoprire
le esigenze di una vera relazione con Dio, il senso del peccato,
per il quale ci si chiude all’Altro e agli altri, la necessità di convertirsi e
di ricevere, per il tramite della Chiesa, il perdono come dono gratuito
di Dio e, infi ne, le condizioni che permettono di ben celebrare il sacramento,
superando i pregiudizi a suo riguardo, i falsi timori e la prassi
abitudinaria. Una tale situazione richiede nel medesimo tempo che noi
rimaniamo assai disponibili per questo ministero del perdono, pronti
a dedicarvi il tempo e la cura necessari, ed anzi, dirò di più, a dargli la
priorità rispetto ad altre attività. I fedeli comprenderanno così il valore
che, sull’esempio del Curato d’Ars, noi gli conferiamo ».
Ministero di misericordia
21. Il ministero della riconciliazione, esercitato con grande disponibilità,
contribuirà ad approfondire il signifi cato dell’amore di Dio,
proprio recuperando il senso del peccato e delle imperfezioni come
ostacoli al vero amore. Quando si perde il senso del peccato, si rompe
l’equilibrio interiore nel cuore e si dà origine a contraddizioni e confl itti
nella società umana. Solo la pace di un cuore unifi cato può cancellare
guerre e tensioni. « Gli squilibri di cui soffre il mondo contemporaneo
si collegano con quel più profondo squilibrio che è radicato nel cuore
dell’uomo. È proprio all’interno dell’uomo che molti elementi si combattono
a vicenda ».

22. Questo servizio di riconciliazione, esercitato con autenticità,
inviterà a vivere in sintonia con i sentimenti del Cuore di Cristo. Esso è
una « priorità » pastorale, in quanto è vivere la carità del Buon Pastore,
vivere il « suo amore verso il Padre nello Spirito Santo, il suo amore
verso gli uomini sino a donare nell’immolazione la sua vita ». Per tornare
a Dio Amore, bisogna invitare a riconoscere il proprio peccato,
sapendo che « Dio è più grande del nostro cuore » (1Gv 3,20). Deriva
da questo la gioia pasquale della conversione, che ha suscitato santi e
missionari in tutte le epoche.
23. Questa attualità del sacramento della riconciliazione appare
anche nella realtà della Chiesa pellegrina, che essendo « santa e insieme
sempre bisognosa di purifi cazione, avanza continuamente per il
cammino della penitenza e del rinnovamento ». Per questo la Chiesa
guarda a Maria, che « brilla ora innanzi al peregrinante popolo di Dio
quale segno di sicura speranza e di consolazione, fi no a quando non
verrà il giorno del Signore ».
2. Linee fondamentali
Natura del sacramento della penitenza
24. Il sacramento del perdono è un segno effi cace della presenza,
della parola e dell’azione salvifi ca di Cristo Redentore. In esso, il
Signore stesso prolunga le sue parole di perdono nelle parole del suo
ministro mentre, allo stesso tempo, trasforma ed eleva l’atteggiamento
del penitente che si riconosce peccatore e chiede perdono con il proposito
di espiazione e correzione. In esso si attualizza la sorpresa del
fi gliol prodigo nell’incontro con il Padre che perdona e fa festa per il
ritorno del fi glio amato (cf. Lc 15,22).
Celebrazione pasquale, cammino di conversione
25. La celebrazione del sacramento è essenzialmente liturgica,
festiva e gioiosa, in quanto è rivolta, sotto la guida dello Spirito San-
to, al re-incontro con il Padre e con il Buon Pastore. Gesù ha voluto
descrivere questo perdono con i colori della festa e della gioia (cf.
Lc 15,5-7.9-10.22-32). Diventa, quindi, più comprensibile e più desiderabile
la celebrazione frequente e periodica del sacramento della riconciliazione.
Cristo lo si incontra volontariamente in questo sacramento
quando si è appreso ad incontrarlo abitualmente nell’eucaristia, nella
parola viva, nella comunità, in ogni fratello e anche nella povertà del
proprio cuore.
26. In questo sacramento si celebra la chiamata alla conversione
come ritorno al Padre (cf. Lc 15,18). Si chiama sacramento della
“penitenza” poiché « consacra un cammino personale ed ecclesiale di
conversione, di pentimento e di soddisfazione ».Si chiama anche sacramento
della “confessione” « poiché l’accusa, la confessione dei peccati
davanti al sacerdote è un elemento essenziale di questo sacramento. In
un senso profondo esso è anche una “confessione”, riconoscimento
e lode della santità di Dio e della sua misericordia verso l’uomo peccatore
». E si chiama sacramento del “perdono”, « poiché, attraverso
l’assoluzione sacramentale del sacerdote, Dio accorda al penitente “il
perdono e la pace” » e della “riconciliazione”, perché « dona al peccatore
l’amore di Dio che riconcilia ».
27. La celebrazione sacramentale della “conversione” è legata
a uno sforzo per rispondere all’amore di Dio. Per questo, l’appello
alla conversione è « una componente essenziale dell’annuncio del Regno
». Così il cristiano si inserisce nel « dinamismo del “cuore contrito”
(cf. Sal 51,19), attratto e mosso dalla grazia (cf. Gv 6,44; 12,32) a
rispondere all’amore misericordioso di Dio che ci ha amati per primo
(cf. 1Gv 4,10) ».

Nel cammino di santità
28. Si tratta di un itinerario verso la santità richiesta e resa possibile
dal battesimo, dalla confermazione, dall’eucaristia e dalla parola di Dio.
Così si attua quella realtà ministeriale di grazia che San Paolo descriveva
con queste parole: « In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per
mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo:
lasciatevi riconciliare con Dio » (2Cor 5,20). L’invito dell’Apostolo
aveva come motivazione speciale il fatto che, Dio trattò Cristo da « peccato
in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia
di Dio » (2Cor 5,21). In questo modo, « liberati dal peccato, raccogliete il
frutto per la vostra santifi cazione » (Rm 6,22).
29. È possibile entrare in questa dinamica di esperienza del perdono
misericordioso di Dio fi n dall’infanzia e antecedentemente alla prima
comunione, anche da parte di anime innocenti mosse da un’attitudine di
fi ducia e di gioia fi liale. A questo scopo bisogna preparare tali anime
con un’adeguata catechesi sul sacramento della penitenza prima di ricevere
la prima comunione.
30. Quando si entra in questa dinamica evangelica del perdono, è facile
comprendere l’importanza di confessare i peccati lievi e le imperfezioni,
come decisione di « progredire nella vita dello Spirito » e col desiderio
di trasformare la propria vita in espressione della misericordia divina verso
gli altri. In questo modo, si entra in sintonia con i sentimenti di Cristo
« che, solo, ha espiato per i nostri peccati (cf. Rm 3,25; 1Gv 2,1-2) ».
31. Quando il sacerdote è consapevole di questa realtà di grazia,
non può che incoraggiare i fedeli ad accostarsi al sacramento della penitenza.
Allora « il sacerdote compie il ministero del Buon Pastore che
cerca la pecora perduta, quello del Buon Samaritano che medica le ferite,
del Padre che attende il fi glio prodigo e lo accoglie al suo ritorno, del
giusto Giudice che non fa distinzione di persone e il cui giudizio è ad
un tempo giusto e misericordioso. Insomma, il sacerdote è il segno e lo
strumento dell’amore misericordioso di Dio verso il peccatore ». « Il
buon Pastore cerca la pecora smarrita. Trovatala se la pone su quelle
medesime spalle, che avrebbero portato il legno della croce, e la riporta
alla vita dell’eternità ».
Un mistero di grazia
32. Il rispetto per il « sigillo sacramentale » indica che la celebrazione
penitenziale è una realtà di grazia, il cui itinerario è già « segnato » nel
Cuore di Gesù, in una profonda amicizia con lui. Così, ancora una volta
il mistero e la dignità dell’uomo si manifestano alla luce del mistero di
Cristo.
Gli effetti della grazia del sacramento della penitenza consistono
nella riconciliazione con Dio (recuperando la pace e l’amicizia con Lui),
nella riconciliazione con la Chiesa (reintegrandosi nella comunione dei
santi), nella riconciliazione con se stessi (unifi cando il proprio cuore).
Come conseguenza, il penitente « si riconcilia con i fratelli, da lui in qualche
modo offesi e lesi; si riconcilia con la Chiesa, si riconcilia con tutto
il creato ».
33. La dignità del penitente emerge nella celebrazione sacramentale,
nella quale egli manifesta la propria autenticità (conversione) e il proprio
pentimento. In effetti, « egli s’inserisce, con i suoi atti, nella celebrazione
del sacramento, che si compie poi con le parole dell’assoluzione,
pronunziate dal ministro nel nome di Cristo ». Per questo si può dire
che « il fedele, mentre fa nella sua vita l’esperienza della misericordia di
Dio e la proclama, celebra con il sacerdote la liturgia della Chiesa, che
continuamente si converte e si rinnova ».

34. La celebrazione del sacramento attualizza una storia di grazia
che deriva dal Signore. « Lungo la storia e nell’ininterrotta prassi della
Chiesa « il ministero della riconciliazione » (2Cor 5,18), donata mediante
i sacramenti del battesimo e della penitenza, si è dimostrato un
impegno pastorale sempre vivamente sentito, compiuto in ossequio al
mandato di Gesù come parte essenziale del ministero sacerdotale ».
35. È un cammino « sacramentale », quale segno effi cace di grazia,
che fa parte della sacramentalità della Chiesa. È anche il cammino tracciato
dal “Padre nostro”, nel quale chiediamo perdono mentre offriamo
il nostro perdono. Da questa esperienza di riconciliazione nasce
nel cuore del credente un anelito di pace per tutta l’umanità: « L’anelito
del cristiano è che tutta la famiglia umana possa invocare Dio come
“Padre nostro!” ».
3.Alcuni orientamenti pratici
Il ministero di suscitare le disposizioni del penitente
36. L’atteggiamento di riconciliazione e penitenza o « conversione
», fi n dagli inizi della Chiesa, si esprime in modi diversi e in momenti
diversi: celebrazione eucaristica, tempi liturgici particolari (come
la Quaresima), l’esame di coscienza, la preghiera fi liale, l’elemosina, il
sacrifi cio, ecc. Ma il momento privilegiato è la celebrazione del sacramento
della penitenza o riconciliazione dove abbiamo, da parte del penitente,
la contrizione, la confessione e la soddisfazione, e, da parte del
ministro, l’assoluzione con l’invito ad aprirsi maggiormente all’amore.
37. La confessione chiara, semplice e integra dei propri peccati
recupera la comunione con Dio e con i fratelli, soprattutto nella comunità
ecclesiale. La « conversione », come ritorno ai progetti del Padre,
implica il pentimento sincero e pertanto l’accusa e la disposizione ad
espiare o riparare alla propria condotta. Così si torna ad orientare la
propria esistenza sul cammino dell’amore verso Dio e verso il prossimo.

38. Il penitente, davanti a Cristo risorto presente nel sacramento
(e anche nel ministro), confessa il proprio peccato, esprime il proprio
pentimento e si impegna ad espiare e a correggersi. La grazia del sacramento
della riconciliazione è grazia di perdono che giunge fi no alla
radice del peccato commesso dopo il battesimo e guarisce le imperfezioni
e le deviazioni, dando al credente la forza per « convertirsi » o
aprirsi maggiormente alla perfezione dell’amore.
39. I gesti esteriori con cui si può esprimere questo atteggiamento
interiore penitenziale sono molteplici: preghiera, elemosina,
sacrifi cio, santifi cazione dei tempi liturgici, ecc. Ma « la conversione
e la penitenza quotidiane trovano la loro sorgente e il loro alimento
nell’eucaristia ».43 Nella celebrazione del sacramento della penitenza si
sperimenta il cammino del ritorno descritto da Gesù con la parabola
del fi gliol prodigo: « Soltanto il cuore di Cristo, che conosce le profondità
dell’amore di suo Padre, ha potuto rivelarci l’abisso della sua
misericordia in una maniera così piena di semplicità e di bellezza ».
40. Questa grazia di Dio, il quale ha avuto l’iniziativa di amarci, fa
sì che il penitente possa compiere questi gesti. L’esame di coscienza si
fa alla luce dell’amore di Dio e della sua Parola. Riconoscendo il proprio
peccato, il peccatore se ne assume la sua responsabilità e, mosso
dalla grazia, manifesta il proprio dolore e il proprio aborrire il peccato
soprattutto davanti a Dio che ci ama e giudica con misericordia le nostre
azioni. Dunque il riconoscimento e l’accusa integrale dei peccati
davanti al sacerdote, con semplicità e chiarezza, fa parte dell’azione
dello Spirito di amore, al di là del dolore di contrizione (per amore) o
di attrizione (per timore della giustizia divina).
Celebrazione liturgica
41. La celebrazione del sacramento della riconciliazione è un atto
liturgico che, secondo il Rito della penitenza, si sviluppa a partire da un
saluto e da una benedizione, cui seguono la lettura o recita della parola
di Dio, l’invito al pentimento, la confessione, consigli ed esortazioni,
l’imposizione e l’accettazione della penitenza, l’assoluzione dei peccati,
l’azione di grazie e la benedizione di congedo. Il luogo visibile e decoroso
del confessionale, « provvisto di una grata fi ssa tra il penitente
e il confessore, cosicché i fedeli che lo desiderano possano liberamente
servirsene » costituisce un aiuto per entrambi.
42. La forma ordinaria di celebrare la confessione, cioè la confessione
individuale, anche quando è preceduta da una preparazione
comunitaria, è un’eccellente opportunità per invitare alla santità e, di
conseguenza, ad un’eventuale direzione spirituale (con lo stesso confessore
o con altra persona). « Grazie, poi, alla sua indole individuale la
prima forma di celebrazione permette di associare il sacramento della
penitenza a qualcosa di diverso, ma ben conciliabile con esso: mi riferisco
alla direzione spirituale. È certo, dunque, che la decisione e l’impegno
personali sono chiaramente signifi cati e promossi in questa prima
forma ».« Quando possibile, è bene che, in particolari momenti dell’anno
o quando se ne presenti l’opportunità, la confessione individuale da
parte di più penitenti avvenga all’interno di celebrazioni penitenziali,
come previsto dal rituale, nel rispetto delle diverse tradizioni liturgiche,
in cui poter dare ampio spazio alla celebrazione della Parola con l’uso di
letture appropriate ».
43. Anche se « in casi di grave necessità si può ricorrere alla celebrazione
comunitaria della riconciliazione con confessione generale e
assoluzione generale », secondo le norme del Diritto, « i fedeli, perché
sia valida l’assoluzione, devono fare il proposito di confessare individualmente
i propri peccati gravi, a tempo debito ».Giudicare se
ricorrano le condizioni richieste « spetta al Vescovo diocesano, il quale,
tenuto conto dei criteri concordati con gli altri membri della Conferenza
Episcopale, può determinare i casi di tale necessità ».
Per questo, « la confessione individuale e completa, con la relativa
assoluzione, resta l’unico modo ordinario grazie al quale i fedeli si ri-
conciliano con Dio e con la Chiesa, a meno che un’impossibilità fi sica
o morale non li dispensi da una tale confessione […]. La confessione
personale è quindi la forma più signifi cativa della riconciliazione con
Dio e con la Chiesa ».51
Le norme pratiche stabilite dalla Chiesa come espressione della carità pastorale
44. Nei canoni del Codice di Diritto Canonico si trovano orientamenti
pratici sulla confessione individuale e la celebrazione comunitaria,52
come pure sul luogo e modo di disporre il confessionale.53 Rispetto
ai ministri, si riportano norme avallate dalla tradizione ecclesiale e
dall’esperienza, quali la facoltà di confessare ordinariamente e la facoltà
di assolvere in alcuni casi speciali. Bisogna attenersi, in tutto, ai criteri
della Chiesa sulla dottrina morale.Bisogna sempre comportarsi
come servitori giusti e misericordiosi, così da provvedere all’« onore
divino e alla salvezza delle anime ».
45. Queste norme aiutano anche ad operare con la prudenza dovuta
« avendo riguardo anche della condizione e dell’età del penitente
», tanto per chiedere quanto per offrire orientamenti pratici e indicare
una « soddisfazione opportuna ». Esattamente in tale contesto
del mistero della grazia divina e del cuore umano si inquadra meglio il
« sigillo » sacramentale.
Altre norme offrono alcune tracce per aiutare i penitenti a confessare
con chiarezza, ad esempio in riferimento a numero e specie dei peccati
gravi, indicando i tempi più opportuni, i mezzi concreti (quali possono
essere, in qualche occasione, gli interpreti) e soprattutto la libertà di confessarsi
con i ministri approvati e che essi possono scegliere.
46. Nel Rito della penitenza si trovano orientamenti dottrinali e norme
pratiche simili: preparazione del sacerdote, accoglienza, celebrazione
con tutti i suoi dettagli. Questi orientamenti aiuteranno il penitente a
plasmare la propria vita con la grazia ricevuta. Perciò la celebrazione
comunitaria, con assoluzione individuale, costituisce un grande aiuto alla
confessione individuale, che resta sempre la forma ordinaria della celebrazione
del sacramento della penitenza.
47. Anche la Lettera Apostolica Motu Proprio Misericordia Dei, su
alcuni aspetti della celebrazione del sacramento della penitenza, di Papa
Giovanni Paolo II, offre molte norme pratiche sui possibili modi di realizzare
la celebrazione sacramentale e su ciascuno dei suoi gesti.
Orientare nel cammino di santità in sintonia con l’azione dello Spirito Santo
48. In tutte queste possibilità di celebrazione, la cosa più importante
è aiutare il penitente nel suo processo di confi gurazione a Cristo.
A volte un consiglio semplice e sapienziale illumina per tutta la vita o
porta a prendere sul serio il processo di contemplazione e perfezione,
sotto la guida di un buon direttore spirituale. Il direttore spirituale è
uno strumento nelle mani di Dio, per aiutare a scoprire ciò che Dio
vuole da ciascuno al momento presente: la sua scienza non è meramente
umana. L’omelia di una celebrazione comunitaria o il consiglio
privato in una confessione individuale possono essere determinanti
per tutta la vita.
49. In ogni momento bisogna tener conto del processo seguito
dal penitente. A volte lo si aiuterà ad adottare un’attitudine di conversione
radicale che porti a recuperare o ravvivare la scelta fondamentale
della fede; altre volte si tratterà di un aiuto nel normale processo di
santifi cazione che è sempre, armonicamente, di purifi cazione, illuminazione
ed unione.
50. La confessione frequente, quando vi sono soltanto peccati
lievi o imperfezioni, è come una conseguenza della fedeltà al battesimo
ed alla confermazione, ed esprime un autentico desiderio di perfezione
e di ritorno al disegno del Padre, perché Cristo viva veramente in noi
per una vita di maggiore fedeltà allo Spirito Santo. Per questo « tenendo
conto della chiamata di tutti i fedeli alla santità, si raccomanda loro
di confessare anche i peccati veniali ».
Disponibilità ministeriale e accoglienza paterna
51. Anzitutto sono essenziali la preghiera e la penitenza per le
anime. Così sarà possibile un’autentica disponibilità ed accoglienza paterna.
52. Coloro che hanno la cura delle anime devono « provvedere
che siano ascoltate le confessioni dei fedeli a loro affi dati, che ragionevolmente
lo chiedano, e che sia ad essi data l’opportunità di accostarsi
alla confessione individuale, stabiliti, per loro comodità, giorni e
ore ». Oggi si fa così in molti luoghi, con risultati molto positivi, non
soltanto in alcuni santuari, ma anche in tante parrocchie e chiese.
53. Questa disponibilità ministeriale tende a prolungarsi suscitando
desideri di perfezione cristiana. L’aiuto da parte del ministro, prima
o durante la confessione, tende alla vera conoscenza di sé, alla luce
della fede, in vista di adottare un atteggiamento di contrizione e di propositi
di conversione permanente e intima, come pure di riparazione o
correzione e cambiamento di vita, per superare l’insuffi ciente risposta
all’amore di Dio.
54. Il testo fi nale della celebrazione del sacramento, dopo l’assoluzione
propriamente detta e il commiato, contiene una grande ricchezza
spirituale e pastorale, e converrebbe recitarlo, visto che orienta
il cuore verso la passione di Cristo, i meriti della Beata Vergine Maria
e dei Santi, e verso la cooperazione per mezzo delle buone opere susseguenti.
55. Così, dunque, il ministro, per il fatto di agire in nome di Cristo
Buon Pastore, ha l’urgenza di conoscere e discernere le malattie spirituali
e farsi vicino al penitente, di essere fedele all’insegnamento del
Magistero sulla morale e la perfezione cristiana, di vivere un’autentica
vita di preghiera, di adottare un atteggiamento prudente nell’ascolto e
nelle domande, di essere disponibile verso chi chiede il sacramento, di
seguire le mozioni dello Spirito Santo. È sempre una funzione paterna
e fraterna ad imitazione del Buon Pastore, ed è una priorità pastorale.
Cristo, presente nella celebrazione sacramentale, aspetta anche nel
cuore di ogni penitente e chiede al ministro preghiera, studio, invocazione
dello Spirito, accoglienza paterna.
56. Questa prospettiva di carità pastorale mette in evidenza che
« la mancanza di disponibilità ad accogliere le pecore ferite, anzi, ad
andare loro incontro per ricondurle all’ovile, sarebbe un doloroso segno
di carenza di senso pastorale in chi, per l’Ordinazione sacerdotale,
deve portare in sé l’immagine del Buon Pastore. […] In particolare,
si raccomanda la presenza visibile dei confessori […] e la speciale disponibilità
anche per venire incontro alle necessità dei fedeli durante
la celebrazione delle SS. Messe ».64 Se si tratta di una « concelebrazione,
si esorta vivamente che alcuni sacerdoti si astengano dal concelebrare
per essere disponibili per quei fedeli che vogliono accedere al sacramento
della penitenza ».
57. La descrizione che il Santo Curato d’Ars fa del ministero, accentua
la nota di accoglienza e disponibilità. Questo è il commento di
Benedetto XVI: « Tutti noi sacerdoti dovremmo sentire che ci riguardano
personalmente quelle parole che egli metteva in bocca a Cristo:
« Incaricherò i miei ministri di annunciare ai peccatori che sono sempre
pronto a riceverli, che la mia misericordia è infinita ». Dal Santo
Curato d’Ars noi sacerdoti possiamo imparare non solo un’inesauribile
fi ducia nel sacramento della penitenza che ci spinga a rimetterlo al
centro delle nostre preoccupazioni pastorali, ma anche il metodo del
« dialogo di salvezza » che in esso si deve svolgere. Il Curato d’Ars
aveva una maniera diversa di atteggiarsi con i vari penitenti ».In tale
contesto si capisce la spiegazione che diede ad un confratello sacerdote:
« Vi dirò qual è la mia ricetta: do ai peccatori una penitenza piccola e il
resto lo faccio io al loro posto ».
Una formazione rinnovata e attualizzata dei sacerdoti per guidare i fedeli
nelle diverse situazioni
58. Si può imparare dal Santo Curato d’Ars il modo di distinguere i
penitenti per poterli meglio orientare, in base alla loro disponibilità. Pur
offrendo ai più ferventi modelli di santità, esortava tutti ad immergersi
nel « torrente della divina misericordia » dando motivo di speranza per la
correzione: « Il buon Dio sa tutto. Prima ancora che voi vi confessiate,
sa già che peccherete ancora e tuttavia vi perdona. Come è grande
l’amore del nostro Dio che si spinge fi no a dimenticare volontariamente l’avvenire,
pur di perdonarci! ».
Questo sforzo di carità pastorale « per lui era senza dubbio la più
grande delle pratiche ascetiche, un « martirio » ». Perciò « il Signore gli
concedeva di riconciliare dei grandi peccatori pentiti, e anche di guidare
verso la perfezione anime che ne avevano il vivo desiderio ».
59. Il confessore è pastore, padre, maestro, educatore, giudice
spirituale e anche medico che discerne e offre la cura. « Il sacerdote
svolge un compito ad un tempo di giudice e di medico, ricordi inoltre
di essere stato costituito da Dio ministro contemporaneamente della
divina giustizia e misericordia, così da provvedere all’onore divino e
alla salvezza delle anime ».
60. Maria è Madre di misericordia perché Madre di Cristo Sacerdote,
rivelatore della misericordia. È colei che « come nessun altro,
ha sperimentato la misericordia [...] è colei che conosce più a fondo il
mistero della misericordia divina » e, per questo, può « raggiungere tutti
coloro che accettano più facilmente l’amore misericordioso da parte di
una madre ». La spiritualità mariana del sacerdote lascerà intravedere,
nel suo modo di agire, il Cuore materno di Maria come rifl esso della
misericordia divina.
Nuove situazioni, nuove grazie, nuovo fervore dei ministri
61. Bisogna riconoscere le diffi coltà attuali ad esercitare il ministero
della penitenza, dovute ad una certa perdita del senso del peccato,
ad una certa disaffezione verso questo sacramento, al non vedere
l’utilità di confessarsi se non vi è peccato grave, e anche alla stanchezza
del ministro preso da tante attività. Ma la confessione è sempre una
rinascita spirituale che trasforma il penitente in nuova creatura e lo
unisce sempre di più all’amicizia con Cristo. Per questo diventa fonte
di gioia per chi è servitore del Buon Pastore.
62. Quando il sacerdote esercita questo ministero rivive in modo
particolare la sua condizione di essere strumento di un meraviglioso
evento di grazia. Alla luce della fede, può sperimentare l’attuarsi
dell’amore misericordioso di Dio. I gesti e le parole del ministro sono
un mezzo perché si realizzi un vero miracolo della grazia. Sebbene esistano
altri strumenti ecclesiali per comunicare la misericordia di Dio,
per non parlare dell’eucaristia, massima prova d’amore, « nel sacramento
della penitenza l’uomo è raggiunto in modo visibile dalla misericordia
di Dio ». È un mezzo privilegiato per incoraggiare non solo a
ricevere il perdono ma anche a seguire con generosità il cammino della
identifi cazione con Cristo. Il cammino del discepolato evangelico, da
parte dei fedeli e dello stesso ministro, necessita di questo aiuto per
mantenersi ad un livello di generosità.
63. Questa prospettiva di incoraggiamento richiede al ministro
una maggiore attenzione alla sua formazione: « Pertanto, è necessario
che egli unisca ad una buona sensibilità spirituale e pastorale una seria
preparazione teologica, morale e pedagogica, che lo renda capace di
comprendere il vissuto della persona. Gli è poi assai utile conoscere
gli ambiti sociali, culturali e professionali di quanti si accostano al confessionale,
per poter offrire idonei consigli ed orientamenti spirituali
e pratici.[...] Alla saggezza umana, alla preparazione teologica occorre
pertanto unire una profonda vena di spiritualità alimentata dal contatto
orante con Cristo, Maestro e Redentore ».A questo scopo è
di grande utilità la formazione permanente, ad esempio le giornate
di formazione del clero, con corsi specifi ci, come quelli offerti dalla
Penitenzieria Apostolica.