sabato 30 luglio 2011

Pietro Crisologo/2



Di seguito propongo qualche pagina di questo pastore così attento ad alimentare la fede del suo gregge...
Come vi accorgerete, la marca è decisamente ambrosiana... Buona lettura!




1. Dai «Discorsi» di san Pietro Crisologo, vescovo (Disc. 148; PL 52, 596-598)

Quando la Vergine concepisce, vergine partorisce e vergine rimane. Non rientra nell'ordine della natura, ma dei segni divini. Non c'entra la ragione, ma la potenza superiore, non la natura, ma il Creatore. Non è cosa normale, ma singolare; è un fatto divino, non umano. La nascita di Cristo non fu dettata dalla necessità, ma da una libera scelta. Fu un sacramento di pietà, fu la restaurazione della salvezza umana. Colui che senza nascere aveva formato l'uomo da un intatto limo, quando egli stesso nacque, formò un uomo da un intatto corpo. La mano che si era degnata di prendere del fango per plasmare il nostro corpo, si degnò di prendere anche la carne per la nostra restaurazione. Ora che il Creatore dimori nella sua creatura e che Dio si trovi nella nostra carne, è un onore per l'uomo, non una sconvenienza per Dio.
O uomo, perché hai di te un concetto così basso quando sei stato tanto prezioso per Dio? Perché mai, tu che sei così onorato da Dio, ti spogli irragionevolmente del tuo onore? Perché indaghi da che cosa sei stato tratto e non ricerchi per qual fine sei stato creato? Tutto questo edificio del mondo, che i tuoi occhi contemplano, non è stato forse fatto per te? La luce infusa in te scaccia le tenebre che ti circondano. Per te è stata regolata la notte, per te definito il giorno, per te il cielo è stato illuminato dal diverso splendore del sole, della luna e delle stelle. Per te la terra è dipinta di fiori, di boschi e di frutti. Per te è stata creata la mirabile e bella famiglia di animali che popolano l'aria, i campi e l'acqua, perché una desolata solitudine non appannasse la gioia del mondo appena fatto.
Tuttavia il tuo creatore trovò ancora qualcosa da aggiungere per onorarti. Ha stampato in te la sua immagine, perché l'immagine visibile rendesse presente al mondo il creatore invisibile, e ti ha posto in terra a fare le sue veci, perché un possedimento così vasto, qual è il mondo, non fosse privo di un vicario del Signore.
Dio, nella sua infinita bontà, prese in sé ciò che aveva fatto in te per sé. Volle essere visto nell'uomo direttamente e in se stesso. Egli, che nell'uomo aveva prima voluto essere visto per riflesso, fece sì che diventasse sua proprietà l'uomo che prima aveva ottenuto di essere solo sua immagine riflessa.
Nasce dunque Cristo, per reintegrare con la sua nascita la natura decaduta. Accetta di essere bambino, vuole, essere nutrito, passa attraverso i vari stadi dell'età per restaurare l'unica perfetta duratura età, quella che egli stesso aveva creato. Regge l'uomo, perché l'uomo non possa più cadere. Fa diventare celeste colui che aveva creato terreno. Fa vivere dello spirito divino chi aveva soltanto un'anima umana. E così lo innalza tutto fino a Dio, perché nulla più rimanga nell'uomo di ciò che in lui v'è di peccato, di morte, di travagli, di dolore, di terra, per mezzo di nostro Signore Gesù Cristo che vive e regna con il Padre nell'unità dello Spirito Santo, ora e sempre per gli infiniti secoli dei secoli. Amen.

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2. Dai "Discorsi" di san Pietro Crisologo, 50, CCL 24, p. 276-282. PL 52, 339

« Vista la loro fede »


“Venne nella sua città ; ed ecco che gli fu presentato un paralitico che giaceva su un lettuccio” (Mt 9,1). Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico : « Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati ». Il paralitico, pur avendo udito questo perdono, resta muto. Non risponde con nessun ringraziamento. Desiderava infatti la guarigione del corpo più della guarigione dell’anima. Piangeva i mali passaggeri del suo corpo ammalato mentre non piangeva i mali eterni della sua anima, ancor più malata. Riteneva infatti la vita presente più preziosa della vita futura.

Cristo a ragione, tiene conto della fede di coloro che gli presentano il malato, senza tenere in nessun conto la sciocchezza di costui. Grazie alla fede altrui, l’anima del paralitico verrà guarita prima del suo corpo. «Vista la loro fede », dice il Vangelo. Notate bene, fratelli, che Dio non si preoccupa di quanto vogliono gli uomini insensati. Non si aspetta di trovare la fede dagli ignoranti, non presta riguardo agli sciocchi desideri di un infermo. Invece, non rifiuta di portare aiuto alla fede altrui. Questa fede è un regalo della grazia, e si accorda con la volontà di Dio.

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3. Dai "Discorsi" di San Pietro Crisologo, Vescovo
(Disc. 43; PL 52, 320 e 322)

La preghiera bussa, il digiuno ottiene, la misericordia riceve


Tre sono le cose, tre, o fratelli, per cui sta salda la fede, perdura la devozione, resta la virtù: la preghiera, il digiuno, la misericordia. Ciò per cui la preghiera bussa, lo ottiene il digiuno, lo riceve la misericordia. Queste tre cose, preghiera, digiuno, misericordia, sono una cosa sola, e ricevono vita l'una dall'altra.
Il digiuno è l'anima della preghiera e la misericordia la vita del digiuno. Nessuno le divida, perché non riescono a stare separate. Colui che ne ha solamente una o non le ha tutte e tre insieme, non ha niente. Perciò chi prega, digiuni. Chi digiuna abbia misericordia. Chi nel domandare desidera di essere esaudito, esaudisca chi gli rivolge domanda. Chi vuol trovare aperto verso di sé il cuore di Dio non chiuda il suo a chi lo supplica.
Chi digiuna comprenda bene cosa significhi per gli altri non aver da mangiare. Ascolti chi ha fame, se vuole che Dio gradisca il suo digiuno. Abbia compassione, chi spera compassione. Chi domanda pietà, la eserciti. Chi vuole che gli sia concesso un dono, apra la sua mano agli altri. E' un cattivo richiedente colui che nega agli altri quello che domanda per sé.
O uomo, sii tu stesso per te la regola della misericordia. Il modo con cui vuoi che si usi misericordia a te, usalo tu con gli altri. La larghezza di misericordia che vuoi per te, abbila per gli altri. Offri agli altri quella stessa pronta misericordia, che desideri per te.
Perciò preghiera, digiuno, misericordia siano per noi un'unica forza mediatrice presso Dio, siano per noi un'unica offesa, un'unica preghiera sotto tre aspetti.
Quanto col disprezzo abbiamo perduto, conquistiamolo con il digiuno. Immoliamo le nostre anime col digiuno perché non c'è nulla di più gradito che possiamo offrire a Dio, come dimostra il profeta quando dice: «Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato, tu, o Dio, non disprezzi» (Sal 50, 19).
O uomo, offri a Dio la tua anima ed offri l'oblazione del digiuno, perché sia pura l'ostia, santo il sacrificio, vivente la vittima, che a te rimanga e a Dio sia data. Chi non dà questo a Dio non sarà scusato, perché non può non avere se stesso da offrire. Ma perché tutto ciò sia accetto, sia accompagnato dalla misericordia. Il digiuno non germoglia se non è innaffiato dalla misericordia. Il digiuno inaridisce, se inaridisce la misericordia. Ciò che è la pioggia per la terra, è la misericordia per il digiuno. Quantunque ingentilisca il cuore, purifichi la carne, sradichi i vizi, semini le virtù, il digiunatore non coglie frutti se non farà scorrere fiumi di misericordia.
O tu che digiuni, sappi che il tuo campo resterà digiuno se resterà digiuna la misericordia. Quello invece che tu avrai donato nella misericordia, ritornerà abbondantemente nel tuo granaio. Pertanto, o uomo, perché tu non abbia a perdere col voler tenere per te, elargisci agli altri e allora raccoglierai. Dà a te stesso, dando al povero, perché ciò che avrai lasciato in eredità ad un altro, tu non lo avrai.


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4. Dai "Discorsi" di San Pietro Crisologo, Vescovo, Sermo 84. PL 52,437‑440.


I discepoli videro il Signore e furono pieni di gioia, perché come fa piacere la luce dopo il buio e il bel tempo dopo la fosca caligine dell'uragano, cosi la gioia conforta dopo la tristezza.


Gesù augura ai suoi la pace e ripete quell'annunzio due volte. Con il primo saluto egli trasfonde quiete nei loro sentimenti e con il secondo esprime la volontà di vedere regnare sempre la pace tra i suoi discepoli.


Gesù sa bene che più tardi si farà un gran discutere sul ritardo della sua venuta; gli uni si rattristeranno di aver dubitato, gli altri potranno vantarsi della fermezza della loro fede.


Per tagliar corto alla vana superbia di questi e all'incertezza di quelli, il Maestro previene gli eventuali conflitti formulando il suo desiderio di pace: lui sa che tali problemi nascono dai fatti e non dai discepoli. Gesù non vuole evitare che i suoi si accusino a vicenda di quello che lui, il solo offeso, ha già perdonato.


Pietro rinnega, Giovanni fugge, Tommaso dubita e gli altri abbandonano Gesù. Dando la sua pace, il Signore taglia corto a future dispute tra i discepoli. Senza il dono della pace, ad esempio, gli altri avrebbero potuto rifiutare a Pietro il diritto al primato, poiché il rinnegamento aveva di che farlo retrocedere all'ultimo posto nel gruppo apostolico.


Gli altri discepoli annunziarono a Tommaso. "Abbiamo visto il Signore!". Ma egli disse loro: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò ".


Perché Tommaso esige quelle prove? Perché tanto amore verso il suppliziato e tanta durezza verso il risorto? Perché riapre per amore le piaghe inferte dall'odio? Per quale ragione la sua mano pia e obbediente cerca di squarciare ancora il costato trafitto dall'empia lancia del soldato?


Come mai la sua curiosità affettuosa rinnova i dolori inflitti dalla furia dei persecutori? Perché la ricerca del discepolo provoca il Signore a gemere, Iddio a patire, il medico celeste a sanguinare?


La potenza del diavolo crolla, il carcere infernale si spalanca e le catene dei morti si spezzano, perché la morte del Signore ribalta i sepolcri e la sua risurrezione muta totalmente la condizione dei mortali.


Il Signore stesso rotolò la pietra dalla tomba e slegò le bende mortuarie. La morte fuggì davanti alla gloria di Cristo risorto; la vita ritorna, la carne si ridesta per non conoscere mai più il trapasso.


Perché solo tu, Tommaso, investigatore troppo guardingo, chiedi di vedere soltanto le cicatrici come prova di fede? Se dal corpo di Cristo le piaghe fossero scomparse, avresti fatto correre un tremendo pericolo alla fede, con quel tuo indebito voler renderti conto. Avevi proprio bisogno di mettere la mano nel fianco trafitto dalla crudeltà dei Giudei? Non c'erano altre prove della risurrezione del Signore e del suo amore?


Considerate piuttosto, fratelli, che le richieste e le esigenze di Tommaso nascono dall'affetto e dalla dedizione, affinché in futuro non possano più sussistere dubbi sulla risurrezione.


Tommaso non placa soltanto l'inquietudine del suo cuore, ma anche quella di tutti gli umani. Prima di partire per predicare alle genti, Tommaso, da servo zelante. cerca una base solida per una fede tanto misteriosa.


Negli interrogativi dell'Apostolo vediamoci uno sguardo prudente gettato sul futuro più che dubbio e scetticismo. Come infatti Tommaso avrebbe potuto sapere che le ferite di Cristo sarebbero rimaste a riprova della risurrezione se un'ispirazione profetica non lo avesse preavvisato?


Il Signore aveva concesso spontaneamente agli altri discepoli quello che Tommaso ora deve implorare: infatti quando era apparso la prima volta, Gesù aveva mostrato le mani e il costato trafitti.


Venne Gesù a porte chiuse. I discepoli potevano a ragione prenderlo per uno spirito, ma i segni e le cicatrici della passione provano a questi increduli che si tratta proprio di lui.


Gesù dice a Tommaso: "Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo, ma credente! Riapri le ferite da cui sono sgorgati l'acqua del perdono e il sangue della redenzione, perché ne zampilli la fede sul mondo intero".


Tommaso allora esclama: Mio Signore e mio Dio! Ascoltino i miscredenti e non siano più increduli, ma credano, come invita il Signore. Infatti la risposta di Tommaso non manifesta soltanto la presenza corporea di Gesù, ma attraverso le sofferenze del suo corpo attesta ch'egli è Dio e Signore.


Veramente è Dio colui che è risuscitato dai morti e dopo tali ferite e tale strazio vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.

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5. Dal «Sermone 146» di Pietro Crisologo († c. 450)
Maria è chiamata madre, ma quando Maria non è stata madre? L'autore sacro dice che Dio «chiamò mare [mària] le acque raccolte in un sol luogo» (Gn 1, 9-10). E questo mare non accolse forse nel suo unico seno il popolo che usciva dall'Egitto (cf. Es 14,19ss), affinché la rinata progenie celeste emergesse come nuova creatura? L'Apostolo infatti dice: «I nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare» (1 Cor 10,1).
Ora, affinché Maria sia sempre colei che precorre la salvezza umana, essa stessa ha giustamente preceduto in un cantico di lode al Signore quel popolo che l'onda generatrice aveva fatto rinascere alla luce: «Allora Maria, la profetessa, sorella di Aronne, prese in mano un timpano [...] e fece cantare il ritornello: Cantate al Signore perchè ha mirabilmente trionfato» (Es 15,20-21).
Dunque questo nome, Maria, è genuinamente profetico, salutare per quanti rinascono, segno della verginità, decoro della pudicizia. indizio della castità, sacrifico di Dio, virtù d'ospitalità e sostegno di santità. A buon diritto quindi questo nome materno è quello della Madre di Cristo.

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6. Dalla catechesi del Santo Padre Benedetto XVI nell'’udienza generale del 01.02.2006
........ Oltre che su queste belle parole, che ci mostrano un Dio "lento all’ira, ricco di misericordia", sempre disponibile a perdonare e ad aiutare, la nostra attenzione si fissa anche sul successivo bellissimo versetto 9: «Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature». Una parola da meditare, una parola di consolazione, una certezza che Egli porta nella nostra vita. A tale riguardo, san Pietro Crisologo (380 ca. - 450 ca.) così si esprime nel Secondo discorso sul digiuno: «"Grandi sono le opere del Signore": ma questa grandezza che vediamo nella grandezza della Creazione, questo potere è superato dalla grandezza della misericordia. Infatti, avendo detto il profeta: "Grandi sono le opere di Dio", in un altro passo aggiunse: "La sua misericordia è superiore a tutte le sue opere". La misericordia, fratelli, riempie il cielo, riempie la terra… Ecco perché la grande, generosa, unica, misericordia di Cristo, che riservò ogni giudizio per un solo giorno, assegnò tutto il tempo dell'uomo alla tregua della penitenza... Ecco perché si precipita tutto verso la misericordia il profeta che non aveva fiducia nella propria giustizia: "Abbi pietà di me, o Dio - dice -, per la tua grande misericordia" (Sal 50,3)» (42,4-5: Sermoni 1-62bis, Scrittori dell’Area Santambrosiana, 1, Milano-Roma 1996, pp. 299.301). E così diciamo anche noi al Signore: "Abbi pietà di me, o Dio, tu che sei grande nella misericordia"..