mercoledì 10 agosto 2011

Silenzio... parla Dio!


Alla vigilia della GMG di Madrid, il Papa si sofferma sulla preghiera claustrale, quella del silenzio dei monasteri in cui si combatte con armi spirituali una guerra spituale, quella appunto "contro gli spiriti del male che abitano questo mondo di tenebra" (cf. Ef. 6).Riporto il testo della Udienza Generale tenuta questa mattina 10 agosto nel Cortile del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo e, di seguito, la testimonianza di Ornella, una ragazza che ha sentito di essere chiamata alla vita consacrata durante la GMG del 1993 a Denver (Colorado).
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Cari fratelli e sorelle!
In ogni epoca, uomini e donne che hanno consacrato la vita a Dio nella preghiera – come i monaci e le monache – hanno stabilito le loro comunità in luoghi particolarmente belli, nelle campagne, sulle colline, nelle valli montane, in riva ai laghi o al mare, o addirittura su piccole isole. Questi luoghi uniscono due elementi molto importanti per la vita contemplativa: la bellezza del creato, che rimanda a quella del Creatore, e il silenzio, garantito dalla lontananza rispetto alle città e alle grandi vie di comunicazione. Il silenzio è la condizione ambientale che meglio favorisce il raccoglimento, l’ascolto di Dio, la meditazione. Già il fatto stesso di gustare il silenzio, di lasciarsi, per così dire, “riempire” dal silenzio, ci predispone alla preghiera. Il grande profeta Elia, sul monte Oreb – cioè il Sinai – assistette a un turbine di vento, poi a un terremoto, e infine a lampi di fuoco, ma non riconobbe in essi la voce di Dio; la riconobbe invece in una brezza leggera (cfr 1 Re 19,11-13). Dio parla nel silenzio, ma bisogna saperlo ascoltare. Per questo i monasteri sono oasi in cui Dio parla all’umanità; e in essi si trova il chiostro, luogo simbolico, perché è uno spazio chiuso, ma aperto verso il cielo.
Domani, cari amici, faremo memoria di Santa Chiara di Assisi. Perciò mi piace ricordare una di queste “oasi” dello spirito particolarmente care alla famiglia francescana e a tutti i cristiani: il piccolo convento di San Damiano, situato poco al di sotto della città di Assisi, in mezzo agli uliveti che digradano verso Santa Maria degli Angeli. Presso quella chiesetta, che Francesco restaurò dopo la sua conversione, Chiara e le prime compagne stabilirono la loro comunità, vivendo di preghiera e di piccoli lavori. Si chiamavano le “Sorelle Povere”, e la loro “forma di vita” era la stessa dei Frati Minori: “Osservare il santo Vangelo del nostro Signore Gesù Cristo” (Regola di S. Chiara, I, 2), conservando l’unione della scambievole carità (cfr ivi, X, 7) e osservando in particolare la povertà e l’umiltà vissute da Gesù e dalla sua santissima Madre (cfr ivi, XII, 13).
Il silenzio e la bellezza del luogo in cui vive la comunità monastica – bellezza semplice e austera – costituiscono come un riflesso dell’armonia spirituale che la comunità stessa cerca di realizzare. Il mondo è costellato da queste oasi dello spirito, alcune molto antiche, particolarmente in Europa, altre recenti, altre restaurate da nuove comunità. Guardando le cose in un’ottica spirituale, questi luoghi dello spirito sono una struttura portante del mondo! E non è un caso che molte persone, specialmente nei periodi di pausa, visitino questi luoghi e vi si fermino per alcuni giorni: anche l’anima, grazie a Dio, ha le sue esigenze!
Ricordiamo, dunque, Santa Chiara. Ma ricordiamo anche altre figure di Santi che ci richiamano all’importanza di volgere lo sguardo alle “cose del cielo”, come Santa Edith Stein, Teresa Benedetta della Croce, carmelitana, co-patrona d’Europa, celebrata ieri. E oggi, 10 agosto, non possiamo dimenticare san Lorenzo, diacono e martire, con un augurio speciale ai romani, che da sempre lo venerano quale uno dei loro patroni. E alla fine rivolgiamo il nostro sguardo alla Vergine Maria, perché ci insegni ad amare il silenzio e la preghiera.
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Se a Fort Collins Kiko non avesse alzato così chiaramente quella Croce dicendo "questa è l'unica salvezza" io non mi sarei alzata - racconta Ornella - che è una delle ragazze che ha sentito la chiamata ad entrare in monastero. Mi ha colpito perché la Croce io sempre me la dimentico. Mi ha aiutato anche la processione solenne con cui è stata portata nello stadio l'icona della Madonna di Denver. Quando è stato letto il Vangelo del giorno, il giovane ricco che va via triste perché non vende i suoi beni ho pensato a tutte le volte che ho visto con invidia altre ragazze alzarsi per entrare in monastero. Mi sono detta: "Io non voglio più andarmene triste, voglio essere felice".

Mai tanto fidanzata come adesso


Pensavo anche a tutte le volte che in Italia ho fatto ore di fila per i Rolling Stones e mi trovavo invece in uno stadio americano pieno di giovani di tutto il mondo radunati dalla Croce di Cristo. La felicita sta nel contrario di dove l'ho cercata prima di iniziare il Cammino neocatecumenale, quando ho fatto tante volte le cinque del mattino nelle discoteche di Roma. Sono stata 17 anni lontana dalla Chiesa e non mi importava niente, né del Papa, né della Chiesa, né dei preti. Ho fatto di tutto. Ho frequentato gli ambienti peggiori: politica, droga, carcere... In un incidente Dio mi ha parlato: non potevo più continuare così. Per caso in quei giorni mia madre ha rincontrato dopo 20 anni il prete che mi aveva battezzato. Mi ha invitato ad andare nella sua parrocchia a seguire una catechesi. C'era un laico che ne dava l'annuncio. Dal modo in cui parlava si sentiva che aveva fatto esperienza della misericordia di Dio. Questo ha segnato la mia vita.

"Ho iniziato il Cammino, ma non è stato facile perché, nonostante Dio mi avesse "ripulita", io avevo sempre i miei progetti. Così quando Kiko a Fort Collins ha alzato la Croce ho detto: "Ho capito, ho capito Signore". Ho capito che il Signore mi chiama ad entrare in monastero, a pregare per tutte le sofferenze delle persone che conosco, a sostenere l'opera di evangelizzazione della Chiesa. Proprio a me che mi piace andarmene in giro mi chiama a restare rinchiusa. Mi chiama a un matrimonio diverso. "Ti volevi sposare! Ecco l'uomo". Allora ho detto: "Se sei tu che chiami, se tu farai questo in me, va bene. Se guardo a me... niente. Ma se lo fai tu, allora io ti dico sì". Per un attimo mi sono fidata. Nella mia vita non mi sono mai sentita tanto fidanzata come da quel momento. Ho sentito due catene che si rompevano. Ho avuto una gioia che mai ho provato".