sabato 22 ottobre 2011

Amma Teodora e l'albero d'inverno




Come gli alberi, se non patiscono l'inverno e le piogge, non possono portare frutti, così pure per noi questa vita terrena è simile a un inverno e non potremo ereditare il regno dei cieli senza affanni e asperità.
Le distese desertiche, lontano da Alessandria d'Egitto, la città colta, ricca ed elegante, pullulavano di presenze solitarie: erano i cosiddetti «padri del deserto», divenuti celebri non solo per il rigore della loro ascesi, ma anche per il fulgore dei loro detti, ai quali si sarebbero abbeverati per secoli coloro che cercavano una sorgente di spiritualità. Tra questi eremiti c'erano anche alcune presenze femminili. È il caso di una nobildonna sposata che aveva lasciato la famiglia, conclusa la sua missione materna, e si era ritirata in un monastero a una trentina di chilometri da Alessandria. Si chiamava Teodora, ma si era vestita da uomo e nessuno l'aveva mai incontrata a viso aperto, tant'è che solo alla sua morte si scoprì la sua vera identità. Ecco uno dei suoi detti, legato a un elementare simbolo naturale, l'albero spoglio nell'inclemenza dell'inverno. Cristo aveva scelto l'immagine della porta stretta e della via angusta come segno dell'ingresso nel regno della vita divina (Matteo 7,13-14), ma aveva anche evocato gli alberi fruttiferi, che certo devono passare attraverso la spogliazione invernale, a differenza dei rovi che sono sempre uguali, ma alla fine improduttivi (7,15-20). Il principe degli eremiti del deserto egizio, sant'Antonio, non aveva dubbi: «Nessuno che non abbia fatto esperienza delle tentazioni potrà entrare nel regno dei cieli. Togli le tentazioni e non ci sarà nessuno che si salva». La prova è un esercizio della libertà e della coscienza, e nel regno dei cieli non ci si può andare solo perché si è trascinati dalla calca, come in uno stadio…
Fonte: G. Ravasi in "Avvenire" del 22 ottobre 2011