martedì 25 ottobre 2011

Vocazione battesimale e discernimento primario



La prima chiamata, rivolta a tutti gli uomini, è la chiamata all'esistenza, è l'esistere, e se manca da parte dell'uomo, la conoscenza e la coscienza di questa vocazione primaria, allora ogni vocazione personale non può essere assolutamente nè percepia nè compresa!
Questa chiamata elementare e primaria deve con forza essere sottolineata ed evidenziata oggi, perchè proprio tra i giovani di oggi è facile costatare che questo dato è assente dal loro orizzonte. Sovente oggi succede che i giovani si sentano nati per caso, gettati nella vita e nell'esistenza dalle loro famiglie e non percepiscano assolutamente questa chiamata essenziale di cui purtroppo neppure la chiesa fa un annuncio adeguato e sufficiente.
La vita cristiana è vocazione del Padre in Cristo ad una vita di santità nella comunità che è la Chiesa. Da ciò deriva un primo fondamentale: la vocazione essenziale dei cristiani è quella ricevuta nel battesimo ed è vocazione unica, vocazione alla santità di tutto il popolo di Dio.

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Ciò premesso e sottolineato, l'elemento discriminante che bisogna verificare e discernere per la vocazione, cioè il carisma che va riconosciuto all'inizio, è il celibato o il matrimonio.
Il discernimento va operato a questo livello: finchè nella Chiesa vige il sacerdozio celibatario, tutto il resto del cammino del chiamato si gioca sull'acconsentimento al carisma del celibato.
Il primo discernimento da farsi è dunque sull'esistenza o meno del dono del celibato o del matrimonio, ma non si deve assolutamente pensare che la vita cristiana sia più radicale, più santa e di perfetta carità solo se vissuta nel celibato per il Regno di Dio! La vocazione alla santità è quella battesimale e il radicalismo evangelico è unico e richiesto a tutti. Se il discernimento porta ad individuare il carisma del celibato, allora occorre procedere ad un discernimento ulteriore tra vita pastorale presbiterale e vita religiosa. Le due vite infatti non sono uguali nei mezzi di santità e di servizio alla Chiesa.
Se poi emerge una chiamata alla vita religiosa, si tenga conto delle strutture diverse e perenni che essa presenta: altra è la vita cenobitica, altra è quella itinerante apostolica, altra quella diaconale, altra ancora quella eremitica. Queste strutture non sono indifferenti e la vocazione colloca sempre con precisione in una e non in un'altra.
Quanto alla società, non si dimentichi che la cultura e l'ideologia oggi dominanti si contrappongono a tutte le esigenze vocazionali. La paura della rottura, la perdita del senso della fedeltà, il valore mitico dato alla esperienzialità, sono tutti elementi che contrastano fortemente con il carattere della vocazione cristiana.
D. Bonhoeffer, con preveggenza profetica, scriveva che ormai viene l'ora in cui tutto si fa per esperienza, tutto si fa a breve periodo e senza perseveranza. La perdita della memoria morale minaccia la vita della Chiesa perchè tutte le grandi realizzazioni, l'amicizia, il matrimonio, la comunità, il ministero, abbisognano di perseveranza e di fedeltà a costo di degenerare.
Per questo però occorre che un giovane non si senta "gettato" nell'esistenza, ma chiamato a vivere da Dio. E questo dipende anche dalla comunità cristiana e da noi, dal nostro essere testimoni autentici e perseveranti della vocazione che Dio ci ha personalmente rivolto.
Un Monaco della Chiesa di Occidente.