mercoledì 21 dicembre 2011

21 DICEMBRE: la Visitazione




Preghiamo con la prima lettura della messa di oggi: è la nostra anima che invoca l'arrivo dell'Amato...


Dal Cantico dei cantici
Una voce! L’amato mio!
Eccolo, viene
saltando per i monti,
balzando per le colline.

L’amato mio somiglia a una gazzella
o ad un cerbiatto.
Eccolo, egli sta
dietro il nostro muro;
guarda dalla finestra,
spia dalle inferriate.
Ora l’amato mio prende a dirmi:
«Ã€lzati, amica mia,
mia bella, e vieni, presto!
Perché, ecco, l’inverno è passato,
è cessata la pioggia, se n’è andata;
i fiori sono apparsi nei campi,
il tempo del canto è tornato
e la voce della tortora ancora si fa sentire
nella nostra campagna.
Il fico sta maturando i primi frutti
e le viti in fiore spandono profumo.
Àlzati, amica mia,
mia bella, e vieni, presto!
O mia colomba,
che stai nelle fenditure della roccia,
nei nascondigli dei dirupi,
mostrami il tuo viso,
fammi sentire la tua voce,
perché la tua voce è soave,
il tuo viso è incantevole».


San Bernardo commenta così:

Discorso sul Cantico dei cantici di San Bernardo:
"Portare molto frutto"
Devo avvertire ognuno di voi, a proposito della sua vigna. Chi infatti ha mai tolto da sè ogni superfluo, da poter ritenere di non aver più nulla da potare? Credetemi, ciò che è stato tagliato rispunta, i vizi scacciati tornano, e si vedono risvegliarsi le tendenze assopite. Non basta dunque potare la propria vigna una sola volta, ma occorre ricominciare sovente, anzi, se possibile, senza sosta. Se infatti siamo sinceri, senza sosta troviamo dentro di noi qualche cosa da tagliare... La virtù non può crescere in mezzo ai vizi; perché possa svilupparsi, occorre impedire a questi di diventare troppo ampi. Togli dunque ogni superfluo, allora quello che è necessario potrà sorgere.

Quanto a noi, fratelli, è sempre il tempo della potatura, sempre essa si impone. Ne sono sicuro infatti, siamo già usciti dall'inverno, da quel timore senza amore che ci introduce tutti nella sapienza, senza però far fiorire nessuno nella perfezione. Quando sorge lamore, scaccia quel timore come lestate scaccia linverno... Che cessino dunque le piogge dellinverno, cioè le lacrime di angoscia suscitate dal ricordo dei nostri peccati e dal timore del giudizio... Se linverno è passato, se è cessata la pioggia (Ct 2,11)..., la dolcezza primaverile della grazia spirituale ci indica che è venuto il momento di potare la nostra vigna. Cosa ci resta da fare, altro che di impegnarci totalmente in questo lavoro?


Il Vangelo narra la visita di Maria a sua cugina Elisabetta:

Dal Vangelo secondo Luca
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».


Meditiamo con la seconda lettura dell'ufficio:

Dal «Commento su san Luca» di sant'Ambrogio, vescovo
(2, 19. 22-23. 26-27; CCL 14, 39-42)
La visitazione di MariaL'angelo, che annunziava il mistero, volle garantirne la veridicità con una prova e annunziò alla vergine Maria la maternità di una donna vecchia e sterile, per dimostrare così che a Dio è possibile tutto ciò che vuole. Appena Maria ebbe udito ciò, si avviò in fretta verso la montagna, non perché fosse incredula della profezia o incerta dell'annunzio o dubitasse della prova, ma perché era lieta della promessa e desiderosa di compiere devotamente un servizio, con lo slancio che le veniva dall'intima gioia. Dove ormai, ricolma di Dio, poteva affrettarsi ad andare se non verso l'alto? La grazia dello Spirito Santo non comporta lentezze.
Subito si fanno sentire i benefici della venuta di Maria e della presenza del Signore. Infatti «appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, esultò il bambino nel seno di lei, ed ella fu ricolma di Spirito Santo» (cfr. Lc 1, 41). Si deve fare attenzione alla scelta delle singole parole e al loro significato. Elisabetta udì per prima la voce, ma Giovanni percepì per primo la grazia; essa udì secondo l'ordine della natura, egli esultò in virtù del mistero; essa sentì l'arrivo di Maria, egli del Signore; la donna l'arrivo della donna, il bambino l'arrivo del bambino. Esse parlano delle grazie ricevute, essi nel seno delle loro madri realizzano la grazia e il mistero della misericordia a profitto delle madri stesse: e queste per un duplice miracolo profetizzano sotto l'ispirazione dei figli che portano.
Del figlio si dice che esultò, della madre che fu ricolma di Spirito Santo. Non fu prima la madre a essere ricolma dello Spirito, ma fu il figlio, ripieno di Spirito Santo, a ricolmare anche la madre.
Esultò Giovanni, esultò anche lo spirito di Maria. Ma mentre di Elisabetta si dice che fu ricolma di Spirito santo allorché Giovanni esultò, di Maria, che già era ricolma di Spirito santo, si dice che allora il suo spirito esultò. Colui che è incomprensibile, operava in modo incomprensibile nella madre. L'una, Elisabetta, fu ripiena di Spirito Santo dopo la concezione, Maria invece prima della concezione.
«Beata disse tu che hai creduto» (cfr. Lc 1, 45). Ma beati anche voi che avete udito e creduto: ogni anima che crede concepisce e genera il Verbo di Dio e riconosce le sue opere.
Sia in ciascuno l'anima di Maria per magnificare il Signore; sia in ciascuno lo spirito di Maria per esultare in Dio. Se c'è una sola madre di Cristo secondo la carne, secondo la fede, invece, Cristo è il frutto di tutti, poiché ogni anima riceve il Verbo di Dio, purché, immacolata e immune da vizi, custodisca la castità con intemerato pudore. Ogni anima, che potrà mantenersi così, magnifica il Signore come magnificò il Signore l'anima di Maria, e il suo spirito esultò in Dio salvatore.

Come avete potuto leggere anche altrove: «Magnificate il Signore con me» (cfr. Sal 33, 4), il Signore è magnificato non perché la parola umana possa aggiungere qualcosa alla grandezza del Signore, ma perché egli viene magnificato in noi. Cristo è l'immagine di Dio: perciò l'anima che compie opere giuste e pie magnifica l'immagine di Dio a somiglianza della quale è stata creata, e mentre la magnifica, partecipa in certo modo alla sua grandezza e si eleva.





Preghiamo con l'antifona al Magnificat di oggi, 21 dicembre:


O Astro che sorgi,
splendore della luce eterna,
sole di giustizia:
vieni, illumina chi giace nelle tenebre
e nell'ombra di morte.

Così sia. 

 * * *

Altri Testi sulla Visitazione.

Dalle Omelie di san Beda il Venerabile

In Lucam Evangelii Expositio, I, 1. PL 92, 320‑321.

Appena Maria ha dato il suo consenso all'angelo dell'annunciazione, questi si volge verso il cielo e Maria verso la montagna. Ella si mette subito in viaggio per andare a trovare Elisabetta, mossa non da dubbio o da incredulità, ma per compiere il suo dovere con gioia e dedizione.

Il racconto si connota anche per una dimensione simbolica: quando l'anima concepisce in sé stessa il Verbo di Dio, si mette immediatamente in viaggio verso la montagna spirituale mediante l'amore, allo scopo di raggiungere la città della Giudea, vale a dire la rocca dell'adorazione della lode.

Entrata nella casa di Zaccaria salutò Elisabetta. Chi è vergine ha qui da imparare l'umiltà di Maria, per essere casto e puro di cuore. Vedete che la più giovane visita la più anziana e la vergine saluta la donna sposata.

Occorre infatti che la vergine sia tanto più umile quanto più è casta. Dimostrando il proprio rispetto a chi è più anziano di età, essa inghirlanda il suo stato verginale con la lode resa alla sua umiltà.

Maria viene da Elisabetta e il Signore viene da Giovanni, affinché l'una sia colmata di Spirito Santo e l'altro sia consacrato dal battesimo. L'umiltà dei primi procura l'elevazione degli altri.

Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria.. il bambino le sussulto nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo.

Fate attenzione all'ordine e al significato delle parole: Elisabetta è la prima a udire le parole di Maria, ma Giovanni è il primo ad avvertire la grazia di Cristo.

Elisabetta ascolta in modo naturale, ma Giovanni trasalisse a causa del mistero.

Elisabetta percepisce l'arrivo di Maria, ma Giovanni presente quello del Signore.

Le due donne proclamano la grazia, i due bambini la operano.

I bambini sono confrontati con il mistero divino grazie all'azione delle madri, mentre queste profetizzano con un duplice miracolo grazie allo spirito dei due bambini.

Giovanni trasale, poi Elisabetta è piena di Spirito Santo. Il figlio riceve lo Spirito per primo in modo che lo possa comunicare alla madre.

Elisabetta esclamò a gran voce: "Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo!".

Notiamo qui che l'antica profezia in ordine a Cristo si attua non soltanto nella realtà dei miracoli, ma anche nella loro espressione letterale. Infatti era stato promesso con giuramento al patriarca i Davide: Il frutto delle tue viscere io metterò sul mio trono (Sal 131, 11).

A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?

Elisabetta non pone la domanda per ignoranza, giacché sa benissimo che è salutata dalla madre del suo Signore in vista della santificazione di suo figlio. Parla cosi, dato che è stupefatta per la novità di quel miracolo, e proclama che esso non dipende dal proprio merito, ma dal dono di Dio.

Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi. il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo.

Elisabetta aveva taciuto sulla sua maternità incipiente, finché ne ignorò il mistero; ma dopo cinque mesi di silenzio sul concepimento del figlio, comincia a parlarne rallegrandosi di aver concepito un profeta.

Prima Elisabetta stava nascosta, ora si mette a proclamare benedizioni. Era rimasta dubbiosa, ma adesso è rassicurata. Alla venuta del Signore ella si esprime a gran voce, si cura com'è che il frutto del suo ventre è voluto da Dio. Non ha più nessun motivo per sottrarsi agli sguardi, dato che la nascita di un profeta attesta un concepimento integro e retto.

E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore.

Maria non ha dubitato, ma ha creduto e ha ottenuto il frutto della sua fede. Ella è veramente beata, molto più di Zaccaria. Questi aveva opposto un dubbio e Maria lo cancella con la sua fede.

Non c'è da stupirsi che il Signore abbia voluto riscattare il mondo, cominciando quest'opera da sua madre. Egli prepara in lei la salvezza di tutti gli uomini e le fa gustare per prima le primizie del frutto salutifero.

Notiamo pure che la grazia di cui è colmata Elisabetta, all'arrivo di Maria, la illumina di uno spirito profetico che abbraccia simultaneamente il passato (colei che ha creduto), il presente (madre del mio Signore), e il futuro (nell'adempimento delle parole del Signore).

Allora Maria disse: "L'anima mia magnifica il Signore". Iddio mi ha innalzata con un dono cosi grande e inaudito che nessun linguaggio mi offre le parole adeguate ad esprimerlo; riesce a coglierlo soltanto il sentimento del cuore profondo.

Consacro, perciò, tutte le mie energie spirituali all'azione di grazie e alla lode e consegno quanto in me vive, sente e capisce alla contemplazione della grandezza di Colui che non ha limiti. Il mio spirito infatti esulta per la divinità eterna di Gesù Salvatore che da me ha preso l'esistenza nel tempo.


Origene (circa 185-253), sacerdote e teologo
Discorsi su san Luca, 7 ; PG 13, 1817s

« A che debbo che la madre del mio Signore venga a me ? »

“Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo cha
la Madre del mio Signore venga a me?” Queste parole: “A che debbo?” non sono un segno di ignoranza, come se Elisabetta, piena dello Spirito Santo non sapesse che
la Madre del Signore fosse venuta per volontà di Dio. Il senso delle sue parole è questo: “Cosa ho fatto di bene? In cosa le mie opere hanno tanto valore da far sì che
la Madre del Signore venga a trovarmi? Sono forse una santa? Per quale perfezione, per quale fedeltà interiore ho meritato questo favore, una visita della Madre del Signore?” “Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo”. Aveva sentito che il Signore era venuto per santificare il suo servo anche prima la sua nascita.

Che io possa essere considerato pazzo da coloro che non hanno la fede, per aver creduto tali misteri!… Perché, ciò che è ritenuto follia da questa gente è per me occasione di salvezza. Infatti se la nascita del Salvatore non fosse stata celeste e beata, se essa non avesse avuto nulla di divino e di superiore alla natura umana, la sua dottrina non avrebbe mai raggiunto tutta la terra. Se nel seno di Maria, non vi fosse stato altro che un uomo, e non il Figlio di Dio, come sarebbe potuto succedere che, in quell’ epoca e ancora oggi, ogni sorta di malattia, non solo del corpo, ma anche dell’anima avesse potuto essere guarita?… Se raccogliamo quanto è stato riferito di Gesù, possiamo constatare che quanto è stato scritto a suo riguardo viene considerato divino e degno di ammirazione. Infatti la sua nascita, la sua educazione, la sua potenza, la sua Passione, la sua risurrezione, non sono soltanto dei fatti che sono successi in quell’ epoca: operano in noi, ancora oggi.
* * *
 Omelia di san Carlo Borromeo sulla Visitazione
 Homilia 43. Mediolani 1747, t. 1, 322‑327.330‑332.
 Oggi la Vergine Maria valica i monti e arriva da Elisabetta per esserle di aiuto durante la gravidanza di lei. Infatti, appena la Vergine santissima fu piena di Dio, si dedicò con impegno totale alle opere di carità in esultante e fervida premura.

Talvolta anche noi siamo riempiti dallo Spirito Santo, quando egli ci ispira santi desideri che ci fanno concepire progetti di bene. Bisogna però correre subito a eseguirli, giacché sono tanti coloro che avvertono le mozioni dello Spirito Santo, ma per negligenza le lasciano illanguidire, sicché esse svaniscono del tutto.

Figli miei, veniamo subito ai fatti concreti finché il nostro cuore è infiammato e lo spirito ci arde di quel fuoco sacro, per tema che le preoccupazioni e i pensieri profani non spengano il fervore che lo Spirito di Dio ha suscitato nel nostro intimo.

Noi siamo a noi stessi il nostro peggior nemico, quando ci abbassiamo al punto da preferire di abitare nei bassifondi con bestie e serpenti, piuttosto che dimorare con Dio e gli angeli e salire sui monti con la santissima Vergine Madre di Dio. Perché sostiamo in questo infelice esilio terreno?

Perché indugiamo per via quando non abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura (Eb 13,14). A che scopo Cristo è morto e ha istituito i santissimi sacramenti? Essi non sono forse i gradini che ci permettono di salire sulla montagna spirituale?

Contemplate, figlie. figlie carissimi, le profondità della chiamata divina e con ogni cura vigilate sul cuore (Pro 4, 23).

Non posso far a meno di ammirare, fratelli, la somma umiltà di Maria. La grandezza inconcepibile dell'onore che è fatto alla Vergine non la esalta minimamente, ma al contrario la sua nuova dignità la rende ancora più umile.

Ed è normale, perché Maria deve alla sua umiltà di essere quello che è: Dio ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata (Lc 1,48).

Maria era vergine, divenne Madre di Dio, signora del cielo e regina degli angeli, eppure non sdegna di andare da Elisabetta per servirla, benché lei stessa sia incinta. Addirittura saluta la cugina per prima e rimane con lei circa tre mesi.

Pensate, fratelli, a tutti gli atti di umiltà che la Vergine dovette fare durante quel soggiorno! Benché il vangelo non scenda in particolari a questo proposito, senz'altro Maria fece tutto quello che ci si poteva aspettare dalla più umile delle vergini.

Maria si mette rapidamente in viaggio per recarsi da Elisabetta, non soltanto perché vuole essere di aiuto alla cugina, ma perché nel suo grembo Dio la spinge ad affrettarsi.

Il Figlio di Dio scende in terra per debellare il peccato, per estirparlo fin dalla radice nell'intento di riscattare gli uomini. Spinge Maria a recarsi da Elisabetta, perché ancora prima di nascere gli preme di redimere l'anima di Giovanni, vuole purificarla dal peccato originale e investirla di una grazia tale che nessun peccato grave possa sfigurarla finché vivrà.

Il profeta Isaia aveva predetto quel viaggio affrettato. Infatti, dopo aver parlato della nascita del Cristo Signore, dicendo: Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio (Is 7,14), soggiunge: In fretta il bottino! Rapida la preda! Poiché.. prima che il bambino sappia dire babbo e mamma, le ricchezze di Damasco e le spoglie di Samaria saranno portate davanti al re di Assiria (Is 8, 3). Questo fare un buon bottino simboleggia la vittoria di Cristo che strappa la preda dalle fauci del demonio.

La salvezza degli uomini è ardentemente bramata da colui che viene a salvarli. Perché stupirsi allora che la Vergine Maria si metta in cammino alla svelta sotto l'impulso del Figlio che porta in seno? Egli aspira a santificare il figlio di Elisabetta la sterile, a lavarlo dal peccato originale e a riempirlo dì Spirito Santo.

Questo episodio ci spinge a considerare l'immenso amore che Dio ci porta; non dobbiamo, infatti, mai perdere un'occasione per farne memoria, figli carissimi.

Il Signore, ancora racchiuso nel grembo della Vergine, si affretta per poter mostrare la sua misericordia a Giovanni.

In questo modo, che non deve stupirci, ci fa capire come Dio si connota per una misericordia sempre pronta a perdona re. Somma bontà per essenza, egli ha sommo desiderio di comunicarsi e diffondersi in ciascuno di noi.

Ancora nel grembo materno, Giovanni riconosce il Figlio di Dio che viene e lo santifica. Cristo comincia con l'illuminare la mente di lui, poi ne infiamma il volere con l'ardore della carità. Giovanni esulta allora di gioia in seno a Elisabetta.

Va sottolineato che il bambino manifesta il suo sentimento alla presenza della maestà divina non soltanto con la gioia del cuore, ma anche con un movimento del corpo. Infatti, l'amore con cui lo Spirito Santo lo infuoca, si estende pure alle potenze inferiori dell'anima e si comunica nella forma di una gioia fisica, tanto che Giovanni avrebbe potuto ripetere con il profeta: Il mio cuore e la mia carne esultano nel Dio vivente (Sal 83, 3).

L'esempio di Giovanni ci insegna a onorare Dio con una bontà ardente, che non sia soltanto interiore ma esteriore, giacché l'amore per Dio non può rimanere inoperoso. Il trasalimento del Precursore ci rammenta l'immensità dei beni che abbiamo ricevuto da Dio.

Giovanni è santificato prima di nascere nel seno materno, e il demonio non possederà mai la sua anima, perché il Battista non offenderà mai Dio con una colpa grave. Questo non è certo il nostro caso. Beati, tuttavia, quelli che si consacrano al culto di Dio fin dall'infanzia e cosi gli offrono, come sacrificio quanto mai gradito, il fiore della vita, primizia dei frutti che porteranno.

Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamo a gran voce: "Benedetta tu fra le donne,, e benedetto il frutto del tuo grembo!" (Lc 1, 42).

Tu sei benedetta fra tutte le donne, perché benedetto è colui che tu porti. Solitamente, la nobiltà del frutto proviene dalla nobiltà dell'albero, ma tu, o Maria, sei nobilitata dal frutto delle tue viscere. Eva aveva avvelenato l'universo a.causa di un frutto mortifero; tu invece arrechi la salvezza al mondo intero.

A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? (Lc 1,43). E' mai possibile che la regina degli angeli e la Madre di Dio voglia visitare la sua serva meschina, questa donnetta?

Fate vostre a doppio titolo queste parole di Elisabetta, figli carissimi, e rivolgetele non alla Madre di Dio ma a Dio stesso, perché egli viene doppiamente a noi: viene per noi e viene grazie a noi, che siamo i suoi ministri e i suoi inviati.

Il Figlio glorioso di Dio, Cristo stesso, viene a noi nel santissimo sacramento dell'Eucaristia. Se sapessimo entrare in estasi davanti a tale mistero!

Quando Gesù si avvicinò a Pietro, questi gridò: Signore, allontanati da me che sono un peccatore (Lc 5, 8). Anche il centurione esclamò: Signore, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto (Mt 8, 8). Ciò nonostante, Cristo salì sulla barca dell'Apostolo ed entrò nella casa dell'ufficiale.

Che vi rimane da dire, figli miei, quando il Signore viene nella vostra anima e nel vostro corpo e si fa per voi banchetto spirituale? Senza dubbio esclamerete: A che debbo che venga a me? Quale è il mio merito, dato che seppi soltanto fare il male e nulla di buono? Com'è possibile che tu venga a nutrire me povero peccatore, per unirmi a te? Perché tu vieni verso di me non soltanto per tramite dei tuoi ministri, non soltanto con la tua grazia, ma con il dono di tutto te stesso.

Com'è possibile che tu, Dio, Re del cielo e della terra, possa volerti unire a me, che sono cenere, polvere e indegno peccatore? lo, che ti offendo ogni giorno e ti provoco di continuo?

L'unica spiegazione sta nel tuo amore infinito. Fu l'amore a guidarti dal cielo in terra e ti spinse a soffrire e a morire per me.
* * *
Beata Caterina Emmerick: La Visitazione
Maria e Giuseppe si mettono in viaggio per recarsi da Elisabetta

Alcuni giorni dopo l'Annunciazione dell'Angelo a Maria, Giuseppe ritornò a Nazareth per sistemare alcune faccende e vi dimorò solo alcuni giorni. Egli non sapeva ancora nulla dell'incarnazione che si era compiuta nella sua sposa. Maria Santissima, divenuta la madre di Dio e la serva del Signore, conservava il segreto per umiltà. Quando la Vergine si accorse che il Verbo si era incarnato nel suo corpo, senti un'ardente necessità di recarsi a visitare la cugina Elisabetta in Juta, presso Hebron, poiché l'Angelo le aveva detto che il corpo di Elisabetta era stato benedetto come il suo, sei mesi prima. Giuseppe accompagnò Maria ed intraprese il viaggio verso Juta perché voleva recarsi a Gerusalemme per celebrarvi la Pasqua. Si diressero, quindi, verso il sud e portarono con loro un asino sul quale saliva Maria quando era stanca di camminare a piedi. L'asino portava il carico di una bisaccia con i viveri e vari arnesi. La santa Coppia aveva portato con sé, ben conservata, una veste marrone di Maria con una specie di cappuccio; questa si chiudeva con dei nastri e la Vergine l'indossava quando andava al tempio. Maria indossava per il viaggio una camicia scura di lana, sopra aveva un abito grigio con una cintura e in testa portava una specie di cuffia gialla. Non restarono molto in viaggio. Li vidi attraversare la pianura di Esdrelon e, dirigendosi verso il sud, entrarono in Dothan, città posta sopra un'altura; presero alloggio nella casa di un amico del padre di Giuseppe. Il padrone di casa si chiamava Eldoa ed era considerato quasi un fratello da Giacobbe, il padre di Giuseppe. Ela, Eldoa o Eldad era un uomo agiato e discendeva da un re della tribù di Davide. Una volta li vidi pernottare in un tugurio, ed un'altra volta li ho veduti prendere alloggio in una capanna di vimini per i viaggiatori. La capanna si trovava a circa dodici ore di cammino dalla dimora di Zaccaria; il verde dei rami coperti di candidi fiori ne rendeva l'aspetto graditissimo. In quella regione si vedono numerosi pergolati di questo tipo o anche massicci edifici che, eretti lungo le strade maestre, servono ai pernottamenti o alle soste dei pellegrini. Qualche famiglia delle vicinanze si prendeva cura della capanna e forniva ai viaggiatori quanto occorreva loro di più essenziale, ricevendone un lieve compenso. Dopo aver assistito alle celebrazioni della Pasqua, la santa Coppia si diresse verso Juta, prendendo la via più lunga ma confortevole. Passarono vicino ad una piccola città nei pressi di Emanus. Queste strade saranno battute più tardi da Gesù nei suoi pellegrinaggi. Vidi San Giuseppe e Maria seduti in una valle per riposare. Tra i dintorni montuosi, mangiarono e si dissetarono con acqua mista ad un balsamo da loro molto usato. Ripresero il cammino passando tra enormi rupi ed arbusti secchi, dappertutto c'erano spaziose caverne dove si vedevano pietre stranissime di svariati tipi. Le valli erano assai fertili. Il loro percorso attraversava boschi, campi e immensi prati; giunti in vista della casa di Zaccaria vidi un albero adorno di bellissime foglie di un bel colore verde e mazzetti di fiori. Ogni fiore era composto di nove campanelle di color rosso pallido. Compresi il simbolismo mistico di questo fiore bellissimo.

 La Visitazione: Giuseppe e Maria arrivano alla casa di Zaccaria e di Elisabetta. Le due maternità più eccelse della storia cristiana si incontrano

La casa di Zaccaria era posta sopra una collina isolata, attorniata da gruppi di case sparse nella zona. Un torrente scorreva da un monte non molto lontano. Dopo aver celebrato la Pasqua al tempio, Zaccaria ritornò a casa. Vidi Elisabetta agitata andargli incontro. Era una donna attempata, d'alta statura e di viso gentile, aveva la testa coperta da un velo. La vidi percorrere emozionata la strada verso Gerusalemme. Zaccaria si preoccupò non poco nel vederla così lontana da casa in quelle delicate condizioni. Appena lei lo vide, gli narrò di aver sognato che la cugina, Maria di Nazareth, era in cammino per visitarla. Il pio uomo, servendosi di gesti e segni, cercò di dissuaderla dimostrandole con diverse argomentazioni l'inconcretezza del sogno. Egli era convinto che una donna sposata da poco tempo non avrebbe potuto intraprendere un viaggio così lungo. Malgrado tutte le premure di Zaccaria per convincere la consorte a desistere da quell'attesa, la santa Donna non sapeva rinunciarvi. Aveva visto in sogno che una sua parente sarebbe divenuta madre del promesso Messia. Il pensiero correva alla Santissima Maria e nel suo spirito la vedeva arrivare. Alla destra del vestibolo dell'abitazione di Zaccaria c'era una stanza con delle sedie, là sedutasi, il giorno seguente, Elisabetta stette per molto tempo ad osservare l'orizzonte. Improvvisamente scorse due figure lontane, allora si alzò e corse loro incontro. Maria, lasciando indietro Giuseppe, affrettò il passo. Le due donne si porsero calorosamente ma con timidezza la mano; ammirai allora un fascio di luce trasmettersi dalla Vergine a Elisabetta. Giuseppe era rimasto indietro, rispettoso. La meravigliosa figura carismatica della Vergine, aureolata di luce soprannaturale, aveva attratto la timida curiosità della gente del vicinato che, pur mantenendosi rispettosamente ad una certa distanza, fu inconsapevolmente testimone del santo incontro. Le vedo, l'una al braccio dell'altra, attraversare il cortile interno ed entrare in casa. Giunte alla porta, Elisabetta diede nuovamente a Maria Santissima il benvenuto, ed entrarono. Giuseppe, frattanto, tirava il somaro conducendolo all'interno del cortile della dimora di Zaccaria, e consegnatolo ad un servo, entrò in una sala della casa dove vide l'anziano sacerdote. Al cospetto del venerabile saggio, Giuseppe s'inchinò umilmente e si mostrò stupito di trovarlo muto. Zaccaria, abbracciandolo con effusione, gli scrisse su una tavoletta il motivo per cui era rimasto muto dall'apparizione dell'Angelo, che Maria già sapeva. Le due donne, oltrepassata la soglia, entrarono in una sala che mi pareva servisse anche da cucina. Qui si abbracciarono per la felicità di essersi trovate. Vidi di nuovo il raggio che, più luminoso di prima, da Maria Santissima penetrò nel cuore di Elisabetta. Questa, allora, inondata di Spirito Santo e di ardore celeste, alzò le palme al cielo ed esclamò: "Tu sei la benedetta tra le donne, e benedetto è il frutto delle tue viscere. Come posso spiegarmi il turbamento che tutta mi commuove? Perché è venuta a me la madre del mio Signore? Quando mi hai salutata il mio bambino è balzato di gioia vicino al mio cuore! Oh! tu sei la fortunata fra le donne! Tu hai creduto, e ciò che credesti si avverò e si verificherà quello che ti fu promesso dal Signore". Mentre Elisabetta parlava in questo modo, condusse Maria nella stanzetta che aveva già disposto per lei affinché potesse riposarsi dal lungo cammino. La Santa Vergine allora incrociò le mani sul petto e nella sua estasi intonò il canto di lode: "L'anima mia onora il Signore e il mio spirito si vivifica in Lui, mio Salvatore, perché Egli si è degnato di contemplare la nullità della sua ancella; ed ecco che da quest'istante tutte le genti mi chiameranno beata, perché in me il Potente fece grandi cose, Egli che è grande, il cui nome è santo, la cui misericordia si spande di generazione in generazione su tutti quelli che lo temono. Egli ftce opere di potenza col suo braccio ed ha distrutto le vane speranze dei superbi; ha deposto dal loro seggio i potenti ed ha esaltato gli umili; ha colmato di doni i poveri e rimandato senza conforto i ricchi. Egli ha accolto Israele, suo servo, memore della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo ed ai suoi figli per l'Eternità" (cfr. Lc 1,47-55). Vidi Elisabetta assorta in estasi che cantava il Magnificat, poi le due sante donne si avvicinarono ad un piccolo tavolo su cui si trovavano dei bicchieri. Oh! come sono stata felice di poterle accompagnare con la mia preghiera!

Suor Emmerick al pomeriggio dello stesso giorno così continuò in uno stato estatico:

"Giuseppe e Zaccaria sono assieme e discorrono della prossima venuta del Messia e del compimento dell'antica profezia. Zaccaria è un bell'uomo anziano, vestito da sacerdote. Egli risponde sempre con segni, oppure scrivendo su una tavoletta. La stanza dove essi si trovano ha una porta sul giardino, il sole splende e tutto richiama all'armonia del cuore. Vedo adesso i due nel giardino, all'ombra di un grande albero; sono seduti al suolo su un tappeto. Dietro l'albero vi è un pozzo da cui si attinge l'acqua aprendo un rubinetto. Ammiro meglio questo giardino: è coperto di erba molto verde, ci sono fiori ed alberi carichi di piccole susine giallognole. Mentre discorrono lentamente, mangiano un po' di frutta che prendono dal sacco portato da Giuseppe. Zaccaria prosegue la conversazione sempre scrivendo sulla tavoletta. Com'è commovente la loro semplicità! I due servi e le due ancelle addette alla casa si affaccendano nei servizi domestici, preparano la tavola sotto un altro albero, dove sopraggiungono Zaccaria e Giuseppe per mangiare qualcosa. Giuseppe rimane otto giorni a casa di Zaccaria. Fino a questo momento egli ignora ancora le condizioni in cui si trova il corpo della Santa Vergine. Maria ed Elisabetta, che si comprendono per i moti interiori dell'animo, tacciono. Alcune volte, specialmente poco prima del pranzo, le sante donne intonano una litania e poi pregano tutti insieme. Vedo apparire in mezzo a loro una croce.

3 luglio

Ieri sera si trattennero fino a mezzanotte sotto l'albero del giardino. Una torcia li rischiarava. Poi Giuseppe e Zaccaria si ritirarono per la preghiera, anche Maria ed Elisabetta, rapite in estasi, cantarono e contemplarono il Magnificat, come ogni sera. Vidi Zaccaria condurre San Giuseppe in un orticello che apparteneva pure alla casa, e siccome era un uomo ordinato e precisissimo, così pure quest'orto mostrava una coltura diligente: era ricco di belle piante e di alberi da frutta. Vidi nell'orto una casetta quasi nascosta tra il fogliame in cui scorsi due figure; penso che rappresentassero Zaccaria ed Elisabetta quand'erano più giovani. Di più non saprei dire, perché la visione di quelle figure fu assai breve e indistinta. Frattanto, Elisabetta e Maria erano rimaste, a casa assai affaccendate. La Vergine prendeva parte a tutte le vicende domestiche e preparava tutto quanto occorreva per l'imminente parto della cugina. Lavoravano insieme a tessere un gran tappeto che doveva servire da letto ad Elisabetta. Le ebree si servivano di tappeti nel cui centro era assicurato un largo mantello di lana, in modo tale che la partoriente vi si potesse avvolgere dentro interamente col nascituro. L'orlo del tappeto era ricamato a fiori e vi erano incisi dei proverbi. Le due donne prepararono pure molte cose da regalare ai poveri in occasione del parto. Zaccaria e Giuseppe, dopo aver pregato sotto le stelle, si ritirarono a dormire nella capanna dell'orto. Allo spuntar dell'alba tornarono a casa dove si ritrovarono con le rispettive consorti. Stanotte ho visto le sante donne assorte in preghiera. Improvvisamente in questa visione ho compreso molte allusioni contenute nel Magnificat, fra le quali una relativa all'istituzione del Santo Sacramento. Al passo: "Tu hai fortificato il tuo braccio..." mi sono comparsi moltissimi simboli relativi al Santo Sacramento dell'altare contenuti nell'Antico Testamento, fra questi Abramo mentre stava per sacrificare Isacco, e Isaia che predicava la verità ad un re cattivo, il quale lo scherniva. Ho visto numerose cose da Abramo fino ad Isaia e da questi fino ai tempi della Santa Vergine. Ho visto che i giorni del Santo Sacramento e della Chiesa di Gesù Cristo erano veramente prossimi. Il saluto dell'Angelo aveva consacrato la Santa Vergine alla Chiesa, e quand'Ella pronunciò le parole dell'accoglimento: "Ecco l'Ancella del Signore, avvenga di me come tu hai detto" il Verbo di Dio che dimorava nel tempio Celeste andò a germogliare nel suo seno. La Vergine in quel momento si trasformava nel tempio terreno e nell'Arca della Nuova Alleanza di Dio. Il saluto di Elisabetta e la vivificazione di Giovanni nell'utero della madre erano stati i primi omaggi tributati dall'umanità all'Eletta del sacro Santuano.

Prima di addormentarsi Suor Emmerick recitò le litanie dello Spirito Santo, particolarmente il Veni Sancte Spiritus. La sera seguente, come una fanciulla innocente, Suor Emmerick levò in alto le mani segnate dai santi sigilli e continuò la narrazione.

Oggi non ho conversato quasi con alcuno, molte visioni che avevo dimenticato mi sono tornate alla mente come il mistero del Santo Sacramento dell'Antica Alleanza. Ho vissuto un momento di quiete profonda; com'è stato bello! Ho visto di nuovo la Terra Promessa dove abitava Maria. Faceva molto caldo. Vedevo quelle sante persone entrare nel giardino, prima Zaccaria e Giuseppe, poi Elisabetta e Maria. Erano sotto una specie di capanna vicino ad un albero gigantesco, sedevano su piccole sedie, mangiavano e discorrevano, ogni tanto passeggiavano, poi si fermavano per meditare e pregare. Hanno trascorso così la notte intera in quel giardino sotto la volta celeste. Mentre la bellezza della natura illuminata dalla volta stellata li circondava, Maria ha annunciato a Zaccaria che egli presto avrebbe ricevuto la grazia della parola. Il mio Angelo custode mi ha illuminato il cuore con un simbolo, il quale mostrava che solo un'ingenua e viva fede in Dio può operare e realizzare ogni cosa. Più tardi Giuseppe si è preparato per il viaggio di ritorno a Nazareth, che avrebbe fatto da solo; Zaccaria gli sarebbe stato compagno per un tratto di strada.

7 luglio.

Nella casa di Elisabetta ho visto la Vergine dormire nella sua stanza, era distesa su un fianco ed appoggiava la testa sul braccio. Maria era avvolta in un lenzuolo bianco dalla testa fino ai piedi. Sotto il suo cuore ho visto una gloria luminosa a forma di pera circondata da un cerchio di luce chiarissima. Avevo visto anche in Elisabetta manifestarsi una simile aureola che, sebbene fosse più ampia nella forma, presentava però minor pienezza di luce di quella di Maria.

Sabato 8 luglio.

Ieri sera, venerdì, ebbero inizio le solennità del sabato nella casa di Zaccaria. Alcune torce illuminavano il volto di Giuseppe e Zaccaria che, con altre sei persone dei dintorni, pregavano genuflessi intorno ad una cassa sulla quale stavano aperte le pergamene delle preghiere. Le teste degli oranti erano avvolte in panni. Mi sembrò che pregassero come gli Ebrei moderni. Un tramezzo di vimini divideva l'oratorio maschile da quello femminile, dove pregavano Maria, Elisabetta ed altre due donne. Vidi Zaccaria con una veste bianca con maniche non molto larghe, portava una larghissima cintura ornata di lettere e nastri pendenti. Un cappuccio era cucito alla parte posteriore della veste ed era ripiegato all'indietro. Anche Giuseppe indossava una veste sacerdotale assai bella. Consisteva in un mantello pesantissimo tessuto di stoffa bianca e color porpora; non aveva maniche, era agganciato sul petto per mezzo di tre fermagli ornati di gioielli. Dopo aver celebrato il banchetto del sabato, la Santa Vergine ed Elisabetta si ritirarono a pregare. Le vidi una di fronte all'altra, con le braccia congiunte sul petto e il velo nero sul volto. Durante la seconda parte del cantico un fascio di luce celeste scese su Maria. Era appena calata la notte quando Giuseppe, accompagnato da Zaccaria, si preparò ad intraprendere il cammino sotto le stelle. Prima di partire si genuflessero ancora una volta in preghiera. Giuseppe si appoggiava al suo bastone ritorto alla sommità e portava con sé un sacchetto con dei pani ed un piccolo fiasco. Anche Zaccaria si era munito di un lungo bastone. Prima della partenza strinsero le proprie consorti al petto in segno di fraterno amore; non vidi che si baciassero. Le pie donne li accompagnarono per un tratto, poi si separarono per rientrare in casa. Zaccaria e Giuseppe proseguirono da soli il cammino, confortati dalla limpida notte serena.

Martedì 11 luglio.

I due santi uomini passarono la notte in una capanna. Avevano preso la strada più lunga per far visita ad alcuni parenti. Credo che avessero calcolato per quel viaggio tre giorni complessivi di cammino.

13 luglio.

Ieri ho visto Giuseppe solo nella casa di Nazareth. L'ancella di Anna aveva ogni cura di provvederlo del necessario. Anche Zaccaria, dopo essere stato a Gerusalemme, era ritornato alla sua dimora. La Santa Vergine ed Elisabetta, intanto, lavoravano e pregavano. Dopo cena passeggiavano nell'orto, godevano la brezza serale e parlavano di Dio. Di solito le sante donne si coricavano alle ventuno per alzarsi prima dello spuntare dell'alba. Maria rimase presso Elisabetta per tre mesi, fin dopo la nascita di Giovanni; non assistè alla circoncisione del nascituro.

Tutto questo fu quanto Suor Emmerick vide sulla Visitazione della Vergine ad Elisabetta. Ella raccontò le visioni del santo incontro nel mese di luglio, ma in realtà la visita di Maria ebbe luogo in marzo.

Abbiamo pensato di completare questo racconto della Veggente con i seguenti passi dal Vangelo di Luca: "I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva esaltato in lei (Elisabetta) la sua misericordia e si rallegravano con lei" (Lc 1,58). "All'ottavo giorno vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo col nome di suo padre, Zaccaria" (Lc 1,59). La circoncisione costituiva il segno dell'alleanza tra Dio e Israele (Gen 17,11) e si praticava l'ottavo giorno (Lv 12,3). Questa poteva farla chiunque, ma comunemente la faceva il padre. "Ma sua madre intervenne: "No, si chiamerà Giovanni". Le dissero: "Non c'è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome!". Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta, e scrisse: "Giovanni è il suo nome!". Tutti furono meravigliati. In quel medesimo istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio. Tutti i vicini furono presi da timore e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Coloro che le udivano, le serbavano in cuor loro: "Che sarà mai questo bambino?" si dicevano. Davvero la mano del Signore stava con lui. Zaccaria, suo padre, fu pieno di Spirito Santo e profttò dicendo: "Benedetto il Signore Dio d'Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo, e ha suscitato per noi una salvezza potente nella casa di Davide, suo servo, come aveva promesso per bocca dei suoi santi profeti d'un tempo: salvezza dai nostri nemici, e dalle mani di quanti ci odiano. Così egli ha concesso misericordia ai e si è ricordato della sua santa alleanza, del giuramento fatto ad Abramo, nostro padre, di concederci, liberati dalle mani dei nemici, di servirlo senza timore in santità e giustizia al suo cospetto, per tutti i nostri giorni. E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo, perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade, per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi peccati, grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio, per cui verrà a visitarci dall'alto un sole che sorge per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra di morte, e dirigere i nostri passi sulla via della pace". Il fanciullo cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele". (Lc 1,60-80).

La nascita di Giovanni - Maria ritorna a Nazareth e Giuseppe è consolato dall'Angelo

La Vergine dunque ritornò a Nazareth e Giuseppe fece la metà del cammino per incontrarla. Durante la strada che portava da Juta a Nazareth, San Giuseppe notò per la prima volta che Maria era gravida. Egli fu turbato da molti sospetti, poiché nulla sapeva dell'Annunciazione fatta dall'Angelo alla Santa Vergine. Piena di umiltà, Maria aveva conservato in sé il segreto di Dio. Molto inquieto, Giuseppe combattè dentro se stesso l'angoscia del sospetto che lo pervadeva. La Vergine, che aveva previsto il turbamento di Giuseppe, divenne pensierosa e sempre più severa nel suo contegno; questo aumentò l'inquietudine del pover'uomo. Arrivati a Nazareth, si fermarono per due giorni presso alcuni parenti, che genereranno Parmena, il quale nacque all'epoca di Gesù e fu uno dei sette diaconi nella prima comunità cristiana riunita a Gerusalemme. Mentre alloggiavano presso questa famiglia, l'inquietudine di Giuseppe era giunta a tal punto che pensò di lasciare Maria e fuggirsene segretamente per non condannarla in pubblico. Stava appunto meditando quest'idea quando gli apparve un Angelo che lo consolò.
* * *

Suor Maria di Gesù Agreda. La Visitazione nella "La Mistica Città di Dio"


Libro III, Cap. 15, §§ 190-199

CAPITOLO 15

Maria santissima conosce che è volontà del Signore che vada a visitare santa Elisabetta; chiede licenza a san Giuseppe, senza manifestargli altro.


190. Dalle parole del messaggero celeste san Gabriele, Maria santissima conobbe come la sua parente Elisabetta, che era ritenuta sterile, aveva concepito un figlio e già si trovava al sesto mese della sua gravidanza. In seguito l'Altissimo, in una delle visioni intellettuali che ella ebbe, le rivelò che il figlio che santa Elisabetta doveva partorire sarebbe stato grande davanti al Signore e sarebbe stato profeta e precursore del Verbo incarnato che ella portava nel suo grembo verginale. Le rivelò pure altri grandi segreti circa la santità ed i misteri di san Giovanni. In questa visione ed in altre, la purissima Regina comprese che era gradito al Signore che ella andasse a visitare la sua parente Elisabetta, affinché tanto lei quanto il figlio che portava in grembo fossero santificati dalla presenza del loro Redentore; sua divina Maestà, infatti, voleva applicare gli effetti della propria venuta nel mondo ed i propri meriti al suo stesso precursore, comunicandogli la sua divina grazia, cosicché egli fosse una primizia della redenzione.

191. Conoscendo questo nuovo mistero, la prudentissima Vergine ne rese grazie al Signore con ammirabile giubilo, poiché egli si degnava di fare quel favore all'anima di colui che doveva essere suo profeta e precursore, nonché a sua madre Elisabetta. Offrendosi prontamente a compiere la volontà divina, parlò con sua Maestà e gli disse: «Altissimo Signore, principio e causa di ogni bene, il vostro nome sia eternamente glorificato e sia conosciuto e lodato da tutte le nazioni. Io, la più piccola delle creature, con umiltà vi ringrazio per la misericordia che tanto generosamente volete mostrare con la vostra serva Elisabetta e con suo figlio. Se vorrete degnarvi di indicarmi in che cosa io debba servirvi in quest'opera, sono pronta, Signore mio, ad ubbidire sollecitamente ai vostri divini comandi». L'Altissimo le rispose: «Colomba ed amica mia, eletta fra le creature, in verità ti dico che per la tua intercessione e per amore tuo avrò cura, come Padre e Dio liberalissimo, di tua cugina Elisabetta e del figlio che deve nascere da lei, scegliendolo come mio profeta e precursore del Verbo in te fatto uomo. Io li guardo entrambi come cose tue proprie e congiunte a te. Così, voglio che il mio e tuo Unigenito vada a visitare la madre ed a riscattare il figlio dalla schiavitù della prima colpa, affinché, prima degli altri uomini, risuoni al mio orecchio la voce delle sue parole e delle sue lodi e alla sua anima santificata siano rivelati i misteri dell'incarnazione e redenzione. Per questo, sposa mia, voglio che tu vada a visitare Elisabetta, perché noi, Persone divine, abbiamo eletto suo figlio per opere grandi di nostro beneplacito».

192. A questo comando del Signore l'ubbidientissima Madre rispose: «Sapete bene, padrone e Signore mio, che tutto il mio cuore ed i miei desideri sono rivolti al vostro divino beneplacito e voglio con diligenza adempiere ciò che ordinate alla vostra umile serva. Consentitemi, mio Bene, di domandare anche l'assenso del mio sposo Giuseppe e di fare questo viaggio con la sua approvazione. Frattanto, affinché io non mi allontani dalla vostra volontà, guidate durante questo viaggio tutte le mie azioni e dirigete i miei passi alla maggiore gloria del vostro santo nome. Ricevete a tal fine il mio sacrificio di uscire in pubblico, lasciando la solitudine del mio ritiro. Anzi, re e Dio della mia anima, vorrei in questo offrirvi ben più che i soli miei desideri, trovando da patire per amore vostro tutto ciò in cui possa servirvi e compiacervi, affinché l'anelito dell'anima mia non rimanga inoperoso».

193. Quando la nostra grande Regina uscì da questa visione, chiamò i mille angeli della sua custodia, i quali subito le si manifestarono sotto forma corporea; dichiarò loro l'ordine dell'Altissimo, pregandoli di assisterla in quel viaggio con molta diligenza e sollecitudine, insegnandole ad obbedirgli nel modo a lui più gradito, e di difenderla e preservarla dai pericoli, affinché ella operasse perfettamente in tutto quanto le sarebbe accaduto in quel cammino. I santi principi si offrirono con ammirabile sottomissione per ubbidirle e servifla. La Maestra di ogni prudenza ed umiltà soleva fare la stessa cosa in altre occasioni; infatti, anche se nell'operare ella era più saggia e più perfetta che gli stessi angeli, considerato lo stato di viatrice e la condizione della sua natura inferiore, per dare alle sue opere tutta la pienezza della perfezione, consultava e chiamava in aiuto i suoi santi angeli, i quali, benché a lei inferiori in santità, la custodivano ed assistevano. Così, con la loro direzione disponeva le sue azioni, le quali peraltro erano già tutte guidate dall'ispirazione dello Spirito Santo. Gli spiriti divini le ubbidivano con la prontezza e la puntualità proprie della loro natura e dovute alla loro Regina e signora. Parlavano con lei, tenendo colloqui dolcissimi, che alternavano con cantici a lode dell'Altissimo. Altre volte parlava dei misteri del Verbo incarnato, dell'unione ipostatica, della redenzione, dei trionfi che egli avrebbe conseguito ed anche dei frutti e benefici che gli uomini avrebbero ricevuto dalle sue opere. Mi dilungherei, però, troppo se dovessi scrivere tutto ciò che in questa parte mi è stato manifestato.

194. L'umile sposa determinò subito di chiedere il consenso di san Giuseppe, per mettere in opera ciò che l'Altissimo le aveva comandato. Per questo, senza palesargli l'ordine ricevuto, essendo in tutto prudentissima, un giorno gli disse queste parole: «Signore e sposo mio, per divina luce ho conosciuto come la benignità dell'Altissimo ha favorito Elisabetta mia cugina, moglie di Zaccaria, esaudendo la sua preghiera di concepire un figlio. Spero nella sua bontà infinita che, essendo mia cugina sterile ed avendole egli concesso questo singolare beneficio, tutto riuscirà di grande compiacimento e gloria del Signore. Io giudico che in una circostanza come questa ragionevolmente abbia l'obbligo di andare a visitarla ed a parlare con lei di alcune cose convenienti alla sua consolazione ed al suo bene spirituale. Se questa opera, signore, è di vostro gradimento, la farò con vostra licenza, stando però in tutto soggetta alla vostra disposizione e volontà. Considerate voi ciò che è meglio e comandatemi ciò che devo fare».

195. Al Signore furono molto graditi questa discrezione e questo silenzio di Maria santissima, tanto piena di umiltà nel sottomettersi quanto capace e degna che fossero deposti nel suo cuore i grandi segreti del re. Per questo e per la fiducia nella fedeltà con cui questa grande Signora operava, sua divina Maestà dispose il cuore purissimo del santo Giuseppe, infondendogli la sua luce divina quanto a ciò che doveva fare, conformemente alla volontà del Signore. È questo il premio dell'umile il quale domanda consiglio: trovarlo sicuro e con felice riuscita. Ed anche il darlo con prudenza quando viene richiesto è cosa voluta da uno zelo santo e giudizioso. Così illuminato e diretto, il santo sposo rispose: «Già sapete, signora e sposa mia, che tutti i miei desideri sono rivolti a servirvi con ogni mia attenzione e diligenza, perché per la vostra grande virtù ho fiducia, come devo, che la vostra rettissima volontà non si volgerà a cosa alcuna che non sia di maggiore compiacimento e gloria dell'Altissimo. Credo che questo viaggio sarà tale; ma, affinché non sembri strano che lo facciate senza il vostro sposo, io vi accompagnerò con molto piacere per servirvi durante il cammino. Stabilite dunque il giorno, affinché andiamo insieme».

196. Maria santissima gradì la premura del suo prudente sposo Giuseppe e l'attenzione con cui cooperava alla volontà di Dio, servendolo in ciò che sapeva essere a sua gloria. Così, decisero entrambi di partire immediatamente per la casa di Elisabetta, preparando senza indugio il necessario per il viaggio. Tutto si ridusse a poca frutta, a un po' di pane, ad alcuni piccoli pesci e ad un asino che san Giuseppe cercò in prestito per portare tutto il bagaglio e la sua santissima sposa, Regina dell'intero creato. Dopo aver fatto questi preparativi, partirono da Nazaret per la Giudea. Riferirò nel capitolo seguente i particolari del viaggio. Per ora, dico solo che, uscendo dalla sua povera casa, la grande Signora del mondo s'inginocchiò ai piedi del suo sposo san Giuseppe e gli domandò che la benedicesse, per iniziare il viaggio in nome del Signore. Al santo si strinse il cuore al vedere la rara umiltà della sua sposa, di cui aveva già molte volte fatto esperienza; per questo si tratteneva dal benedirla. La mansuetudine e le dolci insistenze di Maria santissima, però, lo vinsero, cosicché il santo la benedisse in nome dell'Altissimo. Ai primi passi, poi, l'umilissima Signora alzò gli occhi al cielo ed il cuore a Dio, disponendosi a compiere la volontà divina, portando in sé l'Unigenito del Padre e suo, per santificare Giovanni nel grembo di Elisabetta.

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

197. Figlia mia carissima, ti confido e paleso molte volte l'amore del mio cuore, perché desidero grandemente che si accenda nel tuo e che tu approfitti dell'insegnamento che ti do. Felice è l'anima a cui l'Altissimo manifesta la sua volontà santa e perfetta; ma ben più felice e beata è quella che, conoscendola, la mette in pratica. In molti modi Dio insegna ai mortali i sentieri della vita eterna: per mezzo dei Vangeli e delle sante Scritture, per mezzo dei sacramenti e delle leggi della santa Chiesa, per mezzo di altri libri e degli esempi dei santi e specialmente per mezzo dell'ubbidienza ai suoi ministri, dei quali sua Maestà disse: Chi ascolta voi, ascolta me, cioè che ubbidire a loro è ubbidire al medesimo Signore. Quando, dunque, per qualcuna di queste strade giungerai a conoscere la volontà divina, voglio da te che con leggerissimo volo, servendoti come ali dell'umiltà e dell'ubbidienza, e come un raggio velocissimo tu sia pronta ad eseguirla, adempiendo il beneplacito divino.

198. Oltre a questi modi di insegnamento, l'Altissimo ne usa altri per orientare le anime, facendo conoscere in modo soprannaturale la sua volontà perfetta e rivelando così loro molti sacri arcani. Questa conoscenza ha i suoi gradi, e molto differenti; non tutti sono ordinari né comuni alle anime, perché l'Altissimo dispensa la sua luce con misura e peso. Alcune volte parla al cuore e alle facoltà con forza, altre corregge, ammonisce ed insegna; altre volte muove il cuore perché esso lo cerchi, altre ancora indica chiaramente ciò che desidera ed altre infine mostra come un chiaro specchio misteri grandi che l'intelletto veda e la volontà ami. Sempre, però, questo grande Dio e sommo bene è dolcissimo nel comandare, potente nel dare forza per eseguire il suo volere, giusto nei suoi ordini, sollecito nel disporre le cose per essere ubbidito ed efficace nel vincere gli impedimenti, perché si compia la sua santissima volontà.

199. Ti voglio, figlia mia, molto attenta nel ricevere questa luce divina e molto sollecita e diligente nell'attuare ciò che ti mostra. Per ascoltare il Signore e percepire questa voce tanto delicata e spirituale, è necessario che le facoltà dell'anima siano purificate dalla grossolanità terrena e che tutta la creatura viva secondo lo Spirito, perché l'uomo naturale non comprende le cose alte e divine'0. Attendi, dunque, al tuo intimo e dimentica tutto quello che è al di fuori; ascolta, figlia mia, porgi l'orecchio distaccata da tutto ciò che è visibile. Se vuoi essere diligente, ama, perché l'amore è fuoco e non sa differire i suoi effetti dove trova disposta la materia; voglio che il tuo cuore sia sempre pronto. Quando, poi, l'Altissimo ti ordinerà o insegnerà qualcosa a beneficio delle anime, principalmente per la loro salvezza eterna, offriti con sottomissione, perché esse sono il prezzo assai stimabile del sangue dell'Agnello e dell'amore divino. Non creare ostacoli a te stessa con la tua viltà e timidezza, ma supera il timore che ti abbatte. Se, infatti, tu vali poco e sei inutile per ogni cosa, l'Altissimo è ricco, potente, grande e da solo fece tutte le cose. La tua prontezza ed il tuo affetto non saranno privi di premio, benché io voglia che tu ti muova soltanto per compiacere il tuo Signore.

Libro III, Cap. 16, §§ 200-214

CAPITOLO 16

Viaggio di Maria santissima per visitare santa Elisabetta ed ingresso nella casa di Zaccaria.


200. In quei giorni - dice il sacro testo - Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Questo alzarsi della nostra santissima Regina e signora non fu solo il suo disporsi esteriormente e partire da Nazaret, ma indica anche il movimento del suo spirito e della sua volontà, con cui, per l'impulso e l'ordine divino, si alzò interiormente da quell'umile posto che occupava per la bassa stima di se stessa. Da qui si alzò come dai piedi dell'Altissimo, dove aveva aspettato di conoscere il suo beneplacito per adempieflo, come la più vile serva - secondo quanto disse Davide - tiene gli occhi rivolti alle mani della sua padrona, attendendo che le comandi. Alzandosi alla voce del Signore, indirizzò il suo affetto dolcissimo a compiere la sua santissima volontà, per affrettare senza dilazione la santificazione del precursore, che stava nel grembo di Elisabetta come incarcerato nella cattività del primo peccato. Tale era il fine di questo felice viaggio. Per esso si alzò la Principessa dei cieli e camminò con la fretta e la diligenza che dice l'evangelista san Luca.

201. Lasciando, dunque, la casa dei loro padri e dimenticando il loro popolo, i castissimi sposi Maria e Giuseppe si posero in cammino, avviandosi verso la casa di Zaccaria sulle montagne di Giuda, che distavano ventisette leghe da Nazaret; e gran parte della strada era dura e difficile per una così delicata e giovane donna. Tutta la comodità per una fatica così grande consisteva in un umile giumento, sul quale cominciò e proseguì il suo viaggio. Sebbene fosse destinato al sollievo e servizio di lei, la più umile e modesta tra le creature ne smontava molte volte e pregava il suo sposo Giuseppe di voler dividere con lei la fatica e l'agio e di prendersi un po' di riposo servendosi a tale scopo dell'animale. Il prudente sposo non lo permise mai; solo per accondiscendere un po' alle preghiere dell'umilissima Signora, consentiva che per qualche tratto di strada ella andasse con lui a piedi, quanto gli pareva potesse sopportare senza affaticarsi troppo. Quindi, subito con grande decoro e riverenza le chiedeva che non ricusasse quel piccolo sollievo; e la Regina celeste ubbidiva, proseguendo in sella.

202. Queste umili discussioni tra Maria santissima e Giuseppe si presentavano più volte nel corso delle loro giornate, che trascorrevano senza sciupare un solo istante. Camminavano soli senza compagnia di creature umane; ma li assistevano i mille angeli che custodivano la lettiga di Salomone, Maria santissima. Sebbene servissero in forma visibile la loro Regina e il Figlio santissimo che portava in grembo, ella sola li vedeva. Con uguale attenzione agli angeli e a san Giuseppe suo sposo, la Madre della grazia camminava riempiendo le campagne ed i monti di fragranza soavissima con la sua presenza e con le lodi di Dio in cui senza interruzione stava assorta. Alcune volte discorreva con i suoi angeli e si alternava con loro nei cantici divini, con motivi differenti, sui misteri della Divinità e sulle opere della creazione e dell'incarnazione; in questo di nuovo quel candido cuore della purissima Signora si infiammava di amore per Dio. A tutto ciò si prestava san Giuseppe, suo sposo, con il moderato silenzio che osservava, concentrando il suo spirito in se stesso con alta contemplazione e permettendo che - a suo credere - facesse lo stesso la sua devota sposa.

203. Altre volte Maria e Giuseppe parlavano fra sé di molte cose riguardanti la salvezza delle loro anime e le misericordie del Signore, nonché la venuta del Messia, le promesse che di lui erano state fatte agli antichi Padri ed altri misteri dell'Altissimo. Durante questo viaggio, accadde una cosa ammirabile per il santo sposo Giuseppe. Egli amava teneramente la propria sposa con amore santo e castissimo, infusogli con grazia speciale dall'amore divino; per un altro privilegio non minore, poi, il santo era di indole nobilissima, cortese, piacevole ed affabile. Tutto questo produceva in lui una sollecitudine prudentissima ed amorevole, alla quale lo muoveva fin dal principio la stessa santità e grandezza che conosceva nella sua prudentissima sposa, come oggetto prossimo a quei doni del cielo. Perciò, il santo andava prendendosi cura sollecita di Maria santissima, domandandole molte volte se si sentisse affaticata e stanca ed in che cosa potesse darle sollievo e servirla. Siccome, però, la Regina del cielo portava già nel suo talamo verginale il fuoco divino del Verbo incarnato, il santo Giuseppe, senza saperne la causa, per le parole e la conversazione della sua amata sposa sentiva nella sua anima nuovi effetti, in forza dei quali si riconosceva più infiammato nell'amore per Dio e pieno di altissima conoscenza dei misteri dei quali parlavano, con una fiamma interiore ed una nuova luce che lo spiritualizzavano e lo rinnovavano tutto. Quanto più, poi, proseguivano nel cammino e nei discorsi celesti, tanto più crescevano questi favori, dei quali erano strumento le parole della sua sposa, che penetravano il suo cuore ed infiammavano la sua volontà nell'amore per Dio.

204. Era così grande questa novità che il giudizioso sposo Giuseppe non poté evitare di riflettervi molto. Anche se conosceva che tutto procedeva da Maria santissima e nella sua meraviglia si sarebbe consolato se ne avesse saputo la causa senza ricercarla con curiosità, per la sua grande modestia non ardi farle alcuna domanda, disponendo così il Signore, perché non era ancora tempo che egli conoscesse il segreto del re, che stava nascosto nel grembo verginale. La prudentissima Principessa guardava il suo sposo, vedendo tutto quanto passava nel suo intimo; mentre, poi, rifletteva fra sé nella sua prudenza, le venne in mente che naturalmente era necessario che si venisse a manifestare la sua gravidanza, senza che la potesse nascondere al suo carissimo e castissimo sposo. La grande Signora non sapeva allora in che modo Dio avrebbe regolato questo mistero; però, sebbene non avesse ricevuto ordine di tenerlo celato, la sua divina discrezione le insegnò quanto fosse bene nasconderlo, come mistero grande, ed il maggiore tra tutti. Così, lo tenne segreto, senza farne parola alcuna con il suo sposo, né in questa occasione, né prima al tempo dell'annuncio dell'angelo, né in seguito in mezzo ai timori dei quali diremo, cioè quando arrivò il tempo in cui il santo Giuseppe conobbe la gravidanza.

205. Oh, discrezione ammirabile e prudenza più che umana! La grande Regina si abbandonò tutta alla Provvidenza divina, aspettando ciò che avrebbe disposto. Tuttavia, provò pena, prevedendo quella che il suo santo sposo avrebbe ricevuto e considerando che non poteva anticipatamente liberarlo da essa o rimuoverla. Questa preoccupazione cresceva ancora più al vedere la grande attenzione che il santo usava nel servirla e nel prendersi cura di lei con amore; ciò meritava uguale corrispondenza in tutto quello che prudentemente fosse possibile. Pregò, perciò, in modo speciale il Signore, presentandogli il suo ansioso affetto, la sua brama di agire con sicurezza e ciò di cui aveva bisogno san Giuseppe nella circostanza che lo sovrastava, chiedendo per tutto l'assistenza e la direzione divina. In questa sospensione sua l'Altezza eseguì ed esercitò grandi ed eroici atti di fede, speranza, carità, prudenza, umiltà, pazienza e fortezza, dando pienezza di santità a tutto quello che le capitava, perché in ogni cosa operava sempre ciò che era più perfetto.

206. Questo viaggio fu il primo pellegrinaggio che il Verbo incarnato fece nel mondo, quattro giorni dopo essere entrato in esso; infatti, il suo ardentissimo amore non poté sopportare ulteriore dilazione per cominciare ad accendere il fuoco che veniva a diffondere sulla terra, dando così principio alla giustificazione dei mortali nel suo divino precursore. Comunicò questa prontezza alla sua Madre santissima, affinché in fretta si alzasse ed andasse a visitare Elisabetta. In questa circostanza l'umile Signora servì da baldacchino al vero Salomone, ma più ricco, ornato e leggero del primo. Così, questo viaggio fu più glorioso ed avvenne con maggiore giubilo e magnificenza dell'Unigenito del Padre, perché egli camminava riposando dolcemente nel talamo verginale di sua Madre e traendo diletto dall'amore con cui ella lo adorava, lo benediceva, lo contemplava, si rivolgeva a lui, lo ascoltava e gli rispondeva. Ella sola, insomma, divenuta allora l'archivio reale e la depositaria di un così magnifico mistero, lo venerava e gli si mostrava riconoscente per sé e per tutto il genere umano, molto più che tutti gli uomini e gli angeli insieme.

207. Nel corso del cammino, che durò quattro giorni, i pellegrini Maria santissima e Giuseppe esercitarono non solo le virtù che hanno Dio come oggetto ed altre interion, ma anche molti atti di carità verso il prossimo, perché questa non poteva rimanere inoperosa dinanzi a quanti erano bisognosi di soccorso. Non trovavano in tutti gli alloggi uguale accoglienza, perché alcuni, da rozzi, immersi nella loro naturale inavvertenza, rifiutavano di ospitarli, mentre altri, mossi dalla grazia divina, li accoglievano con amore. A nessuno, però, la Madre della misericordia negava la pietà che poteva esercitare, per cui stava sempre attenta se potesse visitare o incontrare poveri, infermi ed afflitti, e tutti soccorreva e consolava o risanava dai loro mali. Non mi trattengo a riferire tutti i casi che quanto a ciò le capitarono. Dirò solo la buona sorte di una povera donna inferma, che la nostra grande Regina incontrò in un luogo attraverso il quale passava nel primo giorno del viaggio. Sua Maestà la vide e si mosse a tenerezza e compassione della sua infermità, che era gravissima; per questo, usando il potere che aveva come signora delle creature, ordinò alla febbre di lasciare quella donna e al suo organismo di riprendere il suo regolare funzionamento. In forza di questo comando e della dolce presenza di Maria purissima, l'inferma si trovò all'istante libera, del tutto sana dalla malattia del corpo e migliorata nello spirito. Anzi, in seguito avanzò tanto nel bene che giunse ad essere perfetta e santa, perché le rimase impressa nella memoria l'immagine dell'autrice del suo bene e nel cuore le restò un intimo amore verso di lei, anche se non vide mai più la grande Signora né il miracolo si divulgò.

208. Continuando il loro viaggio, Maria santissima e san Giuseppe suo sposo giunsero il quarto giorno alla città di Giuda, dove abitavano Elisabetta e Zaccaria. Come specifica l'evangelista san Luca, questo nome era proprio della città, anche se i predicatori del Vangelo comunemente hanno creduto che fosse nome comune della provincia che si chiamava Giuda o Giudea, dalla quale prendevano il nome anche le montagne della Giudea, che sì estendono a 'sud di Gerusalemme. A me, però, è stato manifestato che era la città stessa che si chiamava Giuda e che l'Evangelista la nominò con il suo nome proprio, sebbene i dottori e i predicatori abbiano inteso con il nome di Giuda la provincia a cui apparteneva. Ciò è avvenuto perché quella città andò in rovina alcuni anni dopo la morte di Cristo Signore nostro e gli studiosi, non avendo trovato memoria di essa, hanno ritenuto che san Luca con il nome di Giuda avesse voluto significare la provincia, non il luogo. Da questo ha avuto origine la diversità delle opinioni su quale fosse la città dove avvenne la visitazione di Maria santissima a santa Elisabetta.

209. Poiché l'ubbidienza mi ha ordinato di spiegare più esattamente questo punto per la sorpresa che può causare, dico inoltre che la casa di Zaccaria ed Elisabetta, dove avvenne la visitazione, si trovava nel medesimo luogo dove adesso questi divini misteri sono venerati dai fedeli e dai pellegrini che accorrono o vivono nei santi luoghi della Palestina. Anche se la città di Giuda andò in rovina, il Signore non permise che si cancellasse del tutto la memoria di luoghi così venerabili, dove erano stati compiuti tanti misteri e che erano stati consacrati dai piedi di Maria santissima, di Cristo Signore nostro, del Battista e dei suoi santi genitori. Così, gli antichi fedeli, che edificarono quelle chiese e ripararono i luoghi santi, ricevettero luce divina per conoscere con essa e mediante qualche tradizione la verità su tutto e rinnovare la memoria di così ammirabili misteri, affinché godessimo del beneficio di venerarli ed adorarli noi fedeli che viviamo adesso, professando e confessando la fede cattolica nei sacri luoghi della nostra redenzione.

210. Per maggiore conoscenza di questo si sappia che il demonio, dopo che alla morte di Cristo Signore nostro l'ebbe conosciuto come vero Dio e redentore degli uomini, pretese con incredibile furore di cancellare, come dice Geremia, la sua memoria dalla terra dei viventi, e così pure quella della sua Madre santissima. Quindi, una volta procurò che la santissima croce fosse nascosta e sotterrata ed un'altra volta che fosse trafugata in Persia; con questo medesimo intento fece in modo che andassero in rovina e fossero dimenticati molti luoghi santi. Fu per questo che gli angeli santi trasportarono tante volte la venerabile e santa casa di Loreto, perché lo stesso drago, che perseguitava questa santissima Signora aveva già disposto gli animi degli abitanti di quella terra affinché abbattessero quel sacro oratorio, che era stato il luogo in cui si era compiuto l'altissimo mistero dell'incarnazione. Fu per tale astuzia del nemico che venne distrutta l'antica città di Giuda, in parte per negligenza degli abitanti che andarono diminuendo e in parte per disgrazie ed infortuni avvenuti, anche se il Signore non permise che andasse completamente in rovina la casa di Zaccaria, per i misteri che vi si erano celebrati.

211. Come ho detto, questa città era distante ventisei leghe da Nazaret e circa due da Gerusalemme. Era situata dove ha la sua sorgente il torrente Sorec, sulle montagne della Giudea. Dopo la nascita di san Giovanni e la partenza di Maria santissima e di san Giuseppe per ritornare a Nazaret, santa Elisabetta seppe per illuminazione divina che era imminente una grande rovina e calamità per i bambini di Betlemme e dei suoi dintorni. Sebbene tale rivelazione fosse generale e senza altra specificazione, mosse la madre di san Giovanni a ritirarsi con Zaccaria suo marito a Ebron, distante circa otto leghe da Gerusalemme; e così fecero, perché erano ricchi e nobili e possedevano case e beni non solo in Giuda ed in Ebron, ma anche in altri luoghi. Per questo, quando Maria santissima e Giuseppe, fuggendo da Erode, andarono esuli in Egitto alcuni mesi dopo la nascita del Verbo e più mesi dopo quella del Battista, santa Elisabetta e Zaccaria si trovavano a Ebron. Zaccaria mori quattro mesi dopo la nascita di Cristo Signore nostro, cioè dieci dopo la nascita di suo figlio san Giovanni. Ciò mi pare sufficiente per chiarire questo dubbio circa la casa della visitazione, che non fu in Gerusalemme, né in Betlemme, né in Ebron, ma nella città che si chiamava Giuda. Ho conosciuto questo innanzitutto con la luce del Signore, con cui ho appreso gli altri misteri di questa divina Storia; poi, di nuovo me lo ha dichiarato l'angelo santo, quando per ubbidienza l'ho interrogato un'altra volta.

212. Maria santissima e san Giuseppe giunsero alla casa di Zaccaria. Per annunciare il loro arrivo, il santo sposo andò alcuni passi avanti e salutò dicendo: «Il Signore sia con voi e riempia le vostre anime della sua grazia divina». Santa Elisabetta era già preparata, perché il Signore stesso le aveva rivelato che Maria di Nazaret sua parente partiva per visitarla. Da questa visione, però, aveva conosciuto solo che la divina Signora era molto gradita agli occhi dell'Altissimo, perché il mistero della sua dignità di Madre di Dio non le fu rivelato se non quando si salutarono in disparte. Elisabetta uscì subito con alcuni della sua famiglia per ricevere Maria santissima, la quale però, più umile e più giovane, prevenne sua cugina nel saluto e le disse: «Il Signore sia con voi, mia carissima cugina». «Lo stesso Signore - rispose Elisabetta - vi ricompensi di essere venuta a darmi questa consolazione». Dopo questo saluto, salirono alla casa di Zaccaria e, quando le due cugine si furono ritirate in disparte, avvenne ciò che racconterò nel capitolo seguente.

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

213. Figlia mia, quando la creatura stima adeguatamente le opere buone e l'ubbidienza al Signore che gliele comanda per sua gloria, seguono per lei una grande facilità nell'operarle, una soavissima dolcezza nell'intraprenderle ed una diligente prontezza nel continuarle e proseguirle. Questi effetti sono un'evidente prova della verità ed utilità che è in esse. L'anima, però, non può sperimentare questo effetto se non sta molto sottomessa al Signore, sollevando a lui gli occhi per ascoltare con gioia il suo divino beneplacito ed eseguirlo con sollecitudine, dimenticandosi della propria inclinazione e comodità, appunto come il servo fedele, che vuole fare solamente la volontà del suo Signore e non la sua. Questo è il modo di ubbidire fruttuoso che tutte le creature devono a Dio, e molto più le religiose che così hanno promesso. Tu, o carissima, per conseguiilo perfettamente, considera la stima con cui Davide parla spesso dei precetti del Signore, delle sue parole e della sua salvezza, nonché gli effetti che causarono in lui e producono ora nelle anime. Egli, infatti, confessa che rendono saggio il semplice, fanno gioire il cuore, danno luce agli occhi dell'anima, sono lampada per i suoi passi , sono più dolci del miele e più stimabili dell'oro e delle pietre preziose. Questa prontezza e questo abbandono alla volontà divina ed alla sua legge resero Davide conforme al cuore di Dio, perché sua Maestà vuole tali i suoi servi ed amici.

214. Attendi dunque, figlia mia, con grande stima alle opere di virtù e di perfezione che sai gràdite al tuo Signore; non volere disprezzarne alcuna, né resistere, né cessare di intraprenderle per quanta violenza tu possa sentire nella tua inclinazione e debolezza. Confida nel Signore ed impegnati a metterle in pratica; subito il suo potere vincerà tutte le difficoltà e ben presto conoscerai con felice esperienza quanto dolce è il giogo e quanto leggero il carico del Signore e che sua divina Maestà non volle ingannarci nell'affermarlo, come suppongono i tiepidi e negligenti, che con la loro infingardaggine e diffidenza contraddicono tacitamente questa verità. Voglio similmente che per imitarmi in questa perfezione consideri il beneficio che mi fece la benignità divina, dandomi pietà ed affetto soavissimo verso le creature, come opere di Dio, partecipi della sua bontà e del suo essere. Con questo affetto io desideravo consolare, sollevare ed incoraggiare tutte le anime e con una compassione naturale procuravo loro ogni bene spirituale e corporale. Per nessuno, per peccatore grande che fosse, desideravo male alcuno; anzi, verso questi mi volgevo con grande forza del mio cuore compassionevole per procurargli la salvezza eterna. Da ciò derivò la mia ansietà per la pena che il mio sposo Giuseppe avrebbe ricevuto venendo a conoscere la mia gravidanza, perché a lui io dovevo più che a tutti gli altri. Sentivo questa soave compassione in particolare verso gli afflitti e gli infermi e mi adoperavo per ottenere a tutti qualche sollievo. In questa virtù voglio che tu mi imiti secondo la conoscenza che ne hai, usando di essa prudentemente.


Libro III, Cap. 17, §§ 215-230

CAPITOLO 17

Il saluto della Regina del cielo a santa Elisabetta e la santificazione di Giovanni.


215. Compiuto il sesto mese della gravidanza di santa Elisabetta, il futuro precursore di Cristo nostro bene se ne stava nel suo grembo, quando la madre santissima Maria arrivò alla casa di Zaccaria. Il corpo del bambino Giovanni era più perfetto di quello degli altri, sia per il miracolo intervenuto nel suo concepimento da madre sterile, sia perché veniva destinato a ricevere la santità più grande tra i figli di donna, che Dio gli teneva preparata. Tuttavia, la sua anima era ancora immersa nelle tenebre del peccato che aveva contratto in Adamo, come gli altri figli di questo primo e comune padre del genere umano. E non potendo i mortali, per legge comune a tutti, ricevere la luce della grazia prima di uscire a quella materiale del sole, dopo il primo peccato che si contrae con la natura, il grembo materno viene a servire come da carcere di tutti noi che fummo rei nel nostro padre e capo Adamo. Cristo Signore nostro volle graziare il suo grande profeta e precursore con il grande beneficio di anticipargli la luce della grazia e la giustificazione sei mesi dopo che santa Elisabetta l'ebbe concepito, affinché la sua santità fosse privilegiata come doveva esserlo la missione di precursore e di battista.

216. Dopo il primo saluto di Maria a santa Elisabetta, le due cugine si ritirarono insieme in disparte, come ho già detto. Subito la Madre della grazia salutò di nuovo la sua parente e le disse: «Dio ti salvi, mia carissima cugina; la sua divina luce ti comunichi grazia e vita». A queste parole di Maria santissima, santa Elisabetta fu piena di Spirito Santo e tanto illuminata nel suo intimo che in un momento conobbe altissimi misteri. Quésti effetti, come anche quelli che nel medesimo tempo sentì il bambino Giovanni nel grembo di sua madre, derivarono dalla presenza del Verbo incarnato nel talamo di Maria. Da qui, servendosi della voce di lei come strumento, cominciò a fare uso della potestà che il Padre eterno gli aveva dato per salvare e giustificare le anime come loro redentore. Siccome, poi, se ne serviva come uomo, stando nel grembo verginale quel corpicino concepito da otto giorni si mise - cosa mirabile! - in posizione umile per pregare il Padre. Chiese la giustificazione del suo futuro precursore e la ottenne dalla santissima Trinità.

217. San Giovanni nel grembo materno fu la terza persona per cui il nostro Redentore pregò in particolare, stando in Maria santissima. Sua madre fu la prima per la quale egli ringraziò, supplicò e pregò il Padre; come sposo di lei, san Giuseppe fu il secondo nelle preghiere del Verbo incarnato; il precursore Giovanni, poi, fu il terzo ad entrare nelle domande particolari per persone determinate, nominate dal Signore. Tanta fu la felicità e tali i privilegi di san Giovanni! Cristo Signore nostro presentò all'eterno Padre i meriti e la passione e morte che veniva a patire per gli uomini ed in virtù di questo domandò la santificazione di quell'anima; scelse il bambino, il quale doveva nascere santo, come suo precursore, perché rendesse testimonianza della sua venuta nel mondo e preparasse i cuori del suo popolo a conoscerlo e riceverlo. Chiese, quindi, che per un compito così sublime si concedessero a tale persona eletta le grazie, i doni ed i favori adeguati; il Padre concesse tutto ciò che il suo Unigenito incarnato domandò.

218. Questo avvenne prima del saluto di Maria santissima. Quando l'umile Signora pronunciò le parole riferite, Dio guardò con benevolenza il bambino nel grembo di santa Elisabetta e gli concesse il perfetto uso della ragione, illuminandolo con aiuti speciali della luce divina, affinché con quelli si preparasse conoscendo il bene che gli veniva fatto. Giovanni fu purificato dal peccato originale, costituito figlio adottivo del Signore e riempito dallo Spirito Santo con abbondantissima grazia e con pienezza di doni e virtù; inoltre, le sue facoltà furono santificate e rese soggette alla ragione. Si adempiva così ciò che l'angelo san Gabriele aveva detto a Zaccaria, cioè che suo figlio sarebbe stato pieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre. Il fortunato bambino vide il Verbo incarnato, servendogli quasi da vetrata le pareti dell'utero e da cristallo purissimo il talamo del grembo verginale di Maria santissima; qui adorò, in ginocchio, il suo redentore e creatore. Questo fu il movimento ed il giubilo che sua madre santa Elisabetta riconobbe e senti nel suo bambino e nel suo grembo. Giovanni fece molti altri atti nel ricevere questo beneficio, esercitando le virtù di fede, speranza, carità, culto divino, gratitudine, umiltà, devozione e tutte le altre che lì poteva operare. Da quell'istante cominciò ad acquistare meriti e a crescere nella santità, senza mai perderla né cessare di operare con tutto il vigore della grazia.

219. Santa Elisabetta conobbe nel medesimo tempo il mistero dell'incarnazione, la sanrificazione di suo figlio ed il fine e i misteri di questa nuova meraviglia, nonché la purezza verginale e la dignità di Maria santissima. In questa occasione la santissima Regina, stando tutta assorta nella visione di questi misteri e di Dio che li operava nel suo Figlio santissimo, restò tutta divinizzatà e piena della luce e dello splendore delle doti di cui partecipava. Santa Elisabetta la vide con questa maestà e come attraverso un vetro purissimo contemplò il Verbo incarnato nel talamo verginale, come in una lettiga di cristallo infiammato. Di tutti questi ammirabili effetti fu strumento efficace la voce di Maria santissima, tanto forte e potente quanto dolce all'udito dell'Altissimo. Tutta questa virtù era come partecipata da quella che ebbero le onnipotenti parole Avvenga di me quello che hai detto, con le quali attirò il Verbo eterno dal seno del Padre alla sua mente ed al suo grembo.

220. Meravigliata di quello che sentiva e scopriva in misteri così divini, santa Elisabetta fu mossa tutta da giubilo dello Spirito Santo e, guardando la Regina del mondo e ciò che in lei scorgeva, ad alta voce proruppe in quelle parole che riferisce san Luca: Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto ègiunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore. In queste parole profetiche santa Elisabetta riassunse la grandezza di Maria santissima, conoscendo con la divina luce quanto in lei il potere divino aveva operato ed attualmente operava e anche ciò che doveva succedere in futuro. Intese tutto ciò anche il bambino Giovanni nel grembo di lei, da dove sentiva le parole di sua madre, la quale, illuminata in occasione della santificazione di lui, magnificò Maria santissima come strumento della loro felicità in nome suo e del figlio, che ancora non poteva lodarla e benediila con la propria bocca.

221. Alle parole con cui santa Elisabetta magnificò la nostra grande Regina, la maestra della sapienza e dell'umiltà rispose riferendole tutte al loro Autore e con voce molto dolce intonò il cantico del Magnificat, che san Luca riferisce. Disse: «L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e Santo è il suo nome: di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili: ha ncolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi. Ha soccorso Israele suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre ».

222. Come santa Elisabetta fu la prima che udì questo dolce cantico dalla bocca di Maria santissima, così pure fu la prima che lo comprese e lo commentò. Vi intese grandi misteri tra quelli racchiusi in così poche parole. Con esse lo spirito di Maria santissima magnificò il Signore per l'eccellenza del suo essere infinito, riferi e diede a lui tutta la gloria e la lode, come a principio e fine di tutte le sue opere, conoscendo e proclamando che solo in Dio si deve gloriare e rallegrare ogni creatura, poiché egli solo è tutto il suo bene e la sua salvezza. Celebrò anche l'equità e la magnificenza dell'Altissimo nel guardare agli umili e porre in essi con abbondanza il suo divino amore ed il suo spirito. Confessò, inoltre, quanto sia cosa degna che i mortali vedano, conoscano e ponderino come, per mezzo di questa umiltà, ella conseguì che tutte le nàzioni la chiamassero beata e come con essa meriteranno la medesima fortuna anche tutti gli altri umili, ciascuno nel suo grado. Lodò ancora il nome santo e ammirabile dell'Onnipotente e tutte le misericordie e grazie che le aveva concesso, chiamandole cose grandi, perché nessuna fu piccola in una capacità e disposizione tanto immensa quanto quella di questa grande Regina e signora.

223. Siccome le miseric6rdie dell'Altissimo dalla pienezza di Maria santissima ridondarono a tutto il genere umano ed ella fu la porta del cielo attraverso la quale tutti salirono e salgono e attraverso la quale noi tutti dobbiamo accedere alla partecipazione della Divinità, ella confessò che la misericordia del Signore con lei si sarebbe estesa a tutte le generazioni, comunicandosi a quelli che lo temono. Come le misericordie infinite di Dio innalzano gli uomini e cercano quelli che lo temono, così al contrario il potente braccio della sua giustizia disperde i superbi nei pensieri del loro cuore e li rovescia dai loro troni per collocare su di essi i poveri e gli umili. Questa giustizia del Signore diede le prime prove di se stessa con meraviglia e gloria in Lucifero, capo dei superbi, e nei suoi seguaci, quando il braccio onnipotente dell'Altissimo li allontanò e gettò fuori, perché essi stessi si precipitarono, da quel sublime posto nella natura e nella grazia che avevano nella volontà originaria della mente divina e del suo amore, con il quale vuole che tutti siano salvi. In verità, ciò che li fece precipitare fu il vaneggiamento con il quale pretesero di salire dove non potevano né dovevano; con questa arroganza urtarono contro i giusti ed imperscrutabili giudizi del Signore, che così allontanarono e fecero cadere il superbo angelo e tutti quelli del suo seguito. Al loro posto furono collocati gli umili per mezzo di Maria santissima, madre ed archivio delle antiche misericordie.

224. Per questa medesima ragione, la clementissima Signora afferma anche che Dio arricchì i poveri ricolmandoli dell'abbondanza dei suoi tesori di grazia e gloria. Quanto a coloro che sono ricchi di stima di sé, di presunzione e di arroganza e quanto a quelli che riempiono il loro cuore dei falsi beni che il mondo ritiene ricchezza e felicità, invece, l'Altissimo cacciò e caccia tutti costoro lontano da sé, lasciandoli privi della verità, la quale non può entrare in cuori tanto occupati e pieni di menzogna e falsità. Accolse il suo servo e figlio Israele, ricordandosi della sua misericordia, per insegnargli dov'è la prudenza, dov'è la forza, dov'è l'intelligenza, dov'è la longevità e la vita, dov'è la luce degli occhi e la pace. A lui insegnò il cammino della prudenza e gli occulti sentieri della sapienza e della disciplina, che si nascose ai capi delle nazioni e non fu conosciuta dai potenti che dominano le belve che sono sulla terra, si divertono e giocano con gli uccelli del cielo ed ammassano tesori d'argento e d'oro. E non giunsero a trovarla i figli di Agar e gli abitanti di Teman, che sono i superbi sapienti e prudenti di questo mondo. Ma l'Altissimo l'affida a quelli che sono figli della luce e di Abramo per mezzo della fede, della speranza e dell'ubbidienza, perché così promise a lui ed alla sua posterità e generazione spirituale, per il benedetto e fortunato frutto del grembo verginale di Maria santissima.

225. Santa Elisabetta all'udire la Regina' delle creature penetrò questi arcani misteri e ne intese anche molti altri maggiori ai quali non arriva il mio intelletto; non solo questi che io posso manifestare. Non mi voglio dilungare su tutto quello che mi è stato rivelato, perché estenderei troppo questo discorso. Le dolci conversazioni divine di queste due signore sante e prudenti, Maria santissima e sua cugina Elisabetta, mi rammentano i due serafini che Isaia vide davanti al trono dell'Altissimo, i quali proclamavano l'uno all'altro quel cantico divino e sempre nuovo Santo, santo, santo..., mentre con due ali si coprivano il capo, con due i piedi e con le altre due volavano. È chiaro che l'ardente amore di queste donne superava tutti i serafini; e Maria purissima da sola amava più di tutti loro. Bruciavano in questo incendio divino, stendendo le ali dei loro cuori per manifestarli l'una all'altra e per volare alla più sublime penetrazione dei misteri dell'Altissimo. Con altre due ali di rara sapienza coprivano il proprio capo, perché tutte e due proposero e concertarono di mantenere il segreto del re, custodendolo per tutta la vita, ed anche perché sottomisero e ridussero in servitù la propria ragione, credendo con docilità, senza alterigia né curiosità. Coprirono similmente i piedi del Signore ed i propri con ali di serafini, stando umiliate ed annientate nella bassa stima di se stesse alla vista di tanta maestà. E se Maria santissima racchiudeva nel suo grembo verginale il Dio della maestà, con ragione e con tutta verità diremo che copriva il trono dove il Signore aveva la sua sede.

226. Quando fu ora che le due signore uscissero dal loro ritiro, santa Elisabetta offrì alla Regina del cielo la sua persona come schiava e tutta la sua famiglia e la sua casa per il suo servizio; chiese, poi, che per sua quiete e per potersi raccogliere accettasse una cameretta che usava ella stessa per l'orazione, come più appartata ed adatta a tale scopo. La divina Principessa con umile riconoscenza accettò quella stanza e la scelse per suo ritiro e per dormirvi; così, nessuno vi entrava tranne le due cugine. Nel resto del tempo si offrì per assistere santa Elisabetta come serva; per questo, infatti, come le disse, era venuta a visitarla e consolarla. Oh, che dolce amicizia fu mai quella e quanto sincera ed inseparabile, essendo unita con il più grande vincolo dell'amore divino! Vedo che il Signore fu ammirabile nel manifestare questo grande mistero della sua incarnazione a tre donne prima che ad alcun altro del genere umano: la prima fu sant'Anna, come ho detto a suo luogo; la seconda fu sua figlia, cioè la madre del Verbo, Maria santissima; la terza fu santa Elisabetta e suo figlio con lei, però nel grembo di sua madre, per cui egli non si reputa come un'altra persona a cui sia stato manifestato. La ragione di questo fu che la stoltezza di Dio è più saggia degli uomini, come disse san Paolo.

227. Maria santissima ed Elisabetta uscirono dal loro ritiro quando già era cominciata la notte, essendovisi trattenute a lungo. La Regina vide Zaccaria che se ne stava nel suo mutismo, gli domandò la sua benedizione ed il santo gliela diede. Sebbene lo guardasse con compassione e tenerezza vedendolo muto e conoscesse il mistero che era racchiuso in quella sofferenza, per il momento non si mosse a porvi rimedio; ma pregò per lui. Santa Elisabetta, la quale già conosceva la buona sorte del castissimo sposo Giuseppe - benché egli ne fosse ancora ignaro - lo onorò e festeggiò con grande stima e riverenza. Egli, però, dopo che ebbe dimorato per tre giorni nella casa di Zaccaria, chiese alla sua umilissima sposa licenza di fare ritorno a Nazaret, lasciandola in compagnia di santa Elisabetta perché l'assistesse nella sua gravidanza. Il santo sposo prese congedo rimanendo d'accordo che sarebbe ritornato a prendere la nostra Regina quando ella gliene avesse mandato avviso. Santa Elisabetta gli offrì alcuni doni da portare a casa sua. Egli di tutto accettò molto poco, e questo poco per l'insistenza di lei, essendo uomo di Dio e non solo amante della povertà, ma anche di cuore magnanimo e generoso. Tornò, quindi, a Nazaret con l'animale che aveva portato con sé. Li lo servi, in assenza della sua sposa, una vicina, sua parente, la quale, anche quando si trovava in casa Maria santissima signora nostra, soleva prestare la sua opera portando ciò che le veniva chiesto.

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

228. Figlia mia, affinché nel tuo cuore si accenda maggiormente la fiamma del tuo costante desiderio di conseguire la grazia e l'amicizia di Dio, voglio che tu conosca la dignità, l'eccellenza e la felicità grande di un'anima, quando giunge a ricevere questa bellezza. È, però, tanto ammirabile e preziosa che non la potrai comprendere, sebbene io te la manifesti; molto meno, poi, è possibile che tu la spieghi con le tue parole. Fissa lo sguardo nel Signore e contemplalo con la luce divina che ricevi; in essa conoscerai come è più gloriosa opera per il Signore giustificare un'anima sola che avere creato il cielo e la terra, con tutta la loro perfezione naturale. Se le creature, per mezzo di queste meraviglie che percepiscono in molta parte per mezzo dei sensi, conoscono che Dio è grande ed on nipotente, che cosa direbbero mai e che cosa penserebbero se vedessero con gli occhi dell'anima quanto vale e quanto conta la bellezza della grazia in tante creature capaci di riceverla?

229. Non ci sono parole adeguate per quello che è in se stessa quella partecipazione del Signore e delle sue perfezioni, che la grazia santificante contiene; è poco chiamarla più pura e bianca della neve, più risplendente del sole, più preziosa dell'oro e delle gemme, più cara, amabile e piacevole di tutti i regali e le carezze più dilettevoli, perché è più bella di tutto quanto può immaginare il desiderio delle creature. Considera similmente la bruttezza del peccato, per giungere ad una maggiore conoscenza della grazia alla vista del suo contrario, poiché né le tenebre, né la corruzione, né ciò che c'è di più orribile, spaventoso e ripugnante arriva a potersi comparare con il peccato e con il suo cattivo odore. Molto conobbero di questo i martiri ed i santi, i quali, per conseguire questa bellezza e non cascare in quella infelice rovina, non temettero il fuoco, né le fiere, i rasoi, i tormenti, le carceri, le ignominie, le pene, i dolori, né la medesima morte, né il prolungato e continuo patire; infatti, tutto questo è meno, pesa meno e vale meno che un solo grado di grazia, per conseguire il quale non si deve tenere conto di tutto il resto. Un'anima può avere questo e molti altri gradi, benché sia la più abbandonata del mondo. Non conoscono ciò gli uomini che stimano e bramano solamente la fuggitiva ed apparente bellezza delle creature e ritengono vile e spregevole colui che non ne ha.

230. Da questo conoscerai alquanto il grande beneficio che il Verbo incarnato fece al suo precursore Giovanni nel grembo di sua madre; egli lo conobbe e questo lo fece esultare di gioia. Conoscerai similmente quanto devi fare e patire per ottenere questa felicità, per non perdere né macchiare una così stimabile bellezza con colpa alcuna, per leggera che sia, e per non ritardarla con nessuna imperfezione. Voglio, inoltre, che tu, ad imitazione di quello che io feci con Elisabetta mia cugina, non accetti né stringa amicizia con creature umane e tratti solamente con coloro con i quali puoi e devi parlare delle opere dell'Altissimo e dei suoi misteri e con chi ti può insegnare il cammino vero del suo divino beneplacito. Anche se avessi grandi impegni e preoccupazioni, non devi dimenticare né lasciare le tue devozioni e l'ordine della vita perfetta; infatti, questo non si deve conservare ed osservare solo quando ci è comodo, ma anche nelle maggiori contraddizioni, difficoltà ed occupazioni, perché alla natura imperfetta basta poco per rilassarsi.