sabato 17 dicembre 2011

IV DOMENICA DI AVVENTO Anno B





Oggi 18 dicembre celebriamo la
IV DOMENICA DI AVVENTO   
Anno B

Dal «Commento su san Luca» di san Beda il Venerabile, sacerdote
(1, 46-55; CCL 120, 37-39)
«Maria disse: L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore» (Lc 1, 46). Dice: il Signore mi ha innalzato con un dono così grande e così inaudito che non è possibile esprimerlo con nessun linguaggio: a stento lo può comprendere il cuore nel profondo. Levo quindi un inno di ringraziamento con tutte le forze della mia anima e mi do, con tutto quello che vivo e sento e comprendo, alla contemplazione della grandezza senza fine di Dio, poiché il mio spirito si allieta della eterna divinità di quel medesimo Gesù, cioè del Salvatore, di cui il mio seno è reso fecondo con una concezione temporale.
Perché ha fatto in me cose grandi l'Onnipotente, e santo è il suo nome (cfr. Lc 1, 49). Si ripensi all'inizio del cantico dove è detto: «L'anima mia magnifica il Signore». Davvero solo quell'anima a cui il Signore si è degnato di fare grandi cose può magnificarlo con lode degna ed esortare quanti sono partecipi della medesima promessa e del medesimo disegno di salvezza: Magnificate con me il Signore, esaltiamo insieme il suo nome (cfr. Sal 33, 4). Chi trascurerà di magnificare, per quanto sta in lui, il Signore che ha conosciuto e di santificare il nome, «sarà considerato il minimo nel regno dei cieli» (Mt 5, 19).
Il suo nome poi è detto santo perché con il fastigio della sua singolare potenza trascende ogni creatura ed è di gran lunga al di là di tutto quello che ha fatto.
«Ha soccorso Israele suo servo, ricordandosi della sua misericordia» (Lc 1, 54). Assai bene dice Israele servo del Signore, cioè ubbidiente e umile, perché da lui fu accolto per essere salvato, secondo quanto dice Osea: Israele è mio servo e io l'ho amato (cfr. Os 11, 1). Colui infatti che disdegna di umiliarsi non può certo essere salvato né dire con il profeta: «Ecco, Dio è il mio aiuto, il Signore mi sostiene» (Sal 53, 6) e: «Chiunque diventerà piccolo come un bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli» (cfr. Mt 18, 4).
«Come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre» (Lc 1, 55). Si intende la discendenza spirituale, non carnale, di Abramo; sono compresi, cioè, non solo i generati secondo la carne, ma anche coloro che hanno seguito le orme della sua fede, sia nella circoncisione sia nell'incirconcisione. Anche lui credette quando non era circonciso, e gli fu ascritto a giustizia. La venuta del Salvatore fu promessa ad Abramo e alla sua discendenza, cioè ai figli della promessa, ai quali è detto: «Se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa» (Gal 3, 29). E' da rivelare poi che le madri, quella del Signore e quella di Giovanni, prevengono profetando la nascita dei figli: e questo è bene perché come il peccato ebbe inizio da una donna, così da donne comincino anche i benefici, e come il mondo ebbe la morte per l'inganno di una donna, così da due donne, che a gara profetizzano, gli sia restituita la vita.
 
MESSALE
Antifona d'Ingresso  Is 45,8
Stillate dall'alto, o cieli, la vostra rugiada
e dalle nubi scenda a noi il Giusto;
si apra la terra e germogli il Salvatore.

 
Colletta
Infondi nel nostro spirito la tua grazia, o Padre, tu, che nell'annunzio dell'angelo ci hai rivelato l'incarnazione del tuo Figlio, per la sua passione e la sua croce guidaci alla gloria della risurrezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

 

Oppure:
Dio grande e misericordioso, che tra gli umili scegli i tuoi servi per portare a compimento il disegno di salvezza, concedi alla tua Chiesa la fecondità dello Spirito, perché sull'esempio di Maria accolga il Verbo della vita e si rallegri come madre di una stirpe santa e incorruttibile. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
   
LITURGIA DELLA PAROLA
    
Prima Lettura  2 Sam 7, 1-5.8b-12.14a.16
Il regno di Davide sarà saldo per sempre davanti al Signore.
 

Dal secondo libro di Samuèle.
Il re Davide, quando si fu stabilito nella sua casa, e il Signore gli ebbe dato riposo da tutti i suoi nemici all’intorno, disse al profeta Natan: «Vedi, io abito in una casa di cedro, mentre l’arca di Dio sta sotto i teli di una tenda». Natan rispose al re: «Va’, fa’ quanto hai in cuor tuo, perché il Signore è con te».
Ma quella stessa notte fu rivolta a Natan questa parola del Signore: «Va’ e di’ al mio servo Davide: “Così dice il Signore: Forse tu mi costruirai una casa, perché io vi abiti? Io ti ho preso dal pascolo, mentre seguivi il gregge, perché tu fossi capo del mio popolo Israele. Sono stato con te dovunque sei andato, ho distrutto tutti i tuoi nemici davanti a te e renderò il tuo nome grande come quello dei grandi che sono sulla terra. Fisserò un luogo per Israele, mio popolo, e ve lo pianterò perché vi abiti e non tremi più e i malfattori non lo opprimano come in passato e come dal giorno in cui avevo stabilito dei giudici sul mio popolo Israele. Ti darò riposo da tutti i tuoi nemici. Il Signore ti annuncia che farà a te una casa.
Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu dormirai con i tuoi padri, io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio.
La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a me, il tuo trono sarà reso stabile per sempre”».
 
    
Salmo Responsoriale  Dal Salmo 88
Canterò per sempre l'amore del Signore.
    
Canterò in eterno l’amore del Signore,
di generazione in generazione
farò conoscere con la mia bocca la tua fedeltà,
perché ho detto: «Ãˆ un amore edificato per sempre;
nel cielo rendi stabile la tua fedeltà».

«Ho stretto un’alleanza con il mio eletto,
ho giurato a Davide, mio servo.
Stabilirò per sempre la tua discendenza,
di generazione in generazione edificherò il tuo trono».

«Egli mi invocherà: “Tu sei mio padre,
mio Dio e roccia della mia salvezza”.
Gli conserverò sempre il mio amore,
la mia alleanza gli sarà fedele».
 
Seconda Lettura  Rm 16, 25-27
Il mistero avvolto nel silenzio per secoli, ora è manifestato.
  

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani.
Fratelli,
a colui che ha il potere di confermarvi
nel mio vangelo, che annuncia Gesù Cristo,
secondo la rivelazione del mistero,
avvolto nel silenzio per secoli eterni,
ma ora manifestato mediante le scritture dei Profeti,
per ordine dell’eterno Dio,
annunciato a tutte le genti
perché giungano all’obbedienza della fede,
a Dio, che solo è sapiente,
per mezzo di Gesù Cristo,
la gloria nei secoli. Amen. 

  
Canto al Vangelo   Lc 1,38
Alleluia, alleluia.
Eccomi, sono la serva del Signore:
avvenga di me quello che hai detto.

Alleluia.
   
   
Vangelo
  Lc 1, 26-38
Ecco concepirai un figlio e lo darai alla luce.
 

Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.
 Parola del Signore.

Commenti.

1. Congregazione per il Clero.
La liturgia dell'ultima domenica del tempo di avvento, ci proietta pienamente in quell’atmosfera natalizia che ci sostiene nel riconoscimento della discesa del Signore, della sua rinnovata Presenza nel mondo, dopo l'attesa nel grembo verginale di Maria. Il Dio che ha creato tutte le cose, il Signore del tempo e della storia, si manifesta nell’umile grotta di Betlemme.
Maria Santissima, la Vergine del silenzio e dell’ascolto, la Vergine dell’attesa é al cuore dell'odierna pagina evangelica: attraverso di Lei il Signore si manifesta al mondo. Maria diventa il tempio vivo del Signore. Ella rappresenta, per tutti i cristiani, l'insuperato modello da seguire, per accogliere in se stessi la parola che si fa carne, perché ciascuno divenga, come Lei, "dimora di Dio".
Molto prima della nascita di Gesù - come narra la prima lettura - Davide aveva deciso di costruire un tempio al Signore, ma Dio, attraverso il profeta Natan, disse che Lui stesso avrebbe fissato la sua dimora in mezzo al suo popolo e gli avrebbe anche assicurato una lunga discendenza (Cfr. 2Sam. 10). Questo antico disegno d'amore di Dio - fissare la sua dimora in mezzo a noi - viene “ora rivelato e annunziato mediante le scritture profetiche, per ordine dell’eterno Dio […] per mezzo di Gesù Cristo” (Rm. 16,26-27).
Si realizza attraverso il mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio.
Lo straordinario incontro tra Maria e l’angelo é avvenuto nella quotidianità ed é immagine dell'incontro permanente che Dio vuole avere con l’uomo, con ogni uomo.
L'annuncio: “Rallegrati, o piena di grazia, il Signore è con te” (Lc. 1, 28) indica come in Maria Vergine sia presente la pienezza della grazia, per questo la Figlia di Sion per eccellenza, gioisce: perché Dio la ama!
Maria Vergine desidera che ciascun uomo si unisca alla sua gioia, per il dono della venuta del Figlio e per l'annuncio che tale venuta implica: un amore incondizionato, gratuito, personale, capace di cambiare la vita, di trasformarla ne presenta, dilatandone l'orizzonte, e di renderla partecipe dell'Eterno.
L'angelo rassicura: "Non temere, Maria" (Lc. 1, 30), non temere il grande disegno di Dio. Come la vergine non dobbiamo essere turbati dai disegni che Dio ha sulla nostra vita. Siamo chiamati ad essere fiduciosi, affidate e, ultimamente, obbedienti come lei: “Eccomi sono la serva del Signore avvenga di me quello che hai detto” (Lc. 1,38). Solo un tale radicale affidamento permette che tutto si realizzi secondo Dio, senza anteporre nulla alla Sua divina volontà ed al Suo amore.
Sentiamoci particolarmente "eletti" e siamo riconoscenti verso la Vergine Maria, perché ancora una volta assisteremo al meraviglioso "evento di amore e di grazia, che si irradia nei cuori dell’intera umanità.
Come afferma il Monfort: “La Vergine Maria è la fortunata persona alla quale fu rivolto questo divino saluto per concludere “l’affare” più importante e più grande del mondo: l’incarnazione del Verbo eterno, la pace fra Dio e gli uomini e la redenzione del genere umano. Grazie al saluto angelico, Dio si fece uomo, una vergine divenne Madre di Dio, il peccato fu perdonato, la grazia ci fu data. Insomma il saluto angelico è l’arcobaleno, il segno della clemenza e della grazia che Dio concesse al mondo. Il saluto dell’angelo è uno dei cantici più belli con cui noi possiamo glorificare l’Altissimo. Perciò noi ripetiamo questo medesimo saluto per ringraziare la SS. Trinità dei tanti e inestimabili suoi benefici. Lodiamo Dio Padre perché amò talmente il mondo da dargli il suo Figlio per salvarlo. Benediciamo Dio Figlio perché discese dal cielo sulla terra, si fece uomo e ci redense. Glorifichiamo Dio Spirito Santo perché formò nel seno della Vergine santissima quel corpo purissimo che fu la vittima per i nostri peccati” (S. Luigi M. G. de Monfort, Segreto ammirabile del Rosario, nn. 44-45).
Con questi sentimenti rechiamoci senza timore alla "grotta del nostro cuore" e nella riconoscenza, nello stupore e nell'amore, attendiamo, con Maria Santissima e con San Giuseppe, ancora e sempre, la nascita del Signore, del nostro Salvatore.

2. Luciano Manicardi
Le tre letture convergono nel presentare la fedeltà di Dio che stipula un’alleanza con David assicurando al discendente regale la stabilità del regno (2Sam 7) e che adempie tale promessa stringendo un’alleanza con Maria e costituendola madre del Messia (Lc 1). Questo è il disegno sapiente di Dio, il mistero a lungo taciuto, ma che trova nel Cristo il suo svelamento (Rm 16). L’insieme delle letture invita a volgere ormai lo sguardo verso l’incarnazione, evento in cui sfocia la fedeltà di Dio all’umanità. Le tre letture formano una dinamica di questo tipo: alla promessa di Dio che si rivolge all’uomo e che instaura un’attesa verso il futuro (2Sam 7), segue la narrazione della ricezione personale della promessa, mediante la quale la parola di Dio trova un interlocutore umano che la accoglie e le dà carne (Lc 1); infine abbiamo la celebrazione della Parola, la dossologia che canta il compimento della promessa (Rm 16). Si disegna così un itinerario che è il cammino stesso della parola da Dio all’uomo e dall’uomo di nuovo a Dio: promessa di Dio – sua realizzazione storica e personale – liturgia.
Il testo evangelico presenta l’irrompere della parola di Dio nel quotidiano della vita di gente semplice (una coppia di fidanzati: vv. 26-27): il quotidiano Ã¨ il luogo teologico per eccellenza. E l’accostamento della prima lettura (ripresa nel passo lucano: vv. 32-33) con il vangelo mostra l’evidente scarto tra promessa e compimento. Dallo stile alto della storiografia di corte si passa alla narrazione di una situazione della più ordinaria quotidianità. Il luogo in cui la promessa si realizza è il corpo, la storia, il tempo, la relazione tra persone, l’interiorità di un cuore, la trama delle quotidiane vicende dell’esistenza, e in quell’impatto la promessa stessa si ridisegna assumendo una forma finalmente reale, ma anche imprevista. Il compimento della promessa è anch’esso novità, è anch’esso rivelazione.

A Maria è rivolta una promessa da Dio e suo compito è credere alla promessa. Ovvero, credere l’incredibile: lei, vergine, avrà un figlio. Promettere è far sperare, è dare un senso e una direzione al tempo, è suscitare un’attesa. Ed è sempre impegnare se stesso al futuro: il Dio della promessa è il Dio fedele, che impegna e dona se stesso, la propria presenza. Così la nascita del Messia apparirà come il farsi carne e persona della fedeltà di Dio. Segno che viene dato a Maria, la vergine di Nazaret, è quanto avvenuto a Elisabetta, la sterile. Trova compimento grazie al sì di Maria quella storia della promessa divina che già nell’Antico Testamento si è fatta strada grazie a nascite prodigiose da donne sterili. La storia della salvezza è la storia dell’impossibile che Dio rende possibile.
Maria appare donna di fede: essa è chiamata a credere di più alla promessa incredibile di Dio e alla potenza della sua parola che all’evidenza della sua impotenza umana a realizzarla (“Non conosco uomo!”). La fede si fa strada in Maria attraverso un cammino articolato: al turbamento e alla perplessità di fronte all’annuncio (v. 29), segue la domanda che esprime la fede che interroga e cerca (v. 34), e infine avviene l’assenso, l’abbandono di fede: “Ecco la serva del Signore, avvenga di me secondo la tua parola” (v. 38).
La fede di Maria è quella di una donna che ascolta la parola di Dio. Maria si fa dimora della Parola arrivando a concepire il Verbo “nello spirito prima che nel corpo” (Agostino). È l’ascolto che crea il servo: come avviene del Servo del Signore, reso tale dal quotidiano ascolto della parola di Dio (cf. Is 50,4), così avviene di Maria, resa serva dalla sua accoglienza incondizionata della parola. E questo ci ricorda che nella chiesa ciò che è essenziale non è fare dei servizi (in una prospettiva di efficacia ed efficienza), ma divenire dei servi (nella prospettiva della santità, della conversione del cuore). Maria stessa, come figura della chiesa, è figura di una ecclesia audiens, sottomessa al primato della parola di Dio, e dunque “serva”, appartenente al suo Signore, obbediente a lui.


 3. Enzo Bianchi
Il Natale è ormai vicino e la memoria della nascita di Gesù appare come pegno della sua Venuta nella gloria: colui che è venuto nella carne e nell’umiltà a Betlemme, verrà nella gloria come Vivente per sempre nel suo Regno. Il Vangelo odierno ci presenta l’evento che prelude alla venuta del Messia nella carne: il suo concepimento, l’inizio della sua vita mortale. E tutto avviene come compimento puntuale di una parola di Dio, perché Dio realizza sempre le sue promesse…
 Tramite il profeta Natan, Dio aveva infatti annunciato a David la promessa di una casa, cioè di una dinastia regale: “Il Signore farà a te una casa … assicurerà dopo di te la discendenza uscita dalle tue viscere e renderà stabile il suo regno” (cf. 2Sam 7,11-12). Un figlio dunque è promesso a David, ma un figlio di cui Dio stesso sarà Padre, un figlio che sarà re per sempre sul popolo di Dio (cf. 2Sam 7,13-16). Ecco l’origine della speranza e dell’attesa messianica nutrite da generazioni di credenti, che si manifestano nell’ora dell’adempimento; molti sono in attesa di questa venuta del Messia, ma vi è soprattutto un Israele spirituale, un piccolo resto di poveri e umili che confidano solo nel Signore e non cessano di invocare ogni giorno la venuta del Regno.
 Ed è proprio in mezzo a loro che il Messia viene (cf. Lc 1,5-2,38), grazie a una giovane donna di Nazaret, Maria, cui viene annunciato dall’angelo il compimento della promessa: il Signore l’ha colmata della sua grazia, del suo amore, il Signore è con lei. Questo amore rende fecondo il suo grembo di vergine, e Maria concepisce un figlio, un uomo che solo Dio può donare a Israele e a tutta l’umanità: “Concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di David suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine”. Figlio di David, dunque, ma figlio nato da Dio, non frutto del desiderio – pur santo – di un uomo e di una donna, ma pensato, voluto, generato da Dio stesso!

Superato il turbamento iniziale di fronte a questo annuncio inaudito, Maria comincia a dialogare con se stessa, cercando di comprendere la parola del Signore: come può avere luogo un evento da sempre conosciuto come frutto dell’unione di una sposa con lo sposo, come conseguenza di un atto deciso dagli uomini, se Maria stessa non lo ha deciso e, anzi, «non conosce uomo»? E la rivelazione a poco a poco si chiarisce: un tale figlio può essere dato solo da Dio che lo ha promesso, ed è per questo che lo Spirito di Dio, la sua Presenza, si poserà su Maria, allo stesso modo in cui la nube della Presenza dimorava sul popolo d’Israele; così Maria potrà dare carne e sangue a un figlio non nato da volontà umana, a una creatura che è “opera di Dio”, èFiglio di Dio!
 Sì, Dio in Gesù sceglie di diventare l’Emmanuele, il Dio-con-noi, “uno della nostra stessa pasta umana” (secondo l’espressione di Ippolito di Roma), segnato da un concepimento, una nascita, una vita, una morte… L’eterno si fa mortale, il celeste si fa terrestre, l’invisibile si fa visibile, il divino si fa umano; e tutto questo attraverso una donna credente, in attesa di Dio. Da quel momento questa donna, grazie alla presenza nel suo grembo del Figlio di Dio, è il sito in cui noi possiamo individuare Dio presente “tra di noi”. Se la rivelazione dell’angelo a Maria consiste in un discorso articolato, lungo, la risposta dell’umile vergine di Nazaret è invece brevissima: “Ecco la serva del Signore: mi avvenga secondo la tua parola”. Maria aderisce con risoluta semplicità all’amore di Dio e così fa spazio in sé al figlio che solo Dio ci poteva dare.
Ma noi, che spazio lasciamo all’azione di Dio nelle nostre vite?

4. p. Raniero Cantalamessa ofmcapp.

Il brano evangelico della quarta domenica di Avvento comincia con le parole famigliari: “L’angelo del Signore fu mandato a una città della Galilea, chiamata Nazaret”. È il racconto dell’Annunciazione. Come al solito, però, noi dobbiamo concentrarci su un punto e questo punto sono le parole di Maria: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”.

Con queste parole Maria ha fatto il suo atto di fede. Ha accolto Dio nella sua vita, si è affidata a Dio. Con quella sua risposta all’angelo, è come se Maria avesse detto: “Eccomi, sono come una tavoletta incerata: Dio scriva su di me tutto ciò che vuole”. Nell’antichità si scriveva su tavolette incerate; noi oggi diremmo: “Sono un foglio di carta bianca: Dio scriva pure su di me tutto quello che vuole”.

Si potrebbe pensare che quella di Maria fu una fede facile. Diventare la madre del Messia: non era questo il sogno di ogni fanciulla ebrea? Ma ci sbagliamo di grosso. Quello è stato l’atto di fede più difficile della storia. A chi può spiegare Maria ciò che è avvenuto in lei? Chi le crederà quando dirà che il bimbo che porta in grembo è “opera dello Spirito Santo”? Questa cosa non è successa mai prima di lei, non succederà mai dopo di lei. Maria conosceva bene ciò che era scritto nella legge mosaica: una ragazza che il giorno delle nozze non fosse stata trovata in stato di verginità, doveva essere portata immediatamente davanti all’uscio della casa paterna e lapidata (cfr. Dt 22, 20 s.). Maria sì che ha conosciuto “il rischio della fede”!

La fede di Maria non è consistita nel fatto che ha dato il suo assenso a un certo numero di verità, ma nel fatto che si è fidata di Dio; ha detto il suo “fiat”, a occhi chiusi, credendo che “nulla è impossibile a Dio”.

Veramente, Maria non ha mai detto “fiat”, perché non parlava latino e neppure greco. Quello che con tutta probabilità uscì dalle sue labbra è una parola che tutti conosciamo e ripetiamo spesso. Ha detto “Amen”! Questa era la parola con cui un ebreo esprimeva il suo assenso a Dio, la piena adesione al suo piano.

Maria non ha dato il suo assenso con mesta rassegnazione, come chi dice tra sé: “Se proprio non si può fare a meno, ebbene, si faccia la volontà di Dio”. Il verbo messo in bocca alla Madonna dall’evangelista (genoito) è all’ottativo, un modo che, in greco, si usa per esprimere gioia, desiderio, impazienza che una certa cosa avvenga. L’amen di Maria fu come il “sì” totale e gioioso che la sposa dice allo sposo, il giorno delle nozze. Che sia stato il momento più felice della vita di Maria, lo deduciamo anche dal fatto che, ripensando a quel momento, ella intona di lì a poco il Magnificat che è tutto un canto di esultanza e di gioia. La fede fa felici, credere è bello! È il momento in cui la creatura realizza lo scopo per cui è stata creata libera e intelligente.

La fede è il segreto per fare un vero Natale e spieghiamo in che senso. Sant’Agostino ha detto che “Maria ha concepito per fede e ha partorito per fede”; anzi, che “concepì Cristo prima nel cuore che nel corpo”. Noi non possiamo imitare Maria nel concepire e dare alla luce fisicamente Gesù; possiamo e dobbiamo, invece, imitarla nel concepirlo e darlo alla luce spiritualmente, mediante la fede. Credere è “concepire”, è dare carne alla parola. Ce lo assicura Gesù stesso, dicendo che chi accoglie la sua parola diventa per lui “fratello, sorella e madre” (cfr. Mc 3, 33).

Vediamo dunque come si fa a concepire e dare alla luce Cristo. Concepisce Cristo la persona che prende la decisione di cambiare condotta, di dare una svolta alla sua vita. Dà alla luce Gesù la persona che, dopo aver preso quella risoluzione, la traduce in atto con qualche cambiamento concreto e visibile nella sua vita e nelle sue abitudini. Per esempio, se bestemmiava, non bestemmia più; se aveva una relazione illecita, la tronca; se coltivava un rancore, fa la pace; se non si accostava mai ai sacramenti, vi ritorna; se era impaziente in casa, cerca di mostrarsi più comprensivo, e così via.

Che cosa porteremo in dono quest’anno al Bambino che nasce? Sarebbe strano che facessimo regali a tutti, eccetto che al festeggiato. Una preghiera della liturgia ortodossa ci suggerisce un’idea meravigliosa: “Che cosa ti possiamo offrire, o Cristo, in cambio di esserti fatto uomo per noi? Ogni creatura ti reca la testimonianza della sua gratitudine: gli angeli il loro canto, i cieli la stella, i Magi i doni, i pastori l’adorazione, la terra una grotta, il deserto la mangiatoia. Ma noi, noi ti offriamo una Madre Vergine!”. Noi – cioè l’umanità intera – ti offriamo Maria!