venerdì 27 gennaio 2012

I Volti di Cristo: san Leo





Il volto di Cristo è stato lungo il vessillo di salvezza e di pace. Una sorta di sacramentale che ha accompagnato l’uomo nelle pagine più difficili della sua vita. Già l'orante biblico cantava: sorga Dio e i suoi nemici fuggano lontano! E ancora: fa splendere il tuo volto e noi saremo salvi. Così, per secoli, da Costantino, che recava sullo stendardo di guerra la scritta «in hoc signo vincit», fino al tempo delle crociate e oltre, il volto di Cristo, la sua croce, accompagnavano tanto le battaglie che le trattative di pace.

Anche Montefeltrino Feltrio di nobile Casato e "illustre per esperienza e maneggio delle armi", come lo dipingono le fonti, issava sul carroccio di battaglia un grande crocifisso ligneo il cui volto, di mirabile bellezza, rimandava inequivocabilmente al volto della Sindone. In tempo di pace, questa preziosa effige veniva custodita nella Cattedrale di San Leo, mentre una lampada, segno della devozione e dell'amore a Cristo del popolo feretrano, ardeva incessantemente davanti a lui. Più che un'immagine, quel Cristo era segno di una Presenza, una compagnia costante per un popolo che viveva l'incertezza dei confini costantemente minacciati e la precarietà delle provvigioni a causa di una natura straordinaria ma imprevedibile, a tratti inclemente.

Fa' splendere il tuo volto e noi saremo salvi!
 Di quel Crocifisso oggi rimane miracolosamente solo il volto. E indubbiamente non a caso perché il tondo ligneo ove questo è dipinto, leggermente in rilievo rispetto al resto della croce, era solitamente realizzato a parte, proprio per la fedeltà ad antichi canoni aderenti al Keramion (Il Keramion sarebbe una delle tre regole sulle quali, secondo la leggenda, si sarebbe miracolosamente impresso il Santo Volto del Mandylion).

Probabilmente già nel 1644 la croce fu pesantemente restaurata, lasciando fedele all'originale soltanto il viso. Oggi, in modo suggestivo, il recente restauro l'ha riportato alla sua bellezza originaria e, collocandolo dentro una grande croce sagomata e spoglia, il Santo Volto, privato del corpo, risplende di una luce particolare.

Entrando nella sala del Museo dove è collocato
 si rimane rapiti, attratti dalla vivezza degli occhi. Dio ti guarda. Dio ti ama: è l'unico pensiero che riempie il cuore e la mente nell'istante dell'incontro. Con più ti avvicini, con più velocemente dimentichi l'assenza delle membra. Quel viso prende tutto di te e apre il tuo cuore all'Eterno. Se immaginassimo per un attimo di essere noi a reperire quel tondo di legno con quel volto, magari seminascosto fra zolle di terra, che cosa penseremmo, trovandolo? Non certo al volto di un crocifisso.

Quest'uomo dai grandi occhi aperti, emana una perfetta serenità. Sono lontane da lui le brutture della morte, lontani gli spasmi della crocifissione: è il Cristo triumphans. Colui che, crocifisso, ha riportato vittoria sul male e sulla morte.
Eppure, l'occhio più attento dell'esperto o quello semplice dell'acuto osservatore l'avrebbe intuito. Da questo volto si può pazientemente risalire all'intero corpo.
Già l'aureola trilobata, con finissime decorazioni che rimandano ai tralci della evangelica vite, dice l'identità di quel volto. Esso appartiene a Colui che ha detto, dando il suo corpo e sangue in cibo per una Pasqua eterna, «Io sono la vite e voi i tralci».

Il naso, poi, oblungo e saldamente legato alle arcate sopracciliari disegna chiaramente una lettera tau. Simbolicamente è il corpo stesso del Salvatore affisso al legno. Il sangue che egli ha sparso per la nostra salvezza è significato nelle linee color sanguigna che sottolineano il profilo del naso e il contorno degli occhi. Singolari e forse uniche nel loro genere, sono le due anse nasali evidenziate da due cerchietti rossi che rimandano ai piedi piagati. Conosciamo soltanto un crocifisso munito di tale espediente pittorico, e peraltro noto solo attraverso una riproduzione, quello della Pinacoteca di Montalcino.

Così ricordiamo che il crocifisso di san Leo, come molti crocifissi duecenteschi (si veda ad esempio il celebre crocifisso di san Damiano), aveva i piedi inchiodati separatamente. Aveva perciò, come del resto attestano antichi testimoni, quattro chiodi. Quattro chiodi come i quattro punti cardinali. Quattro chiodi da cui sale il grido del salmista: dai confini della terra io ti invoco! Già il grande Agostino si domandava come possa un uomo solo invocare contemporaneamente da molteplici confini. È la Chiesa che invoca - si rispondeva -, la Chiesa sparsa su tutta la terra. Ma questa Chiesa trova la sorgente del suo esistere, la sua generazione, dentro le piaghe del Salvatore. Per questo, pur sparsa per i quattro confini della terra, può gridare con una sola voce, quella di Colui che ha detto: nelle tue mani affido il mio spirito.

Gli occhi del crocifisso di san Leo, dalle pupille dilatate e lo sguardo profondissimo, non ti abbandonano mai e nello stesso tempo fissano Altro, sono riflesso di Altro: fissano il volto del Padre e sono riflesso stesso del Suo Volto Eterno. È lui, in definitiva, a guardarti.

La bocca sembra accennare a un sorriso e i baffi finemente disegnati rimandano alle ali dello Spirito Santo. Non ci è dato di sapere se il collo possedeva quel rigonfiamento tipico dell'icona bizantina del Cristo Acheropita, segno della ruah-adonai, dello Spirito divino che è Signore e dà la vita. Non ci è dato, ma non è da escludere. Proprio perché trionfante, in questo volto traspare tutta l'Opera della Redenzione, che è del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Da questo volto riconosci la Presenza nella tua vita del Dio Trino ed unico, ma scorgi nel contempo la compagnia perenne della Chiesa, che dai confini della Terra grida anche il tuo dolore, ma ottiene la risposta di quel volto che quando sorge nella vita libera e salva.(G. Riva)