lunedì 16 gennaio 2012

Togli le tentazioni e nessuno si salva


Domani 17 gennaio celebriamo la festa di sant'Antonio del deserto, il "fondatore del monachesimo...




Antonio il Grande(*)
(ca. 250-356)
monaco
Antonio nacque da una famiglia agiata a Qemans, a sud dell'odierna città del Cairo, attorno al 250.
Verso i vent'anni udì le parole dell'Evangelo: «Vendi quello che hai, dallo ai poveri, poi vieni e seguimi». Come se la lettura fosse stata fatta per lui, si affrettò a metterla in pratica. Postosi alla sequela di un anziano e santo asceta nei pressi del suo villaggio e degli asceti dei dintorni, Antonio decise poi di ritirarsi sulla montagna, vicino a Pispir, dove visse vent'anni come recluso in un fortino abbandonato.
Egli conobbe la tentazione e la lotta che fecero di lui un uomo di grande esperienza spirituale, ricco di misericordia, di umiltà, di discernimento e di carità. «Nessuno, se non avrà conosciuto la tentazione, potrà entrare nel regno dei cieli: togli le tentazioni, e nessuno si salverà», dice un suo celebre apoftegma.
Ricercato come padre spirituale per l'irradiamento carismatico della sua persona, Antonio accolse molti discepoli, poi si inoltrò nel «deserto interiore», verso il mar Rosso, alla ricerca di una sempre maggiore solitudine, e morì sulla montagna ai cui piedi sorge ancor oggi il monastero che porta il suo nome.
Nel corso del suo itinerario di ricerca del Signore, Antonio non esitò ad abbandonare per tre volte la pace del deserto per testimoniare la compagnia degli uomini, recandosi ad Alessandria per incoraggiare i martiri durante la persecuzione di Massimino nel 311 e per difendere il vescovo Atanasio nella lotta contro gli ariani.
La sua fama e la diffusione della sua Vita, scritta da Atanasio, suscitarono molti discepoli in tutto il mondo cristiano e gli meritarono il titolo di «padre di tutti i monaci» con cui oggi lo ricorda la chiesa copta.
TRACCE DI LETTURA
Disse abba Antonio ad abba Poemen: «Questo è il grande lavoro dell'uomo: gettare su di sé il proprio peccato davanti a Dio e attendersi la tentazione fino all'ultimo respiro».
Disse ancora: «Dal prossimo ci vengono la vita e la morte. Perché se guadagniamo il fratello guadagniamo Dio, ma se scandalizziamo il fratello pecchiamo contro Cristo».
Disse ancora: «Chi dimora nel deserto e cerca la pace è liberato da tre guerre: quella dell'udito, della lingua e quella degli occhi. Gliene resta una sola: quella del cuore».
Disse abba Antonio: «Verrà un tempo in cui gli uomini impazziranno, e quando vedranno uno che non è pazzo, lo assaliranno dicendogli: "Sei pazzo!" per il solo fatto che non è come loro».
Tre padri avevano l'abitudine di recarsi ogni anno dal beato Antonio. Due di loro lo interrogavano sui pensieri e sulla salvezza dell'anima; uno, invece, taceva sempre e non chiedeva nulla. Dopo molto tempo abba Antonio gli disse: «Da tanto tempo vieni qui e non mi chiedi niente!». E quello gli rispose: «Mi basta vederti, padre!».

PREGHIERA
Dio del cielo e della terra,
che hai ispirato Antonio a ritirarsi nel deserto
per lottare contro i demoni e vivere di te solo,
concedi anche a noi
di rinunciare a noi stessi
e di vincere ogni tentazione
per amare te al di sopra di ogni cosa.
Per Cristo nostro unico Signore. 
* * *

 (*):  Su san'Antonio Abate, vedi in questo blog i seguenti post:

1. "Come si vince contro il demonio"

pubblicato il lunedi 17 gennaio 2011, che contiene

  la "Vita di Antonio", di Atanasio di Alessandria

 


2. "Quando fiorisce il deserto...",

pubblicato il lunedi 17 gennaio 2011, che contiene

a) Le "Lettere" e

b) La "Regola"

 

* * *

Di seguito un contributo che riporto da Zenit.

Oggi 17 gennaio, come da tradizione, in moltissimi paesi, comuni e province d’Italia si festeggia Sant’Antonio Abate. Eremita egiziano, conosciuto anche come Sant’Antonio l’Anacoreta o Sant’Antonio del Deserto, fondatore del monachesimo, è considerato il primo degli abati.
Sant’Antonio Abate, da non confondere con il Santo di Padova, è uno dei Santi più autorevoli della storia, talmente importante da essere celebrato non solo dalla Chiesa Cattolica, ma anche dalla Chiesa Luterana e da quella Copta. La sua vita ci è stata tramandata da Sant’Atanasio d’Alessandria, che fu suo fedele discepolo e compagno di lotta contro l’arianesimo.
Funzioni, veglie, processioni, benedizioni speciali, parate e giganteschi falò; prodotti gastronomici tipici del posto consumati all’aperto, canti, balli, musiche e rievocazioni storiche che narrano la vita e i miracoli del santo: tutto questo si svolge normalmente tra il 16 e il 17 gennaio. I festeggiamenti sono soliti aprirsi con la tradizionale veglia contadina la sera precedente, a cui fa seguito l’apertura degli stand gastronomici. La mattina seguente, dopo la funzione religiosa, vengono accesi i giganteschi falò, preparati precedentemente, naturalmente dopo esser stati benedetti dal parroco; mentre la catasta brucia, si balla, si canta e si degustano i piatti tipici del posto fino a tarda notte, accompagnati da musiche folkloristiche e spettacoli di vario genere, come ad esempio la lettura di poesie che parlano del Santo, ma anche l’esposizione di racconti popolari e contadini.
Questa singolare festa è considerata una delle più interessanti, ed è sicuramente la più studiata, dal punto di vista etno-antropologico; ricca di folklore e religiosità popolare, di antiche tradizioni, affascina non poco chi vi prende parte. Dopotutto la vita stessa del Santo, che morì all’età di ben 106 anni, come la sua figura, ha da sempre affascinato fedeli e miscredenti.
Oltre ai falò e al fuoco, la tradizione vuole che, dopo la messa, il parroco imponga la benedizione ai campi, al bestiame e al raccolto. L’Abate, infatti, è Patrono dei macellai, dei contadini, degli allevatori e degli animali domestici. È interessante come in alcune località questa festa venga associata alla smettitura del maiale. Il maiale, infatti, è l’animale che nell’iconografia tradizionale accompagna, da sempre, l’Abate. Ciò deriva dal fatto che all’ordine degli Antoniani fu dato il permesso di allevare maiali all’interno dei centri abitati, i quali scorazzavano liberamente con attaccato al collo un campanello; dal grasso di questi animali i monaci ricavavano un unguento che veniva usato sulle persone colpite da varie malattie della pelle, in particolare da ergotismo ed herpes zoster, non a caso malattie conosciute meglio con il nome di “fuoco di Sant’Antonio”.
Al Santo sono inoltre riconosciute grandi capacità taumaturgiche e molti si affidano alla sua grazia, chiedendo guarigioni da qualsiasi male, soprattutto chi è stato “colpito dal fuoco”, ma anche per chiedere liberazioni dal demonio. Sant’Antonio nell’arte sacra è conosciuto come “il santo delle tentazioni demoniache”; nella sua vita, infatti, venne continuamente attaccato, tentato e tormentato dal demonio, addirittura percosso fisicamente fino a ridurlo allo stremo. Insomma l’Abate era continuamente in lotta con il diavolo. Ecco perché la sua associazione al fuoco; a riguardo poi, si narra che il Santo per strappare più anime possibili al demonio si sia recato addirittura all’inferno.
È interessante osservare che in mezzo ai molti simbolismi e rituali che richiamano alla memoria il Santo Abate, persistono alcune usanze tra la popolazione che si è soliti identificare con antiche tradizioni pagane, in uso presso gli antichi romani. Taluni studiosi sostengono anche che la festa del Santo abbia preso origine da culti pagani, come spesso viene asserito  riferendosi al Santo Natale, sostenendo, erroneamente, che non esistono documenti e prove sulla data di nascita di Gesù Cristo, ma che sia stata solamente un’invenzione della Chiesa per estirpare il culto pagano del Sol Invivtus. Teoria erronea, se si va alle fonti della storia e si esaminano seriamente i documenti pervenutici (come ad esempio il Libro dei Giubilei, un testo del II secolo a.C., rinvenuto nel 1947 in una grotta del deserto di Qumran). Come per il Natale, oggi, dai documenti e dagli ultimi studi effettuati, si può ben affermare che le tradizioni contadine, parte importante del folklore popolare e molto interessanti dal punto di vista etno-antropologico, non hanno nulla a che vedere con i rituali dedicati al Santo Abate, il 17 gennaio. (P. Barbini)