martedì 14 febbraio 2012

Battere la cristianofobia


 


«Nel mondo islamico, i cristiani vengono massacrati per la loro fede religiosa. Siamo davanti a un genocidio dilagante che dovrebbe suscitare allarme a livello globale». Lo sappiamo. Ma che la denuncia campeggi dalla copertina di Newsweek è una vera notizia.
Il settimanale statunitense ha dedicato al tema un ampio servizio che porta la firma famosa e impegnativa di Ayaan Hirsi Magan Ali. Nata a Mogadiscio, figlia di un signore della guerra somalo, "rinata" nei Paesi Bassi, Ayaan diventa famosa quando, il 2 novembre 2004, il regista neerlandese Theo van Gogh, per il quale aveva scritto la sceneggiatura del cortometraggio Submission, viene ucciso da Mohammed Bouyeri, killer musulmano di origini marocchine. Da allora la Ali vive sotto scorta, si è trasferita a Washington dove lavora per il neoconservatore American Enterprise Institute for Public Policy Research e della sua irriducibile avversione all’islam non fa alcun mistero. Meno digeribile è invece le sua critica piuttosto laicista della religione.
Ayaan non rivela certo novità travolgenti quando ricorda le stragi efferate di Boko Haram in Nigeria, le mattanze che lordano di sangue cristiano il Sudan, l’ordalia continua di un Paese, l’Egitto, le cui "giovani promesse" hanno pensato bene di inaugurare la "corsa alla democrazia" massacrando 23 copti il 1° gennaio 2011 nella Chiesa dei Santi di Alessandria (famosissima la foto del Cristo macchiato di sangue che anche Newsweek sceglie per la copertina), le violenze anticristiane in Iraq, la situazione intollerabile del Pakistan e l’Arabia Saudita custode dei "luoghi santi" dell’islam che vieta con rigore più che zelante la costruzione di qualsiasi edificio di culto cristiano. Ma il punto vero è che questo compitino diligente e utile compaia con grande enfasi sulla copertina di un settimanale non certo di apologetica cristiana scritto non certo da una missionaria (chi non masticasse l’inglese può contare sulla traduzione, parziale, che il 13 febbraio ne ha offerto il Corriere delle Sera nella pagina degli Esteri, la 17esima, senza nemmeno un richiamo in prima).
Ciò - ipotizziamo - avviene per tre motivi. Il primo è che l’evidenza dei massacri anticristiani è tanto grande e cogente che nessuno, meno ancora un entourage di professionisti di primo piano come quello che produce Newsweek, può permettersi di continuare a bucare la notizia.
Il secondo è il fallimento palese delle cosiddette "primavere arabe", indossate acriticamente da tutti ma ora rovesciatesi (ed era facilissimo prevederlo da subito) nell’esatto contrario di quanto auspicati dal "buonismo". Che i copti rimpiangano i giorni di Hosni Mubarak - che pure li angheriava - per non rassegnarsi alla “piazza salafita” e che ai “ribelli” gli assiri preferiscano Bashar Assad - che, ricambiati, non amano - è totalmente paradossale quanto altamente significativo.
Terzo, ultimo e forse a lungo termine più fecondo motivo è che un certo mondo, quello che Newsweek se non altro fotografa bene, quello per intendersi che pensa ai propri tornaconti, alle "magnifiche sorti e progressive", alla Chiesa se può darle addosso, insomma un certo mondo laico-laicista e radical-chic, si rende conto che solo i cristiani sono seme di civiltà. Che una sola è la cultura che genera il vero umanesimo dei diritti e delle libertà. Che se in Medioriente, Africa e Asia trionfasse il modello islamico, il mondo come lo abbiamo conosciuto finirebbe, prospettando poco di buono per quello che lo sostituirà. Insomma, che se là dove sono minoranza vessata e perseguitata perdiamo i cristiani come interlocutori del nostro mondo diviso tra postcristianesimo e nuova evangelizzazione, cioè come pilastri e architravi di isole di società autenticamente «a misura d’uomo e secondo il piano di Dio» (beato Giovanni Paolo II) dove invece di Dio vige un’idea errata e quindi l’uomo muore, tutto è perduto.
Ai tempi in cui il Libano era lacerato tra quattro eserciti invasori e i cristiani ne pagavano il prezzo, l’allora Segretario di Stato americano cinico e liberal Henry Kissinger pensò che la soluzione ottimale fosse che i maroniti, segno di contraddizione ma unica condizione di pace vera, lasciassero il Paese, ridislocandosi per esempio in quel Canada dove di spazio ne hanno da vendere. Ecco, la mano che Newsweek decide di tendere oggi alla lotta contro la "cristianofobia" suggella il tramonto definitivo di quella prospettiva sciagurata, un’azione fattualmente meritoria quali che ne siano le ragioni.
Da che conseguono due cose fondamentali: la prima è che, giunta pure la benedizione liberal, ora non ci sono più scuse per tollerare oltre la strage; la seconda è che la difesa pur strumentale dei cristiani da parte dei liberal è comunque un’occasione d’oro per cominciare a rievangelizzare anche la parte peggiore dell’Occidente. Finché infatti i popoli e le persone continueranno a saltare il mare per venire da noi, mentre invece nessuno fa l’inverso - se ne rende conto pure Newsweek -, avremo su tutti un incommensurabile vantaggio apologetico.

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Di seguito riporto il testo dell' articolo di Ayaan Hirsi Ali, tradotto in italiano,  dal Corriere di ieri, 13 febbraio.



Tante volte abbiamo ascoltato storie di musulmani vittime di abusi in Occidente o di coloro che combattono contro la tirannia nella Primavera araba. La vera guerra in corso però è un’altra, un conflitto misconosciuto che è già costato migliaia di vite. I cristiani vengono uccisi nel mondo islamico a causa del loro credo. Si tratta di un genocidio in corso, che meriterebbe un allarme globale.
Il racconto che dipinge i musulmani come vittime o eroi, nella migliore delle ipotesi, è parzialmente inesatto. Negli ultimi anni la violenta oppressione delle minoranze cristiane è diventata la norma nei paesi a maggioranza musulmana che si estendono tra Africa Occidentale, Medio Oriente, Asia Meridionale e Oceania. In alcuni Paesi è stato il governo locale, con i suoi agenti, a incendiare chiese e imprigionare parrocchiani. In altri, gruppi ribelli e singoli hanno gestito in proprio la questione, assassinando cristiani e cacciandoli dalle terre in cui, da secoli, avevano messo radici.
La reticenza dei media sull’argomento ha spiegazioni diverse. Una potrebbe essere la paura di provocare un inasprimento delle violenze. Un’altra, più probabile, è l’influenza di lobby quali l’Organizzazione per la Cooperazione Islamica – una sorta di Nazioni Unite dell’Islam, con sede in Arabia Saudita – o il Consiglio per le relazioni Islam-America. Nell’arco dell’ultimo decennio, questi e altri gruppi simili hanno ottenuto un buon successo nell’instillare in figure pubbliche di spicco e nei giornalisti del mondo occidentale l’idea che ogni episodio di presunta discriminazione anti-islamica sia sintomo di una sistematica e sinistra degenerazione battezzata “islamofobia” – un termine che mira a suscitare in chi lo ascolta la stessa disapprovazione morale legata alle parole xenofobia e omofobia.
Ma una corretta analisi degli avvenimenti recenti porta a concludere che la scala e la severità di questa “islamofobia” impallidisce di fronte alla cristianofobia che attualmente attraversa ogni angolo del mondo musulmano. La cospirazione del silenzio che avvolge questa espressione di intolleranza religiosa deve finire. In gioco non c’è niente di meno che il destino della Cristianità – e, in ultima analisi, di ogni minoranza religiosa – nel mondo islamico.
Leggi sulla blasfemia, omicidi brutali, bombe, mutilazioni, fiamme ai luoghi di culto: sono tante le nazioni dove i cristiani vivono nella paura. In Nigeria, molte comunità hanno vissuto tutte queste forme di persecuzione. E’ la nazione a maggioranza musulmana in cui risiede la più grande minoranza cristiana in rapporto alla popolazione (il 40% di 160 milioni). Per anni, musulmani e cristiani sono stati sull’orlo di una guerra civile. Gli integralisti islamici sono responsabili di molta, se non della maggior parte, della tensione esistente. L’ultima creatura nata in quel campo è un’organizzazione che ha scelto di chiamarsi Boko Haram, ossia “L’educazione occidentale è sacrilegio”. Essa mira a instaurare la legge della sharia, uno scopo per il quale - ha dichiarato – ucciderà ogni cristiano del paese.
Soltanto per il mese di gennaio 2012, Boko Haram è stata responsabile di 54 morti. Nel 2011 i suoi membri hanno ucciso almeno 510 persone, dato alle fiamme o distrutto più di 350 chiese in dieci stati del nord. Impiegano armi da fuoco, bombe di benzina, pesino machete, gridando “Allah Akbar” (Dio è grande) quando attaccano di sorpresa un gruppo di ignari cittadini. Tra i loro obiettivi si contano non solo le chiese – un attentato durante una celebrazione natalizia ha provocato la morte di 42 cattolici – ma anche pub, un consiglio comunale, saloni di bellezza, banche. Fino a ora i seguaci Boko Haram si sono concentrati nell’eliminazione dei cattolici: religiosi, politici, studenti, poliziotti, soldati; e anche di quei religiosi musulmani che condannano le loro azioni. Avevano iniziato, nel 2009, con attacchi mordi-e-fuggi dal sellino di una motocicletta, ma gli ultimi dispacci della AP indicano che gli attacchi del gruppo hanno raggiunto un più alto livello di pianificazione e di potenza.
La cristianofobia che flagella il Sudan assume invece forme del tutto diverse. Il governo autoritario della parte settentrionale del Paese, guidato dai sunniti, da decenni tormenta i cristiani e le altre minoranze del sud. Quella che è stata descritta come una guerra civile è stata, in realtà, la persecuzione, spalleggiata dal governo, delle minoranze religiose, culminata nel tristemente famoso genocidio del Darfur, cominciato nel 2003. Nonostante la Corte internazionale dell’Aia abbia incriminato il presidente musulmano del Sudan, Omar al-Bashir, contestandogli tre distinte accuse di genocidio, e nonostante l’euforia che ha accolto la semi-indipendenza da lui accordata al Sudan del Sud lo scorso luglio, le violenze continuano. Nel Kordofan meridionale, i cristiani sono tuttora bersaglio di bombardamenti aerei, omicidi mirati, sequestro di minori e altre atrocità. I rapporti delle Nazioni unite indicano che i civili che hanno dovuto abbandonare la propria casa ascendono a una cifra compresa tra 53 mila e 75 mila, e che le loro abitazioni sono state distrutte. 
Fonte:  Newsweek
Traduzione di Enrico De Simone

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Leggi l’articolo su Il Corriere della Sera di ieri 13 febbraio

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Segnalo due importanti appuntamenti dei prossimi giorni.


Il primo è un Convegno dal titolo “Famiglia e politica: un binomio possibile? Le provocazioni della Familiaris Consortio”,  è organizzato in occasione del trentennale della Esortazione Apostolica “Familiaris Consortio”.

 Si terrà a Roma lunedì 20 febbraio dalle ore 16,00 alle ore 19,30 presso la Sala Gonzaga in Via della Consolazione 4.
Modera il Dott. Paolo Maria Floris.

Aprirà i lavori un saluto del Prof. Andrea Riccardi, Ministro con delega alla famiglia.

Parteciperanno come relatori:
il Prof. Stefano Zamagni, Professore Ordinario di Economia Politica all’Università di Bologna
il Dott. Raffaele Bonanni, Segretario Generale della CISL
il Dott. Francesco Belletti, Presidente  Forum delle Associazioni Familiari

Seguirà una Tavola Rotonda moderata dall’On. Luisa Santolini, alla  quale parteciperanno:
l’ On.le Pier Ferdinando Casini
l’ On.le Giuseppe Fioroni
l’ On. Maurizio Lupi

Concluderà i lavori l’On.le  Rocco Buttiglione

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 Il secondo invece è il seguente:

CENTRO STUDENTI UNIVERSITARI M. PELLEGRINO

Via Barbaroux 30 Torino



 
I CRISTIANI:
LA MINORANZA PIÙ PERSEGUITATA DEL MONDO





PROF. Massimo INTROVIGNE

Membro dell’Organization for Security and Co-operation in Europe (OSCE)
Fondatore e Direttore del Centro Studi Nuove Religioni (CESNUR)




GIOVEDI’ 23 FEBBRAIO 2012 ORE 21
IN SEDE