«Su, in marcia! Vittima e carnefici, insieme, verso il Calvario». È cominciata con la citazione di un verso di Paul Claudel, da parte del cardinale Angelo Scola, la via crucis del primo martedì di Quaresima della diocesi di Milano. Di seguito il testo della meditazione.
* * *
Per
le sue piaghe noi siamo stati guariti (Is 53,5)
La Condanna (Stazioni I-III)
Martedì
della prima settimana di Quaresima
Monizione iniziale di S.E.R. Card. Angelo Scola, Arcivescovo di Milano
«Su, in marcia! Vittima e carnefici, insieme, verso il Calvario»:
questo verso di Paul Claudel descrive, con intensità cruda e
sferzante, il contenuto preciso del gesto settimanale di preghiera
comune con cui tutta la nostra Chiesa, l’Arcivescovo per primo,
vuole accompagnare e guidare il cammino catechetico della Quaresima.
È il rito popolare della Via Crucis. Un gesto di preghiera
antico, che viene fatto risalire a San Francesco, il santo che lungo
tutta la sua esistenza perseguì una profonda immedesimazione con
l’esperienza umana del Signore Gesù.
Mettendo idealmente i nostri piedi dietro i Suoi, ripercorreremo
accanto a Lui in quattro tappe le 14 Stazioni della Via dolorosa,
contemplando il Mistero della Passione di Cristo che con il Suo
sacrificio ci ha meritato la salvezza, secondo l’annuncio profetico
di Isaia e la testimonianza dell’apostolo Pietro (cf. 1Pt
2,24): «Per le sue piaghe noi siamo stati guariti» (Is
53,5).
Con questo itinerario di preghiera e di conversione vogliamo
umilmente rispondere all’invito di Gesù che, come ricorda
il Catechismo della Chiesa Cattolica, «chiama
i suoi discepoli a prendere la loro croce e a seguirlo, [Cf. Mt 16,24
] poiché patì per noi, lasciandoci un esempio, perché ne seguiamo
le orme [Cf. 1Pt 2,21 ]» (CCC n.
618). Mettiamoci dunque insieme – voi, presenti qui in Duomo, e
quanti ci seguono in parrocchia, nei gruppi di ascolto, in famiglia e
nelle nostre case - alla Sua sequela, non ostinandoci a negare la
croce dei nostri peccati, né rifiutandoci di portarla, ma mendicando
la grazia del Suo perdono.
Via Crucis con l’Arcivescovo
Per
le sue piaghe noi siamo stati guariti (Is 53,5)
La Condanna (Stazioni I-III)
Martedì
della prima settimana di Quaresima
Catechesi di S.E.R. Card. Angelo Scola, Arcivescovo di Milano
I.
Gesù è condannato a morte.
Il potere di infliggere la pena capitale spettava agli
occupanti romani, perciò Gesù, dopo che il sinedrio per bocca di
Caifa l’aveva già processato e condannato a morte per bestemmia,
fu consegnato al governatore romano Ponzio Pilato perché emettesse
la sentenza definitiva. Dopo alcuni tentativi di salvare il
condannato, Pilato, pragmatico fino al cinismo, eppure incapace di
sostenere lo sguardo di Gesù - come ben mostra il dipinto del
Previati - cedette al ricatto e alle urla - «Crocifiggilo!
Crocifiggilo!» - di una
folla aizzata ed inferocita: «Essi urlavano a gran voce… Essi
però insistevano a gran voce… e le loro grida crescevano» (Lc
23,21 e 23). Il potere religioso ed il potere politico si alleano nel
condannare l’Innocente («Ed egli, per la terza volta, disse
loro: “Ma che male ha fatto?”» Lc 23,22) e liberare
l’assassino. Così la violenza cieca, simboleggiata da Previati con
la lancia piantata al centro della scena, ha la meglio. Viene
liberato Barabba e messo a morte Gesù.
Di fronte a questa testimonianza resa dal Condannato «non si può
restare in disparte o al margine… non ci è lecito lavarci le
mani», ci ha ricordato il Beato Giovanni Paolo II. È questo un
primo e decisivo cambiamento che la Quaresima urge a noi cristiani:
del nostro male siamo responsabili, non possiamo farci da parte.
Davanti all’Innocente ingiustamente condannato ognuno è chiamato a
riconoscere la propria responsabilità : i nostri atti, i nostri
pensieri e sentimenti ci seguono, i nostri peccati ci accusano.
“Perdonami mio Signore di tutto il male mio”. È il grido
della Quaresima. La preghiera è la prima grande parola della
Quaresima. L’espressione oggettiva della nostra addolorata supplica
si trova nel Sacramento della Penitenza. Rinnovo l’invito ai
Sacerdoti perché siano disponibili ad ascoltare le Confessioni in
questo tempo quaresimale (Duomo, Parrocchia, Santuari, Chiese
principali delle Comunità pastorali e del Decanato).
II. Gesù è caricato della croce (cfr Gv
19,17). Caifa consegna Gesù a Pilato, Pilato lo consegna alla folla…
e Lui si consegna agli uomini per amore.
L’Innocente ingiustamente condannato non subisce il verdetto come
una sciagura: Egli, in modo per noi sconcertante ma rivelatore, si
erge come il protagonista della scena. L’Innocente consegna se
stesso: è certamente caricato della croce, eppure è Lui a prenderla
su di Sé.
Gesù condannato a morte ci urge a farci carico, a nostra volta, del
mondo, a prendere su noi stessi la sorte degli innocenti. Infatti,
«da quando Gesù si è lasciato percuotere, proprio i feriti e i
percossi sono immagine del Dio che ha voluto soffrire per noi. Così,
nel mezzo della sua passione, Gesù è immagine di speranza: Dio
sta dalla parte dei sofferenti» (J.
Ratzinger - Benedetto XVI, Gesù di Nazaret 2, 224).
Ogni giorno, purtroppo, siamo colpiti da un diluvio di immagini e di
notizie che ci dicono che l’innocenza è disprezzata, violata,
sacrificata. Eppure solo l’innocenza è fonte di speranza e di
edificazione umana e sociale. Gli innumerevoli testimoni, consapevoli
o inconsapevoli, dell’Innocente Crocifisso sono lì a
dimostrarcelo.
Accogliendo liberamente la condanna che Gli viene inflitta, Gesù
diviene un interlocutore affidabile della nostra persona segnata dal
male e dalla ribellione. Scrive acutamente il poeta Luzi: «Sfogare
sopra un misero e indifeso corpo umano che hanno nelle loro mani,
l’astio d’un antico e inconfessato paragone con la divinità ,
questo li esalta». È la tentazione, sempre insorgente
nell’uomo, di sfidare Dio, di chiamarLo in giudizio davanti al
tribunale del mondo, di sottrarsi a Dio e ad ogni dipendenza. Una
tentazione che nelle società secolarizzate del nostro tempo rischia
di farsi sistema. Ma spesso l’inaccettabilità rabbiosa di Dio, del
Padre, è l’altra faccia del bisogno struggente di Lui.
Come duemila anni fa anche questa sera l’Innocente Condannato sta,
inerme, davanti a noi uomini sofisticati del Terzo Millennio. Il Suo
sguardo implorante ci ripete: «Milano, non perdere di vista Dio».
Chi di noi potrà accusarlo di essere nemico dell’uomo?
È lo stesso Luzi a dirci la potenza del Suo abbraccio quando mette
sulle labbra del Crocifisso l’invocazione al Padre: «Eppure
abbi pietà , perdonali». Questo radicale eppure congiunge
inscindibilmente tutta la profondità del nostro male con l’abisso
insondabile della misericordia di Dio. Gesù, infatti, «portando
la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico
Gòlgota, dove lo crocifissero»
(Gv 19,17-18).
Amici, nell’attuale frangente di travaglio sociale ed economico,
quanto siamo disposti a fare di questo eppure di misericordia
il criterio dei nostri rapporti? Non permetteremo dunque alla caritÃ
– la seconda grande parola della Quaresima – di trasfigurare le
strette maglie di una giustizia “troppo umana” in cui la
coscienza del male non lascia scampo alla redenzione? I rapporti
sociali sono chiamati ad un realismo che esprima la misericordia,
propria della giustizia divina, come parola definitiva sull’umana
esperienza e vinca la tentazione utopica, sempre in agguato per
l’uomo, di farsi giustizia da sé.
La lunga e gloriosa tradizione cristiana di Milano l’ha resa cittÃ
solidale e perciò valorizzatrice di ogni libertà rettamente intesa,
propria della persona e dei corpi intermedi. Le Parrocchie, le
Comunità religiose e tutte le aggregazioni ecclesiali siano luoghi
di vita buona del Vangelo per tutti. La vita buona del Vangelo è una
proposta interessante anche per chi crede di non credere.
III. Gesù cade per la prima volta.
L’eppure perdonali
non è un per modo di dire. Gesù, infatti, «si
è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri
dolori», Egli è l’Uomo
dei dolori «castigato, percosso da Dio e umiliato» (Is
53,4). «Ecce homo»!
Lo abbiamo ascoltato nel bellissimo brano di Tomás Luis De Victoria:
«Vere languores nostros ipse tulit… cuius livore sanati sumus»,
Egli ha preso su di Sé veramente le nostre debolezze… dal suo
corpo tumefatto e sfigurato noi siamo stati sanati. Il Catechismo
della Chiesa Cattolica ci ricorda che «mediante
la sua obbedienza di amore al Padre “fino alla morte di croce”
Gesù compie la missione espiatrice del Servo sofferente che
giustifica molti addossandosi la loro iniquità »
(CCC n. 623).
In Gesù che cade si mostra tutta l’oppressione del male e del
peccato. Ma Egli, cadendo sotto il peso dei nostri peccati ci rialza
per la Sua condivisione amorosa. Il Suo amore è testardo: «Non
resta che procedere tutto d’un fiato e imparare a conoscere pietra
dopo pietra, e se il piede manca, è il
cuore che si ostina». Così Claudel
esprime la decisa volontà di salvezza che sosteneva Gesù nel
cammino del Calvario.
Il Signore non solo ha voluto soffrire con noi, ma per noi.
Egli cade sotto il peso della croce, ma, ecco il divino paradosso, lo
fa per propria decisione. Volontariamente (sponte) Egli
abbracciò la croce. Chi, tra noi, ha reso abituale questa volontÃ
di sacrificio?
Il digiuno – la terza grande parola della Quaresima –
rende ognuno di noi “dominus sui”: il digiuno aiuta la
signorìa sul proprio io. La maturità è coscienza del proprio
limite e peccato. C’è uno smog del cuore, più nefasto di
quello dell’atmosfera che pregiudica la nostra salute, perché
pregiudica la nostra salvezza inquinando le menti ed alterando i
rapporti primari dell’uomo con se stesso, con gli altri e con Dio.
Signore Gesù, Innocente condannato,
muovici al dolore dei nostri peccati,
annulla la nostra condanna./
Caricato della Croce hai abbracciato
ogni umana miseria ed ingiustizia,
sii Tu il nostro conforto./
Innocente, caduto sotto il peso della Croce,
Ti sei lasciato sprofondare
nell’abisso infernale
del male e del peccato:
non allentare il Tuo abbraccio./
De profundis clamavi ad Te, Domine:
Tu sei la nostra speranza
o divino Salvatore./
Amen.