lunedì 26 marzo 2012

Annunciazione del Signore



   

Oggi celebriamo la solennità della 

ANNUNCIAZIONE DEL SIGNORE 



  

Il mistero della nostra riconciliazione
Dalle «Lettere» di san Leone Magno, papa (Lett. 28 a Flaviano, 3-4; Pl. 54,763-767)Dalla Maestà divina fu assunta l'umiltà della nostra natura, dalla forza la debolezza, da colui che è eterno, la nostra mortalità; e per pagare il debito, che gravava sulla nostra condizione, la natura impassibile fu unita alla nostra natura passibile. Tutto questo avvenne perché, come era conveniente perla nostra salvezza, il solo e unico mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù, immune dalla morte per un verso, fosse, per l'altro, ad essa soggetto.
Vera, integra e perfetta fu la natura nella quale è nato Dio, ma nel medesimo tempo vera e perfetta la natura divina nella quale rimane immutabilmente. In lui c'è tutto della sua divinità e tutto della nostra umanità.
Per nostra natura intendiamo quella creata da Dio al principio e assunta, per essere redenta, dal Verbo. Nessuna traccia invece vi fu nel Salvatore di quelle malvagità che il seduttore portò nel mondo e che furono accolte dall'uomo sedotto. Volle addossarsi certo la nostra debolezza, ma non essere partecipe delle nostre colpe.
Assunse la condizione di schiavo, ma senza la contaminazione del peccato. Sublimò l'umanità, ma non sminuì la divinità. Il suo annientamento rese visibile l'invisibile e mortale il creatore e il signore di tutte le cose. Ma il suo fu piuttosto un abbassarsi misericordioso verso la nostra miseria, che una perdita della sua potestà e del suo dominio. Fu creatore dell'uomo nella condizione divina e uomo nella condizione di schiavo. Questo fu l'unico e medesimo Salvatore.
Il Figlio di Dio fa dunque il suo ingresso in mezzo alle miserie di questo mondo, scendendo dal suo trono celeste, senza lasciare la gloria del Padre. Entra in una condizione nuova, nasce in un modo nuovo. Entra in una condizione nuova: infatti invisibile in se stesso si rende visibile nella nostra natura; infinito, si lascia circoscrivere; esistente prima di tutti i tempi, comincia a vivere nel tempo; padrone e signore dell'universo, nasconde la sua infinita maestà, prende la forma di servo; impassibile e immortale, in quanto Dio, non sdegna di farsi uomo passibile e soggetto alle leggi della morte.
Colui infatti che è vero Dio, è anche vero uomo. Non vi è nulla di fittizio in questa unità, perché sussistono e l'umiltà della natura umana, e la sublimità della natura divina.
Dio non subisce mutazione per la sua misericordia, così l'uomo non viene alterato per la dignità ricevuta. Ognuna delle nature opera in comunione con l'altra tutto ciò che le è proprio. Il Verbo opera ciò che spetta al Verbo, e l'umanità esegue ciò che è proprio della umanità. La prima di queste nature risplende per i miracoli che compie, l'altra soggiace agli oltraggi che subisce. E, come il Verbo non rinunzia a quella gloria che possiede in tutto uguale al Padre, così l'umanità non abbandona la natura propria della specie.
Non ci stancheremo di ripeterlo: L'unico e il medesimo è veramente Figlio di Dio e veramente figlio dell'uomo. È Dio, perché 
«In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio» (Gv 1,1). È uomo, perché: «il Verbo si fece carnee venne ad abitare in mezzo a noi » (Gv 1,14). 


 
MESSALE

Antifona d'Ingresso  Eb 10,5.7
Disse il Signore, quando entrò nel mondo:
«Ecco, io vengo
per fare, o Dio, la tua volontà». 

 
Colletta
O Padre, tu hai voluto che il tuo Verbo si facesse uomo nel grembo della Vergine Maria: concedi a noi, che adoriamo il mistero del nostro Redentore, vero Dio e vero uomo, di essere partecipi della sua vita immortale. Per il nostro Signore...

 LITURGIA DELLA PAROLA
   
Prima Lettura  Is 7,10-14
Ecco la vergine concepirà.
Dal libro del profeta Isaìa
  
In quei giorni, il Signore parlò ad Acaz: «Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall’alto».
Ma Acaz rispose: «Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore».
Allora Isaìa disse: «Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele, perché Dio è con noi».

   
Salmo Responsoriale  
Dal Salmo 39
Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà.
   
Sacrificio e offerta non gradisci,
gli orecchi mi hai aperto,
non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato.
Allora ho detto: «Ecco, io vengo».

«Nel rotolo del libro su di me è scritto
di fare la tua volontà:
mio Dio, questo io desidero;
la tua legge è nel mio intimo».

Ho annunciato la tua giustizia
nella grande assemblea;
vedi: non tengo chiuse le labbra,
Signore, tu lo sai.

Non ho nascosto la tua giustizia
dentro il mio cuore,
la tua verità e la tua salvezza
ho proclamato.

  
Seconda Lettura  
Eb 10,4-10

Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà.

Dalla lettera agli Ebrei  
Fratelli, è impossibile che il sangue di tori e di capri elimini i peccati. Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice:
«Tu non hai voluto né sacrificio né offerta,
un corpo invece mi hai preparato.
Non hai gradito
né olocausti né sacrifici per il peccato.
Allora ho detto: “Ecco, io vengo
– poiché di me sta scritto nel rotolo del libro –
per fare, o Dio, la tua volontà”».
Dopo aver detto: «Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato», cose che vengono offerte secondo la Legge, soggiunge: «Ecco, io vengo a fare la tua volontà». Così egli abolisce il primo sacrificio per costituire quello nuovo. Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre.

 
Canto al Vangelo  
Lc 1,28.38

Gloria a te, o Cristo, Verbo di Dio.
Nel tempo pasquale: Alleluia, alleluia.

Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te.
Eccomi, sono la serva del Signore.
Oppure:  Gv 1,14
Il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria.

Gloria a te, o Cristo, Verbo di Dio.
 
  
    
Vangelo Lc 1,26-38Ecco concepirai un figlio e lo darai alla luce.

Dal vangelo secondo Luca  
In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.
  Parola del Signore.





Nazaret ha un messaggio permanente per la Chiesa.
La Nuova Alleanza non comincia nel Tempio, 
né sulla Montagna Santa,
ma nella piccola casa della Vergine,
nella casa del lavoratore,
in uno dei luoghi dimenticati della "Galilea dei pagani",
dal quale nessuno aspettava qualcosa di buono.
Solo partendo da lì 
la Chiesa potrà prendere un nuovo slancio e guarire.

Joseph Ratzinger, Il Dio di Gesù Cristo



Lc 1,26-38

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.



IL COMMENTO

Maria, l'amata
un saluto imprevisto e un turbamento. Un annuncio intrecciato su poche, essenziali parole, e subito è colta da una vertigine, come quando si sale a quote che l'uomo non può sopportare, manca l'ossigeno. E' il turbamento di Maria: in un baleno intuisce che nulla sarebbe stato più come prima. Sino a quel momento Ella era, semplicemente, una fanciulla come tante, vergine promessa sposa di un uomo come tanti, Giuseppe della casa di Davide. Attendeva le nozze, e con esse Grazie e gioia certo, ma ora quelle parole le giungevano inaspettate: perchè ricordarle quanto, in fondo, stava vivendo come ogni ragazza innamorata del suo promesso sposo, nella letizia dell'attesa del giorno delle nozze? Maria, figlia di Sion, per la fede trasmessa dai suoi genitori, per i salmi pregati ogni giorno, per la Torah ascoltata e meditata nel cuore, per la storia viva del suo popolo, sapeva che il Signore era con Lei; ma conosceva anche l'invito profetico alla gioia che giaceva nel cuore di Israele: "Gioisci, Figlia di Sion, esulta, Israele, e rallegrati con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme". E forse era proprio l'eco di queste parole a turbarla. La gioia annunciata dal Profeta infatti, non era una gioia qualunque, era quella che sarebbe esplosa all'arrivo del Messia. L'angelo non aveva ancora detto nulla, ma quelle parole così dirette e schiette, illuminavano una realtà, la sua, e faceva tremare i polsi. «Rallégrati, piena di Grazia: il Signore è con te»: la Grazia di cui era ricolma e la gioia a cui era invitata ad abbandonarsi, erano dunque qualcosa di molto più grande di quel matrimonio e di quell'uomo a cui aveva deciso di donare la propria vita. Quel saluto doveva essere speciale, ed Ella lo sapeva; quella voce d'angelo recava il profumo del Cielo, e il Cielo non si muove se non per qualcosa di eccezionale, e tanto bastava per turbarla, e molto. Che c'entrava Lei, fanciulla di Nazaret, con la gioia per il Messia? Che senso aveva tutto questo? 


In quel saluto si condensava una Storia che abbracciava generazioni, una trama fitta di peccati e perdono, e ora quel passato era tutto dentro di Lei, ed era indifesa, piccola, vergine dinanzi al compimento di tutte le parole d'amore e misericordia raccolte dal suo popolo. Che senso aveva, perchè quell'annuncio ripetuto tante volte negli anni ai suoi padri, era ora rivolto a Lei, nel segreto della sua verginità, di nascosto da qualunque altro orecchio? L'annuncio che, nel buio degli anni trascorsi in esilio, e poi schiavi nella propria terra, aveva tenuto in vita la speranza dei suoi fratelli, ora giungeva a Lei, a Lei sola, la più piccola, insignificante ragazza di Israele. Che senso aveva? 


E non v'è risposta. Nessun senso da scoprire, nessuna logica, nessuna spiegazione. Solo un Figlio da accogliere, il Messia da gestare e donare al mondo. Un fatto, un'elezione, un pensiero divino, troppo più grande, e non resta che abbandonarsi, consegnando, senza riserve, tutto se stessi. Al turbamento che in Maria era sorto dall'intuizione di qualcosa che in nulla corrispondeva con la sua vita, la sua persona, la sua storia, l'angelo la invita, semplicemente, a non temere. Maria è dinanzi a un'opera esclusiva di Dio, la più bella, quella decisiva per il destino di ogni uomo. Non è necessario "conoscere uomo", non è frutto della carne, anche se è un'opera che prenderà in Lei la carne per riscattare ogni carne. E' la verginità che serve, la piccolezza, la povertà, quella fanciulla che è Maria in quell'istante, la pienezza dei tempi distillata in quel suo tempo. Dio ha bisogno dell'impossibile per salvare chi nulla e nessuno può salvare. Dio ha bisogno di quella sua verginità, di null'altro. Dio ha bisogno di Lei, la più piccola, la più insignificante, la più sconosciuta. Dio ha bisogno della sua "umiliazione". E di una parola, il frutto del suo cuore immacolato, il frutto della Grazia che schiuda le labbra all'amen decisivo. 

E amen è stato. Un amen sorto dalla gioia e colmo di gioia per ridonare ad ogni uomo la gioia. Maria si è abbandonata alla gioia. Nulla che sappia di sforzo, di rinuncia, di "decisione sofferta", come quelle che tante volte risuonano sulle labbra di chi, ritenendosi un eroe con diritto di medaglia e vitalizio, presenta il suo essere cristiano, prete o religioso con la seriosità dell'"opzione per Dio", in un triste egocentrismo che fa schiavi del fare e dell'essere. "
Il verbo con cui Maria esprime il suo consenso, e che è tradotto con “fiat “ o con “si faccia “, nell'originale, è all'ottativo (génoito), un modo verbale che in greco si usa per esprimere desiderio e perfino gioiosa impazienza che una certa cosa avvenga. Come se la Vergine dicesse: “Desidero anch'io, con tutto il mio essere, quello che Dio desidera; si compia presto ciò che egli vuole“." (Raniero Cantalamessa, Terza predica d'Avvento in Vaticano, 18 dicembre 2009). Maria è la gioia, la letizia liberata dall'annuncio che svela il suo essere più profondo, la sua missione, il senso della sua vita. Il turbamento ha incontrato la gioia, l'unica risposta ad ogni turbamento: sì, il Messia c'entrava eccome con Lei, quella gioia che l'aveva turbata era divenuta la luce della sua anima, la bellezza del suo volto, il candore della sua vita. Maria è la gioia del Messia, il magnificat vivo di un'anima che tutto ha ricevuto. L'allegria di chi è spettatore di un'opera tanto più grande di lui da lasciar fare completamente e senza riserve a Dio. Maria è la gioia della libertà, un amen gioioso di chi ha trovato l'autore della propria vita, l'unico a cui affidarla e consegnarla, nella certezza di non essere deluso: "Amen è parola ebraica, la cui radice significa solidità, certezza; era usata nella liturgia come risposta di fede alla parola di Dio. Con l'“amen “ si riconosce quel che è stato detto come paro­la ferma, stabile, valida e vincolante. La sua traduzione esatta, quando è risposta alla parola di Dio, è questa: “Così è e così sia “. Indica fede e obbedienza insieme; riconosce che quel che Dio dice è vero e vi si sottomette" (Raniero Cantalamessa, ibid.). Maria è l'amen obbediente e per questo gioioso, per una vita finalmente disincagliata dal giogo del proprio io. Maria è il tu totale, dove quel Tu è Dio. Maria è gioia perchè è tutta consegnata all'Onnipotente, segno dell'impossibile che si fa, istante dopo istante, possibile. Maria è gioia perchè vergine, nel cuore, nella mente, nel corpo, lo Shemà dell'amore a Dio con tutto se stessa: sì, l'amore a Dio è, innanzi tutto, la consegna a Lui della propria piccolezza, incapacità, dell'assoluta impossibilità. Per questo, l'amore è naturalmente obbediente a Colui che può laddove noi non possiamo, e quindi fonte di gioia, vera, autentica, inossidabile, la gioia dell'umiltà, della Verità, della pienezza della vita.


Si compia in me l'impossibile: nel grembo di Maria come nella nostra vita. La verginità di Maria è il guscio voluto ed eletto da Dio a dimora del miracolo, del Cielo che si racchiude in un respiro ed una carne di bimbo. La verginità è il sigillo all'impossibilità di Maria ad avere un figlio; in noi, peccatori, è sterilità, ovvero debolezza, impossibilità ad accogliere un seme e a dar frutto, incapacità di amare. Per questo, la vita che oggi abbiamo tra le mani, con i suoi problemi, con le sue ansie, con le sofferenze, è il luogo dove l'annuncio dell'angelo, dopo duemila anni, è ridetto, la buona notizia di un evento imprevedibile. Che cosa vi è di impossibile nella nostra vita? Accettare il marito, la moglie, i genitori, la suocera? Accogliere una nuova vita? Il lavoro? La malattia? La precarietà economica? Noi stessi? Guardiamoci dentro e scopriamo dov'è che il sasso dell'impotenza ci preme sul cuore sino a farlo sanguinare ferito. E' proprio lì, al fondo del dolore e della frustrazione che plana oggi l'annuncio dell'angelo per deporvi il seme dell'impossibile già reso possibile. Vi sarà poi un tempo di gestazione e maturazione sino al frutto maturo, ma oggi, ora, già cambia la nostra vita, nelle parole dell'angelo il Signore stesso viene a prendere dimora dentro di noi, a sciogliere le catene, a riconciliarci, a perdonarci, a farci liberi d'amare e di donarci.

Il turbamento che ci prende di fronte alla sproporzione tra quanto ci è annunciato e la povera realtà della nostra vita, è destinato a divenire gioia purissima. Molto più di qualunque gioia possiamo sperare dal nostro matrimonio, dal fidanzamento, dal lavoro; anche dalla missione. Poco importa come siamo fatti, quanti e quali difetti ci appesantiscano l'umore e spengano lo sguardo. Di Maria è detto poco, pochissimo. Solo è annotato il fatto che fosse vergine, di Nazaret, e promessa sposa. Soprattutto, che fosse piena di Grazia. Così è per noi, deboli, con una storia e un luogo che sono la nostra esistenza sino ad oggi, promessi sposi all'eterno amore, essendo stati creati per Lui. Forse oggi non abbiamo proprio nulla per cui gioire, anzi: ebbene, è proprio questa umiliazione che ci caratterizza oggi la fonte dell'unica e autentica gioia; essa infatti è figlia di un cuore che si riconosce finalmente sterile, povero, e proprio per questo oggetto dell'elezione di Dio. L'annuncio che la Chiesa, come l'Arcangelo Gabriele, ci trasmette oggi, ci svela il mistero della nostra vita: Dio ci ha colmati di Grazia, ora, in questo istante, per accogliere, umilmente, il dono dell'impossibile che si rende possibile, nelle pieghe della nostra vita d'ogni giorno. Come non gioire per un amore così grande, per la misericordia infinita di Dio che, nel nulla che siamo, compie l'opera più grande, farci suoi figli nel suo Figlio. Figli di Dio per essere, semplicemente e naturalmente, un segno del Cielo per ogni uomo, cittadini del Regno dove quello che sulla terra la carne rende impotente, è reso possibile dall'amore infinito del Padre. Siamo chiamati ad essere gioia per il mondo, liberi da noi stessi, deboli strumenti per l'opera di Dio. Matite nelle sue mani come ripeteva Madre Teresa di Calcutta. E' questo il segreto della vera gioia, quella che nessuno potrà mai toglierci, la stessa annunciata a Maria: il Figlio sarà grande, lo Spirito Santo ci coprirà con la sua ombra, la vita celeste prenderà dimora in questa nostra povera carne. Basta rincorrere soluzioni, escogitare strategie, basta sforzi inutili per raggranellare briciole di felicità. La gioia vera è pronta per noi, la gioia del Messia risorto dalla morte, che distrutto il peccato e il suo regno di dolore: la gioia che ha inondato Maria in questo giorno unico nella povera casa di Nazaret, la stessa che ha colmato i discepoli la sera di Pasqua nel vedere il Maestro risorto. Gioia vera, gioia per ogni uomo.





 


ALTRI COMMENTI


SOLENNITÀ DELL’ANNUNCIAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA


Con l’odierna Solennità dell’Annunciazione, la Chiesa ci introduce in quel preciso momento, nel quale il Verbo di Dio è stato concepito, come uomo, nel grembo della Vergine Maria. Questo evento, così mirabile, per antica tradizione, viene ricordato anche dal suono delle campane, le quali, rendendosi voce di Dio e della Chiesa, rinnovano quotidianamente l’invito alla memoria cristiana, attraverso la preghiera dell’Angelus. Veniamo ricondotti, quindi, all’avvenimento centrale della storia umana: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò Suo Figlio, nato da donna» (Gal 4,4).
L'Incarnazione stessa costituisce questa “pienezza del tempo”, cioè il cuore del Disegno d’Amore di Dio; tutto fu creato in vista di questo momento. È quanto, in modo suggestivo, esprime il poeta Eliot: «Un momento nel tempo, ma il tempo fu creato attraverso quel momento». L’Eterno è entrato nella storia, Dio si è legato agli uomini, divenendo Egli stesso Uomo, Alleanza indissolubile e Amore più forte della morte.
Dalla seconda Lettura, abbiamo appreso la stupenda interpretazione che la Lettera agli Ebrei offre del Salmo 34 e, così, anche la comprensione che la Chiesa ha del Mistero oggi celebrato: «Entrando nel mondo Cristo dice: “Ecco io vengo […] per fare, o Dio, la Tua Volontà”» (Eb 10,7). L’Incarnazione è l’inizio, nel tempo, di quell’eterno Dialogo d’Amore fra il Figlio ed il Padre, Dialogo che, nel grembo della Vergine, diviene veramente “umano”, riassumendo in Sé tutta la creazione e chiamandola a divenire partecipe della stessa Comunione Divina.
«Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato» (Eb 10,5): è in questo Corpo che si realizzerà la vera obbedienza, il vero Sacrificio a Dio gradito, il frutto d’amore che il Padre attendeva dagli uomini e che sarà il Suo stesso Figlio fatto uomo a renderGli.
Da questo Dialogo d’Amore tra il Figlio e il Padre, ci è dato di scorgere qualcosa dell’ineffabile Mistero Trinitario, nel quale avviene come una perenne “reciprocità” dei “Sì”: l’eterno Amore delle Tre Persone divine, che da sempre Si donano l’Una all’Altra, sembra presentarsi come una gioiosa “danza”, nella quale è come se le Persone Divine facessero “a gara” per far risaltare l’Altro darGli e la gioia di aver amato. Precisamente questo “Canto divino” «è venuto ad abitare in mezzo noi»: il concepimento del Verbo nel grembo di Maria corrisponde alla Volontà del Padre di accogliere l’uomo nel perenne gaudio della Comunione divina. Il Verbo, fattosi carne, pronuncia il suo “Eccomi” perché il Disegno del Padre si compia; lo Spirito Santo scende sua Maria per realizzare, nel Suo grembo, la “nuova Creazione”.
Siamo posti, così, dinnanzi al “sì” definitivo del Creatore verso la Sua creatura. Al trittico di questa prima anta, corrisponde l’altra: Maria. Ella, nel silenzioso nascondimento di Nazareth, viene a scoprire il “Sì” che Dio ha pronunciato verso di Lei. Ella è già santificata – l’Immacolata – ed è proprio questo “Sì” antecedente di Dio a rendere possibile, quasi a “contenere”, il “sì” di Maria. Maria, con il suo “fiat”, corrisponde ad un previo assenso: «Tu sei piena di grazia», «Tu hai trovato grazia presso Dio» (Lc 1,28.30). Dio pronuncia previamente il suo “Sì” a noi perché, finalmente, anche noi possiamo dire il nostro “sì” a Lui. Questo “sì” Gli è prezioso; lo desidera ed attende: l’uomo, così, non è mai puro strumento passivo nella mani di Dio, ma sta dinanzi a Dio con vocazione divina, chiamato a cooperare al Suo disegno ed a connotarlo irrevocabilmente. È per questa ragione che la Chiesa, oggi, ci permette di contemplare come l’“Eccomi” del Verbo, che si fa carne, risuoni dentro l’“eccomi” di Maria Santissima. Dalla congiunzione mirabile e misteriosa di questi due “fiat” vengono a noi “la grazia e la verità”.
         Chiediamo alla Vergine Santa il dono di poter pronunciare il nostro “sì” filiale nella dolce dimora del Suo “sì”, dimora che è la Santa Chiesa, nella quale veniamo inseriti nell’obbedienza di Maria, vivificati dall’obbedienza del Figlio e, fatti un solo Corpo con Lui, diveniamo sull’Altare un’unica Offerta a Dio gradita. Amen!

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Raniero Cantalamessa. L'Amen di Maria.
Terza predica d'Avvento in Vaticano, 18 dicembre 2009 

San Paolo dice che Dio ama chi dona con gioia (2 Cor 9, 7) e Maria ha detto a Dio il suo “sì “ con gioia. Il verbo con cui Maria esprime il suo consenso, e che è tradotto con “fiat “ o con “si faccia “, nell'originale, è all'ottativo (génoito), un modo verbale che in greco si usa per esprimere desiderio e perfino gioiosa impazienza che una certa cosa avvenga. Come se la Vergine dicesse: “Desidero anch'io, con tutto il mio essere, quello che Dio desidera; si compia presto ciò che egli vuole “. Davvero, come diceva sant'Agostino, prima ancora che nel suo corpo ella concepì Cristo nel suo cuore.
Ma Maria non disse “fiat” perché non parlava latino e non disse neppure “génoito “ che è parola greca. Che cosa disse allora? Qual è la parola che, nella lingua parlata da Maria, corrisponde più da vicino a questa espressione? Quando voleva dire a Dio “sì, così sia “, un ebreo diceva “amen! “ Se è lecito cer­care di risalire, con pia riflessione, all'ipsissima vox, alla parola esatta uscita dalla bocca di Maria - o almeno alla parola che c'era, a questo punto, nella fonte giudaica usata da Luca -, que­sta deve essere stata proprio la parola “amen “. Ricordiamo i salmi che nella Volgata latina terminavano con l’espressione: “fiat, fiat”?; nel testo greco dei LXX, a quel punto, c’è “genoito, genoito” e nell’originale ebraico conosciuto da Maria c’è “amen, amen”.
Amen è parola ebraica, la cui radice significa solidità, certezza; era usata nella liturgia come risposta di fede alla parola di Dio. Con l'“amen “ si riconosce quel che è stato detto come paro­la ferma, stabile, valida e vincolante. La sua traduzione esatta, quando è risposta alla parola di Dio, è questa: “Così è e così sia “. Indica fede e obbedienza insieme; riconosce che quel che Dio dice è vero e vi si sottomette. E dire “sì “ a Dio. In questo senso lo troviamo sulla bocca stessa di Gesù: “Sì, amen, Padre, perché così è piaciuto a te... “ (cf Mt 11, 26). Egli anzi è l'Amen personificato: Così parla l’Amen... (Ap 3, 14) ed è per mezzo di lui che ogni altro “amen “ di fede pronunciato sulla terra sale ormai a Dio (cf 2 Cor l, 20). Anche Maria, dopo il Figlio, è l’ amen a Dio fatto persona.
La fede di Maria è dunque un atto d'amore e di docilità, libe­ro anche se suscitato da Dio, misterioso come misterioso è ogni volta l'incontro tra la grazia e la libertà. E questa la vera gran­dezza personale di Maria, la sua beatitudine confermata da Cri­sto stesso. “Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte” (Lc 11, 27), dice una donna nel Vangelo. La donna proclama Maria beata perché ha portato Gesù; Eli­sabetta la proclama beata perché ha creduto; la donna proclama beato il portare Gesù nel grembo, Gesù proclama beato il portarlo nel cuore: “Beati piuttosto - risponde Gesù - coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano”. Egli aiuta, in tal modo, quella donna e tutti noi, a capire dove risiede la grandezza personale di sua Madre. Chi è infatti che “custodiva“ le parole di Dio più di Maria, della quale è detto due volte, dalla stessa Scrittura, che “custodiva tutte le parole nel suo cuore “? (cf Lc 2, 19.51).

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DALLA TRADIZIONE PATRISTICA

 San Giovanni Damasceno (circa 675-749), monaco, teologo, dottore della Chiesa
Omelia sulla Natività della Vergine, 9-10





« Piena di grazia »

Questa donna sarà Madre di Dio, porta della luce, fonte di vita ; annullerà l'accusa che pesava su Eva. Di costei, « i più ricchi del popolo cercheranno il suo volto » (Sal 44, 13). Davanti a questa donna, i re delle nazioni si prostreranno, offrendole doni (Sal 71, 11 ; Mt 2, 11)... Ma la sua gloria è interiore ; è il frutto del suo seno.

Figlia del re Davide e madre del Re dell'universo, capolavoro per il quale gioisce il Creatore (Is 62, 5)... , sarai il vertice della natura. Non sei nata per te, bensì per Dio ; servirai alla salvezza di tutti gli uomini, secondo il disegno di Dio stabilito fin dal principio : l'incarnazione del suo Verbo e la nostra divinizzazione. Tutto il tuo desiderio sta nel nutrirti delle parole di Dio, nel fortificarti della loro linfa, come « olivo verdeggiante nella casa di Dio » (Sal 52, 10), « albero piantato lungo corsi d'acqua », tu l'albero di vita che « ha dato frutto a suo tempo » (Sal 1, 2 ; Ez 47, 12)...

Porta di Dio sempre vergine (Ez 44, 2), le tue mani portano il tuo Dio ; le tue ginocchia sono un trono più alto dei cherubini (Sal 79, 2)... Sei la stanza nuziale dello Spirito (Ct 1, 4), la « città del Dio vivente che rallegrano un fiume e i suoi ruscelli » (Sal 46, 5), cioè l'ondata dei doni dello Spirito. Tutta bella tu sei, diletta di Dio (Ct 4, 7).
 
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Dalle Omelie attribuite a Gregorio il Taumaturgo.
Homilia II in Annunciatione, PG 10,1156‑1169.
Bisogna che noi offriamo a Dio come sacrificio di lode ogni celebrazione festiva; la prima di tutte le solennità deve essere quella dell'Annunciazione della santissima Madre di Dio, quando l'angelo la chiamò piena di grazia.
Questa salutazione angelica è nel Nuovo Testamento l'inizio di ogni sapienza e dottrina di salvezza. A noi, infatti, si rivolge questo saluto del Padre dei lumi: Ti saluto, o piena di grazia. (Lc 1,28 2)
Con queste parole Iddio abbraccia l'intera natura umana. Ti saluto, o piena di grazia, nel santo concepimento, nella tua maternità di gloria, perché ti annunzio una buona novella, una grande gioia per tutto il popolo.
Osservate dunque, carissimi, come il Signore, dappertutto invisibile, ci ha fatto dono di una gioia perenne, che eccede ogni pensiero umano.
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Mentre era sulla terra, Maria conduceva una vita purissima, inghirlandata di ogni genere di virtù, ben al di là dei consueti atteggiamenti umani.
Il Verbo dell'eterno Padre volle allora assumere da lei la carne e farsi totalmente uomo. Attraverso la carne il peccato era entrato nel mondo e con il peccato era venuta la morte. Ma l'incarnazione condanna il peccato, quasi seppellendolo nel santo corpo di Maria. Così fu vinto il tentatore del peccato.
Con l'incarnazione, Dio volle che la stessa vita eterna trovasse nel mondo la sua dimora e con l'apparire dell'inizio della risurrezione un'intimità nascesse tra Dio e gli uomini.
Chi sarà in grado di narrare l'imperscrutabile mistero? Che cosa dire e che cosa lasciare in silenzio?
3
Gabriele fu inviato alla castissima Vergine: lui, incorporeo, si presenta a lei che nel corpo vive una vita incorrotta e osserva la castità con le altre virtù. Giunto da Maria, per prima cosa le annunzia la buona novella: Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te. Veramente sei colma di grazia, poiché hai indossato una veste senza macchia e ti sei cinta di purezza e temperanza. La tua vita ti rende degna della vera gioia.
Ti saluto, o piena di grazia: tu che sei vaso e scrigno della letizia celeste. Ti saluto, o piena di grazia: per mezzo tuo la gioia viene concessa a ogni creatura e il genere umano recupera l'antica dignità. Ti saluto, o piena di grazia: sulle tue braccia sarà portato il Creatore di tutte le cose.
Maria a queste parole rimane turbata: non è avvezza a discorrere con gli uomini, anzi ama la quiete solitaria, madre della continenza e della castità. E poiché ella è immagine immacolata di purezza e di integrità, non ha paura dell'apparizione dell'angelo, così come successe di solito ai profeti: l'autentica verginità ha, infatti, varie somiglianze con lo stato angelico.
4
L'arcangelo annunzia a Maria una gioia certa e indubitabile: Non temere, Maria perché hai trovato grazia presso Dio. (Lc 1,30) Queste poche parole ti dimostreranno che non devi nutrire nessun timore, anzi ti indicheranno la ragione di aver fiducia. Attraverso la mia voce tutte le potenze celesti salutano in te la Vergine santa; anzi lo stesso Dominatore delle potenze ipercosmiche fra tutte le creature ha scelto te, perché sei santa e ornata di grazia.
Attraverso il tuo seno puro, casto e incorruttibile, uscirà la fulgidissima perla, destinata a salvare il mondo intero. Tu sei divenuta più gloriosa, più pura, più santa di ogni creatura umana. Hai una mente più candida della neve e un corpo più puro dell'oro raffinato nel crogiolo.
Ezechiele ti scorse nella sua visione, quando descrisse così: Sopra il firmamento che era sulle loro teste apparve qualcosa come pietra di zaffiro in forma di trono e su questa specie di trono, in alto, una figura dalle sembianze umane. Da ciò che sembrava essere dai fianchi in su, mi apparve splendido come l'elettro e da ciò che sembrava dai fianchi in giù mi apparve come di fuoco. (Ez 1,26‑27).
Nella sua chiaroveggenza, il profeta vide sotto quel simbolo il figlio nato dalla Vergine. Maria non avrebbe potuto portare un tale figlio se fin da quel tempo non fosse apparsa fulgente di ogni gloria e virtù.
5
Con quali elogi descriveremo la dignità verginale? Con quali lodi e con quali inni celebreremo il suo volto immacolato? Con quali espressioni e con quali canti spirituali potremo onorare colei che è più magnifica degli angeli?
Maria fu piantata nella casa del Signore come un olivo fruttifero; lo Spirito Santo la coprì della sua ombra e per mezzo di lei ci chiamò figli ed eredi del regno di Cristo.
La Vergine è il paradiso sempre verde della nostra eternità, nel quale l'albero della vita, che lì vi cresce, dà a tutti frutti di immortalità.
Maria è vanto delle vergini, giubilo delle madri, sostegno dei credenti, icona perfetta del fedele. E' indumento di luce e dimora della virtù; è la fonte perenne da cui l'acqua viva ha fatto scaturire l'incarnazione del Signore. Maria è baluardo di giustizia e chiunque sarà innamorato della sua nobiltà e purezza verginale, godrà della grazia degli angeli.
6
Coloro che in modo degno celebreranno l'Annunciazione della vergine Madre di Dio otterranno una più ricca ricompensa dalle parole dell'angelo: Ti saluto, o piena di grazia. Celebriamo perciò solennemente questa festività che ha riempito il mondo intero di gioia e di letizia. Celebriamola con salmi, inni e cantici spirituali.
L'annunciazione della vergine Maria piena di grazia è divenuta per noi il principio di ogni bene, il mirabile piano di salvezza del Salvatore, il suo divino ed eccelso insegnamento. Da Maria si diramano con splendore i raggi della luce spirituale. Da qui scaturiscono per noi le fonti della sapienza e dell'immortalità, le quali effondono limpidi e puri ruscelli di amore. Da qui risplenderanno per noi i tesori della divina conoscenza, perché questa è la vita eterna: conoscere il vero Dio e colui che ha mandato, Gesù Cristo. (Cf Gv 17,3)
7
Dio nella sua grande bontà, quando vide la sua o pera assoggettata alla morte, non distolse completamente lo sguardo dall'uomo che aveva foggiato a sua immagine; non lo abbandonò e ad ogni generazione venne a visitarlo in terra.
Manifestandosi dapprima nei patriarchi, proclamandosi nella legge e rivelandosi nei profeti, annunziò il suo piano di salvezza. Ma quando giunse la pienezza dei tempi in cui doveva venire in tutta la sua gloria, mandò l'arcangelo Gabriele dalla vergine Maria per darle il lieto annunzio.
L'angelo scese dalle ineffabili potenze celesti e si rivolse alla santissima Vergine dicendo:Ti saluto, o piena di grazia. Non appena ella ebbe ascoltato quel saluto, ecco che lo Spirito Santo entrò nel virgineo tempio immacolato, santificandone il corpo e lo spirito. Le leggi della natura e del matrimonio stettero in disparte a guardare con stupore il Signore della natura operare in quel corpo un prodigio al di là della natura, o meglio, sopra la natura.
Con tutt'altre armi da quelle che il diavolo usò per farci la guerra, Cristo ci ha salvati: egli ha assunto il nostro corpo soggetto al patire, per dare una grazia maggiore alla nostra indigenza. (Rm 5,20) Laddove ha abbondato il peccato. ha sovrabbondato la grazia.
8
La tua lode, o santissima Vergine, senz'altro supera ogni lode, perché in te Dio ha preso carne ed è nato uomo. Te venera ogni creatura nei cieli, sulla terra e negli inferi e a te offre il culto che ti si addice. Tu sei davvero il trono degno dei cherubini e dalla sommità del regno spirituale tu brilli nel fulgore della tua luce.
In te è glorificato il Padre che non ha inizio, lui che ha disteso su di te la sua ombra. In te è adorato il Figlio, che tu hai generato secondo la carne. In te è celebrato lo Spirito Santo, che nel tuo seno portò a compimento la nascita del gran Re. Per mezzo di te, o piena di grazia, la santa e consostanziale Trinità è conosciuta nel mondo intero.
Degnati di rendere partecipi anche noi della tua perfetta grazia, in Cristo Gesù nostro Signore, insieme col quale sia gloria al Padre e allo Spirito Santo, ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.
9
Dal vangelo secondo Luca.
1,26-38
L'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe.
Dalle Omelie di sant'Ambrogio su questo vangelo.
Expositio Evangelii sec.Luc.,lib.II,10-11.13-16. PL 15,1556.1557 1559.
Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco. concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo. (Lc 1,15) ‑Anche di Giovanni l'angelo aveva detto: Sarà grande davanti al Signore! Ma il Battista sarebbe stato grande come uomo, mentre il Figlio di Maria lo sarà al modo di Dio, secondo quel che dice il salmo: Grande è il Signore e degno di ogni lode, la sua grandezza non si può misurare. (Sal 144,3)
Il Signore stesso dette testimonianza della grandezza di Giovanni, dicendo di lui: Tra i nati di donna non c'è nessuno più grande di Giovanni. Tuttavia, Gesù aggiunge: Il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui. (Lc 7,28)
Giovanni è grande, ma alla presenza del Signore. Poiché non bevve né vino né bevanda inebriante, può ben raccogliere il merito dall'astinenza, non avendo nessun potere per natura. Cristo, al contrario, mangiò e bevve con i pubblicani e i peccatori, giacché per natura aveva il potere di rimettere i peccati. Perché dunque egli avrebbe evitato di frequentare coloro che poteva rendere migliori degli asceti?
Giovanni è grande, ma la sua grandezza ha un principio e una fine; invece il Signore Gesù è insieme principio e fine, primo e ultimo. Non esiste nulla prima di questo primo, nulla oltre quest'ultimo.
10
Il Signore Gesù è davvero grande, come l'angelo annunziò a Maria. La potenza di Dio, infatti, si estende all'infinito, la grandezza della sua natura non ha confini. La Trinità non ha limiti né frontiere, non conosce misure o dimensioni di sorta. Non la racchiude nessuno spazio, nessun pensiero la circoscrive, non c'è calcolo che possa valutarla o un'epoca che possa mutarla.
Il Signore Gesù dette sì, una certa grandezza a qualche uomo il cui messaggio apparve su tutta la terra e la cui parola giunse ai confini del mondo. Ma la loro voce non è arrivata ai confini dell'universo né al di là dei cieli; invece del Figlio di Dio sta scritto: Per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui. (Col 1,16.17)
Contempla il cielo e vi troverai Gesù; guarda la terra, Gesù vi è presente. Se sali in cielo o scendi negli inferi grazie alla parola, vi troverai Gesù. Infatti Gesù è presente sia in cielo che sotto terra. Adesso, in questo stesso istante in cui sto parlando, Gesù è qui con me.
11
Non era facile conoscere il mistero nascosto da secoli in Dio, mistero che nemmeno le potenze celesti riuscirono a sapere. E tuttavia Maria non negò la sua fede, non si sottrasse al compito, ma dette l'assenso della sua volontà e promise i suoi servigi. Difatti quando domanda come ciò potrà avvenire, non mette in dubbio la parola dell'angelo, ma si informa in quale maniera essa si realizzerà.
Quant'è più misurata questa risposta che non le parole di Zaccaria! Mentre Maria domanda in che modo sarà possibile l'annunzio ricevuto, Zaccaria risponde: Come posso conoscere questo? Maria tratta già dell'affare, Zaccaria dubita ancora dell'annunzio. Dichiarando di non sapere, egli dimostra di non credere e sembra volere ancora un altro garante per la sua fede. Maria, al contrario, si dichiara pronta e non dubita che debba avverarsi ciò che pur domanda in che modo si compirà. Leggiamo infatti: Come è possibile? Non conosco uomo.
12
Per credere a un parto così incredibile e inaudito occorreva che Maria lo udisse chiaramente proclamare. Una vergine che dà alla luce un figlio è il suggello di un mistero divino, non umano. Maria aveva letto nel profeta Isaia: Il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio. (Is 7,14) Maria credeva gia al compimento della profezia, ma non conosceva in che modo si sarebbe avverata, perché ciò non era stato rivelato nemmeno a un profeta importante come Isaia. Infatti l'annuncio di un tale mistero poteva proferirlo soltanto la bocca di un angelo.
Oggi si ascoltano per la prima volta le parole: Lo Spirito Santo scenderà su di te. Appena Maria ascolta questa parola così nuova, vi crede. Perciò risponde: Eccomi, sono la serva del Signore. Avvenga di me quello che hai detto. Notate l’umiltà e la dedizione di Maria: mentre viene scelta per madre, si dichiara serva del Signore e non si lascia esaltare dall'improvvisa promessa. Non rivendica nessun privilegio, che pur le viene da un dono così grande, ma semplicemente dice che compirà quanto le viene comandato.
Era necessario che Maria desse prova di umiltà, poiché doveva mettere al mondo colui che è mite e umile per eccellenza. Notiamo ancora la sua obbedienza e il suo desiderio. Dicendo: Eccomi, sono la serva del Signore, ella si mostra pronta a servire; e dicendo: Avvenga di me quello che hai detto, esprime a che cosa ella anela.