mercoledì 14 marzo 2012

Il SI' dell'uomo a Dio


Concludiamo questa giornata in primo luogo con un pensiero alle piccole vittime dell'incidente avvenuto in Svizzera la notte scorsa: che la fede in Dio possa alleviare il dolore dei genitori nella certezza che i loro figli già vedono il Padre in Paradiso...

Come lettura propongo un classico della spiritualità focolarina, a 4 anni dalla morte della fondatrice Chiara Lubich: "Il SI' dell'uomo a Dio".





PREMESSA

«Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra». La presenza di tale invocazione nella preghiera per eccellenza, il «Padre Nostro», e il fatto che il cristiano sia tenuto a pregare così: dice il valore supremo di questa «volontà», e come essa sia collegata col regno stesso di Dio, che avrà il suo compimento solo quando detta volontà sarà fatta anche in terra come in cielo.
Su questo importante punto dell'economia della salvezza si snoda la riflessione dell'Autrice in quattro conversazioni tenute nel
1981 al Movimento dei Focolari, che costituiscono fondamentalmente il presente volume.
La volontà di Dio, vista come progetto di Dio sull' uomo fondato sul fatto della creazione, viene esaminata da prima nell'Antico quindi nel Nuovo Testamento sotto il profilo dell'adesione a Dio dell' uomo, il quale trova in ciò la sua realizzazione. «Compiere la volontà di Dio, cioè obbedire a Dio, aderire alla sua volontà aiuta lo sviluppo dell'uomo... fa scaturire la sua identità personale»
(p. 17).
Ampio spazio poi è dato dall'Autrice all' esperienza sua personale e del Movimento del «fare la volontà di Dio», con tutti i frutti che ne sono conseguiti. Infine, come già in analoghe pubblicazioni Chiara Lubich apporta una larga messe di testi dei Padri e di Santi (soprattutto degli ultimi secoli e contemporanei), nonché di Papi e del Concilio Vaticano II che parlano nei modi più vari della volontà di Dio, della sua natura, necessità, imprescindibilità per stabilire un autentico rapporto con Dio.
Nel complesso, una originale e agile sintesi su uno dei cardini della vita spirituale, che si aggiunge alle precedenti già pubblicate in questa collana, tra cui:
l'Eucaristia, Parola di vita, Gesù nel fratello.
L'ADESIONE A DIO NELL'ANTICO E NEL NUOVO TESTAMENTO
Quest'anno vogliamo affrontare un punto della nostra spiritualità non ancora approfondito: la volontà di Dio.
Cercheremo di vedere come ne parla la Bibbia; vorremmo ricordare quanto è emerso a questo riguardo nella vita del Movimento dei Focolari; consulteremo il pensiero di qualche Padre della Chiesa, di alcuni santi, degli ultimi papi, del Concilio Vaticano II.
Pieni di interesse e - perché no? - di sana o santa curiosità per un argomento così importante, consideriamo oggi alcuni passi fondamentali dell' Antico e del Nuovo Testamento.
Che cosa sappiamo dai sacri libri sulla volontà ,
di Dio?
Il rapporto essenziale fra Dio e l'uomo
Per comprenderlo, è necessario rivedere un po' qual è il rapporto fra Dio e l'uomo innanzitutto nell' Antico Testamento.
Dio ha creato l'uomo, quindi l'uomo in quanto creatura dipende da Dio completamente. È questo il rapporto basilare, il primo che va tenuto presente. Tutto quanto l'uomo è e fa, lo è e lo fa come creatura. Però Dio, creandolo, lo ha fatto diverso. dalle altre creature; lo ha creato, come sappiamo, a sua «immagine e somiglianza» (1). Che vuol dire questo? Significa che l'uomo è creato come un «tu» che sta di fronte a Dio. Ha la capacità di un rapporto personale, diretto con Dio: un rapporto di conoscenza, di amore, di amicizia, di comunione.
Per il teologo Westermann: «La proprietà, la caratteristica essenziale dell'uomo, è vista nello star di fronte a Dio. Il rapporto con Dio non è qualcosa che si aggiunga all' essere-uomo; anzi, l'uomo è creato in modo che il suo essere uomo è inteso nel rapporto con Dio» (2).
Questo rapporto è dunque costitutivo dell'uomo, l'uomo è fatto così.
Rapporto esistenziale
Ora, se la caratteristica essenziale dell'uomo sta nella sua relazione con Dio sul piano dell' essere (se l'uomo è uomo perché è immagine di Dio), per realizzarsi pienamente egli deve vivere, sviluppare tale rapporto anche sul piano dell'esistere; poiché è stato creato in rapporto con Dio, deve pure realizzarsi nel rapporto con Dio.
Più il rapporto con Dio, essenziale alla natura dell'uomo, si approfondisce, viene vissuto e si
arricchisce, più l'uomo stesso si realizza, più egli è felice. Aderendo a ciò che Dio vuole da lui, aderendo al disegno di Dio su di lui, conformando la sua volontà a quella di Dio, l'uomo si realizza pienamente come uomo.
L'uomo di Dio
Dio infatti non esaurisce l'attenzione che ha verso l'uomo creandolo; Egli continua a seguire l'uomo. Possiamo costatare questo nell'Antico Testamento dove si pone la domanda: «Che cosa è l'uomo?». Dice il salmo: «... Che cosa è l'uomo che te ne ricordi, il figlio dell'uomo che te ne curi [nel senso di: che tu lo visiti]?» (3) .
L'uomo si comprende quindi come uno che è ricordato da Dio, che è visitato benignamente da Lui. «Signore, che cosa è l'uomo perché te ne curi [cioè perché tu lo conosca]? Il figlio dell'uomo perché te ne dia pensiero? L'uomo è come un soffio, e i suoi giorni sono ombra che passa» (4).
L'uomo è un essere caduco, ma Dio se ne cura, lo «conosce», lo ascolta; è segnato dalla morte, ma appartiene a Lui.
Per la Bibbia, l'uomo è sempre e in ogni caso l'uomo di Dio. Non c'è possibilità per lui di sfuggire davanti a Dio dal quale proviene e davanti al quale soltanto si decide la sua sorte.
Mentre alcuni cercano la dignità dell'uomo in altro, ad esempio nel suo essere spirituale, la Bibbia sa che essa consiste nel fatto che Dio lo guarda, lo visita, lo incontra e lo riscatta nella sua storia, e l'uomo ha una speranza e un futuro proprio per questo incontro. Ecco dunque il rapporto di Dio con l'uomo, il «sì» di Dio all'uomo.
Il «no» dell'uomo
E qual è il rapporto dell'uomo con Dio?
Il «sì» di Dio all'uomo, quando lo ha creato, è stato un «sì» definitivo, che non è venuto meno neanche col «no» dell'uomo.
La Genesi mostra come Dio voglia bene all'uomo, come lo circondi della sua benevolenza, lo metta in un giardino di delizie (gli dia gli animali...). Anche il comando di non mangiare «dell' albero della conoscenza del bene e del male» può essere visto in questa serie di benefici. Infatti Dio lo mette in guardia dicendogli: «perché quando tu ne mangiassi, certamente moriresti» (5).
Ma l'uomo trasgredisce il comando di Dio. Invece che conformarsi al suo volere, di accettare il suo essere creatura, vuole affermare se stesso, diventare come Dio prescindendo da Dio, anzi contro di Lui. Tenta di passare oltre il suo limite, aspira a possedere prerogative che competono a Dio solo.
Creato in modo da essere in rapporto con Dio,
chiamato a rispondere col suo «sì» al «sì» di Dio, l'uomo risponde invece, fin da principio, con il rifiuto, il peccato, il «no».
Giudizio e misericordia di Dio
Naturalmente, la reazione di Dio al peccato non può essere che un giudizio di condanna, perché il peccato è cosa grave. Però Dio non abbandona l'uomo. Lo punisce, ma lo risparmia e lo sostiene. Egli caccia l'uomo e la donna dal giardino, ma lascia loro la vita; caccia Caino dalla terra fertile, ma con in fronte un segno di protezione; manda il diluvio, ma salva una famiglia capostipite di una nuova umanità a cui è promessa la stabilità dell' ordine naturale.
La grazia di Dio supera dunque il giudizio.
Il «sì» dell'uomo
Poi Dio sceglie Abramo e con lui finalmente l'uomo dice il suo «sì» a Dio.
«Il Signore disse ad Abram: "Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò. Farò di te un grande popolo e ti benedirò..."» (6).
E Abramo obbedisce: «Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore...» (7)
.
In Abramo, Dio non sceglie solo il popolo d'Israele, ma in lui egli vede tutti i popoli: «in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra» (8).
Il disegno di Dio sull'umanità
Con l'adesione dell'uomo alla chiamata di Dio, inizia una rivoluzione. L'uomo è guidato da Dio. Non cammina più secondo i suoi pensieri, ma secondo il piano di Dio e così si snoda il disegno di Dio sull'uomo, sull'umanità.
Abramo, infatti, accettando, deve seguire gli ordini di Dio, il quale dà inizio ad un'avventura che non gli lascia tregua e lo chiama continuamente a mète nuove e sempre più alte.
La Genesi presenta Abramo nella sua grandezza e anche nella sua debolezza, ma, nonostante
i suoi limiti, il suo «sì» dà a Dio la possibilità di compiere i suoi disegni.
Questa esperienza permette ad Abramo e quindi all'uomo di incamminarsi su una via di ascesa religiosa, morale, spirituale, sociale sempre più nobile. Seguendo Dio, Abramo ha un futuro impensato. Dio glielo garantisce con la sua fedeltà.
Quindi l'entrata di Dio nella vita di Abramo è come un nuovo inizio della storia dell'uomo che proietta tutta la storia verso un fine: l'avvento definitivo del Regno d! Dio mediante Gesù.
Il decalogo
Ma, poiché il Dio d'Israele è un Dio eminentemente personale - che tale' si manifesta nel suo nome «lo sono colui che sono!» (9) e nel suo volere di alleanza con l'uomo in tutto l'Antico Testamento -, Egli si rivolge al popolo d'Israele e ad ogni uomo esigendo una risposta pure personale.
Così, Dio rivela a Mosè sul monte Sinai la propria volontà nel decalogo. Dio, che si presenta come Colui che per primo ha fatto la sua parte salvando Israele dalla schiavitù dell'Egitto, ora chiede l'osservanza della Legge come risposta dell'uomo alla sua opera. Questa rivelazione è
per Israele la conferma della sua elezione a popolo di Dio e viene da esso celebrata come un grandissimo evento.
Nella prima parte del decalogo sono esposte le «leggi» più importanti per la comunità d'Israele, quelle che riguardano il suo rapporto con Dio.
Nella seconda parte, vi è un riassunto dei diritti-doveri fondamentali dell'uomo: il diritto alla vita, alla famiglia, ecc.
Per l'esistenza quindi del popolo d'Israele, come comunità, sono essenziali due dimensioni: quella «verticale»: il suo rapporto con JHWH, suo Dio, e quella «orizzontale»: il rapporto con l'uomo, che prende nuovo valore perché, essendo comandamento di Dio, è messo in relazione con Dio. Il decalogo perciò, in pratica, veglia, anche se in modo molto elementare, sull' essere- uomo dell'uomo.
Conformarsi «all'immagine del Figlio suo»
Passiamo al Nuovo Testamento.
Abbiamo visto che, se Dio ha creato l'uomo a sua «immagine e somiglianza», vivere secondo l'immagine e la somiglianza di Dio è per l'uomo il suo dover essere, ciò che lo realizza pienamente.
Nel Nuovo Testamento, poiché Dio ha mandato il Figlio in Gesù, che è Dio sì, ma fatto uomo, conformarsi a Dio, all'immagine di Dio, è per l'uomo conformarsi a Gesù o, come dirà Paolo, «essere conformi all'immagine del Figlio suo» (10). L'uomo si realizza nel Figlio come figlio del Padre, fino alla perfetta somiglianza con Dio nella gloria.
Far la volontà di Dio realizza l'uomo
Da quanto si è detto fin qui si comprende che compiere la volontà di Dio libera l'uomo, lo fa essere sempre più se stesso. Compiere la volontà di Dio, cioè obbedire a Dio, aderire alla sua volontà aiuta lo sviluppo dell'uomo, sbriglia la sua creatività, fa scaturire la sua identità personale.
Fare la volontà di Dio non è, quindi, una sovrastruttura artificiale e tanto meno un'alienazione; non è rassegnarsi ad una sorte più o meno buona; non è neppure subire una fatalità, quasi si pensasse: così è stabilito, così ,deve essere, è inevitabile.
Fare la volontà di Dio è tutta un'altra cosa: è quanto di meglio si possa pensare per l'uomo. L'uomo è stato creato per questo.
Facendo la volontà di Dio l'uomo coopera a far emergere il disegno che Dio ha su di lui e il
grande disegno di Dio - disegno di salvezza, di glorificazione - sull'umanità.
Gesù manifesta tutta la volontà di Dio
I comandamenti dell' Antico Testamento esprimono la volontà di Dio sull'uomo. Sono espressione dell' amore di Dio verso di lui: Dio li ha dati perché ama l'uomo, per il suo bene.
Essi però non esprimono tutta la volontà di Dio. Questa è più complessa, molteplice, supera immensamente la lettera della Legge intesa anche nel senso più ampio.
Nella pienezza dei tempi Gesù è venuto a manifestare tutta la volontà di Dio. E l'ha manifestata in modo pieno, sia con il suo insegnamento che con la sua vita. Il suo comportamento - particolarmente la sua donazione sulla croce, dove si vede cosa significa l'amore da Lui insegnato - è divenuto la norma e il criterio del comportamento del cristiano: una norma che non può essere completamente codificata perché è vita, è amore.
Per il cristiano, fare la volontà di Dio significa «vivere come Gesù», cioè vivere quel rapporto d'amore di figlio col Padre che si attua nel fare la volontà sua.
Gesù è venuto per compiere la Legge
Il popolo giudaico, in modo particolare dopo l'esilio, per essere il più possibile come Dio lo voleva, pensava di dover conoscere ed osservare alla lettera tutti i precetti e i divieti della Legge. Non di rado, però, quest'osservanza era talmente scrupolosa da far dimenticare il fondamento della Legge stessa, cioè il rapporto di amore che l'uomo deve vivere con Dio. Gesù, come i profeti, insorge contro questa deformazione.
Egli non vuole annullare la Scrittura perché anche per Lui essa è tutta parola di Dio, però dice che è venuto a «compierla» (11).
Cerca di far capire, anche col suo modo di comportarsi, come andavano intesi alcuni precetti della Legge antica. Così, per esempio, Egli opera guarigioni di sabato - e sembra violare il precetto - per spiegare che: «Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato» (12). Gesù vuol dire che l'uomo non deve tormentarsi con mille cavilli per l'osservanza del sabato, perché Dio ha dato l'obbligo del sabato per amore dell'uomo. E mette al giusto posto il riposo festivo.
Riguardo alla «tradizione degli antichi», ad alcuni farisei e scribi, che gli domandano perché i suoi discepoli non l'osservano, Gesù ricorda
che loro hanno subordinato la volontà di Dio alla propria tradizione e rimette in primo piano il comandamento di Dio: «Onora il padre e la madre» (13). Essi infatti asserivano che chi offriva a Dio il denaro col quale avrebbe dovuto aiutare i genitori, non era più tenuto a soccorrerli (14).
Gesù dunque si comporta come chi sa di conoscere direttamente, autenticamente la volontà di Dio espressa nella Legge. E mostra, in tal modo, di essere il vero interprete della Legge.
Manifesta poi con chiarezza questa interpretazione nel discorso della montagna (15). Richiamati alcuni comandamenti e usanze, va alla radice e dà ad essi quella forma nuova e quella pienezza verso cui era avviata la stessa Legge.
Non basta non uccidere, si deve evitare l'ira contro i fratelli; non si può commettere adulterio, ma neppure desiderare la donna d'altri. Non solo non si deve spergiurare, bisogna non giurare affatto. Non «occhio per occhio e dente per dente», ma «se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l'altra» (16). Non «amerai il prossimo tuo ed odierai il tuo nemico», bensì «amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori»
(17).
Gesù vuole ottenere che l'osservanza dei comandamenti di Dio non sia ridotta ad atti solo esteriori, ma che sia il cuore dell'uomo a cambiare. «Non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall'uomo a contaminarlo» (18): essenziale è dunque il rapporto personale dell'uomo con Dio. E questo è confermato da quanto Gesù dice a proposito degli atti di culto e di carità: devono esser fatti non «per essere lodati dagli uomini», ma come espressione d'amore verso Dio (19).
Quindi la volontà di Dio presentata all'uomo da Gesù non annulla la Legge. Egli rivela un contenuto più profondo e più ampio della Legge.
Gesù prende il posto della Legge
Ma ecco che nella pienezza dei tempi la Legge non basta più ad esprimere tutta la volontà di Dio.
E qual è allora la volontà di Dio manifestata da Gesù? Annunciando che il Regno di Dio è vicino, Gesù avverte che bisogna convertirsi per entrare in esso. «Convertirsi» significa lasciar tutto, vendere tutto per possedere Dio, per entrare nel Regno di Dio. E qui, può essere utile ricordare le parabole del tesoro nascosto e della perla preziosa per acquistare i quali l'uomo
vende tutti i suoi averi (20). li cristiano deve dunque amare Dio più del padre, della madre, della moglie, dei campi, perfino della propria vita (21). Tutto va posposto - materialmente o come reale disposizione dell' anima - a Dio. Gesù invita l'uomo alla scelta totale di Dio.
Egli domanda quindi più di quanto chiedeva la Legge (questo la Legge non lo chiedeva); anzi, quando dice: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu va' e annunzia il vangelo» (22), sembra andare contro la Legge che imponeva: «Onora tuo padre e tua madre».
Gesù prende il posto della Legge.
Gesù è l'Ideale da seguire
Per i cristiani, Gesù è l'Ideale da seguire.
E seguire Gesù vuol dire compiere la volontà del Padre in modo perfetto, come l'ha compiuta Lui. Lui che l'ha sintetizzata nell' attuazione del comandamento: «Come io ho amato voi, così amatevi gli uni gli altri...» (23).
Questa volontà di Dio dei tempi nuovi Gesù non l'ha solo annunciata: l'ha vissuta fino in fondo. Questo amore totale a Dio e agli uomini, che Egli richiede agli altri, lo ha vissuto Lui prima di tutti. Il suo comportamento, il suo far la volontà di Dio, è stato dare la vita per gli altri. «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (24), è la Legge nuova nella quale dobbiamo camminare tutti noi.
Realizzazione dell'uomo: la sua divinizzazione
Inoltre, Gesù non ci domanda solo d'imitarlo nel compiere la volontà del Padre: ci propone di più, molto di più.
Avendo infuso in noi l'amore, per mezzo dello Spirito Santo (25), Egli può introdurci nel suo stesso rapporto col Padre - come dice nel suo testamento -, nei rapporti stessi della Trinità; e desidera che questa realtà si comunichi ai rapporti tra gli uomini. È la realizzazione massima dell'uomo, dell'umanità, la sua «divinizzazione». Dio si è fatto uomo per fare l'uomo Dio, come dicono i Padri.
Per la Chiesa primitiva Gesù è la Legge
Possiamo dire che le parole dette da Gesù sono state comprese più profondamente dalla Chiesa primitiva dopo la sua morte e Risurrezione anche perché spiegate dalla sua vita.
Per questa Chiesa, per Paolo in particolare, la vita nuova del cristiano ha, come punto di riferimento, Cristo: Lui è l'incarnazione di ciò che è la volontà di Dio per il credente. Scrive l'Apostolo: «Accoglietevi gli uni gli altri come Cristo accolse voi» (26); «Camminate nella carità, nel modo che anche Cristo vi ha amato e dato se stesso per noi» (27); «Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù» (28).
Sinteticamente Paolo parla di «legge di Cristo» (29), cioè di Cristo come legge del cristiano.
La Legge è posta da Dio nel cuore dell'uomo
Nell'osservanza della Legge vi erano alcuni pericoli: quello di sentire i comandamenti come costrizione esteriore, con la conseguenza di stabilire un rapporto servile verso Dio e «legale»con la sua parola; e il pericolo di rafforzare la fiducia in se stessi e l'orgoglio per la propria capacità di osservare i comandamenti della Legge.
Nella nuova vita, la parola di Gesù non potrà essere sentita come volontà imposta, non causerà un rapporto servile verso Dio, né sarà un'occasione per vantarsi: Dio stesso, mediante lo Spirito, ha messo nel cuore dell'uomo l'amore, che è il «pieno compimento della legge» (30). In questo modo, ciò che Dio vuole diventa ciò che ognuno vuole nel più profondo del cuore.
Ricercare la volontà di Dio
Comunque, l'unica volontà di Dio che il cristiano sa di dover fare è amare. Come amare poi, nelle circostanze concrete della vita, è lui che lo deve scoprire. Deve dunque saper cercare e discernere la volontà di Dio. A tale proposito, l'Apostolo raccomanda: «Non conformatevi alla volontà di questo secolo, ma trasformatevi..., per poter discernere la volontà di Dio» (31).
Essa si scopre momento per momento con l'ascolto e la docilità alla voce dello Spirito dentro di noi: «Camminate secondo [cioè sotto l'impulso del]lo Spirito», scrive ancora l'Apostolo
(32).
Perciò è necessario affinare la sensibilità soprannaturale, l'istinto evangelico che lo Spirito ci ha dato e che si sviluppa solo esercitandolo.
Per ottenere questa sensibilità alla voce dello Spirito, Paolo ritiene necessarie ancora due cose. La prima è l'inserimento e il progresso nella vita di reciproco amore di una comunità: «Prego [Dio] che la vostra carità [= amore cristiano vissuto nella comunità] si arricchisca sempre più in conoscenza e in ogni genere di discernimento, perché possiate distinguere sempre il meglio» (33).
La seconda è la preghiera, perché la conoscenza della volontà di Dio è anche un dono: «Non
cessiamo di pregare per voi e di chiedere che abbiate una piena conoscenza della sua volontà...» (34).
I comandamenti e la volontà di Dio
A questo punto verrebbe da chiederei: dato che il cristiano porta la legge dello Spirito nel suo cuore, che funzione hanno i comandamenti, le regole di condotta per il compimento, da parte nostra, della volontà di Dio?
Non si può certo dire che queste norme siano inutili, perché la legge del credente è l'amore e l'amore è difficile da codificare. Sappiamo come è facile confondere le proprie opinioni, i propri desideri con la voce dello Spirito in noi, come è facile perciò cadere nell' arbitrario e nel soggettivo.
L'amore, data la nostra condizione umana e terrena, ha bisogno di essere spiegato e guidato da norme oggettive, che gli diano un volto concreto e siano punti di riferimento sicuri.
I comandamenti diventano così un aiuto ad amare Dio e gli uomini. E il credente, convinto di questo, cercherà di capire il perché di ogni norma, il motivo che sta all' origine di essa, per conformarsi all'intenzione di chi l'ha formulata. La Legge scritta diventa un mezzo prezioso
messo a servizio dell'uomo. Essa però non è il fine della sua vita.
La volontà di Dio infatti non è osservare un codice di comandamenti, ma è amare Dio e i fratelli: questa è la pienezza della Legge.

[1] Gn 1, 26.
[2] C. Westermann, «Genesis», 1 Teilband Genesis 1-11, in «Biblischer Kommentar Altes Testament», I, pp. 217-218.
[3] Sal 8, 5.
[4]  Sal 144, 3-5.
[5]  Gn 2, 17. Cf. anche 2,15-16.
[6] Gn 12, 1-2.
[7]  Gn 12,4.
[8]  Gn 12,3.
[9]  Es 3, 14.
[10]  Rm 8, 29.
[11]  Cf. Mt 5,17.
[12]  Mc 2,27.
[13]  Es 20, 12.
[14]  Cf. Mt 15, 1-9.
[15] Cf.Mt 5,21-48.
[16] Mt 5,38.39.
[17] Mt 5,43.44.
[18]  Mc. 7,15.
[19] Cf. Mt 6, 1-17.
[20] Cf. Mt 13,44-46.
[21] Cf. Mt 19,29; Lc 14, 26.
[22] Lc 9,60.
[23] Gv 13,34; 15, 12.
[24] Gv 15, 13.
[25] Cf. Rm 5, 5.
[26] Rm 15,7.
[27] Ef 5,2.
[28] Fil 2,5.
[29] Gal 6, 2.
[30] Rm 13, 10.
[31] Rm 12,2.
[32] Ga15,16.
[33] Fil 1,9-10.
[34] Col 1,9.


* * *
 
LA VOLONTÀ DI DIO NELLA SPIRITUALITÀ DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI

Dobbiamo veramente ringraziare il Signore perché su questo punto così importante della vita cristiana Egli, soprattutto all'inizio del Movimento, ha promosso circostanze particolari, ci ha suggerito esempi semplici ed efficaci, non ha risparmiato lumi.
Perché tutto questo possa essere patrimonio di ogni membro del Movimento, sarà bene che torniamo a quei primi tempi, memori delle parole della Scrittura: «Richiamate alla memoria quei giorni nei quali, dopo essere stati illuminati...» (35).
«Non chi dice: Signore, Signore...»
Avevamo dunque scelto Dio, che si era manifestato per quello che è: Amore.
Ci siamo chieste allora: come si fa ad amare Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutte le forze? E ci siamo ricordate della parola
della Scrittura: «Non chi dice Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli ma chi fa la volontà del Padre mio...» (36). Abbiamo capito che, per amare Dio con tutto il cuore, tutta l'anima, tutte le forze, dovevamo fare la sua volontà con tutto il cuore, tutta l'anima, tutte le forze. Era dunque chiaro che amare Dio non consisteva in un sentimento, ma nell'adempiere il suo volere.
Fare la volontà di Dio fu allora l'espressione pratica del nostro amore a Lui.
Ci siamo ricordate di possedere un grande dono: la libertà, e abbiamo avvertito che nulla poteva esservi di più ragionevole per una creatura, figlia di Dio, che l'atto di cederla liberamente a Colui che gliel'ha data. Così ci siamo proposte di fare, da quel momento, non la nostra, ma la volontà di Dio.
Abbiamo cercato di uniformare immediatamente la nostra volontà a quella di Dio: volevamo la volontà di Dio. Unica nostra volontà era la volontà di Dio. Così avremmo veramente amato Dio.
Stato di perfezione e perfezione
In quel tempo, una,mia esperienza ci fornì una chiarificazione assai importante.
Nel dicembre 1943 il Signore mi aveva chiamata a consacrarmi a Lui nella castità.
Nel Natale del medesimo anno, durante la Messa di mezzanotte, avvertii nel mio cuore la richiesta di Gesù a darGli tutto. Per «tutto» non potevo non intendere se non quello che allora ordinariamente si pensava: oltre la verginità, il dono della mia volontà con l'obbedienza; di tutto quanto poteva essere mio con la povertà; della mia famiglia, di quanto c'era di bello nel mondo, con la clausura e la più stretta. Dissi di sì a Dio, pur fra le lacrime e nello strazio per un qualcosa che si ribellava dentro di me.
Il giorno dopo andai dal mio confessore e questi, conoscendo quello che stava fiorendo attorno a me, le mie prime compagne, disse decisamente: no, questa non è per te la volontà di Dio.
In quel momento si distinsero nella mia mente due concetti che fin allora coincidevano: lo stato di perfezione e la perfezione.
Capii che, certamente, vi erano stati di vita più o meno perfetti, ma che la perfezione si raggiunge solo facendo la volontà di Dio.
Una via di santità per tutti
Ricordo che prima di allora avevo l'impressione che un alto muro m'impedisse l'accesso alla santità. Come trovare un varco? Pensavo: se si tratta di far penitenza tutto il giorno, mettiamoci il cilizio tutto il giorno, battiamoci a sangue tutto il giorno; se si tratta di pregare, preghiamo tutto il giorno... Ma come si deve fare per farsi santi? Non capivo. E fu soprattutto nella suddetta circostanza che Dio mi illuminò: per farsi santi, basta fare la volontà di Dio.
E stata una scoperta estremamente utile e meravigliosa.
Ecco - dissi - una via buona per tutti: per uomini e donne, dotti e indotti, intellettuali ed
operai, mamme e consacrate, laici e sacerdoti, giovani e anziani, governanti e cittadini... Ecco la via aperta alla santità per ogni essere umano. Mi sembrava di avere in mano la carta d'accesso alla perfezione non soltanto per un'élite di persone - quelle chiamate al convento o al sacerdozio -, ma per le folle!
Una divina avventura
E vedevo di fronte alla mia vita, e alla vita di tutti, un bivio: si poteva camminare secondo la propria volontà, o secondo quella di Dio.
Facendo la nostra volontà, la nostra sorte sarebbe stata simile a quella di quasi tutte le persone del mondo. Ogni giorno moltissimi muoiono e
c'è tanto dolore: lacrime e fiori. Ma poi, dopo la seconda generazione, in genere, chi si ricorda di loro?
Se invece ci fossimo incamminate per la strada della volontà di Dio, Dio ci avrebbe guidato attimo dopo attimo lungo sentieri pensati dal suo amore, inventati dalla sua fantasia, suggeriti dalla sua provvidenza, che si cura dei singoli e della collettività. Egli ci avrebbe trascinate in una meravigliosa divina avventura, a noi sconosciuta. E la nostra vita quale sorte avrebbe avuto? Non sarebbe finita nel silenzio, ma sarebbe rimasta a illuminare tanti, come quella dei santi.
Ed
eravamo così convinte della bontà, del valore, dell'utilità, della bellezza di questa scelta, che si giudicava strano quell'atteggiamento di molti che si limitano a rassegnarsi alla volontà di Dio. Si diceva: Come? rassegnarsi?! Dovremmo piuttosto rassegnarci a fare la nostra volontà insipida, poco fruttuosa" e poco costruttiva! Occorre volerla la volontà di Dio perché è il meglio che possiamo desiderare. Non è il caso di dire: «devo fare» la volontà di Dio, ma «posso fare!» la volontà di Dio!
Cadevano così tutti i nostri progetti e ci si abbandonava completamente a Dio.
Sapevamo che la volontà di Dio era la volontà di un Padre. Potevamo senza timore rimetterci
a Lui. Egli senz'altro avrebbe voluto qualsiasi cosa per il nostro bene.
Noi credevamo all'amore.
E questo abbandono non era quietismo, ché anzi, vista la volontà di Dio, la facevamo nostra e l'adempivamo con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutte le forze, sforzandoci di essere il più possibile coerenti con essa, anche se continuamente mutevole.
Quando non si capiva la volontà di Dio, ci si comportava come meglio si pensava, pregando
Dio di rimetterci, qualora la nostra scelta fosse stata sbagliata, sul binario giusto.
E ben presto si è acquistata una grande elasticità nel comprenderla.
Eravamo consce di comporre con la nostra vita così vissuta un divino disegno, di cui non conoscevamo nulla, se non che ce lo proponeva Dio, un Padre, e che tutte le circostanze erano voci del suo amore per noi.
Gesù: modello nostro nel fare la volontà del Padre
Così vivendo, ci vennero in luce, in quel tempo, molte parole delta Scrittura:
«Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato» (37), aveva detto Gesù, e noi volevamo ripetere altrettanto.
«Sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha manda
to» (38).
«Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà» (39).
«Io faccio sempre le cose che gli sono gradite» (40).
«Ecco, lo vengo... per fare, o Dio, la tua volontà» (41). Noi guardavamo Gesù.
Lo imitavamo non in modo esteriore (come nella flagellazione, o nell' «andar senza bisaccia», ecc.), ma nel fatto che, come Lui, si voleva fare la volontà di Dio.
«L'anima deve mirare - si scriveva nel 1946 ad essere al più presto un altro Gesù. Far "da
Gesù" su a terra...
Prestare a Dio la nostra umanità affinché la usi per farvi rivivere il Figlio suo diletto.
Per questo far come Gesù: solo la volontà del Padre. Poter aver sempre sulla bocca quelle parole che Gesù diceva di sé...
Quando l'anima impersonerà il Cristo nella sua decisa totale obbedienza al Padre, allora in
lei sarà l'unità».
Imitare i santi
Anche i santi erano visti da noi in questa prospettiva. Non si dovevano imitare pedestremente, ma nel fare, come essi hanno fatto, la volontà di Dio.
Quanto erano diversi l'uno dall'altro, ma quanto identici nell'aver fatto tutti la volontà di Dio! Per noi, in quei tempi, fare la volontà di Dio era tutto il nostro Ideale!
La consacrazione a Dio con i voti, per esempio, era importante, ma più importava la volontà di Dio.
Ricordo che sentivo mia sorella, chiamata al matrimonio, fortunata come me, uguale, uguale a me.
Le dicevo: tu ti sposi e fai la volontà di Dio ed io resto vergine, ma siamo uguali perché l'importante è la volontà di Dio.
Fare la volontà di Dio era la norma che ci legava tutti in fraternità fra noi, con Gesù e in figliolanza col Padre.
Come si manifesta la volontà di Dio
E chi ci manifestava la volontà di Dio?
Noi la trovavamo soprattutto nella spiritualità che stava nascendo. Dio era il nostro Ideale. E per vivere conforme ad esso, dovevamo attuare quel comando che Gesù dice suo, il comandamento nuovo.
Il Vangelo: il «comandamento nuovo»
È stato per adempiere bene questo imperativo che abbiamo fatto un patto. Anche l'amore a Gesù Abbandonato (cioè a Gesù nel suo massimo dolore, quando grida: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?») era in funzione di esso. Era questo comando vissuto che provocava l'unità voluta da Gesù e faceva «mettere» Gesù in mezzo a noi. Era anche per attuare bene questo comando che si vivevano tutte le altre parole del Vangelo.
Dio ci aveva concentrato su quello. E con ciò oggi ce ne rendiamo conto sempre di più Dio ci ha svelato il cuore del cristianesimo.
Il decalogo, ecc.
Anche i «comandamenti» ci manifestavano la volontà di Dio. Essa ci era espressa pure dai precetti della Chiesa, dai superiori, dai doveri del nostro stato. Le stesse leggi civili erano volontà di Dio per noi. Così le circostanze gioiose, dolorose o indifferenti.
Ascoltare «quella voce»
Avevamo una bussola per centrare la volontà di Dio: era «la voce» dentro di noi, la voce dello Spirito (42). «Ascolta quella voce!» era una nostra esortazione. E in quei tempi parlare di «voce» interiore significava rischiare di passar per eretici, così come non era facile a dei laici parlare del Vangelo o di amore. Ci si abituò ad ascoltare «quella voce» per conoscere la volontà di Dio.
Più tardi, si capì uno dei motivi per cui Dio ha creato il Focolare. È la presenza di Gesù in mezzo a noi che, come l'altoparlante, ampliava, facendola sentire più chiaramente, la voce di Dio dentro ciascuno di noi. In focolare - diciamo noi - siamo tra due fuochi: Dio in noi e Dio in mezzo a noi. Lì, in quella fornace divina, ci formiamo e ci alleniamo ad ascoltare e seguire Gesù.
E non è forse pensiero di san Paolo che, per capire la volontà di Dio, è bene essere inseriti in una comunità cristiana dove Cristo vive (43)?
L'attimo presente
Durante i primi tempi del Movimento, la vita poteva mancarci da un momento all' altro, perché non eravamo ben riparate dai bombardamenti. Essendoci allora chieste: quando dobbiamo amare Dio facendo la sua volontà? abbiamo subito capito: ora, adesso, perché non sappiamo se avremo il dopo.
L'unico tempo che avevamo nelle nostre mani era il momento presente. Il passato era già passato, il futuro non sapevamo se ci sarebbe stato. Si diceva: il passato non è più, mettiamolo nella misericordia di Dio. Il futuro non è ancora. Vivendo il presente, si vivrà bene anche il futuro quando diverrà presente.
Com' è sciocco - si commentava - vivere nel passato, che non torna, o in un futuro che non sarà mai ed è per ora imprevedibile!
Si faceva l'esempio del treno. Come un viaggiatore per arrivare alla mèta non cammina avanti e indietro nel treno, ma sta seduto al suo posto, così noi dobbiamo star fermi nel presente. Il treno del tempo cammina da sé.
E presente dopo presente saremmo arrivate al momento dal quale dipende l'eternità.
Amando la volontà di Dio nel presente con tutto il cuore, tutta l'anima, tutte le forze avremmo potuto adempiere, per tutta la nostra esistenza, il comando di amare Dio con tutto il cuore, tutta l'anima, tutte le forze.
Volontà di Dio «significata» e «di beneplacito»
Inoltre, secondo una distinzione che si faceva allora, noi distinguevamo la volontà di Dio significata e quella di beneplacito. Per volontà di Dio significata si intendeva quanto si sapeva di dover osservare: la parola di Dio, i comandamenti, i precetti, i doveri del proprio stato, ecc. Per volontà di beneplacito si intendeva quanto poteva capitare e non era previsto: un incontro, una disgrazia, una fortuna, una circostanza, ecc.
Nostro studio era compiere alla perfezione la volontà di Dio significata, ma con l'elasticità di chi sa cambiare rotta non appena Dio manifesta il suo volere diverso.
Si osservavano, nel primo gruppo di persone che seguivano il Movimento, quelli che erano più propensi ad adempiere l'uno o l'altro tipo di volontà di Dio, e se ne costatavano pregi e difetti.
Chi era più propenso a seguire la volontà di Dio significata, trascurando quella di beneplacito, era portato a non vedere nelle circostanze il nuovo volere di Dio, a vivere quindi con poca intimità con Lui, a non darsi a Dio con tutto il cuore, cosicché, pur credendosi attaccato ai propri doveri, lo era in pratica a se stesso.
Chi più volentieri seguiva la volontà di Dio di beneplacito, conosceva meglio la poesia del
Vangelo e sapeva più agevolmente scoprire la linea d'oro della provvidenziale mano di Dio in tutte le cose; ma a volte, aiutato dalla fantasia, credeva di vedere Dio dappertutto e presentava la vita evangelica in modo troppo avventuroso o romantico, togliendole ciò che vi è di più bello: la normalità di una vita soprannaturale, semplice, non artificiale né eccessiva, pura e armoniosa, come è la natura, come è Maria.
Ecco allora tutto uno studio per essere veramente quel che Dio voleva nell'attimo presente, per cogliere momento per momento il disegno di Dio su ciascuno di noi.
Camminare sempre sul raggio della volontà di Dio
Per rappresentarci il nostro Ideale avevamo sempre dinanzi la figura del sole con i suoi raggi. Ognuno di noi camminava nella vita, negli attimi che si susseguivano, su un raggio, distinto dal raggio del fratello, ma pur sempre su un raggio di sole, cioè nella volontà di Dio. Tutti dunque facevamo una sola volontà, quella di Dio, ma per ognuno essa era diversa: così ognuno si sentiva - per l'unica volontà che ci legava tra noi, a Gesù e al Padre - uno col fratello, con Gesù, col Padre.
E come i raggi sono di sole, sono uno, col sole, così la volontà di Dio e Dio coincidevano: amando la sua volontà si amava Dio.
Bisognava camminare sempre in quel raggio, essere sempre illuminati da esso, rimanere costantemente nella volontà di Dio. E per riuscirci occorreva a volte violenza: far tacere la nostra volontà e «rapire» la sua, che è poi .il suo amore a nostro riguardo.
Una volta stabilite per parecchi attimi successivi nella divina volontà, era leggero e soave il suo giogo.
Così, nella nostra vita tutto mutava. Ad esempio i rapporti. Prima andavamo da chi piaceva a noi ed amavamo quelli che garbavano a noi. Ora si avvicinavano tutti quelli che la volontà di Dio voleva e restavamo con essi finché era volontà di Dio.
L'essere tutti proiettati nella divina volontà di quell'attimo portava di conseguenza il distacco da tutte le cose e dal nostro io, distacco non tanto cercato di proposito, perché si cercava Dio solo, ma trovato di fatto, perché dove era una cosa non poteva starcene un' altra e dov' era la divina volontà non poteva starci la nostra. Nell'attimo presente non potevamo fare due cose, ma una sola: lavoravamo quindi non tanto per togliere da noi la nostra volontà, quanto per mettervi la volontà di Dio.
E, quando ci accorgevamo di aver trascorso qualche attimo nella volontà nostra, «fuori del raggio», dicevamo noi, nelle tenebre, lasciando vivere l'uomo vecchio, unico modo per migliorarci era metterci a fare la divina volontà di quell'attimo perché, dato che non avevamo amato il Signore nei momenti precedenti, era bene lo amassimo almeno allora.
Si andava così tessendo giorno per giorno un magnifico ricamo. Gli attimi in cui si era vissuto «fuori del raggio» erano recuperati dalla misericordia di Dio; nel rovescio del ricamo, a noi apparivano come tanti nodi, ma questa era solo la visione umana delle cose; convinte che la misericordia di Dio riempie ogni vuoto ed aggiusta ogni strappo, si era sicure che il ricamo al diritto, cioè come è visto da Dio, sarebbe risultato perfetto. E la nostra vita sarebbe apparsa in cielo come una delle meravigliose storie di un figlio di Dio.
Ci piaceva quello che avevamo letto di Francesco di Sales, il quale, guardando al futuro, si era espresso press'a poco così: «I veri cristiani porteranno un nome nuovo, scolpito in cuore: "lo sono la volontà di Dio su di me"» (44),
Tutto ciò che Dio vuole o permette è per il nostro bene
Tutto ciò che Dio voleva da noi era amore. Era sempre Lui che veniva ogni attimo nella sua volontà; questa poteva apparire triste o bella, ma in realtà era Lui, era il suo amore. E ciò che Lui permetteva? I nostri sbagli, le nostre debolezze?
Ci venne in aiuto fin dai primi tempi Caterina da Siena: «Tutto ciò che Dio vuole o permette è per la nostra santificazione» (45).
Bisognava dunque non fermarsi mai. Si sbaglia? Pazienza. Il tutto, messo nella misericordia di Dio, non solo non è più inutile e dannoso, ma può servire all'umiltà, base della santità. Non stava anche scritto che tutto coopera al bene per coloro che amano Dio (46)? Volevamo amare Dio, e la Scrittura ci chiariva che tutto finisce col servire al progresso personale.
In questa tensione a vivere la volontà di Dio, lo Spirito ben presto ci ha fatto capire che era bene fare il bene che Dio voleva; era male fare il bene che Dio non voleva. E ciò ha dato maggiore elasticità alla nostra nuova vita.
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La volontà di Dio, fatta con tutto il cuore, tutta la mente e tutte le forze, portava tanta pace e gioia grande. Pace e gioia che il mondo non sa dare. Era la pace che sa elargire solo Dio.
Fuori della volontà di Dio era tormento, assenza di luce, di amore, di pace.
Ci si abituava a distinguere così la vita naturale dalla vita soprannaturale.
Anche prima di allora c'era in noi la vita soprannaturale, la grazia di Dio, però non si faceva fruttare abbastanza questa vita divina; pur essendo battezzati, vivevamo praticamente come non lo fossimo, avendo il. cuore e la mente attaccati a tante cose anziché a Dio solo.
Nuova comprensione di Maria
Vivendo la volontà di Dio abbiamo compreso meglio anche Maria. In lei abbiamo ammirato la creatura più perfetta che sia vissuta in terra, perché ha fatto solo la volontà di Dio.
Così, se per noi fare la volontà di Dio era «vivere Gesù», era anche vivere come Maria: era il miglior modo di essere devoti di Maria e figli suoi.
Divennero nostre le sue parole: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (47).
Il disegno di Dio sul nostro gruppo: un'Opera nuova nella Chiesa
Ma che cosa ha portato in noi lo sforzo di fare sempre, momento per momento, la volontà di Dio?
Giacché compiendola, si ama Dio, Egli si è manifestato. A chi ama Dio, Egli si manifesta (48).
E a grado a grado sin dall'inizio e su su durante gli anni, e avanti fino al presente, lo Spirito ci ha svelato lo splendido disegno che Dio aveva su ciascuno di noi e sul nostro gruppo. Ne è venuta un'Opera nuova della Chiesa, bella oltre ogni dire, sacra come tutto ciò che è divino e umano insieme, viva come il Corpo di Cristo di cui è un' espressione, ricca, infinitamente ricca come tutto ciò che è tessuto dal Cielo, proiettata a risolvere, assieme ad altre Opere sorte nella cristianità, i problemi più attuali dell'umanità. E la Chiesa, dopo averla studiata, l'ha benedetta e l'ha approvata. L'ha confermata quale volontà di Dio per tutti quanti ne fanno parte e per quanti Dio chiamerà a comporla.

[35] Eb 10, 32.
[36] Mt7,21,
[37] Gv 4,34.
[38] Gv 6, 38.
[39] Lc 22,42.
[40] Gv 8, 29.
[41] Eb 10,7.
[42] Per la documentazione, vedi capitolo seguente.
[43] Cf. Fil 1,9-10.
[44] Cf. S. Francesco di Sales, Teotimo, ossia Trattato dell'amor di Dio, VIII, 7; II, Roma 1958, p. 81.
[45] Cf. S. Caterina da Siena, Epistolario, II, Alba 1966, p.220.
[46] Cf. Rm 8, 28.
[47] Lc 1, 38.
[48] Cf. Gv 14,21.

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IL SÌ A DIO NELLA CHIESA - I
LA VOLONTÀ DI DIO NEI SANTI,
NEI PADRI, NEI PAPI, NEL CONCILIO VATICANO II
La volontà di Dio va dunque fatta. I santi esortano i credenti a questo.
Scegliamo per tutti Massimiliano Kolbe. Egli, così scrive alla madre: «Non ti augurerò, cara mamma, né la salute né la prosperità. Perché? Perché vorrei augurarti qualcosa di meglio, qualcosa di talmente buono che il Signore stesso non saprebbe augurarti niente di più: che in ogni cosa la volontà di questo buon Padre sia fatta in te, mamma, e che in ogni cosa tu sappia fare la volontà di Dio» (49).
Confronto
Confrontiamo ora punto per punto la nostra esperienza col pensiero dei Padri, dei santi, dei papi e del Concilio Vaticano II.
La volontà nostra e quella di Dio devono coincidere
Il Signore ci ha fatto capire come la nostra volontà deve coincidere con la volontà di Dio.
Scrive Francesco di Sales: «...l'anima che ama Iddio è tanto trasformata nella divina volontà da meritare d'esser chiamata "Volontà stessa di
Dio" anziché obbediente e soggetta al divino volere...» (50).
«Una grazia preziosa» ricevuta da Caterina da Siena «fu la stabilizzazione e come l'assorbimento della sua volontà in quella di Dio» (51). Questa trasformazione della volontà in Caterina fu così perfetta che ella non esitava a scrivere anche ai pontefici: «Così voi compirete la volontà di Dio e la mia» (52).
Volontà di Dio e santità
Nel Movimento era chiaro, sin dall'inizio, che la santità si poteva raggiungere facendo la volontà di Dio. Anche per i santi, la perfezione sta proprio qui. ..
Caterina da Siena è convinta che chi imbrocca questa strada correrà veloce di virtù in virtù: «O dolcissimo amore Gesù, fa' che sempre s'adempia in noi la volontà tua, come sempre
si fa in cielo dagli angeli e santi tuoi... (53). ,Allora l'anima... corre, come cavallo sfrenato, di grazia in grazia, velocissimamente e di virtù in virtù; ché non ha più alcun freno che la trattenga dal correre, perché ha tagliato da sé ogni disordinato appetito e desiderio della propria volontà, i quali sono freni e legami che non lasciano correre le anime degli uomini spirituali» (54).
Dello stesso pensiero è Teresa d'Avila, la cui via per arrivare a Dio è peraltro l'orazione; ella non dubita che nel fare la volontà di Dici sta tutta la perfezione, e che chi più la fa, più grazie riceve: «L'unica brama di chi vuol darsi all' orazione - non dimenticatelo mai, perché è importantissimo - dev'essere di fare il possibile per risolversi... a conformare la sua volontà a quella di Dio. In questo..., sta la più grande perfezione che si possa bramare. Più questa conformità sarà perfetta, maggiori grazie si riceveranno da Dio e maggiore sarà pure il progresso nel cammino» (55).
Ecco come la stessa santa corregge quanti pensano che la perfezione consista nei fenomeni mistici: «Chiaro è che la somma perfezione non sta nelle dolcezze interiori, nei grandi rapimenti, nelle visioni e nello spirito di profezia, bensì nella perfetta conformità del nostro volere a quello di Dio» (56).
E ne dà un esempio personale.
«Mentre pensavo se non avessero ragione di vedermi di malocchio uscir di clausura per fondare monasteri e se non fosse meglio darmi con maggior impegno all' orazione, intesi queste parole: "Finché si è sulla terra, il profitto non consiste nel procurare di maggiormente godermi, ma di fare la mia volontà"» (57).
Per Paolo della Croce, «l'altissima perfezione consiste in essere perfettissimamente unito alla ss.ma volontà di Dio» (58).
Giovanni XXIII affermava: «La mia vera grandezza consiste nel fare totalmente e con perfezione la volontà di Dio» (59).
Che cosa sia la santità lo dice anche Paolo VI: «Questa santità, alla quale siamo chiamati, risulta da due fattori..., dei quali il primo... è la grazia stessa dello Spirito Santo... Essere in grazia di Dio è tutto per noi. La nostra perfezione è il possesso della Carità divina. Non resta altro da fare? No, occorre un altro fattore..., se non vogliamo cadere nel quietismo o nell'indifferenza morale; ed è il nostro sì; è la nostra disponibilità allo Spirito e l'accettare il volere anzi la volontà di Dio...» (60).
Divino disegno su di noi
E quanto a noi, fin dagli inizi abbiamo sempre pensato che, se avessimo compiuto la volontà di Dio e non la nostra, avremmo tracciato con la nostra esistenza un divino disegno.
Ricordando l'esempio di san Giuseppe, che ha avuto un destino così straordinario perché sempre in fedele e costante ascolto dell'Onnipotente, Paolo VI commenta: «I grandi disegni di Dio, le provvide imprese che il Signore propone ai destini umani possono coesistere, adagiarsi sopra le condizioni più comuni della vita...
Far coincidere la nostra volontà capricciosa, indocile, spesso errante, talvolta perfino ribelle; far coincidere questa piccola, ma pur sublime volontà... con il volere di Dio... è il segreto della grande vita. È l'innestare se stessi sopra i pensieri del Signore ed entrare nei piani della sua onniveggenza e misericordia ed anche della sua magnanimità» (61).
Rassegnazione alla volontà di Dio
Abbiamo già visto come per noi, nei primi tempi, la frase «Sia fatta la volontà di Dio» non fosse assolutamente espressione di sola rassegnazione. Fare la volontà di Dio era la nostra maggior gioia, la nostra maggior gloria!
Nel suo volume Cammino, Josemaria Escriva de Balaguer, fondatore dell' «Opus Dei», così scrive: «Rassegnazione?... Conformità?... Amare la volontà di Dio» (62).
Ed egli vede nel modo di agire dei cristiani quattro «gradini», che sono appunto: «rassegnarsi alla volontà di Dio; volere la volontà di Dio; amare la volontà di Dio» (63).
Per Paolo della Croce «Ã¨ gran perfezione il rassegnarsi in tutto al divino volere; maggior perfezione è il vivere abbandonato, con grande indifferenza, nel divin beneplacito; massima, altissima perfezione è il cibarsi, in puro spirito di fede e d'amore, della divina volontà» (64).
Come conoscere la volontà di Dio
Tornando alla nostra esperienza, già dai primi tempi - come abbiamo già detto (cf. pp. 31 ss.) - si voleva conoscere la volontà di Dio e la si cercava. Di fronte a dei dubbi, poi, su quella da compiere nel presente, si decideva di agire in una data maniera, pregando Dio di rimetterci, qualora non lo fossimo, sul binario giusto.
Bello quanto dice Giovanni della Croce: l'uomo spirituale, può esser guidato da due luci:
«la ragione naturale e la legge e dottrina evangelica» (65).
Elisabetta della Trinità ci ricorda che la volontà di Dio è anche contenuta negli Statuti che la Chiesa ci ha dato: «La Regola è là, dal mattino alla sera, per esprimerci istante per istante la volontà del buon Dio. Se sapesse come amo questa Regola che è la forma nella quale egli mi vuole santa» (66).
Gesù modello di chi fa la volontà di Dio
Fin dai primi giorni di questa nuova vita, lo Spirito ci ha messo davanti la figura di Gesù come quella di colui che ha compiuto perfettamente la volontà di Dio.
Sentiamo in proposito 'papa Paolo VI: «Se la rottura del rapporto vivificante fra Dio e l'umanità avviene per colpa di un atto di ribellione da parte dell'uomo, avido éli una sua fatale indipendenza, al grido: "lo non servirò" (67), la riparazione non poteva avvenire che mediante un atteggiamento contrario, quello assunto da Gesù, il Salvatore, al quale, nella lettera agli Ebrei (68), sono attribuite queste parole: "Entrando nel mondo Egli disse: ...ecco io vengo... per compiere, o Dio, la tua volontà..."» (69).
«... Non si può comprendere e ricostruire qualche cosa della figura di Cristo, senza avvertire l'essenziale rilievo che in Lui assume il compimento della volontà del Padre...» (70).
Gesù dunque, se ha fatto tutto quanto ha fatto per obbedire al Padre, è il nostro modello. Ed Egli s'è comportato in maniera tale da poter essere imitato.
Scrive Agostino, commentando il Salmo 32: «Padre - ha detto ;-, se è possibile, passi da me questo calice. Questa era la volontà umana che voleva qualcosa di proprio... Ma... ha soggiunto: Non però ciò che io voglio, ma ciò che tu vuoi, Padre (Mt 26,39)» ... (71). «Ecco - continua il grande dottore e vescovo che tu possa volere qualcosa di proprio, diverso da ciò che vuole Dio, è permesso all'umana fragilità...: è difficile che non ti capiti di volere qualcosa di particolare; ma subito rifletti a chi è sopra di te. Egli è sopra di te, tu sei sotto di Lui; egli è il Creatore, tu la creatura; egli è il Signore, tu il servo...; per questo ti corregge, ti sottomette alla sua volontà, dicendo per te: - Non però ciò che io voglio, ma ciò che tu vuoi, Padre» (72).
Splendido il pensiero di Giovanni della Croce a questo riguardo. Confrontando l'età dell' Antico Testamento con l'era della grazia e della legge Evangelica, egli mette in guardia dal desiderare
di ricevere rivelazioni straordinarie e oracolari della volontà di Dio, accompagnate da locuzioni e visioni... «Tale modo di conoscere la volontà di Dio, se era legittimo nell' antica alleanza, ancora imperfetta, non lo è più ora... Essendo - dice il santo - promulgata la legge evangelica..., non vi è più ragione di interrogare Dio in quella maniera, né che Egli parli e risponda come allora. Perché nel darei, come ha fatto, il suo divin Figlio... ei ha detto tutto...» (73).
Gesù dunque è tutto quanto ci ha detto il Padre. In Lui, nella sua vita e nel suo insegnamento, troviamo quanto dobbiamo fare.
Nel III secolo, così si esprime Cipriano: «Ora la volontà di Dio è eiò che Cristo ha fatto e insegnato: l'umiltà nella condotta, la fermezza nella fede, la modestia nelle parole, la giustizia nell' agire, la misericordia nelle opere, la rettitudine nei costumi, e neppur sapere cos'è un'ingiuria agli altri, e tollerare l'offesa, mantenere la pace coi fratelli, amare Dio con tutto il cuore, amarlo come. padre e temerlo come Dio, tutto posporre a Cristo poiché lui ogni cosa pospose a noi, stare uniti inseparabilmente al suo amore, tenersi stretti alla sua croce... e, quando è tempo di lottare per il suo nome..., essere apertamente fermi nel confessarlo e fiduciosi nella tortura e pazienti nella morte per la quale rice
viamo la corona. Questo... è adempiere la volontà del Padre» (74).
I santi, uguali e diversi nel compiere la volontà di Dio
Vedevamo i santi come persone tanto diverse da apparire ognuna un capolavoro a sé, originalissimo; diversi perché formati dalla fantasia di Dio, e al tempo stesso tutti uguali per aver compiuto ognuno la volontà di Dio.
Le testimonianze a questo riguardo sarebbero naturalmente senza fine.
Ascoltiamo Teresa di Lisieux, per la quale compiere la volontà di Dio era come un Leitmotiv: «... io non ho che un desiderio, quello di fare la sua volontà» (75), «Mio Dio, scelgo tutto -, diceva -, Non voglio essere una santa a metà, non ho paura di soffrire per Voi, non temo che una cosa: conservare la mia volontà; prendetela, perché scelgo tutto quello che Voi volete...» (76).
Nei mesi precedenti la sua morte: «Il cuore mio è pieno della volontà di Dio; se versano qualcosa in esso, questo non penetra, è un nulla che scivola facilmente come l'olio che non si mescola con l'acqua» (77), Durante i dolori del1'agonia, una testimone racconta che Madre Maria di Gonzaga ad un certo punto le chiese:
«E se la volontà del Buon Dio fosse di lasciarti così a lungo sulla croce, lo accetteresti?».
«Con un accento di straordinario eroismo
continua la testimone - [Teresa] rispose: "Io lo voglio davvero! "» (78).
Perciò, alla fine della vita, ella potrà dire una frase straordinaria: «Bisognerà che il Signore faccia tutte le volontà mie in cielo, perché io non ho fatto mai la volontà mia sulla terra» (79).
Dove si trova espressa la volontà di Dio
Ma dove si trova espressa la volontà di Dio? Chi ce la manifesta?
Abbiamo visto che la trovavamo fondamentalmente in Gesù: Egli è il modello per eccellenza del comportamento cristiano, ma anche la rivelazione della volontà di Dio sull'umanità. Ci dice ciò che Dio vuole da noi.
Il Concilio Vaticano II ricorda che il «Salvatore e Dio nostro... vuole [questa è dunque volontà di Gesù] che tutti gli uomini si salvino ed arrivino alla conoscenza della verità (1 Tm 2, 1.4)» (80).
Il Concilio vede la volontà di Dio pure nel solo popolo che gli uomini sono chiamati a formare.
«Tutti gli uomini sono chiamati a formare il nuovo popolo di Dio. Perciò questo popolo, restando uno ed unico, si deve estendere a tutto il mondo e a tutti i secoli, affinché si adempia l'intenzione della volontà di Dio, il quale in principio creò la natura umana una, e vuole radunare insieme infine i suoi figli, che si erano dispersi (cf. Gv 11,52)» (81).
Un'altra volontà di Dio espressa nel Vangelo è che si veda e si ami Gesù in tutti. Sarà su questo punto l'esame finale. Il Concilio afferma chiaramente: «Il Padre vuole che noi riconosciamo ed efficacemente amiamo Cristo fratello in tutti gli uomini» (82).
Dio vuole inoltre l'unità con tutti i fratelli cristiani. Dice Giovanni Paolo II: «La volontà di Cristo ci stimola a lavorare seriamente e costantemente per l'unità con tutti i nostri Fratelli cristiani...» (83).
La volontà di Dio ci si manifestava anche nelle circostanze di ogni giorno, nei doveri e condizioni della nostra vita.
«Tutti i fedeli
- dice il Concilio - saranno ogni giorno più santificati nelle loro condizioni di vita, nei loro doveri o circostanze e per mezzo di tutte queste cose, se tutte le prendono con fede dalla mano del Padre celeste e cooperano con la volontà divina» (84).
I cristiani debbono leggere la volontà di Dio anche nei «segni dei tempi»: è questa un' espressione usata per la prima volta da papa Giovanni
XXIII, e poi largamente dal Concilio, per indicare quegli avvenimenti nei quali il cristiano, illuminato dalla fede, discerne la volontà di Dio nel cammino della storia.
«Il Popolo di Dio, mosso dalla fede, per cui crede di essere condotto dallo Spirito del Signore, che riempie l'universo, cerca di discernere negli avvenimenti, nelle richieste e nelle aspirazioni, cui prende parte insieme con gli altri uomini del nostro tempo, quali siano i veri segni... del disegno di Dio. La fede infatti tutto rischiara di una luce nuova e svela le intenzioni di Dio» (85).
La volontà di Dio la trovavamo espressa nei suoi comandamenti, contenuti nella parola di Gesù.
La volontà di Dio infine era manifestata dai superiori. I credenti devono vedere espressa la volontà di Dio nelle parole dei Vescovi perché rappresentanti di Cristo.
Si legge, in proposito, nella Costituzione Lumen gentium del Concilio Vaticano II: «Nella persona... dei Vescovi... è presente in mezzo ai credenti il Signore Gesù Cristo... I Vescovi, in modo eminente e visibile, sostengono le parti dello stesso Cristo, Maestro, Pastore e Pontefice...» (86).
Secondo l'insegnamento di Paolo VI, l'autorità nella Chiesa non si è costituita da sola, ma
è stata costituita da Cristo: «Chi ascolta voi, ascolta me» (87).
Parlando poi dei religiosi, il Concilio dice: «...i religiosi, in spirito di fede e di amore verso la volontà di Dio, secondo quanto prescrivono la regola e le costituzioni, prestino umile ossequio ai loro superiori... nell' esecuzione degli ordini e nel compimento degli uffici loro assegnati... l'obbedienza religiosa, lungi dal diminuire la dignità della persona umana, la fa pervenire al suo pieno sviluppo, avendo ampliata la libertà dei figli di Dio» (88).
Per i santi, la parola del padre spirituale o del confessore è la volontà di Dio.
Leggiamo nel Diario di Veronica Giuliani: «lo, quando mi pareva che il Signore mi comandasse qualche cosa e parevami che dicesse che così voleva e che da sua parte lo dicessi a chi stava in suo luogo, delle volte e quasi sempre, quando dicevo ciò ai confessori, tutti mi contraddicevano...: ma questo mi teneva in pace e mi pareva di conoscere più la volontà di Dio in quello che mi comandava il confessore che non in quello che avevo avuto nell' orazione» (89).
Ascoltare «quella voce»
La bussola che ci diceva la volontà di Dio era «quella voce», la voce interiore, la voce dello Spirito. Dio ha scritto infatti la sua legge, che è la sua volontà, nel cuore dell'uomo. Nella lettera ai Romani, dice Paolo che sono chiamati «figli di Dio» «Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio...» (90). E in altro luogo esorta a camminare «secondo lo Spirito» (91).
Naturalmente, lo Spirito si fa sentire. Ha un suo modo di parlare nel cuore dell'uomo.
A questo punto può sorgere un problema: come può capire la volontà di Dio chi non è cristiano?
In proposito, il Vaticano II afferma che, oltre alla Rivelazione, un luogo privilegiato della percezione della volontà di Dio è la coscienza dell'uomo:
«Nell'intimo della coscienza, l'uomo scopre una legge che non è lui a darsi, alla quale invece deve obbedire e la cui voce, che lo chiama sempre ad amare e a fare il bene e a fuggire il male, quando occorre chiaramente dice alle orecchie del cuore: fa' questo, fuggi quest'altro. L'uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro al suo cuore... (cf. Rm 2, 14
16)» (92).
Circa questa
«voce», Paolo VI così si esprimeva: «Esiste un dovere, indipendentemente dagli obblighi derivanti dalla legislazione sociale? Sì, esiste; e sorge interiormente; è una voce della coscienza; la sentiamo tutti... e dice: tu devi!... Ma è un impulso soltanto immanente, nella nostra struttura psicologica, o deriva da un principio superiore, da una volontà trascendente, che si ripercuote dentro di noi e interpreta e guida il nostro essere in conformità ad un pensiero divino? che ci vuole come Lui, Dio, ci ha pensati e vuole che siamo, per realizzare al tempo stesso la nostra vera natura, libera e progrediente, orientata alla pienezza nostra e all'incontro col suo disegno sapiente e amoroso? Così è» (93).
L'attimo presente
li Signore ci ha insegnato a vivere l'attimo presente. li Vangelo, in pratica, vuole che si viva il presente. Fa chiedere il pane al Padre solo per «oggi» e ricorda che basta l'affanno di «ogni giorno». Ed è ancora il Vangelo che ammonisce: «Nessuno che ha messo mano all' aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio» (94).
Anche i santi invitavano a vivere il momento presente. Caterina da Siena diceva: «La fatica
che è passata; noi non l'abbiamo, però ch'è fuggito il tempo; quella ch'è a venire, non l'abbiamo, però che non siamo sicuri di avere il tempo» (95).
Viene in rilievo qui un santo del III secolo, Antonio Abate.
Uno dei principali punti della sua dottrina era: ricominciare «oggi» di nuovo, nella purezza di cuore e nell' obbedienza alla volontà di Dio. Nella sua Vita, scritta da Atanasio di Alessandria, si legge:
«Egli stesso non si ricordava del tempo trascorso, ma giorno dopo giorno, come un principiante nell'ascesi, si sforzava maggiormente per progredire, ripetendosi continuamente il detto di san Paolo: "Dimentico del passato e proteso verso il futuro, corro verso la mèta" (Fil 3, 13-14). Egli si ricordava anche della parola di Elia: "Vive il Signore, davanti al quale io mi tengo oggi" (1 Re 18, 15)
» (96).
Maestra del vivere il presente è Teresa di Lisieux.
«Approfittiamo del nostro unico momento di sofferenza, badiamo solo all' attimo che passa. Un attimo è un tesoro...» (97).
«La mia vita è un baleno, un' ora che passa, è un momento che presto mi sfugge e se ne va. Tu lo sai, mio Dio, che per amarti sulla terra non ho altro che l'oggi!» (98).
«Di minuto in minuto si può sopportare
molto» (99).
«Non ho che la sofferenza. del momento. Se pensiamo al passato o all' avvenire, perdiamo il coraggio, e ci disperiamo» (100).
«Non è come le persone che soffrono del passato o che soffrono dell' avvenire. lo soffro nell'attimo presente. Perciò non è gran cosa» (101).
Bello anche quanto scrive in una lettera Francesca Saverio Cabrini: «Adesso quel che è andato è andato, non cercare il passato, ma sta' col presente e guarda sempre avanti per vedere le virtù che devi praticare per divenir santa, presto santa e gran santa» (102),
E, come i santi, i papi.
Giovanni XXIII viveva questa norma: «lo dèvo fare ciascuna cosa, recitare ogni orazione, eseguire quella regola, come se non avessi altro da fare, come se il Signore mi avesse messo al mondo solo per fare bene quell'azione e al buon esito di essa sia attaccata la mia santificazione, senza pensare al dopo o al prima» (103).
[49] M. Winowska, Massimiliano Kolbe, Catania 1971, p. 42.
[50] S. Francesco di Sales, Teotimo..., cit., VIII, 7; II, p. 66.
[51] J. Perrin, Contemplazione e azione in santa Caterina da Siena, Roma 1966, p. 166.
[52] Ibid., p. 167.
[53] Cf. Mt 6,10.
[54] S. Caterina da Siena, Epistolario, cit., II, p. 489.
[55] S. Teresa di Gesù, Castello interiore, in Opere, Roma 1958, p. 791.
[56] Id., Fondazioni, in op. cit., p.1124.
[57] Id., Relazioni spirituali, in op. cit, p. 500.
[58] Lettere di san Paolo della Croce, a cura di p. Amedeo della Madre del Buon Pastore, I, Roma 1924, p. 292.
[59] Giovanni XXIII, Il giornale dell'anima, Roma 1965, p.140.
[60] Insegnamenti di Paolo VI, Tipografia Poliglotta Vaticana, X, 1972, pp. 635-636.
[61] Insegnamenti di Paolo VI, cit., VI, 1968, pp. 1154-1155.
[62] Josemaria Escriva de Balaguer, Cammino, Milano 1975, p. 196.
[63] Ibid., p. 198.
[64] Lettere di san Paolo della Croce, cit., I, p. 491.
[65] S. Giovanni della Croce, Salita del monte Carmelo, II, 21, 4, in Opere, Roma 1959, p. 175.
[66] Suor Elisabetta della Trinità, Lettera 141, in Scritti, Roma 1967, p. 255.
[67] Ger 2,20.
[68] Eb 10,5-7s.
[69] Insegnamenti di Paolo VI, cit., VII, 1969, p. 885.
[70] Insegnamenti di Paolo VI, cit., IX, 1971, p. 712.
[71] Agostino, Enarr. in Ps., 32, esp. II; d. 1,2 (PL 36, 278).
[72] Ibid.
[73] S. Giovanni della Croce, Salita del monte Carmelo, II, 22, 3, in Opere, cit., p. 184.
[74] S. Cipriano, La preghiera del Signore, Roma 1967, p. 133.
[75] S. Teresa di Gesù Bambino, in Gli Scritti, Roma 1970, p. 650.
[76] Ibid., p. 70.
[77] Ibid., p. 336.
[78] Teresa di Lisieux, «Entro nella vita» - Ultimi colloqui, Brescia 1974, p. 228.
[79] S. Teresa di Gesù Bambino, in Gli Scritti, cit., p. 334.
[80] DH 14.
[81] LG 13.
[82] GS 93.
[83] Insegnamenti di Giovanni Paolo II, Libreria Editrice Vaticana, II/2, 1979, p. 639.
[84] LG 41.
[85] GS 11.
[86] LG 21.
[87] Cf. Insegnamenti di Paolo VI, cit., II, 1964, p. 980.
[88] PC 14.
[89] S. Veronica Giuliani, Il mio calvario. Autobiografia, a cura di P. Pizzicaria, Città di Castello 1960, p. 126.
[90] Rm 8, 14.
[91] Gal 5, 16.
[92] GS 16.
[93] Insegnamenti di Paolo VI, cit., X, 1972, pp. 797-798.
[94] Lc 9,62.
[95] S. Caterina da Siena, Epistolario, II, cit., p. 97.
[96] S. Atanasio, Vita di Antonio, 7, in L. Bouyer, Spiritualità dei padri, Bologna 1968, pp. 226-227.
[97] S. Teresa di Gesù Bambino, Gli Scritti, cit., p. 486.
[98] Ibid., p. 818.
[99] Ibid., p. 325.
[100] Ibid., p. 362.
[101] Teresa di Lisieux, Pensieri, Roma 1977, pp. 194-195.
[102] Lettera 4, in Lettere di santa Francesca Saverio Cabrini, Milano 1968, p. 16. 
[103
] Giovanni XXIII, Il giornale dell'anima, cit., p. 122.

* * *
 
IL SÌ A DIO NELLA CHIESA - II
Volontà di Dio «significata» e «di beneplacito»

All'inizio, dunque, distinguevamo fra la volontà di Dio «significata» e quella «di beneplacito», intendendo che la prima è quella che si conosce, espressa dalla parola di Gesù, dai comandamenti, dai doveri del proprio stato, ecc., e la seconda, quella che si manifesta attraverso le circostanze e quindi sopravviene imprevista.
Il grande santo e dottore della Chiesa, Francesco di Sales, nel libro VIII del Teotimo, distingue fra volontà di Dio significata e volontà di Dio di beneplacito. Riguardo alla prima, spiega che la nostra adesione alla volontà di Dio significata si manifesta con la fedeltà ai comandamenti, la docilità ai consigli evangelici e alle ispirazioni, l'obbedienza alla Chiesa e ai
superiori (104).
Nel libro IX, parla della seconda, cioè della volontà divina di beneplacito: la nostra unione a questa volontà si manifesta con l'accettare le tribolazioni che Dio permette, ma più ancora con «la santissima indifferenza» (105), avendo cioè una totale disponibilità a qualsiasi volontà di Dio.
C'è una poesia di Teresa d'Avila che documenta molto bene col suo ritornello: «Dimmi che vuoi da me, dimmi, Signore», questa «indifferenza» o, meglio, questo abbandono assoluto al volere di Dio.
Eccone qualche strofa:
Sono nata per Te, per Te è il mio cuore.
Dimmi che vuoi da me, dimmi, Signore!
Vita o morte, trionfo oppur infamia,
infermità o salute,
sia che in pace Tu mi voglia o in orride
pene continue e acute
tutto accetta e gradisce questo cuore: 

Dimmi che vuoi da me, dimmi, Signore!
Dammi ricchezza o in povertade astringimi,
inferno dammi o cielo,
vita sepolta fra più dense tenebre
o senza velo:
a tutto mi sommetto, o dolce Amore: 

Dimmi che vuoi da me, dimmi, Signore!
L'alma, se vuoi, di gioia inalterabile
oppur d'assenzio inonda;
divozione, orazione, ratti ed estasi
o siccità profonda:
nel tuo volere trova pace il cuore: 

Dimmi che vuoi da me, dimmi, Signore!
...
Sono nata per Te, per Te è il mio cuore. 
Dimmi che vuoi da me, dimmi Signore!
(106).
Parlando della volontà di Dio di beneplacito, sant'Agostino non esclude che l'uomo debba fare la sua parte per ridurre il fastidio dei malanni o anche per uscirne, ma ripete che le disposizioni della volontà divina rappresentano il vero bene dell'uomo.
«Se accadrà - dice - l'opposto di quanto chiediamo, sopportando pazientemente e ringraziando Dio in ogni caso, non dobbiamo avere il minimo dubbio che era più opportuno ciò che ha voluto Dio... L'esempio ce l'ha dato il divino Mediatore quando disse: Padre, se è possibile, si allontani da me questo calice. Ma poi, modificando la volontà umana..., soggiunse subito: Tuttavia [sia fatto] non ciò che voglio io, o Padre, ma ciò che vuoi tu (Mt 26,39)
» (107).
«... Anteponendo 'la volontà divina alla volontà umana, l'uomo si eleva dall'umano al divino» (108).
Certamente noi aspiriamo sempre alla pace, alla salute, alla possibilità di lavorare. Invece ciò che conta è la volontà di Dio. Ed è soprattutto facendo questa che si porta avanti la Chiesa.
Sempre, e in molti toni, i santi spiegano che comunque, anche se fa patire, la volontà di Dio è il nostro miglior bene. Dice ancora Agostino: «Che cosa vuole da te Dio, o che cosa
esige, se non ciò che ti giova?» (109).
E in altro passo aggiunge: «Retti di cuore sono coloro che seguono in questa vita la volontà di Dio. La volontà di Dio è che a volte tu sia sano, a volte ammalato; se, quando sei sano, ti è dolce la volontà di Dio e ti è invece amara quando sei ammalato, non sei retto di cuore. Perché? Perché ti rifiuti di uniformare la tua volontà al volere di Dio, ma vuoi piegare la volontà di Dio alla tua» (110).
La volontà di Dio e il dolore
I santi sono così compresi del valore del patire in questa vita e hanno così ben sperimentato che Dio «corregge» e «sferza» quelli che ama (111) da non vedere altro nel dolore che la volontà di Dio.
Teresa d'Avila spiega così: «Voglio ora dichiararvi o, meglio, ricordarvi in che consiste la volontà di Dio.
Non crediate che sia nel darvi piaceri, ricchezze, onori e tutti gli altri beni della terra. Vi ama troppo per darvi queste cose!... Volete sapere come si comporta con chi lo prega sinceramente di compire in lui il suo volere? Domandatelo al suo glorioso Figliuolo, che nell' orto degli olivi gli rivolse la medesima preghiera con decisione e sincerità, e vedrete in che modo lo abbia esaudito».
E parla della sua morte in croce.
«Questo - continua è quello che il Padre
ha dato a Colui che amava più di tutti, e in questo appunto è il suo divino volere.
Finché siamo quaggiù, i suoi doni sono questi. Ce li dà a seconda dell' amore che ci porta: ne dà di più a chi ama di più, di meno a chi ama di meno»
(112).
Per Paolo della Croce: «Chi vuol essere santo ama di seguire le orme divine di Gesù... Suo cibo è fare in tutto la ss.ma volontà di Dio; e, siccome questa più si fa nel patire che nel godere,perché nel godimento sempre vi si attacca la volontà propria, così il vero servo di Dio ama il nudo patire, ricevendolo direttamente dalla purissima volontà del Signore» (113).
Giovanni Bosco considera l'obbedienza e il
sopportare il freddo, il caldo, il vento e tutto il patire quotidiano come la penitenza che Dio ci offre per andare in Paradiso.
Racconta questo colloquio fatto con Domenico Savio. «Una volta lo incontrai tutto afflitto, che andava esclamando:
- Povero me!... Il Salvatore dice che, se non fo penitenza, non andrò in paradiso; ed a me è proibito di fame: quale dunque sarà il mio paradiso?
- La penitenza, che il Signore vuole da te, gli dissi, è l'ubbidienza. Ubbidisci, e a te basta. - Non potrebbe permettermi qualche altra penitenza?
- Sì: ti si permettono le penitenze di sopportare pazientemente le ingiurie qualora te ne venissero fatte; tollerare con rassegnazione il caldo, il freddo, il vento, la pioggia, la stanchezza e tutti gli incomodi di salute che a Dio piacerà di mandarti.
- Ma questo si soffre per necessità.
- Ciò che dovresti soffrire per necessità offrilo a Dio, e diventa virtù e merito per l'anima tua» (114).
Come comportarsi in mezzo ai dolori?
Scrive Elisabetta della Trinità: «... Ogni anima che vuol vivere a contatto con lui, ...deve lasciarsi immolare da tutte le volontà di Dio ad immagine del suo Cristo...» (115). «Che la sua volontà sia la spada che la immola ad ogni istante» (116).
E il fondatore dell'«Opus Dei»: «- Soffri... e non vorresti lamentarti. Non importa se ti lamenti - è la reazione naturale della nostra povera carne -, purché la tua volontà voglia, ora e sempre, quello che vuole Dio» (117).
Ciò che Dio vuole o permette
L'idea che tutto ciò che avviene è per il bene è stata fondamentale nella costruzione dell'Opera che Dio ci aveva affidato. Tutto era convogliato alla nostra santificazione: non solo ciò che Dio voleva, ma ciò che permetteva. Cosicché gli stessi nostri sbagli furono sfruttati per il Regno di Dio.
La frase di Caterina che ci ha illuminato è stata precisamente questa: «Colui che perfettamente ama, fedelmente serve, e con fede viva. E crede in verità che ciò che Dio dà e permette, il dà per .sua santificazione» (118).
I frutti in coloro che fanno la volontà di Dio
Vediamo ora quali frutti procura, secondo i santi, il fare la volontà di Dio.
Per Caterina da Siena, essi sono la pace e la quiete. «Volete voi avere pace e quiete? To
glietevi la volontà. Poiché ogni pena procede dalla propria volontà» (119).
Per Escriva de Balaguer, fare la volontà di Dio produce felicità.
«L'accettazione piena della volontà di Dio porta necessariamente la gioia e la pace: la felicità nella Croce. Si vede allora che il giogo di Cristo è soave e che il suo peso è leggero» (120).
«Mio Dio, preferisco compiere la tua volontà che raggiungere Senza compierla - se tale sproposito fosse possibile - la stessa gloria» (121).
Nel libro delle Fondazioni, Teresa d'Avila racconta un episodio da cui risulta come, facendo la volontà di Dio, le persone progrediscono assai.
«Tale è il caso di una persona [che]..., per quindici anni circa, l'obbedienza aveva talmente occupata... che in tutto quel tempo non si ricordava d'aver avuto un giorno solo per sé... Il Signore l'ha ricompensata... perché, senza saperne la maniera, si è trovata con quella preziosa e tanto cara libertà di spirito che si riscontra nei perfetti e nella quale, veramente, si gode tutta la felicità che si può desiderare in questa vita. Chi ne è favorito non vuole nulla, e possiede tutto; non teme niente e niente desidera; non si sgomenta per le prove, né si esalta per le delizie...
Altrettanto è avvenuto... anche a varie altre [persone] di mia conoscenza. Alcune non le
vedevo da qualche anno... Domandando loro in che modo avessero trascorso quel tempo, apprendevo che erano state occupate in continue opere di obbedienza ~ carità. Ma le scorgevo così innanzi nelle vie dello spirito che ne rimanevo stupita» (122).
Per Vincenzo de' Paoli, il frutto è una festa perenne. «Qual maggior consolazione di fare la volontà di Dio? Lo sapete, voi che ne avete l'abitudine, è una festa perenne» (123).
Anche lui nota un notevole progresso in chi avanza nella volontà di Dio. Questo cristiano «può dire - sono sue parole - con il profeta: "Tu hai preso per mano la mia destra e col tuo consiglio mi hai guidato" (Sal
72, 24). Dio lo sostiene... e... lo vedrete domani, dopo domani, tutta la settimana, tutto l'anno e, infine, tutta la vita, in pace e tranquillità... Se lo paragonate a coloro che seguono le proprie inclinazioni vedrete le sue opere tutte risplendenti di luce e sempre feconde di frutti; si osserva un notevole progresso nella sua persona, una forza ed energia in tutte le sue parole; Dio dà una benedizione particolare a tutte le sue imprese» (124).
E impressionante come questo santo insista su l'unione e l'abbandono alla volontà di Dio come la via migliore, la via della santità.
Tante volte non si sa come dare gloria a Dio e
che cosa significhi. Ecco quello che pensa lo stesso Vincenzo de' Paoli:
«...Dio è più glorificato nella pratica della sua volontà che in tutti gli altri [esercizi]» (125).
Il motivo - egli spiega - è questo: «Col fare la sua volontà... date gloria a Dio, rendendogli la sottomissione che una creatura deve al suo Creatore, e, più ancora, gli date gioia...: sì, date gioia a Dio; in essa Egli si compiace... Date gioia agli angeli, i quali si rallegrano della gioia che Dio trae dall'obbedienza...; date gioia ai santi, i quali partecipano alla gioia di Dio» (126),
Scrive Paolo della Croce: «In ordine a qualunque travaglio di aridità, di desolazione, abbandoni, tentazioni o altro, la via corta per guarirne è una vera rassegnazione pacifica nella divina volontà» (127).
«Poi le darò per medicamento il "sanatotum", che è il totale abbandono nella ss.ma volontà di Dio, prendendo "sine medio" [= direttamente] ogni evento dalla sua mano amorosa» (128).
«Cominciare fin da oggi - raccomanda Francesca Cabrini - a cercare di conformarvi colla santa volontà di Dio; ...comincerete a possedere una beatitudine ineffabile anche su questa mirabile terra e godrete di una pace, tranquillità e letizia veramente celeste» (129).
Luisa de Marillac, fondatrice con Vincenzo de' Paoli delle «Figlie della Carità», trova che la
stessa salute fisica ne guadagna in chi fa la volontà di Dio. «Alla nostra stessa salute fisica gioverà molto la pace e la tranquillità di spirito, come pure l'abbandono completo alla divina provvidenza e l'amore della santissima volontà di Dio che è una delle pratiche più necessarie che io conosca per giungere alla perfezione» (130).
Altri frutti, secondo Teresa d'Avila, sono grandissimi favori divini, anche mistici.
«Il Signore più vede che il dono della nostra volontà si manifesta... con fervore di opere, più a sé ci attira e, innalzando l'anima al di sopra di se stessa e di tutte le cose terrene, la prepara a ricevere grandissimi favori. Stima tanto quel dono che non cessa di ricompensarlo fin da questa vita: l'anima non saprà. più che domandargli ed Egli continuerà sempre a donare. E, non contento di unirla a se stesso... comincerà a scoprirle i suoi segreti, a farle comprendere il molto che ha guadagnato e intravedere la felicità che le tiene preparata. Poi, per levarle d'attorno ogni ostacolo, le sospenderà a poco a poco anche i sensi esteriori ed ella si troverà in quello stato che si chiama di rapimento. Allora Dio comincerà a trattarla con maggiore amicizia, ritornandole non solo la volontà che ella gli ha dato, ma dandole insieme la sua. E queste due volontà andranno
molto d'accordo; perché, vedendo Iddio che l'anima fa quello che Egli vuole, anch'Egli farà quello che ella desidera, per cui, come suoI dirsi, ella comanderà ed Egli obbedirà...» (131).
Maria e la volontà di Dio
Sin dai primi tempi, noi del Movimento vedevamo in Maria un modello eccezionale nel compiere la volontà di Dio.
Agostino spiegava la vera grandezza di Maria e la vera parentela con Gesù.
«Quando... fu annunciato a Gesù, il quale stava parlando con i suoi discepoli, che c'erano fuori la madre e i fratelli suoi, egli disse: Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? E, stendendo la mano verso i suoi discepoli: disse: Ecco i miei fratelli! Perché chiunque fa la volontà del Padre mio è mio fratello e sorella e madre (Mt 12,48-50), Quindi anche Maria era madre, in quanto fece la volontà del Padre. È questo che il Signore volle esaltare in lei: di aver fatto la volontà del Padre, non di aver generato dalla sua carne la carne del Verbo...» (132).
Un innamorato di Maria, Massimiliano Kolbe, così scrive in una lettera: «Puoi usare tranquillamente le espressioni: "desidero compiere la volontà dell'Immacolata", "sia fatta la volontà
dell'Immacolata" ,... poiché ella vuole ciò che Gesù vuole, ed egli ciò che il Padre vuole. Certamente, richiamandoti senza alcuna riserva alla sua volontà [di Maria], con ciò stesso dichiari di amare la volontà di Dio e confessi altresì la verità che la sua volontà è così perfetta che non differisce in nulla dalla volontà di Dio e dai gloria a Dio, Padre e Figlio, per aver creato una creatura così perfetta e per averla resa sua Madre» (133) .
Come fare la volontà di Dio
Ma come si fa la volontà di Dio? '
Per Caterina da Siena, «La [nostra] volontà si deve uccidere non a metà, ma tutta» (134).
«Quando - come afferma Paolo della Croce si sente insorgere qualche desiderio... di fare quello che per allora non è in nostro potere, bisogna subito farlo morire nella ss.ma volontà di Dio» (135).
«I suoi desideri - scrive ad un coniugato - li coltivi col ridurli ad uno solo, che è di fare in ogni cosa la ss.ma volontà di Dio;... senza trascurare un puntino gli obblighi del suo stato, essendo questa la volontà di Dio: che lei sia perfetto nello stato del santo matrimo
nio» (136).
Per il papa attuale, Giovanni Paolo II, occorre arrendersi alla volontà di Dio. Spiegava nel '79 ai sacerdoti americani: «Arrendersi alla chiamata di Dio dev'essere compiuto con estrema fiducia e senza riserve. La nostra resa alla volontà di Dio dev'essere totale: il sì detto una volta per sempre modellandosi sul sì detto da Gesù stesso. Come ci dice san Paolo: lo dichiaro che la mia parola verso di voi non è ora "sì" e ora "no". Gesù Cristo... non "sì" e "no", ma in Lui c'è stato il "sì" (2 Cor 1, 1819)» (137).
Secondo molti santi, occorre abbandonarsi alla volontà di Dio.
Sentiamo Elisabetta della Trinità: «Sì,... viviamo d'amore,... sempre nel più completo abbandono, immolandoci di momento in momento nel fare la volontà di Dio senza ricercare cose straordinarie» (138).
Noi da anni avvertiamo che è utile, per compiere bene la volontà di Dio, offrirgli azione per azione con un «per Te».
E questo, sembra proprio che sia stato lo Spirito Santo a suggerircelo. Lo abbiamo visto dalla universale rispondenza delle persone del Movimento, e ora ci viene confermato da un santo, Vincenzo de' Paoli: «Ognuno si abitui ad offrire a Dio tutto quello che fa o che soffre,
dicendogli: ...lo voglio, Signore,... Bisogna abituarsi a rinnovare spesso l'intenzione [dirGli "Per Te"] specialmente la mattina, alzandosi... Infine, bisogna procurare di elevarsi a Lui nelle azioni principali, per consacrargliele interamente e per compierle in conformità alla sua volontà... Con tal mezzo acquisteremo nuovi titoli di amore e l'amore ci farà perseverare e progredire in questa santa pratica. È necessaria... la pratica di quanto vi ho detto per ben adempiere la volontà di Dio» (139).
Importanza del fare la volontà di Dio
Avvertendo l'importanza del fare la volontà di Dio i santi inoltre si sono premurati di aiutarsi con vari espedienti.
Luisa de Marillac scrive: «Il giorno di san Sebastiano mi sentii spinta a darmi a Dio per fare sempre per tutta la vita la sua santissima volontà. E gli offrii il pensiero, che egli mi ispirava, di fare un voto, quando ne avessi avuto il permesso» (140).
E ancora: «Santa volontà del mio Dio, com' è ragionevole che siate perfettamente compiuta! Voi siete il cibo del Figlio di Dio sulla terra e quindi il sostegno dell' anima mia nell' essere che ha ricevuto da Dio» (141).
Questa santa della carità aveva fatto insieme alle sue figlie il patto di compierla sempre. «Dobbiamo conformarci in tutto, voi ed io, alla santissima volontà di Dio: secondo il patto, che abbiamo stabilito insieme, di non trovar mai nulla da ridire sulla condotta della divina provvidenza» (142).
Chi è convinto dell'importanza della volontà di Dio, afferma con decisione Massimiliano Kolbe, «non si affeziona né al lavoro, né al luogo e neppure alle pratiche di pietà, ma solamente ed esclusivamente alla volontà di Dio, a Dio attra
verso l'Immacolata» (143).
Veronica Giuliani racconta quanto fosse fondamentale per lei, anche nelle esperienze mistiche, fare la volontà di Dio.
«Il Signore mi fece vedere due corone, una di spine e l'altra di gemme. Parevami che mi invitasse a dire quale delle due volevo. Anelavo a quella di spine, con tutto ciò mi rimisi al suo santo volere. Il Signore mi contentò e di sua mano me la posò sul capo; e quella di gemme la porse alla B. Vergine che era ivi presente.
Gesù stava con quel giglio e con quella palma e mi diceva che io pigliassi uno di essi. Nel giglio vi era scritto "Gioie e contenti"; nella palma vi erano queste precise parole: "Vittorie e combattimenti"... Bramavo la palma, ma non ebbi ardire di chiederla; solo mi rimisi al suo
divino volere. Egli mi porse la palma. Quando fu nelle mie mani, non era più palma, ma diventò croce» (144).
Nelle 22.000 pagine che questa santa clarissa cappuccina scrisse per obbedienza, in 34 anni, la dichiarazione di voler fare la volontà di Dio torna centinaia e centinaia di volte anche nelle esperienze mistiche più elevate e come frutto di esse.
Francesco di Sales consiglia di non badare alle cose in se stesse ma al fatto che sono volontà di Dio.
«Non tenete nessun conto della sostanza delle cose che fate, ma pensate solo all' onore che hanno, per quanto siano misere, d'essere volute dalla volontà di Dio... Abbiate cura... di rendervi ogni giorno più pura di cuore. Ma, per possedere questa purezza, occorre valutare e pesare tutte le cose col peso del santuario, che non è altro che la volontà di Dio» (145).
«Abbassatevi volentieri a quegli atti che, esternamente, sono meno degni, quando saprete che Dio lo vuole, perché non ha importanza che gli atti che compiamo siano grandi o piccoli, purché si compia la volontà di Dio. Aspirate spesso all'unione della vostra volontà con quella di nostro Signore» (146).
E Giovanni Bosco aggiunge: «Davanti a Dio fa molto chi nel poco fa la sua volontà» (147).
È incoraggiante quello che scrive il Curato d'Ars riecheggiando Teresa d'Avila: «Gesù Cristo si mostra pronto a fare la nostra volontà, se noi cominciamo a fare la sua» (148).
E, se qualcuno dirà che è difficile fare la volontà di Dio, Teresa di Lisieux risponde che Dio dà la grazia di adempiere la sua volontà.
«Per fortuna io non ho domandato la sofferenza perché, se l'avessi chiesta, temerei di non aver la pazienza di sopportarla, ma, visto che mi viene dalla pura volontà del buon Dio, Egli non mi può rifiutare la pazienza e la grazia necessaria per sopportarla» (149).
Suggestivo ed efficace quanto scrive sulla volontà di Dio papa Giovanni: «Dunque, io non vivo che per obbedire ai cenni di Dio. Non posso muovere una mano, un dito, un occhio, non devo guardare innanzi o indietro senza il volere di Dio. Dinanzi a lui io mi sto ritto, immobile, come il più piccolo soldato sull' attenti davanti al suo superiore, pronto ad ogni cosa, magari a gittarmi nel fuoco» (150).

Il Concilio afferma che, quando ci si trova davanti a tante cose da fare, la prima che deve essere fatta è la volontà di Dio:
«Al mondo d'oggi, essendo tanti i compiti che devono affrontare gli uomini..., essi si trovano in condizioni tali che è facile che si disperdano in tante cose diverse. Anche i presbiteri... possono domandarsi con vera angoscia come fare ad armonizzare la vita interiore con l'azione esterna. ...L'unità di vita può essere raggiunta... seguendo... l'esempio di Cristo Signore, il cui cibo era il compimento della volontà di colui che lo aveva inviato a realizzare la sua opera (d. Gv 4, 34)» (151).
Paolo VI chiarisce: «Tutto quanto è necessario, obbligato e immutabile in noi ci induce a riconoscere ed affermare: qui è la volontà di Dio. I;uno sarà infermo, l'altro povero, altri ancora si troverà nella tribolazione, in condizioni difficili. Allora si curva la fronte e si esclama in maniera convinta: tutto è disposto dal Signore! E di qui si avvia un reale colloquio con Lui» (152).
E splendido quanto ha lasciato scritto questo papa nel suo «Pensiero alla morte»: «E poi un atto, finalmente, di buona volontà: non più guardare indietro, ma fare volentieri, semplicemente, umilmente, fortemente il dovere risultante dalle circostanze in cui mi trovo, come Tua volontà.
Fare presto. Fare tutto. Fare bene. Fare lietamente: ciò che ora Tu vuoi da me, anche se su
pera immensamente le mie forze e se mi chiede la vita. Finalmente, a quest'ultima ora» (153).
In una lettera di Elisabetta della Trinità troviamo: «Nostro Signore... ci dice: "Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato" (Gv 4,34). Si attacchi perciò... alla volontà di questo Maestro adorabile, consideri ogni sofferenza e ogni gioia come derivante immediatamente da lui e allora la sua vita sarà come una comunione continua. Ogni cosa sarà come un sacramento che le darà Dio. Ciò significa restare nella realtà, perché Dio non si divide e la sua volontà è tutto il suo essere» (154).
Sì, occorre far bene la volontà di Dio.
Tutto il creato la compie. Ai primordi della Chiesa, scriveva papa Clemente Romano: «I cieli, mossi dalla sua volontà, gli stanno sotto
messi in pace. Il giorno e la notte percorrono il corso da lui prescritto, senza ostacolarsi a vicenda. Il sole, la luna e i cori delle stelle girano come egli ha ordinato, in armonia, e senza deviare dalle orbite da lui segnate; la terra, fertile per suo volere, produce... frutti abbondanti, in nutrimento per gli uomini, per le fiere e per tutti gli animali che si muovono sopra di essa, e ciò senza mai ribellarsi, e senza mai allontanarsi dalle leggi che egli pose. Dalle stesse leggi vengono rette le regioni insondabili degli abissi
e le inscrutabili profondità sotterranee. L'immenso mare ricurvo, che, per l'opera sua creatrice, si raccolse nei suoi alvei, non oltrepassa mai i confini che gli pose intorno, ma continua in quello stato che gli fu imposto» (155).
Così, se tutto ciò che ci circonda fa la volontà di Dio, anche noi dobbiamo compierla.
A questo invita anche Pietro Crisologo: «"Sia fatta la sua volontà come in cielo così in terra" (cf. Mt 6, 10). Come in cielo anche sulla terra. Allora tutto sarà cielo; ...allora tutti [saranno] in Cristo e Cristo [sarà] in tutti, quando tutti gusteranno e compiranno la volontà di Dio solo. Allora tutti saranno una cosa sola, anzi uno solo [Cristo] tutti, quando in tutti vivrà l'unico Spirito di Dio» (156).
Fare la volontà di Dio ci fa uno con Dio e uno fra noi
E per concludere, sarà utile rileggere un brano di una nostra letterina dei primi tempi, del Natale' 46: è una piccola nostra eco del «sì» dell'uomo a Dio. «Sì sì sì virile, fortissimo, totalitario, attivissimo alla volontà di Dio: Vogliamo arrivare al presepio ricolme di doni.
Diciamo con tutto l'ardore del nostro cuore sì! sempre alla volontà di Dio.
Perché siamo ancora così imperfette? Perché ancora tanti peccati? Perché non tutte fuse in una sola unità, che darebbe come fiore splendido la piena gioia e. come frutti...: opere per il cielo?
Perché facciamo ancora la nostra volontà!
Se tutte faremo la volontà di Dio, saremo prestissimo quella perfetta unità che Gesù vuole in terra come nel cielo!
Sorelline vicine e lontane, che una sola splendida idea trascina, raccogliamoci tutte alla mezzanotte di Natale dinanzi al Bambino e'gridiamo col cuore raccolto in profonda preghiera: SÌ!
Vi assicuro che, se lo diremo con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le forze: Gesù rivivrà in noi e noi tutte saremo Lui, Lui che ripassa sulla terra "facendo il bene"».
E questo non è il nostro sogno? «Se poi tutta la nostra vita, nell' attimo presente, sarà questo sì ripetuto con eguale intensità, vedremo veramente avverato quello che abbiamo chiesto e tanto desiderato come dono di Natale:
Essere Gesù.
Questo vi invito a fare, tutte. Perché su tutte Iddio ha posto una magnifica stella, la sua particolare volontà su ciascuna di noi, seguendo la quale arriveremo unite al Paradiso e vedremo dietro la nostra luce camminare molte stelle!...».
Non abbiamo dunque che da rinnovare i propositi di allora. Che l'idea della «volontà di Dio» rimanga in tutti i nostri cuori come un sigillo.
[104] S. Francesco di Sales, Teotimo..., cit., VIII; II; Colloqui spirituali, III.
[105] S. Francesco di Sales, Teotimo..., cit., IX, 4; II, p. 124; Colloqui spirituali, III.
[106] S. Teresa di Gesù, Poesie, in Opere, cit., pp. 1523-1525.
[107] Agostino, Epistolae, 130,26 (PL 33, 505).
[108] Agostino, In Io. Evang. tract., 52, 3 (PL 35,1770).
[109] Agostino, Enarr. in Ps., 36, d. 2,13 (PL 36, 371).
[110] Ibid., 35, 16 (PL 36,353).
[111]  Cf. Eb 12,6; Prov 3,11-12; Gb 5,17; Ap 3,19.
[112] S. Teresa di Gesù, Cammino di perfezione, in Opere, cit., pp. 700-701.
[113] Lettere di san Paolo della Croce, cit., I, pp. 616-617.
[114] Giovanni Bosco, Scritti spirituali/l, a cura di J. Aubry, Roma 1976, p. 151.
[115] Suor Elisabetta della Trinità, Come si può trovare il cielo sulla terra (ritiro), in Scritti, cit., pp. 612-613.
[116] Id., Lettera 238, in Scritti, cit., p. 416.
[117] J. Escriva de Balaguer, Cammino, Milano 1975, p. 187.
[118] S. Caterina da Siena, Epistolario, cit., II, p. 378.
[119] L 75, in Il messaggio di santa Caterina da Siena dottore della Chiesa, a cura di un missionario vincenziano, Roma 1970, p. 717.
[120] J. Escriva de Balaguer, op. cit., p. 196.
[121] Ibid., p. 197.
[122] S. Teresa di Gesù, Fondazioni, in Opere, cit., pp. 1122-1123.
[123] S 90, in Perfezione evangelica. Tutto il pensiero di S. Vincenzo de' Paoli esposto con le Sue parole, a cura di un prete della missione, Roma 1967, p.107.
[124] S 28, in Perfezione evangelica, cit., pp. 106-107.
[125] M 198, in Perfezione evangelica, cit., p. 104.
[126] S 48, in Perfezione evangelica, cit., p. 105.
[127] Lettere di san Paolo della Croce, cit., II, p. 264.
[128] Lettere di san Paolo della Croce, V, a cura di p. C. Chiari, Roma 1977, p. 191.
[129] Lettera 260, in Lettere di santa Francesca Saverio Cabrini, cit., p. 563.
[130] L 643, in Nella chiesa al servizio dei poveri. Tutto il pensiero di santa Luisa de Marillac esposto con le sue parole, a cura di un prete della missione, Roma 1978, p. 459.
[131] S. Teresa di Gesù, Cammino di pe!lezione, in Opere, cit., pp. 703-704.
[132] Agostino, In Io. Evang. tract., 10,3 (PL 35,1468).
[133] P. Massimiliano, Kolbe, Materiale, Ty Jej, in G. Domanski, Il pensiero mariano di p. Massimiliano Kolbe, «Quaderni della Milizia dell'Immacolata», 4, Roma 1971,p. 79.
[134] L 340, in Il messaggio di Santa Caterina da Siena, cit., p. 714.
[135] Lettere di san Paolo della Croce, I, cit., p. 49.
[135] Ibid., p. 611.
[137] Insegnamenti di Giovanni Paolo II, cit., II/2, 1979, p.600.
[138] Suor Elisabetta della Trinità, Lettera 48, in Scritti, cit., p. 266.
[139] M 199, in Perfezione evangelica, cit., pp.125-126.
[140] E 895, in Nella Chiesa al servizio dei poveri, cit., p. 143.
[141] E 896, in op. cit., p. 143.
[142] L 144, in op. cit., p. 139.
[143] P. Massimiliano Kolbe, Solo l'amore crea, in Scritti, a cura di G. Barra, Torino 1972, p. 49.
[144] S. Veronica Giuliani, Il mio calvario. Autobiografia, cit., p. 196.
[145] S. Francesco di Sales, Tutte le lettere, I, Roma 1967, p.662.
[146] Ibid., p. 789.
[147] Giovanni Bosco, Scritti spirituali/2, cit., p. 111.
[148] Curato d'Ars, Scritti scelti, cit., p. 76.
[149] Teresa di Lisieux, «Entro nella vita» - Ultimi colloqui, cit., p. 250.
[150] Giovanni XXIII, Il giornale dell'anima, cit., p. 104.
[151] PO 14.
[152] Insegnamenti di Paolo VI, cit., VI, 1968, p. 1155.
[153] Paolo VI, Pensiero alla morte, in Preghiere di Paolo VI, Milano 1982, p. 36.
[154] Suor Elisabetta della Trinità, Lettera 225, in Scritti, cit., p. 397.
[155] Prima lettera di san Clemente ai Corinti, 20, in I Padri apostolici, Roma 1966, p. 61.
[156] Pietro Crisologo, Serm. 72 (PL 52,406).


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Appendice

LA VOLONTÀ DI DIO
IN ALFONSO MARIA DE' LIGUORI
DOTTORE DELLA CHIESA
Non ho mai accennato al pensiero di Alfonso Maria de' Liguori sulla volontà di Dio per poter fare con i suoi testi un'intera appendice.
La spiritualità di sant' Alfonso, infatti, si incentra nell' amore a Dio che si traduce, in pratica, nell'uniformare la propria volontà a quella di Dio. Ho pensato quindi di leggere con voi qualche,pagina dell'opera di questo santo che s'intitola appunto: Uniformità alla volontà di Dio (157).
Anche per lui amare Dio è dunque fare la sua volontà. E anche per lui nel fare la volontà di Dio sta tutta la perfezione.
«Tutta la nostra perfezione consiste nell'amare il nostro amabilissimo Dio. Ma poi tutta la perfezione dell' amore a Dio consiste nell'unire la nostra alla sua santissima volontà... A Dio piacciono le mortificazioni, le meditazioni, le comunioni, le opere di carità verso il prossimo, ma quando? Quando sono secondo la sua volontà. Quando invece non sono secondo la volontà di Dio, non solamente egli non le gradisce, ma le detesta e le castiga» (158).
È quello che abbiamo imparato noi: a far il bene che Dio vuole. Far un bene che Dio non vuole è male. È il pensiero anche di Vincenzo de' Paoli: «Il bene è male quando lo si compie dove Dio non vuole» (159).
Anche Alfonso de' Liguori è impressionato da quanto i santi abbiano fatto sempre così.
«Tutti i santi hanno sempre mirato a fare la volontà divina, ben intendendo che in questo consiste tutta la perfezione di un' anima. Diceva il beato Enrico Susone: "Dio non vuole che noi abbondiamo di lumi, ma che in tutto ci sottomettiamo alla sua volontà...". La beata Stefana da Soncino, domenicana, essendo un giorno - in visione - condotta in cielo, vide trovarsi tra i serafini alcune persone defunte che aveva conosciuto e le fu detto che erano state elevate a tanta gloria per 'la perfetta uniformità, che avevano avuto in terra, alla volontà di Dio» (160).
«Diceva san Vincenzo de' Paoli: "La conformità al divino volere è il tesoro del cristiano ed è il rimedio per tutti i mali, poiché essa contiene la rinuncia a se stessi, l'unione con Dio e tutte le virtù"...
Alcune anime d'orazione, leggendo le estasi e le pagine di santa Teresa, di san Filippo Neri e di altri santi, si invogliano di giungere ad avere queste unioni soprannaturali. Tali desideri debbono essere scacciati...; se vogliamo farci santi, dobbiamo desiderare la vera unione con Dio, che è l'unire totalmente la nostra volontà con quella di Dio» (161).
Alfonso de' Liguori dice che la legge della terra è «il cielo».
«In questa terra dobbiamo apprendere dai beati del cielo come dobbiamo amare. L'amore puro e perfetto, che i beati hanno in cielo per Iddio, sta nell'unirsi perfettamente alla sua volontà. Se i serafini capissero essere suo volere che si applichino per tutta l'eternità ad ammucchiare le arene dei lidi e a svellere le erbe dai giardini, volentieri lo farebbero con tutto il piacere... Proprio questo Gesù Cristo ci insegnò a chiedere, cioè di seguire la volontà divina in terra, come lo fanno i santi in cielo: "Sia fatta la tua volontà come in cielo, così in terra" (Mt 6)» (162).
Il santo afferma: «Un atto di perfetta uniformità al divino volere basta a fare un santo...» (163).
Ha poi una frase consolante per coloro che pensano d'avere poco da dare a Dio, poco ai poveri, poche forze per amarlo (perché sono ammalati) e sono tentati di invidiare i martiri, i missionari, gli eroi.
«Chi gli dà i beni con le elemosine, il sangue col flagellarsi, i cibi con i digiuni, dona a Dio parte di ciò che ha; ma chi gli dona la sua volontà gli dona tutto (perché gli dona se stesso); perciò
può dirgli: "Signore, io sono povero, ma vi dono tutto quel che posso..."» (164).
Il santo fa anche una distinzione fra conformarsi e uniformarsi al divino volere.
«Se dunque vogliamo piacere pienamente al cuore di Dio, procuriamo di conformarci in tutto alla sua divina volontà; e non solo conformarci, ma uniformarci a quanto Dio dispone. La conformità comporta che noi congiungiamo la nostra volontà con la volontà di Dio; ma l'uniformità comporta di' più, cioè che noi, della volontà divina e della nostra, ne facciamo una sola, sì che non vogliamo altro se non quello che vuole Dio, e la sola volontà di Dio sia la nostra...» (165).
Alle volte siamo turbati per quanto avviene a noi o attorno a noi. E ciò. è motivato dal fatto che non sappiamo se gli avvenimenti che subiamo siano volontà di Dio.
In proposito, Alfonso de' Liguori afferma:
«Ãˆ certo ed è di fede che, quanto avviene nel mondo, tutto avviene per volontà divina... Gesù stesso disse a san Pietro che la sua passione e morte non gli veniva tanto dagli uomini, quanto dal Padre suo: "Non vuoi che io beva il calice che mi diede mio Padre?".
Allorché. il messaggero, che vogliono essere stato il demonio, andò da Giobbe a dirgli che i
Sabei si erano presi tutti i suoi beni e gli avevano ucciso i figli, che rispose il santo? Non disse: "Il Signore mi ha dato i figli e i beni ed i Sabei me li hanno tolti"; ma "il Signore me li ha dati ed il Signore me li ha tolti"» (166).
E coloro che vivono con questa convinzione sono grandemente benedetti da Dio.
«Cesario narra che un certo religioso, sebbene non fosse affatto differente dagli altri esternamente, tuttavia era giunto a tale santità che col solo contatto delle sue vesti guariva gli infermi. Il suo superiore, meravigliandosi di ciò, gli chiese un giorno come mai operasse tali miracoli... Rispose che anch'egli se ne meravigliava e che non ne sapeva il perché. "Ma quale devozione praticate voi?" riprese l'abate. Il buon religioso rispose che non faceva niente o poco, ma aveva avuto sempre una gran cura di volere solo ciò che Dio voleva... "La prosperità, disse, non mi solleva [esalta], né l'avversità mi abbatte.:.; tutte le mie orazioni tendono a questo fine: la sua volontà si compia in me perfettamente". "E di quel danno", riprese il, superiore, "che l'altro ieri ci fece quel nostro nemico col toglierci il nostro sostentamento, mettendo fuoco al podere dov'erano le nostre biade e i nostri bestiami, voi non aveste alcun risentimento?". "No, Padre mio", egli rispose: "al contrario, ne resi grazie a Dio,.,. sapendo che Dio tutto sa o permette per la gloria sua e per nostro maggior bene, e così vivo sempre contento per ogni cosa che avviene". Udito ciò, l'abate, vedendo in quell'anima tanta uniformità alla volontà divina, non restò più meravigliato che facesse sì grandi miracoli» (167).
Per Alfonso de' Liguori tutto ciò che succede è per il bene.
«Che altro insomma vuole il nostro Dio se non il nostro bene? Chi mai possiamo trovare che ci ami più di Dio?.. "Anche i castighi", dice santa Giuditta, "non ci vengono da Dio per la nostra rovina, ma affinché ci emendiamo e ci salviamo"» (168).
E spesso, in coloro che fanno propria la volontà di Dio, Dio fa ciò che vogliono loro.
«Ora quando qualcuno - afferma Alfonso de' Liguori - non vuole se non quello che Dio vuole,... di conseguenza avviene ciò che egli vuole» (169).
Il santo osserva che chi fa la volontà di Dio è sempre uguale a se stesso.
«Ci avverte lo Spirito Santo: "Non ti lasciare piegare ad ogni vento" (Sir 5, 11).
Taluni fanno come le banderuole che si voltano secondo che tira il vento; se il vento è prospero, com'essi desiderano, si vedono tutti allegrie mansueti; ma, se il vento è contrario e le
cose non avvengono come dovrebbero, si vedono tutti mesti ed impazienti; e perciò non si fanno santi e vivono una vita infelice...» (170).
Alfonso de' Liguori garantisce che frutto dell'uniformarsi alla volontà divina è un paradiso anticipato: «I santi essendosi uniformati alla volontà divina hanno goduto in questa terra un paradiso anticipato... Santa Maria Maddalena de' Pazzi al solo udir nominare "volontà di Dio" si sentiva talmente consolare che usciva fuor di sé in estasi di amore» (171).
Come altri santi, Alfonso de' Liguori invita a pregare per compiere la volontà di Dio.
«Quando ti senti turbato da qualche avvenimento avverso, pensa che quello è venuto da Dio; perciò di' subito: "Così vuole Dio", e mettiti in pace... "Mio Dio, eccomi, fa' di me e di tutte le cose mie quel che vuoi". Questo era l'esercizio continuo di santa Teresa: almeno cinquanta volte al giorno la santa si offriva al Signore perché disponesse di lei come gli fosse piaciuto» (172).
«Santa Maria Maddalena de' Pazzi diceva che tutte le nostre orazioni non debbono indirizzarsi ad altro fine che ad ottenere da Dio la grazia di seguire in tutto la sua santa volontà» (173).
E il santo spiega dettagliatamente in quali cose dobbiamo uniformarci alla volontà di Dio. «Dobbiamo uniformarci nelle cose naturali che avvengono fuori di noi, come quando fa gran
caldo, gran freddo, pioggia, carestia, pestilenza e simili. Guardiamoci dal dire: che caldo insopportabile!... che disgrazia! che tempo infelice! o altri termini, che dimostrino opposizione alla volontà di Dio...
Dobbiamo uniformarci nelle cose che avvengono dentro di noi, come nel patir fame, sete, povertà, desolazione, disonori, ecc...
Se abbiamo qualche difetto naturale... cattiva memoria, ingegno tardo, poca abilità..., salute debole, non ce ne lamentiamo... Chi sa che, avendo noi maggior talento, sanità più forte, viso più grazioso, farse ci saremmo perduti?..
Bisogna che siamo rassegnati specialmente nelle infermità corporali... Dobbiamo bensì adoperarvi i rimedi ordinari...; ma, se quelli non giovano, uniamoci con la volontà di Dia, che ci gioverà molto più della sanità... Certamente nelle malattie è maggior virtù il non lamentarsi dei dolori; ma, allorché questi ci affliggono fortemente, non è difetto palesarli agli amici ed anche pregare il Signore che ce ne liberi... Anche Gesù... palesò la sua pena ai discepoli dicendo: "L'anima mia è afflitta sino alla morte" (Mt 26). E pregò l'eterno suo Padre a liberarnelo... Ma Gesù stessa ci insegnò quello che dobbiamo fare dopo simili preghiere, cioè rassegnarci... "Peraltro non come voglio io, ma
come voi volete" ...
Di più, dobbiamo vivere rassegnati nelle desolazioni di spirito. Quando un'anima si dà alla vita spirituale, il Signore vuole colmarla di consolazioni...; poi, quando la vede più consolidata nello spirito, ritira la sua mano per provare l'amore di lei... Io non dico che voi non proviate pena nel vedervi privata della presenza sensibile del vostro Dio: non può... l'anima non lamentarsene, quando lo stesso nostro Redentore se ne lamentò sulla croce: "Dio mio, Dio mio, perché mi avete abbandonato?" (Mt 22). Ma nella sua pena deve sempre rassegnarsi tutta alla volontà del suo Signore.
Inoltre bisogna che ci uniamo con la volontà di Dio riguardo alla nostra morte e per quel tempo e in quel tempo che Dia la manderà. Santa Geltrude salendo un giorno una collina sdrucciolò e cadde in una valle. Le domandarono poi le campagne se avesse avuta paura di morire senza sacramenti. Rispose la santa: "Io desidero molto di morire con i sacramenti, ma faccia più conto della volontà di Dio...".
Infine bisogna che ci uniformiamo al divino volere anche nei gradi di grazia e di gloria: ... dobbiamo desiderare d'amare Dio più dei serafini; ma non dobbiamo poi voler altro grado di amore se non quello che il Signore ha determinata di donarci» (174).
E alla fine Alfonso de' Liguori sottolinea l'importanza del far quella volontà di Dio che è espressa dai superiori: «Diceva san Vincenzo de' Paoli: "Piace più a Dio il sacrificio che gli facciamo della nostra volontà, assoggettandola all'obbedienza, che tutti gli altri sacrifici che possiamo offrirgli; poiché nelle altre cose... noi diamo a Dio le cose nostre; ma nel donargli la nostra volontà gli diamo noi stessi"» (175).

[157] Sant' Alfonso Maria de' Liguori, Uniformità alla volontà di Dio, in Opere spirituali, I, Prato 1844, pp. 268-304.
[158] Ibid., p. 268.
[159] LC 3008, in Perfezione evangelica, cit., p. 119.
[160] Sant'Alfonso Maria de' Liguori, Uniformità..., in op. cit., p. 270.
[161] Id., Pratica di amare Gesù Cristo, Roma 1973, pp. 173-174.
[162] Id., Uniformità..., in op. cit., pp. 270-271.
[163] Ibid., p. 271.
[164] Ibid., p. 272.
[165] Ibid.
[166] Ibid., pp. 273-274.
[167] Ibid., pp. 275-276.
[168] Ibid., pp. 281-282.
[169] Ibid., p. 277.
[170] Id., Pratica..., cit., p. 175.
[171] Id., Uniformità..., in op. Clt., p. 279
[172] Ibid., p. 284.
[173] Id., Pratica..., cit., p. 181.
[174] Ibid., pp. 182-185.
[175]  Id., Affetti divoti a Gesù Cristo, in Opere ascetiche, I, Roma 1933, pp. 384-385.