lunedì 27 agosto 2012

27 agosto: Martirologio e testi della Liurgia


Oggi 27 Agosto facciamo memoria di santa Monica.
La grandezza della santità di Agostino ha influito perché la sua festa fosse preceduta da quella della sua santa mamma. La vita di questa madre ci è nota soltanto attraverso le «Confessioni» del figlio, che ha su di lei pagine stupende. Cristiana dalla fede robusta e profondamente pia, riuscì con la dolcezza a convertire il marito pagano e irascibile, e con la forza delle preghiere e delle lacrime il figlio sensuale e intellettualmente sviato. Sedici anni attese e operò con pazienza perché Agostino, recatosi in Italia in cerca d’avventura, si ravvedesse. Andò a cercarlo a Roma e poi a Milano dove assistette al suo Battesimo. Non rivide più l’Africa perché morì a Ostia prima di imbarcarsi. Là, madre e figlio ebbero una profonda esperienza mistica.
Santa Monica ci invita ad unire al sacrificio eucaristico di Cristo tutte le sofferenze delle famiglie i cui membri non hanno in comune la stessa fede. Il ruolo della donna è in questi casi insostituibile.
Cerchiamo di arrivare alla sapienza eterna
Dalle «Confessioni» di sant'Agostino, vescovo (Lib. 9, 10-11; CSEL 33, 215-219)
Era ormai vicino il giorno in cui ella sarebbe uscita da questa vita, giorno che tu conoscevi mentre noi lo ignoravamo. Per tua disposizione misteriosa e provvidenziale, avvenne una volta che io e lei ce ne stessimo soli, appoggiati al davanzale di una finestra che dava sul giardino interno della casa che ci ospitava, là presso Ostia, dove noi, lontani dal frastuono della gente, dopo la fatica del lungo viaggio, ci stavamo preparando ad imbarcarci. Parlavamo soli con grande dolcezza e, dimentichi del passato, ci protendevamo verso il futuro, cercando di conoscere alla luce della Verità presente, che sei tu, la condizione eterna dei santi, quella vita cioè che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrò in cuore d'uomo (cfr. 1 Cor 2, 9). Ce ne stavamo con la bocca anelante verso l'acqua che emana dalla tua sorgente, da quella sorgente di vita che si trova presso di te. Dicevo cose del genere, anche se non proprio in tal modo e con queste precise parole. Tuttavia, Signore, tu sai che in quel giorno, mentre così parlavamo e, tra una parola e l'altra, questo mondo con tutti i suoi piaceri perdeva ai nostri occhi ogni suo richiamo, mia madre mi disse: «Figlio, quanto a me non trovo ormai più alcuna attrattiva per questa vita. Non so che cosa io stia a fare ancora quaggiù e perché mi trovi qui. Questo mondo non è più oggetto di desideri per me. C'era un solo motivo per cui desideravo rimanere ancora un poco in questa vita: vederti cristiano cattolico, prima di morire. Dio mi ha esaudito oltre ogni mia aspettativa, mi ha concesso di vederti al suo servizio e affrancato dalle aspirazioni di felicità terrene. Che sto a fare qui?».
Non ricordo bene che cosa io le abbia risposto in proposito. Intanto nel giro di cinque giorni o poco più si mise a letto con la febbre. Durante la malattia un giorno ebbe uno svenimento e per un pò di tempo perdette i sensi. Noi accorremmo, ma essa riprese prontamente la conoscenza, guardò me e mio fratello in piedi presso di lei, e disse, come cercando qualcosa: «Dove ero»?
Quindi, vedendoci sconvolti per il dolore, disse: «Seppellire qui vostra madre». Io tacevo con un nodo alla gola e cercavo di trattenere le lacrime. Mio fratello, invece, disse qualche parola per esprimere che desiderava vederla chiudere gli occhi in patria e non in terra straniera. Al sentirlo fece un cenno di disapprovazione per ciò che aveva detto. Quindi rivolgendosi a me disse: «Senti che cosa dice?». E poco dopo a tutti e due: «Seppellirete questo corpo, disse, dove meglio vi piacerà; non voglio che ve ne diate pena. Soltanto di questo vi prego, che dovunque vi troverete, vi ricordiate di me all'altare del Signore».
Quando ebbe espresso, come poté, questo desiderio, tacque. Intanto il male si aggrava ed essa continuava a soffrire.
In capo a nove giorni della sua malattia, l'anno cinquantaseiesimo della sua vita, e trentatreesimo della mia, quell'anima benedetta e santa se ne partì da questa terra.

Preghiera a santa Monica
Moglie e madre dalle virtù evangeliche inenarrabili, cui il Buon Dio ha concesso la Grazia, per mezzo della sua fede incrollabile davanti ogni tribolazione ed alla sua costante preghiera fiduciosa, di vedere convertito suo marito Patrizio e suo figlio Agostino, accompagni e guidi noi, spose e madri nel nostro arduo cammino verso la santità. Santa Monica, tu che hai raggiunto le vette dell'Altissimo , dall'alto veglia e intercedi per noi che annaspiamo nella polvere tra mille e mille difficoltà. A te affidiamo i nostri figli, fa di loro una bella copia del tuo Agostino e donaci la gioia di vivere con loro momenti di spiritualità intensa quale voi viveste ad Ostia, per essere insieme dove voi siete. Raccogli ogni nostra lacrima, annaffia il legno della Croce del nostro Gesù affinché da esso possa sgorgare abbondanti grazie celesti e d eterne! Santa Monica prega e intercedi per tutti noi. Amen

* * *

Sempre oggi 27 agosto ricordiamo:



Cesario di Arles (ca. 470-543), monaco e pastore
Nel 543 muore Cesario, monaco e vescovo della diocesi di Arles.
Nato attorno al 470 nei pressi di Chalon-sur-Saône, Cesario partì ventenne alla volta dell'isola di Lérins, dove fu iniziato alla vita monastica. A motivo degli eccessi della sua ascesi, egli fu costretto a ritirarsi ad Arles, presso il vescovo Eone, che gli affidò la direzione di un monastero. Alla morte di Eone, nel 503 Cesario fu eletto al suo posto a reggere la diocesi, in tempi di grande difficoltà dovuti al succedersi di varie dominazioni e al perdurare delle controversie pelagiane. Appassionato predicatore dell'Evangelo, Cesario si adoperò con insistenza per trasmettere al clero e ai fedeli l'amore per la Parola di Dio; uomo di grande discernimento, egli presiedette alcuni sinodi importanti delle chiese di Gallia, e diede impulso alla vita monastica, rimastagli nel cuore, attraverso la composizione di regole, sia per i monaci che per le monache, nelle quali tentò nuove sintesi tra l'esperienza dei padri del deserto e il monachesimo cenobitico del suo tempo. La sua opera letteraria, piuttosto vasta anche se non sempre originale, ebbe grande diffusione in tutto l'occidente medievale.
TRACCE DI LETTURA
Sorelle, quando lavorate in gruppo, una di voi legga alle altre fino alle dieci del mattino; nel tempo che rimane, la meditazione della Parola di Dio e la preghiera interiore non dovranno interrompersi. Abbiate un cuore solo e un'anima sola nel Signore; tutto abbiate in comune, come si legge negli Atti degli Apostoli.
Quando poi pregate Dio con salmi e inni, quello che viene pronunciato con la voce si rifletta nel cuore. Qualunque cosa stiate facendo, quando non vi dedicate alla lettura, rimeditate sempre qualche punto delle divine Scritture
 (Cesario di Arles, Statuti delle sante vergini 20 e 22).
PREGHIERA
Signore,
tu hai dato a san Cesario di Arles
la capacità di insegnare al popolo la tua Parola;
apri dunque i nostri cuori
al messaggio che egli ci ha trasmesso
con fedeltà e convinzione.
Te lo chiediamo per Cristo, nostro Signore.


Di seguito i testi della liturgia di oggi, 27 AGOSTOXXSETTIMANA DEL T.O. ANNO PARI LUNEDÌ
con un pensiero di commento al Vangelo.

Antifona d'Ingresso  Cf Pr  14,1-2
Ecco la donna saggia, che edifica la sua casa,
teme il Signore e cammina sulla via della giustizia.


Colletta
O Dio, consolatore degli afflitti, che hai esaudito le pie lacrime di santa Monica con la conversione del figlio Agostino, per la loro comune preghiera donaci una viva contrizione dei nostri peccati, perché gustiamo la dolcezza del tuo perdono. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo..
.
 
LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura
   2 Ts 1,1-5. 11-12Sia glorificato il nome del Signore nostro Gesù in voi, e voi in lui.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési
Paolo e Silvano e Timòteo alla Chiesa dei Tessalonicési che è in Dio Padre nostro e nel Signore Gesù Cristo: a voi, grazia e pace da Dio Padre e dal Signore Gesù Cristo.
Dobbiamo sempre rendere grazie a Dio per voi, fratelli, come è giusto, perché la vostra fede fa grandi progressi e l’amore di ciascuno di voi verso gli altri va crescendo. Così noi possiamo gloriarci di voi nelle Chiese di Dio, per la vostra perseveranza e la vostra fede in tutte le vostre persecuzioni e tribolazioni che sopportate. È questo un segno del giusto giudizio di Dio, perché siate fatti degni del regno di Dio, per il quale appunto soffrite.
Il nostro Dio vi renda degni della sua chiamata e, con la sua potenza, porti a compimento ogni proposito di bene e l’opera della vostra fede, perché sia glorificato il nome del Signore nostro Gesù in voi, e voi in lui, secondo la grazia del nostro Dio e del Signore Gesù Cristo.


Salmo Responsoriale   Dal Salmo 95
Annunciate a tutti i popoli le meraviglie del Signore. Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome.

Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza.
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie.

Grande è il Signore e degno di ogni lode,
terribile sopra tutti gli dèi.
Tutti gli dèi dei popoli sono un nulla,
il Signore invece ha fatto i cieli.
     

Canto al Vangelo 
  Gv 10,27 
Alleluia, alleluia.
Le mie pecore ascoltano la mia voce, dice il Signore,
e io le conosco ed esse mi seguono.

Alleluia.

Vangelo
   Vangelo   Mt 23, 13-22Guai a voi, guide cieche.

Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù parlò dicendo:
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo prosèlito e, quando lo è divenuto, lo rendete degno della Geènna due volte più di voi.
Guai a voi, guide cieche, che dite: “Se uno giura per il tempio, non conta nulla; se invece uno giura per l’oro del tempio, resta obbligato”. Stolti e ciechi! Che cosa è più grande: l’oro o il tempio che rende sacro l’oro? E dite ancora: “Se uno giura per l’altare, non conta nulla; se invece uno giura per l’offerta che vi sta sopra, resta obbligato”. Ciechi! Che cosa è più grande: l’offerta o l’altare che rende sacra l’offerta? Ebbene, chi giura per l’altare, giura per l’altare e per quanto vi sta sopra; e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che lo abita. E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso».
  Parola del Signore.




Lettura
La polemica di Gesù contro i Farisei si fa ancora più aspra. Il Signore, come gli antichi profeti, scaglia contro di loro sette “guai”, denunciandone l’ipocrisia e l’uso strumentale che essi fanno della religione. Più che maledizioni, le invettive di Gesù sono una messa in guardia in modo ultimativo. Si manifesta attraverso di essi il giudizio di Dio sui capi del popolo che, abusando della Legge divina, vollero la morte del Cristo. Sono, in prospettiva, condannati anche i Giudei che, alcuni anni dopo, escluderanno dalle sinagoghe i seguaci del Nazareno. È anche avvertimento alla Chiesa, nella quale, come dirà san Paolo agli anziani di Efeso, «sorgeranno alcuni a parlare di cose perverse, per attirare i discepoli dietro di sé»(At 20,30) e non dietro Cristo.
Meditazione
Ai “guai” del Vangelo contro gli «scribi e farisei ipocriti»,si contrappone, come prima lettura, il brano con cui il fariseo Paolo, divenuto apostolo di Gesù, si rivolge alla Chiesa da lui fondata a Tessalonica. Una comunità che ha accolto il primo annuncio cristiano e che adesso «fa grandi progressi» nella fedefino a sopportare «persecuzioni e tribolazioni». Si dimostra così che il regno di Dio non si edifica se non mediante la sofferenza. Come quella che manifesta l’Apostolo quando vede aggrediti i teneri germogli del suo impegno missionario. Sofferenza che, nei versetti omessi (6-11), porta san Paolo a chiedere il “castigo eterno”per coloro che affliggono i credenti che egli ha generato al Cristo. L’antico Fariseo capisce allora perché il Signore si scagliò così violentemente contro i seguaci della sua setta. Nelle parole forti dette da Gesù non c’è rabbia ma amore. Il Cristo, come farà poi l’Apostolo, protegge quelli che nel Vangelo di Matteo sono chiamati “i piccoli”, i quali non avendo strumenti culturali, sono facilmente plagiabili dagli “scribi”, gli intellettuali dell’epoca. Quando, invece, a cadere nella trappola di falsi maestri che stravolgono la fede sarà un giovane intelligente come Agostino, ci vorrà tutta la perseverante preghiera e la sofferenza pluriennale di una vedova, Monica, a riportare il figlio all’unica vera fede che ci fa “degni del regno di Dio”.Quella sofferenza si tramutò, finalmente, in gioia quando Agostino si convertì e si fece battezzare dal Vescovo Ambrogio, lo stesso che aveva rincuorato la madre dicendole: «Non è possibile che un figlio di tante lacrime perisca». Lasciamo, dunque, che Gesù, in quanto giudice, dica “guai” a chi attenta alla fede dei nostri figli, noi, come santa Monica, preghiamo e piangiamo perché essi si convertano.
Preghiera
Io sono stremato dai lungi lamenti, ogni notte inondo di pianto il mio giaciglio, irroro di lacrime il mio letto. I miei occhi si consumano nel dolore. Ma il Signore ascolta la voce del mio pianto. Il Signore ascolta la mia supplica, il Signore accoglie la mia preghiera (dal Salmo 6).
Agire
Pregherò il quinto mistero della gioia, pensando a tutti i figli “smarriti”.
Meditazione del giorno a cura di P. Salvatore Piga, osb, tratta dal mensile Messa Meditazione, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti: info@edizioniart.it