venerdì 31 agosto 2012

Martini: Lettere Pastorali - "Educare ancora" (1989)


Educare ancora
[1] "Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: Ecco, sono tre anni che vengo a cercar frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno? Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest'anno, finché io gli zappi attorno e vi metta il concime e vedremo se porterà frutto per l'avvenire; se no, lo taglierai" (Lc 13, 6-9).
Questa parabola di Gesù mi ritorna alla mente quando penso al programma pastorale del prossimo anno 1989-1990. Ci eravamo impegnati a lavorare per due anni ( 1987-1988 e 1988-1989) sul tema dell'educare. Erano uscite due lettere pastorali, la prima sull'azione di Dio come principio e modello di ogni attività educativa (l)io educa il suo popolo), la seconda sui cammini pratici da seguire (Itinerari educativi). Mi preparavo ad affrontare il tema del comunicare, il secondo dei tre temi operativi previsti (il terzo sarà quello del vigilare e troverà un suo momento particolarmente significativo nella celebrazione del Sinodo Diocesano).
Il nostro V Consiglio presbiterale, però, in una delle sue ultime sedute, suggerì che sarebbe stato opportuno continuare ancora per un anno il tema educare, per permettere l'esecuzione e la verifica degli adempimenti dello scorso anno.
Vogliamo dunque imitare il padrone della parabola, che concedette ancora un anno al fico infruttuoso perché mostrasse ciò che fosse capace di fare.
Non possiamo dire, però, che questi due anni siano stati infruttuosi: parecchie iniziative previste in Itinerari educativi (cf nn. 110-114) sono state messe in moto: penso in particolare allo splendido incontro dei delegati dei giovani al Palalido, nei giorni 6-7 maggio 1989. Tuttavia ritengo che il suggerimento del Consiglio presbiterale sia opportuno. Infatti, anche per l'impegno notevole richiesto dal cammino verso Sichem, non è stato possibile portare a termine tutto quanto era stato previsto e verificare con attenzione il cammino compiuto. Per questo il programma educare viene prolungato di un anno: dunque, educare ancora!
[2] Naturalmente non vorrei che fosse un anno in cui "ci si siede". Occorre zappare attorno all'albero, mettere concime, darsi da fare per favorire un gustoso raccolto. Questa strategia di attuazione e verifica di un programma pastorale già avviato in precedenza non deve apparire meno impegnativa della fase della progettazione e dell'avvio dei due anni trascorsi. Abbiamo finalmente un anno dedicato tutto e soltanto alla assimilazione, attuazione e verifica di quanto è stato proposto sull'educare negli anni 1987- 1989!
Questa Nota pastorale vuole appunto aiutare in tale compito. Essa si rivolge in particolare a tutti coloro che oggi si chiamano "operatori pastorali", ma che preferirei chiamare "operai del Vangelo", "collaboratori di Dio" (cf 1 Cor 3,9 e 2 Cor 6,1). Sono i nostri presbiteri, i religiosi e le religiose, i membri dei Consigli pastorali, i catechisti, gli educatori di Oratorio, ecc. Penso, in modo particolarissimo, a tutti i giovani che ho incontrato a Sichem e ai quali rinnovo l'appello a lavorare con energia nella vigna del Signore.
Raccomando di leggere la presente Nota pastorale avendo a portata di mano le due lettere precedenti Dio educa il suo popolo e Itinerari educativi. Infatti essa è dichiaratamente pratica e trova il suo sfondo teologico e pedagogico in quanto è stato scritto precedentemente. L'esercizio a cui vorrei invitarvi è quello di considerare il nuovo anno pastorale come "segmento" di un periodo più lungo (il triennio 1987-1990), con sottolineature diverse e tra loro complementari. Il triennio è partito dalla contemplazione di Dio educatore per giungere alla considerazione di alcune caratteristiche del lavoro educativo oggi, alla individuazione di alcuni fondamentali itinerari educativi e all'impegno concreto per la messa in atto di alcuni adempimenti pratici. La tappa di quest'anno 1989-1990 tocca l'ultimo punto, ma si connette con le precedenti che la illuminano, mentre le precedenti trovano in questa una garanzia di reale assimilazione e immissione nel circolo della vita delle nostre comunità.
Educare ancora vuol ripetere a tutti, anche a coloro che si sentissero un po' affaticati, che è tempo di andare di nuovo nella vigna, anche se l'ora è tarda e la giornata pesa. Occorre riprendere con lena ogni anno il lavoro dell'educare, tirarsi su dall'umiliazione degli eventuali fallimenti educativi, guardare a Dio educatore, lasciarsi illuminare dalla luce di
Questa Nota avrà cinque punti, così come cinque furono gli adempimenti proposti lo scorso anno. Al primo posto metterò il dopo-Sichem, perché quello che nella lettera Itinerari educativi era il terzo adempimento, cioè l'Assemblea di Sichem (cf n. 112) è stato felicemente portato a termine: si tratta ora di trarne le conseguenze. Le altre parti della lettera esamineranno i restanti quattro adempimenti nell'ordine in cui furono proposti nella lettera dello scorso anno, cioè il progetto educativo, il dopo-Cresima, la pastorale giovanile e le scuole per operatori pastorali (cf nn. 110-111; 113-114)
Pongo queste pagine sotto il segno dell'ultima Esortazione post-sinodale di Giovanni Paolo II Christifideles laici, in particolare là dove dice: "Certamente urge dovunque rifare il tessuto cristiano della società umana. Ma la condizione è che si rifaccia il tessuto cristiano delle stesse comunità ecclesiali" (n. 34).
[3] 1. Sichem ha messo a fuoco un tema centrale: la fede oggi è una scelta! (cf Sichem 88-89, Andate anche voi nella mia vigna, Centro Ambrosiano, Milano 1989, nn. 39-43 e 76).
Con ciò non si vuol dire che la decisione di fede non sia da sempre una decisione libera e personale del soggetto credente. Si intende sottolineare che le circostanze storiche e culturali di oggi mettono in luce più che in tempi passati che chi è cristiano lo è e lo sarà per una decisione personale di fede.
"Scegliamo di servire il Signore", ci siamo detti a Sichem, facendo eco al popolo di Dio radunato da Giosué. E abbiamo aggiunto "e lo proclamiamo!", facendo eco alle parole del Papa che nel messaggio ai giovani per l'anno 1989 scrive: "Dalla nuova scoperta di Cristo, quando è autentica, nasce sempre, come diretta conseguenza, il desiderio di portarlo agli altri, cioè un impegno apostolico" (Sichem 88-89., n. 45).
2. Centrata sulla scelta di fede, l'Assemblea di Sichem ha mostrato la capacità dei giovani prove nienti da tutte le parti della Diocesi di stare insieme, di pregare insieme, di progettare insieme. E emerso qualcosa del grande capitale di generosità che c'è nei nostri fratelli e sorelle più giovani, insieme alla necessità di non lasciare che un simile capitale di energie e di speranze si disperda. Molti giudizi negativi che si sentono riguardo alla gioventù di oggi non tengono conto di queste forze preziose, capaci di essere lievito per una massa. E a loro anzitutto che Gesù affida il suo regno tra gli altri giovani (cf Sichem 88-89.., nn. 113-120).
[4] 3. Il farsi dell'Assemblea di Sichem ha pure mostrato come sia possibile e importante proporre un dinamismo che coinvolga tutte le Parrocchie, anche le più piccole, che metta insieme i giovani nell'ambito decanale, che faccia leva sulle forze esistenti per dare loro coraggio e collegarle nello sforzo verso mete comuni (cf Sichem 88-89..., nn. 114-115). Sarebbe triste lasciar cadere queste intuizioni preziose per ritornare a una gestione della pastorale giovanile legata alla semplice routine quotidiana. Per questo è opportuno approfondire anche quest'anno il quarto adempimento di Itinerari educativi (n. 113) di cui parleremo in seguito.
[5] 4. Infine mi pare che Sichem abbia evidenziato le aperture vocazionali del mondo giovanile.
Per approfondire questo aspetto vorrei tentare una nuova iniziativa vocazionale, da porre accanto alle altre già esistenti e lodevolmente portate avanti soprattutto dal Seminario e dal Centro Diocesano Vocazioni. Si tratta del gruppo Samuele un gruppo di giovani e ragazze dai 17 ai 25 anni che si impegni a compiere con me un cammino vocazionale per tutto l'anno pastorale 1989-1990 (cf Sichem 88-89. .. n. 124).
Le persone adatte mi saranno segnalate in particolare dai loro preti e saranno scelte tra coloro che, pur non avendo ancora preso una decisione chiara sul loro futuro, sono aperti a ogni chiamata di Dio sia nell'ambito dello stato di vita (sacerdotale, religioso, matrimoniale) sia nell'ambito di servizi qualificati (volontariato, evangelizzazione, educazione, servizio sociale e politico, ecc.).
Si prevederanno incontri mensili di preghiera e di riflessione, con l'impegno di giungere, entro la fine dell'anno, a qualche coraggiosa decisione vocazionale, anche temporanea, da parte di ciascuno. Questa potrà consistere, per fare degli esempi, nel mettersi a disposizione per un'opera di volontariato particolarmente impegnativa oppure nell'iniziare una serie di colloqui con i responsabili del Seminario per un discernimento più approfondito o altra decisione simile. Il testo su cui riflettere potrebbe essere quello della storia di Samuele, profeta religioso e politico (cf 1 Sam 1-10).
[6] Mentre raccomando questa iniziativa alla preghiera di tutti, in particolare dei consacrati, chiedo a questi ultimi più passione vocazionale. Chi ha veramente trovato la perla preziosa (cf Mt 13,45-46) gode che molti altri facciano la stessa scoperta e li aiuta a farla.
Inoltre, per incoraggiare la pastorale vocazionale femminile, detterò un corso di Esercizi spirituali nella nostra casa di Triuggio dal 19 al 25 agosto 1990 riservato alle adolescenti e alle giovani che si propongono di riflettere seriamente su una scelta di consacrazione. Mi auguro che questa iniziativa sia invito a uno sforzo unitario e concorde volto a "ripresentare l'ideale evangelico della verginità, in cui si realizza in una forma speciale sia la dignità che la vocazione della donna" (Mulieris Dignitatem, n. 20).
[7] 5. Concludo queste indicazioni con due riflessioni che vogliono rispondere alle domande: quale il ruolo dei presbiteri nell'esperienza di Sichem? Quale il ruolo attuale dei giovani che vi hanno partecipato?
L'Assemblea di Sichem è stata celebrazione della Alleanza: quella nuova ed eterna compiuta dal Signore Gesù Cristo e celebrata dalla Chiesa nell'Eucaristia. Il presbitero è a servizio di questa nuova Alleanza (cf 2 Cor 3,6), introdotto nel ministero glorioso dello Spirito (cf 2 Cor 3,8). Tale ministero, come ho avuto occasione di dire nel ritiro al clero della città di Milano lo scorso anno (cf Strumento di lavoro per Sacerdoti e Religiosi, pp. 10-19, e in: Ambrosius 2, marzo-aprile 1989, pp. 133-146) ha tre caratteristiche essenziali, che corrispondono ai tre aspetti del dono dell'Alleanza:
a. è proclamazione delle grandi opere di salvezza e di liberazione compiute da Dio già nell'Antico Testamento e in Gesù Cristo, salvatore dal peccato e dalla morte;
b. è a servizio della perfetta e reciproca comunione tra Dio e l'uomo, del sogno di Dio già espresso dai profeti ("Voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio") e che ha trovato pienezza nell'invito di Cristo a entrare nella sua intimità per conoscere, in tal modo, l'intimità con il Padre;
c. infine, il ministero della nuova Alleanza è a servizio di ciò che può essere giustamente chiamato il frutto dell' Alleanza: l'adesione alla legge del Signore. "La tua legge è la gioia del mio cuore", "Lampada ai miei passi è la tua parola" - come leggiamo nel Salmo (119 (118),35.47.77.92.105. ) - o, come viene indicato dal Vangelo di Giovanni, "Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato" (13,34; 15,12): il precetto della carità, che riassume tutta la legge (cf Rm 13,8-10, Gal 5,14), è il frutto maturo dell'Alleanza.
Il presbitero annuncia le grandi opere di Dio soprattutto con la predicazione e con l'Eucaristia, proclamazione della salvezza nella morte e risurrezione di Gesù; è a servizio della comunione tra Dio e l'uomo soprattutto con le celebrazioni sacramentali; promuove la carità con l'insieme della sua azione educativo-pastorale che è tutta protesa a far crescere nel singolo cristiano e nella comunità i sentimenti e le scelte di Gesù.
[8] 6. La partecipazione all'Assemblea di Sichem è stata per il delegato un chiaro invito a prendersi una responsabilità. Anche quando l'impegno è stato affrontato senza troppa riflessione, esso ha segnato una data importante nella sua vita di giovane: il Signore ha bussato alla porta.
Lungo l'arco di parecchi mesi, il delegato ha compiuto un serio cammino spirituale, che l'ha condotto a una conoscenza di sé più attenta e a un rapporto più vero con il Signore Gesù. Andare verso l'Assemblea di Sichem non ha voluto dire anzitutto darsi da fare in qualche bella iniziativa, ma chiamarsi in causa al livello delle scelte profonde e determinanti.
Il delegato di Sichem ha ricevuto una grazia particolare dallo Spirito santo: quella del fuoco apostolico, il desiderio intimo e la concreta disponibilità a dare una mano al Signore per annunciare la fede, soprattutto ai propri coetanei.
A questo punto il delegato di Sichem, nella scia del programma pastorale diocesano, parte per il luogo dell'azione (e spesso del "combattimento" per la fede) camminando insieme con i propri fratelli che in Parrocchia, in Decanato, nell'ambiente di studio o di lavoro, nell'Azione Cattolica e nei diversi gruppi che hanno vissuto spiritualmente il cammino di Sichem, portano la medesima responsabilità.
[9] 1. Scrivevo nella lettera dello scorso anno Itinerari educativi: "Adempimento fondamentale: ciascuna realtà educativa (in particolare ogni Parrocchia, Oratorio, scuola cattolica, gruppo, eccetera) verifichi il proprio progetto educativo o lo costituisca per la prima volta" (n. 110). Indicavo quindi alcune modalità per l'attuazione di questo impegno.
Che cosa è avvenuto a un anno di distanza? E ancora presto per un bilancio definitivo, ma posso dire che nel frattempo sono moltissime le realtà educative che hanno portato avanti questo adempimento.
Esprimo qui il mio grazie più sincero e il mio plauso a quanti hanno lavorato per il progetto (hanno già risposto oltre la metà delle Parrocchie). Ho davanti a me alcuni elaborati. Talora si tratta di interi libretti, anche a stampa, talaltra di poche pagine dattiloscritte. Mi colpiscono in particolare quelli che non riportano frasi altrui, ma sono frutto di una vera analisi, ricerca, discussione, preghiera, compiute a partire dalla situazione locale. In questo caso, infatti, il "fare un progetto" è già in se stesso un importante salto di qualità: implica riflessione sulla propria situazione, contemplazione della volontà di Dio sulla comunità, preghiera in comune allo Spirito santo perché illumini e guidi sulle vie di Dio.
[10] 2. L'insistenza sull'utilità di elaborare un progetto pastorale, in particolare da parte delle Parrocchie, mi appare a distanza di un anno ancor più chiara nelle sue motivazioni di quanto non lo fosse al momento del lancio dell'iniziativa.
Si tratta in primo luogo di una scommessa sulla Parrocchia: è presupposta infatti la persuasione che ogni Parrocchia può e deve svolgere un lavoro serio, capace di condurre le persone fino alla maturità della vita cristiana.
In secondo luogo si valorizzano in maniera effettiva i laici e, tra loro, soprattutto quelli che hanno la responsabilità di membri del Consiglio pastorale parrocchiale.
In terzo luogo si vogliono aiutare i presbiteri a vivere la carità pastorale anche come dedizione generosa e intelligente all'attuazione del programma pastorale diocesano. Appunto questa carità pastorale "oggettiva" li stimola a elaborare progetti pastorali validi per le singole parrocchie.
3. Che cosa mi attendo per questo anno 19891990? Innanzitutto che chi non ha ancora consegnato il progetto lo faccia in maniera sollecita (rispettivamente al Vicario di Zona, al Pro-Vicario Generale per le realtà del laicato organizzato, all'Ufficio scolastico, al Vicario episcopale per la vita consacrata). Ci si renda conto che quello del progetto non è un "lavoro in più", ma il modo ordinario di provvedere al bene della Parrocchia. Diventa anche una garanzia di continuità nel tempo, perché permette di evitare traumi a ogni passaggio di responsabilità. Troveremo il modo di far conoscere nelle sedi opportune qualche osservazione riassuntiva sui progetti pervenuti.
Mi attendo inoltre che chi ha già fatto e consegnato il progetto lo riveda alla luce dell'esperienza di un anno, coinvolgendo in questa revisione coloro che hanno contribuito a scriverlo. Sarà utile a questo scopo tenere presenti le indicazioni date in Itinerari educativi (cf nn. 14 e 90 e Scheda n 5).
[11] 1. Il secondo adempimento di Itinerari educativi raccomandava il seguente impegno: "Le Parrocchie, gli Oratori, le associazioni, le scuole cattoliche, ecc. diano attenzione prioritaria... all'età che segue immediatamente la Cresima" (n. 111). Quest'anno siamo chiamati ad approfondirlo ulteriormente.
Non c'è Parrocchia da me visitata nella quale non si avverta acutamente il problema. Molti domandano con angoscia: perché la fuga dopo la Cresima, perché si svuotano gli Oratori, perché non riusciamo più a interessare questi ragazzi?
Cercai di rispondere a questi "perché" nella Scheda n 2 L'adolescente e le sue fughe di Itinerari educativi, mentre nella Scheda n 3 esposi alcuni principi da tenere presenti per gli itinerari educativi per l'adolescenza. Ho avuto l'impressione, dalle domande che mi sono state fatte nelle visite pastorali, che molti pur interrogandosi ansiosamente su questi problemi, non hanno per nulla letto né tanto meno meditato quelle pagine. Un'impressione talora penosa: si preferisce lamentarsi e accumulare domande, ma non ci si prende la briga di esaminare a fondo il problema, di meditare sulle soluzioni offerte, di migliorare quanto già si fa.
2. D'altra parte è giusto distinguere con accuratezza il problema così come esso si pone subito dopo la Cresima (12 anni) da quello che si pone dopo la Professione di fede (14-15 anni). Vorrei qui invitare a riflettere sul tema più specifico del dopo-Cresima, cioè dei dodicenni che hanno ricevuto il Sacramento della Confermazione e che sono chiamati a continuare, attraverso un itinerario attentamente elaborato, la vita di Oratorio in vista della Professione di fede da farsi al termine della terza media o all'inizio delle scuole superiori (cf Card. Giovanni Colombo, Evangelizzazione e ministero della catechesi, in: RDM, 1977, pp. 771-805; in particolare nn. 33-36. Cf anche La comunità cristiana, in: RDM, 1978, pp. 662-728; in particolare cap. II, La catechesi).
Ciascuna Parrocchia e ciascun Oratorio riprenda in mano la parte del progetto educativo che riguarda questi ragazzi e ragazze e si interroghi con amore: abbiamo fatto tutto quanto ci eravamo prefissi? che cosa ci ha aiutato, che cosa non ha funzionato, quali mutamenti apportare nel progetto per il prossimo anno? come interessare a questo problema tutta la Parrocchia, a cominciare dai genitori?
[12] 3. Mi pare infatti che le ragioni di crisi in questo periodo siano principalmente riconducibili a quattro soggetti responsabili:
- i genitori: se frequentano poco la Chiesa e ritengono che la preparazione alla Cresima abbia concluso l'iniziazione del fanciullo alla vita cristiana, non si curano più di insistere perché il figlio frequenti l'Oratorio, anzi spesso sono i primi a distoglierlo impedendogli di partecipare alle attività oratoriane;
- l'ambiente di poca fede e di consumismo in cui i ragazzi vivono, in particolare ciò che assorbono dalla televisione: è un mondo che non li incoraggia a fare sacrifici per approfondire e vivere la propria fede, al contrario tende a renderli scettici e indifferenti;
- l'Oratorio: se è impostato solo su ciò che è più facile, cioè sulla cura dei ragazzi più piccoli fino alla Cresima, e non ha educatori validi e numerosi, né propone iniziative coinvolgenti ai ragazzi già un po' più grandi, non costituisce un gruppo di riferimento significativo per un ragazzo dopo la Cresima. E necessario pertanto che favorisca un'autentica vita di gruppo non limitata ai soli momenti di catechesi, e che gli educatori siano numerosi, attenti, pieni di amore, capaci di superare gli inevitabili fallimenti educativi;
- infine, il fattore più importante, cioè il ragazzo stesso: entra già nelle prime lotte per il dominio della propria sensualità, si affaccia ai primi problemi di fede, mentre si trova immerso in una atmosfera d'incertezza morale e di consumismo e non riceve spesso né in famiglia né fuori esempi stimolanti ed entusiasmanti di vita cristiana autentica.
Ci si può poi chiedere se talora il tragitto che viene proposto per giungere fino alla Cresima non finisca per comprimere i ragazzi che, nel giorno della Cresima stessa, si sentono finalmente come "liberati", e vogliono dare a se stessi un qualche segnale di essere emancipati e adulti.
[13] 4. Tenendo conto di questi fattori, a coloro che mi interrogano su questi problemi, sono solito rispondere che c'è piuttosto da stupirsi che ancora tanti ragazzi, in un'atmosfera di questo tipo, continuino a venire all'Oratorio e si rendano disponibili a un ulteriore cammino. Diventa allora importante esaminare che cosa li spinge, malgrado tante difficoltà, a perseverare. Si tratta di fattori contrari a quelli sopra recensiti:
- una famiglia che "ci tiene" all'educazione completa del ragazzo e dà valore all'educazione oratoriana;
- l'energia con cui il ragazzo e la famiglia si difendono da un mondo consumista e borghese, conducendo in casa e in Oratorio una vita che sappia porre gesti e abitudini "controcorrente";
- un ambiente oratoriano caldo, ricco di amicizia e di attenzione fraterna e paterna, capace di tante piccole iniziative che suscitino un clima di creatività e di gioia;
[14] - il fatto che il ragazzo o la ragazza hanno cominciato una vita spirituale seria, alimentata dalla preghiera e dai sacramenti, maturando così le convinzioni interiori che li guideranno nelle scelte morali. Per questa crescita è importante che il prete sia vicino a ogni cresimato e si dedichi alla sua formazione spirituale, soprattutto nel ministero della Riconciliazione.
Leggendo i progetti pastorali che mi sono pervenuti, noto che alcuni di essi danno spazio a questi criteri e mostrano una percezione realistica del problema. Altri sono più vaghi e generici. Non vedo poi ancora recepita da molti la raccomandazione espressa nella lettera dello scorso anno "di assegnare a ogni ragazzo/a nominatamente un educatore o un'educatrice che ne siano come responsabili per il periodo di preparazione alla Professione di fede" (Itinerari educativi n. 111). Capisco che ciò è difficile: ma occorre formare educatori in numero tale da poter affidare un numero non troppo alto di ragazzi a ciascuno di loro.
[15] 5. Il dopo-Cresima richiede ancora alcune attenzioni essenziali.
Innanzitutto, tenendo conto che nella vita del ragazzo si verifica uno "stacco" rispetto al periodo precedente, occorre immaginare gli anni che vanno dalla Cresima alla Professione solenne di fede non semplicemente come anni di catechesi, ma come "itinerario" attivo e coinvolgente che, mentre comprende la catechesi, preveda altri tipi di incontro (anche gite, pellegrinaggi, ecc.) e faccia ricorso a iniziative differenti e appropriate per favorire l'integrazione tra la fede e la vita quotidiana del ragazzo (famiglia, studio, gioco, amicizie, ideali, ecc.).
La seconda attenzione riguarda la scelta degli educatori: se molte mamme hanno potuto sviluppare un prezioso apporto fino alla Cresima, pare opportuno privilegiare per il dopo-Cresima il contributo di giovani validi, dotati cioè di vera sensibilità per il lavoro di evangelizzazione e in grado di offrire un aiuto efficace alle persone nel compiere il "passo della fede".
Infine, occorre prevedere uno sbocco operativo al periodo del dopo-Cresima: esso dovrà comprendere un impegno personale, interiore ed esterno, nella logica della fede e un inserimento molto vivo in una comunità di adolescenti o di giovani, sia in Parrocchia che nell'ambiente scolastico o del tempo libero.
6. A conclusione di queste riflessioni chiedo a tutte le Parrocchie i seguenti impegni:
a) si dedichi quest'anno una particolare attenzione al dopo-Cresima; luogo per tale riflessione sarà ovviamente la stesura dei "progetti";
b) si deve creare nei genitori, nei padrini e nei cresimati il convincimento che la partecipazione all'itinerario del dopo-Cresima è un impegno per tutti i cresimati. Il non partecipare deve essere sentito come un'anomalia, un venir meno alle scelte espresse nella celebrazione della Cresima;
c) l'itinerario del dopo-Cresima dovrà consistere non soltanto in una catechesi, ma in un'attività formativa più ampia; è in preparazione un sussidio che ne indicherà le linee fondamentali;
[16] d) la conclusione dell'itinerario, e cioè la Professione di fede, dovrà consistere in una celebrazione solenne per la Parrocchia (sarà così più facile avvertire per chi non vi partecipasse quell'anomalia di cui ho parlato sopra);
e) ogni cresimato (o gruppo di cresimati) durante l'itinerario del dopo-Cresima (e se possibile anche dopo, per quanto con modalità diverse) sia seguito da un adulto della Parrocchia, responsabile del ragazzo, di cosa fa, come sta, dove si trova; l'assegnazione di tale adulto potrebbe avvenire già in modo formale nel giorno della Cresima. I padrini e le madrine ritengano tale adulto come aiuto alla loro missione;
[17] f) per questi compiti occorre una nuova schiera di educatori per la preadolescenza e l'adolescenza dotati di grandi capacità educative e metodi adeguati. Si dia priorità nelI'investimento delle energie pastorali alla formazione di "formatori". Ci si avvalga ampiamente degli aiuti offerti a questo scopo dall'Azione Cattolica e dalla FOM.
7. Sarò grato a coloro che vorranno collaborare a una lettera - che vorrei mandare a tutti i ragazzi che riceveranno la Cresima l'anno prossimo - proprio su questo tema del dopo-Cresima. I ragazzi e gli educatori mi potranno scrivere in proposito entro l'inizio della Quaresima 1990. Spero di poter raccogliere, in un messaggio indirizzato direttamente ai cresimandi, le riflessioni e i consigli più belli che avrò ricevuto.
Inoltre chiedo al Pro-Vicario Generale per l'attuazione del programma pastorale, all'Ufficio catechistico, all'Ufficio per il culto divino, al Responsabile per la pastorale giovanile (vedi sotto, cap. lV n. 2) di formulare proposte operative> elaborando anche idonei sussidi per la catechesi e la liturgia in questa età.
Desidero che all'inizio del 1990 ogni Decanato verifichi, con il Vicario Episcopale di Zona, il lavoro fatto da ciascuna Parrocchia> raccogliendo eventualmente i dati e i percorsi educativi più significativi. Un confronto in Decanato consentirà di superare le eventuali difficoltà che si incontrano in Parrocchia: può infatti favorire la collaborazione tra gli educatori e un incontro tra i ragazzi di questa età con vantaggio per le stesse iniziative parrocchiali.
[18] 8. Educare i ragazzi non è compito esclusivamente ecclesiale. Teniamo presente quanto ci siamo proposti in Dio educa il suo popolo: "Una società (e ogni comunità) influisce positivamente sugli individui quando è animata dal senso del bene comune; quando riconosce e valorizza la presenza e il lavoro di tutti i suoi membri, secondo i singoli ruoli; quando si propone continuamente degli obiettivi comuni. Occorre dunque promuovere in ogni campo una comunione di ideali> di responsabilità sociali, di beni, di tradizioni, di amicizie," (p. 52). Ebbene, sul tema dell'adolescenza e preadolescenza è possibile oggi entrare in dialogo con l'opinione pubblica, che percepisce l'importanza di questa età della vita e la sua fragilità. Invito dunque a interpellare la scuola, le società sportive, altri enti e istituzioni che hanno interessi o impegni educativi, così da realizzare incontri con esperti e creare un clima di attenzione educativa nei confronti di questi ragazzi. Iniziative di questo tipo sono più facilmente realizzabili su base decanale o cittadina.
[19] 9. Concludo citando alcune parole del Vicario Generale, che vedo più volte riprese dai progetti educativi oratoriani che sto esaminando:
"Vogliamo fare un Oratorio che tenga conto della situazione attuale dei ragazzi. Bisognerà che l'Oratorio realizzi in mille maniere un'attenzione straordinaria per questa età, che è poi l'età che coincide con la Cresima. Noi li dobbiamo considerare a uno a uno questi ragazzi e dobbiamo dire: in questo momento fare l'Oratorio vuol dire che la Parrocchia garantisce a questi ragazzi e a queste ragazze, anzi a ciascuno di loro, di avere un punto di riferimento personale; che non si dimentichi di nessuno di loro... per cui se un ragazzo non si vede, qualcuno sa perché, qualcuno va a vedere, parla con i genitori, parla con il ragazzo, che si sente dunque interpellato, seguito, amato, capito, sostenuto, magari anche richiamato, accolto, incoraggiato, mai anonimo".
Vorrei che ogni Oratorio si interrogasse: da noi le cose stanno realmente così? che cosa si può fare quest'anno per avvicinarci a questo ideale?
[20] 1. Il quarto adempimento del programma pastorale 1988-89 (Itinerari Educativi, n. 113) accoglieva l'auspicio di un piano per la "unificazione e razionalizzazione della pastorale giovanile, sia a livello diocesano che a livello decanale e parrocchiale, al fine di infondere energia e vitalità a tale azione pastorale usufruendo di tutto ciò che, tra i giovani-, è oggi in Diocesi fermento vivo e genuino".
Esiste qui un duplice problema: pratico e di quadro organizzativo.
Il problema pratico sta nel fatto che la situazione giovanile in Diocesi è preoccupante. In Parrocchie anche buone solo una minoranza dei giovani (in taluni casi il 10%) frequenta abbastanza regolarmente la messa festiva. La percentuale di quelli che si impegnano in Oratorio è assai più bassa. Il campo di lavoro è dunque immenso: si tratta di coinvolgere e di raggiungere missionariamente un numero vastissimo di giovani che "non sono di nessuno".
D'altra parte numerosi giovani sono impegnati attivamente sia nell'Azione Cattolica sia in altre associazioni o movimenti. Ogni coordinamento dal l'alto rischia quindi di creare un quadro organizzativo che si sovrappone alle iniziative già esistenti e di fare di alcuni giovani dei "superprotagonisti" o dei "sovraccaricati" mentre la grande massa rimane estranea.
[21] Questo problema, che, discusso a tavolino, può anche apparire un dilemma di non facile soluzione, si risolve solo con l'assoluta priorità della missione e della "nuova evangelizzazione" (cf Sichem 88-89.... nn. 44-47; 104- 110;130- 132).
Il cammino verso l'Assemblea di Sichem ci aiuta a comprendere ciò. Esso ha espresso la coscienza che un cristianesimo evangelizzatore è un punto di non ritorno per il cammino futuro della pastorale giovanile e ha mostrato durante tutto quest'anno che esiste un tesoro di disponibilità nella base diocesana. Ha anche dato l'esempio di un cammino con tappe, scadenze, proposte, sussidi, coinvolgendo molte migliaia di persone, in particolare i delegati.
Dobbiamo imparare dall'esperienza per continuare a tenere deste queste energie, che chiedono di non essere lasciate a se stesse col rischio di disperdersi e spegnersi.
[22] Sarà quindi necessario che anche la pastorale ordinaria rivolta ai giovani proponga costantemente cammini, tappe, sussidi, collegamenti. Sarà utile stabilire un "calendario" che faciliti la connessione tra le diverse iniziative locali e questo programma più ampio. Esso non si sostituirà alle iniziative locali: tuttavia terrà conto del fatto che a livello di base, specialmente nelle piccole Parrocchie, le visite pastorali hanno mostrato una carenza di proposte e l'utilità di avere dei punti di riferimento a livello decanale. Sarà anche importante accogliere e promuovere gli esperimenti già in atto di pastorale giovanile interparrocchiale o interdecanale, per mezzo di giovani sacerdoti a ciò incaricati.
[23] 2. Come strumento, al centro della Diocesi, si studierà un organismo promotore della pastorale giovanile, affidato a un Responsabile che risponda direttamente al Pro-Vicario Generale per l'attuazione del programma pastorale e tenga stretti contatti con il Pro-Vicario per le realtà del laicato organizzato.
Il Responsabile sarà affiancato da una segreteria operativa e da una Commissione diocesana di pastorale giovanile, nella quale saranno rappresentate anche le associazioni e i movimenti ecclesiali. Avrà il compito di promuovere e attuare un "piano di pastorale giovanile" con iniziative annuali ben determinate, e curerà lo studio e le proposte relative alla precisazione o revisione di strutture che interessano la pastorale giovanile. La pastorale giovanile che si intende promuovere è anzitutto quella di base, che parte dagli Oratori e dalle Parrocchie e fa riferimento ai Decanati e alle grandi iniziative diocesane.
L'Azione Cattolica avrà un ruolo trainante nello studiare e proporre iniziative valide per tutti i giovani, e i suoi soci si metteranno volentieri a disposizione per la realizzazione di tale impegno che ha una priorità missionaria assoluta.
Anche le altre realtà associative saranno invitate a esprimere a livello diocesano le loro osservazioni e le loro proposte, e si premureranno di promuovere al loro interno una disponibilità evangelizzatrice, creativa e coraggiosa, nel quadro del piano diocesano di pastorale giovanile.
3. Riporto qui il quadro generale dei diversi livelli di intervento elaborato quest'anno dalla apposita Commissione cui avevo chiesto suggerimenti per la pastorale giovanile diocesana.
Avendo costatato che l'aggregazione giovanile attorno alla comunità cristiana si colloca su diversi livelli, si suggeriscono attenzioni differenziate (le divisioni in gruppi o categorie non siano lette in maniera troppo rigida):
[24] a) l'accoglienza e la formazione alla fede e alla missionarietà dei giovani comunque impegnati, sia perché inseriti nell'ambito parrocchiale, sia perché presenti in diversi movimenti spirituali, apostolici, caritativi, o già disponibili per impegni professionali, culturali e politici, ecc. Sarà necessario prevedere e proporre qualcosa di qualificante per tutti: per esempio una catechesi sistematica, la Scuola della Parola, ecc.;
[25] b) all'interno di questo livello, la formazione apostolica dei giovani corresponsabili o aperti a una dedicazione stabile e organica alla pastorale. A questi giovani, in particolare, si potrà proporre il cammino dell'Azione Cattolica;
[26] c) la cura pastorale dei giovani semplicemente praticanti o comunque in qualche modo ancora presenti in Oratorio e in Parrocchia. Saranno da curare alcuni appuntamenti particolari, per i quali appare efficace anche la dimensione cittadina o decanale;
[27] d) l'attenzione e la proposta ai giovani indifferenti e lontani, sia attraverso la testimonianza e l'accompagnamento che avviene, secondo una "metodologia missionaria" sperimentata, in diverse esperienze associative e in momenti di collaborazione per qualche iniziativa particolare, sia attraverso la ricerca di itinerari catecumenali per chi si avvicina. Occorrerà coinvolgere responsabilmente in tale attenzione i giovani indicati nei livelli a) e b).
E necessario che si favorisca, anche attraverso indicazioni pedagogiche e metodologiche, la creazione e il consolidamento di "gruppi giovanili" stabili, precisi negli obiettivi, strutturati secondo i diversi momenti della crescita dei giovani.
[28] 4. In tutto questo sarà da privilegiare anzitutto la dimensione decanale, come quella che meglio permette un certo coagulo di energie e nel contempo un rapporto di familiarità e di mutua conoscenza tra i giovani. Quante volte ho esortato i giovani incontrati nelle visite pastorali, specialmente nelle piccole Parrocchie, a uscire dall'ombra del campanile e ad animarsi a vicenda a partire dagli incontri decanali!
L'indicazione che qui esprimo non deve essere fraintesa, come se significasse sottovalutazione della Parrocchia; al contrario, intende precisamente favorire in tutti i modi la vivacità delle singole Parrocchie e la loro responsabilità nell'educare le persone fino alla maturità della fede. In vista di ciò il Decanato è "strumento" e non "alternativa".
[29] Se dunque la pastorale giovanile troverà, in termini di "impianto", la sua dimensione privilegiata nel Decanato, sembra opportuno e strategico favorire che la Scuola della Parola si attui, preferenzialmente, con tale dimensione territoriale. In questo modo l'incontro mensile potrà essere momento di coagulo e di proposta unitaria che percorre l'intera Diocesi. Per questo anno potrà essere opportuna una rimeditazione dei temi fondamentali di Partenza da Emmaus.
In ogni caso il Responsabile per la pastorale giovanile formulerà delle proposte perché si possa strutturare anche a livello decanale un organismo che sia in grado di tradurre per il Decanato le indicazioni diocesane.
[30] 5. Il punto qualificante di questo movimento di pastorale giovanile che si intende promuovere in maniera più ordinata e organica sarà una comune pedagogia: quella della "scelta di fede", già sottolineata ampiamente nel cammino verso Sichem. I giovani fanno fatica a "decidere" secondo la fede, soprattutto in termini vocazionali. Hanno forti timori e non si buttano, pur essendo buoni, generosi e anche oranti. Occorre aiutarli a dire insieme: "Scegliamo di servire il Signore e lo proclamiamo!".
E pure da stimolare l'attenzione alle disuguaglianze presenti nella nostra società, perché i giovani sappiano fare scelte di servizio, come anche l'apertura ai grandi ideali della pace e della non violenza, il servizio civile alternativo, il volontariato sociale e caritativo, il servizio educativo e il volontariato di evangelizzazione.
[31] Ciò significa tra l'altro che l'Oratorio, particolarmente idoneo a raggiungere fanciulli e ragazzi, deve "interagire" con gli altri soggetti educativi cristiani che raggiungono adolescenti e giovani all'interno della scuola o del lavoro, e lì mettono in atto una pedagogia della scelta, fino a quella della fede e della vocazione. Né va trascurato il mondo dello sport, sia mediante le iniziative proprie di ciascun Oratorio e quelle coordinate dalle varie organizzazioni diocesane, sia mediante l'attenzione pastorale, vigilante e capace di critica evangelica, ai grandi eventi sportivi, come i prossimi Campionati mondiali di calcio.
[32] 6. Tenuto conto che, in tutto questo lavoro di pastorale giovanile i sacerdoti hanno una speciale responsabilità, suggerisco che, lungo l'anno 1989 -1990, le Settimane Residenziali diano spazio al tema "Il presbitero e i giovani". A tali settimane potranno utilmente partecipare i sacerdoti direttamente coinvolti nel lavoro con i ragazzi e i giovani. Essi sono chiamati a diventare "padri spirituali" e a essere guide efficaci e profonde delle comunità giovanili (cf Giovanni Paolo II, Lettera ai Sacerdoti, Giovedì Santo 1985).
Senza guide spirituali e tempo dedicato al colloquio penitenziale a poco serviranno le iniziative sopra indicate.
[33] 1. Nel corso dell'ultimo triennio ci siamo più volte domandati se sappiamo educare (cf Dio educa il suo popolo, p. 13). Infatti per essere persone che educano alla fede occorre aver assimilato in maniera organica, e non superficiale, la dottrina cristiana. Questo infatti abilita ad esprimerla con naturalezza, a saper discernere i valori fondamentali che essa indica e a far risaltare, nella trama concreta della vita di tutti i giorni, ciò che è conforme e ciò che differisce dalla verità della vita proposta da Gesù.
Occorre dunque conoscere bene il messaggio, coglierne la ricchezza di significato per la vita nostra e dei nostri contemporanei. A tutto questo ci conduce lo studio della Scrittura e della teologia, troppe volte pensato come riservato a coloro che si preparano al sacerdozio (quando non addirittura come ostacolo a una adesione sincera e semplice alla fede).
E' necessario dunque che quelle persone che all'inizio della lettera ho chiamato "operai del Vangelo" e "collaboratori di Dio" possano godere di una formazione adeguata: siano aiutati a leggere la realtà in cui sono immersi e la situazione della Chiesa di cui sono parte viva, perché siano in grado di riconoscere l'appello di Dio rivolto, mediante la Parola, a loro stessi e a tutto il popolo cristiano.
Il preparare adeguatamente e in maniera sistematica non solo i presbiteri, i religiosi e le religiose, ma anche i membri dei Consigli pastorali (in particolare i Segretari e i Moderatori), i catechisti, gli educatori di Oratorio, gli insegnanti, quanti anche nella terza età desiderano conoscere meglio la verità cristiana e ancora altre categorie di cristiani, significa avvicinare tutta la nostra comunità ecclesiale a una più condivisa unità di intenti e di proposte pastorali. La riflessione e lo studio consentono infatti di riconoscere gli aspetti prioritari che sono oggi esigiti dall'azione pastorale, e di individuare i modi opportuni per tradurli in pratica attraverso giudizi, iniziative, attività.
[34] Voglio dunque rivolgere anzitutto un invito ai laici, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose perché stimino e ricerchino una preparazione teologica e pastorale adeguata alla attuale trasformazione sociale e culturale, al fine di saper attuare la "nuova evangelizzazione" di cui parla Giovanni Paolo II nell'Esortazione Christifideles Laici, si tratta di conoscere più adeguatamente la Parola che Dio ci rivolge nella Scrittura e nella comunità cristiana nel quadro della storia della nostra civiltà.
Per coloro che all'interno del popolo di Dio possono servire o di fatto già servono come educatori degli educatori sono aperte le opportunità di crescita spirituale e intellettuale proposte dalla Facoltà Teologica e dall'Istituto Superiore di Scienze Religiose. A queste due istituzioni sono anche collegate iniziative di buon livello ma insieme adatte a chi ha minore disponibilità di tempo o minori possibilità di spostamento dalle proprie case.
[35] 2. Quanti non sono nelle condizioni di poter accedere a questi momenti formativi, trovano risposta al loro desiderio di qualificazione sia nell'Istituto Regionale Lombardo di Pastorale, destinato alla formazione degli operatori pastorali intermedi, sia nell'ambito di iniziative per la preparazione degli operatori pastorali di base dei diversi settori.
Il quinto adempimento della lettera Itinerari educativi (n. 114) richiedeva di portare a conclusione il processo di unificazione di queste diverse scuole (per catechisti, educatori, operatori della Caritas, della pastorale scolastica, familiare, liturgica, missionaria, del lavoro, ecc.). Parecchie di queste Scuole sono state offerte lodevolmente negli ultimi anni sia al centro della Diocesi sia sul territorio. Ma occorre realizzare un coordinamento e un collegamento che permetta di evitare gli eventuali doppioni e le sovrapposizioni e non lasci nello stesso tempo alcune zone sguarnite, creando così nella Diocesi uno squilibrio educativo.
Occorre quindi valorizzare le iniziative già esistenti, ma insieme razionalizzarle e collegarle in un insieme organico. Questo compito è stato affidato specificatamente al Pro-Vicario Generale per l'attuazione del programma pastorale.
[36] In questa Nota viene offerto l'orientamento finora concordato. Esso servirà come riferimento per un'azione di promozione e di coordinamento durante l'anno 1989-1990, sotto la responsabilità di un'apposita Segreteria diocesana che promuova la sperimentazione e conduca puntuali verifiche.
a. Le Scuole per gli operatori pastorali possono iniziare già nel corso di questo anno in singoli Decanati o gruppi di Decanati pronti a sostenerle.
b. Le Scuole prevedono corsi almeno biennali con una parte fondamentale e una parte specifica di introduzione al servizio nei diversi campi della pastorale.
c. Particolare cura dovrà essere riservata al metodo perché si eviti l'impressione di un semplice ciclo di conferenze, sia pure organico e a buon livello. Si devono coinvolgere attivamente gli "alunni" in vari modi. Sarà quindi necessario prevedere l'opportuno training per i docenti e la loro accurata selezione non solo in base alla competenza ma anche in base alle capacità didattiche.
d. Si potrà dare vita anche a una rete di segreterie locali che lavorino sul territorio, nei Decanati interessati, e tengano stretti contatti con la Segreteria diocesana.
e. In sede di realizzazione delle Scuole saranno studiati gli opportuni collegamenti anche con gli Istituti di formazione pastorale esistenti in Diocesi, e in particolare con l'Istituto Regionale Lombardo di Pastorale.
f. Confido che prima di Natale 1989 possa essere formulata una proposta precisa e articolata delle Scuole, dopo un'attenta valutazione con la Segreteria diocesana, con i Responsabili degli Uffici di Curia e con i Decani interessati (quelli nei cui Decanati le Scuole partiranno sperimentalmente nel corso dell'anno pastorale).
3. Tali Scuole sono diverse da quelle per la formazione all'impegno sociale e politico, il cui scopo è la preparazione a un diretto impegno di servizio nelle strutture civili e politiche della società. A queste Scuole, il cui primo biennio si è concluso nell'anno trascorso, si darà un seguito a partire dal prossimo anno. Si prevede da una parte una ripresa dei corsi per quei Decanati che ne faranno richiesta al Vicario Episcopale di Zona avendo maturato nuove leve di alunni, e dall'altra una proposta a coloro che hanno terminato il corso biennale che li aiuti a coinvolgersi in una ulteriore riflessione sul tema socio-politico mediante l'attività di appositi Centri culturali.
[37] 4. Ci si attende che gli alunni sia delle Scuole [52] per operatori pastorali sia di quelle per l'impegno sociale e politico, una volta finiti i corsi, scelgano il proprio campo di servizio, inserendosi nelle diverse strutture operative, ecclesiali e non. Essi potranno sempre trovare nell'Azione Cattolica il luogo di una continuata formazione.
[38] La Nota pastorale fin qui presentata, pur nel suo intento pratico, può essere collocata nello sfondo del cammino pastorale diocesano dell'ultimo decennio, segnato dalla centralità dell'Eucaristia.
Come tutti ricordiamo, il Congresso Eucaristico Nazionale del 1983 ha ispirato sia i programmi pastorali degli anni precedenti - intesi come marcia di avvicinamento al mistero dell'Eucaristia, attraverso la contemplazione e l'adorazione dell'Eucaristia e con l'ascolto della Parola di Dio -, sia quelli degli anni seguenti per la fruttuosità della celebrazione e comunione eucaristica nel senso della carità e della
Il Convegno di Assago sul Farsi Prossimo ha dato spazio al primo frutto dell'Eucaristia, e cioè alla carità, e ha chiesto alle nostre comunità di farsi, almeno in qualche misura, simili a Cristo che, "avendo amato i suoi, li amò sino alla fine" (Gv 13,1).
[39] Quest'anno l'Assemblea di Sichem ha permesso soprattutto ai giovani di rimeditare e di assimilare il secondo frutto dell'Eucaristia (già indicato nella lettera pastorale Partenza da Emmaus) e cioè la missione. Cristo, infatti, elevato da terra, ha attirato tutti a sé (cf Gv 12,32), e il suo sangue è salvezza per ogni uomo.
Chi conosce e contempla questo amore crocifisso, sempre celebrato nel sacrificio della nuova ed eterna Alleanza, non può non irradiarlo ed annunciarlo. E proclamare questo avvenimento è predicare il Vangelo (cf la relazione di don B. Maggioni all'Assemblea di Sichem, in: Sichem 88-89..., nn. 61-74).
In vari modi, dunque, in questo decennio l'Eucaristia è stata al centro del nostro itinerario pastorale. Questa continuità deve favorire una effettiva assimilazione, sempre difficile, del mistero: l'Eucaristia è fons et culmen di tutta la vita della Chiesa (cf SC, n. 10).
Concludo questa lettera nel giorno del grande incontro di oltre trecentomila giovani con Giovanni Paolo II presso la tomba di san Giacomo, in occasione della IV Giornata mondiale della gioventù. Quanto ho visto e vissuto a Santiago insieme con moltissimi giovani della nostra Diocesi mi dà conforto e speranza.
La Madonna ci accompagni in questo cammino verso il centro del mistero.
Carlo Maria Card. Martini - Arcivescovo di Milano
Santiago di Compostela,
20 agosto 1989