domenica 23 settembre 2012

Silvano dell'Athos: Ho visto il Signore vivente - Note a margine di un catalogo di fiori




Starec Silvano dell’Athos


HO VISTO IL SIGNORE VIVENTE



Durante la mia infanzia mi chiedevo in che modo il Signore fosse asceso al cielo sulle nuvole e come la Madre di Dio e i santi apostoli avessero visto questa ascensione. Quando però nella giovinezza smarrii la grazia di Dio, l’anima mia si indurì lasciandosi incantare dal peccato, e solo raramente pensavo all’ascensione del Signore. In seguito riconobbi il mio peccato e ne fui molto addolorato: avevo offeso il Signore, smarrendo la fiducia in lui e nella Madre di Dio. Provai un profondo disgusto per il mio peccato e decisi di entrare in monastero, per implorare e supplicare da Dio il perdono per i miei molti peccati.
Appena terminato il servizio militare, entrai in monastero, ma poco dopo mi assalirono pensieri carnali che mi spingevano a tornare nel mondo e a sposarmi. Ma io non cessavo di ripetere con risolutezza: “Morirò qui per i miei peccati”. Cominciai a pregare intensamente il Signore affinché nella sua misericordia perdonasse i miei molti peccati.
Una volta fui preda dello spirito di disperazione: sembrava che Dio mi avesse rigettato per sempre e che per me non ci fosse più salvezza. Percepivo in me con chiarezza di trovarmi sull’orlo della perdizione eterna e che Dio era inesorabilmente spietato nei miei confronti. Rimasi in preda a questo spirito per più di un’ora. L’angoscia e la tortura provocate da questo spirito sono tali che il semplice ricordo è terribile. L’anima non può sopportarlo a lungo: in momenti simili ci si può perdere per l’eternità. Il Signore misericordioso ha permesso allo spirito della malvagità infernale di muovere guerra all’anima mia.
Dopo un po’ mi recai in chiesa per i vespri e, fissando lo sguardo sull’icona del Salvatore, esclamai: “Signore Gesù Cristo, abbi pietà di me peccatore!”. A quelle parole vidi, al posto dell’icona, il Signore vivente, e la grazia dello Spirito santo mi riempì totalmente l’anima e il corpo. Così conobbi, nello Spirito santo, che Gesù Cristo è Dio, e questa grazia divina fece sorgere in me il desiderio di soffrire per Cristo.
Da quel preciso istante l’anima mia anela al Signore, e null’altro più mi rallegra sulla terra: la mia unica gioia è Dio. È lui la mia letizia, la mia forza, la mia speranza, il mio bene.

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Starec Silvano dell’Athos


NOTE A MARGINE DI UN CATALOGO DI FIORI



Un’anima mite e umile è preferibile a questi fiori, e il suo aroma e il suo profumo sono migliori e più belli. Il Signore ha fatto belli questi fiori, ma ama ancor più l’uomo e gli ha donato lo Spirito santo che è più soave del mondo intero e gradito all’anima.

Dio ha fatto i fiori per l’uomo, perché l’anima glorifichi il Creatore nella creatura e lo ami. Non bisogna dimenticare Dio nemmeno per un attimo, né di giorno né di notte, perché ci ama. Amiamolo anche noi con tutte le nostre forze e chiediamogli la misericordia e la forza di poter osservare i suoi santi comandamenti.

Io amo i fiori.
Ma ami il Signore e ami i nemici che ti affliggono?
Se li ami, allora sei un uomo di bene.
I santi amavano versare lacrime davanti a Dio, perché erano lieti di spirito; ma si affliggono a causa nostra, perché viviamo male.

È bene se l’anima è abituata a pregare e a versare lacrime per il mondo intero. Ci sono molti monaci che piangono per il mondo intero: lo so, lo credo. La Madre di Dio ama i monaci obbedienti che si confessano spesso e non accolgono i pensieri malvagi. La Madre di Dio si rattrista molto quando uno conduce una vita disordinata e impura; lo Spirito santo non verrà in quell’anima. In essa ci sarà afflizione, acedia e irascibilità.

Possiamo conoscere Dio attraverso lo Spirito santo e non con la sola intelligenza. L’uomo non conosce Dio alla maniera di un animale privo d’intelligenza. I monaci sanno quanto amano il Signore e quanto il Signore li ama. “Io amo quelli che mi amano” (cf. Gv 14,21), dice il Signore. “Glorificherò quelli che mi glorificano” (1Sam 2,30). È cosa buona essere con Dio: l’anima trova in Dio il proprio riposo. È segno di amore verso Dio mettere in pratica i suoi comandamenti. L’orgoglioso non può amare Dio. Chi ama mangiare molto non può amare Dio come si deve. Per amare Dio bisogna rinunciare a tutto ciò che è terreno, non essere attaccati a nulla, ma pensare sempre a Dio, al suo amore e alla dolcezza dello Spirito santo.

L’obbedienza ci umilia; il digiuno e la preghiera originano a volte pensieri malvagi, che ci f anno digiunare e pregare in modo orgoglioso. Se un novizio si abitua a pensare: “È il Signore che guida il mio starec”, allora sarà facilmente salvato grazie all’obbedienza. Per chi obbedisce, tutto è virtù: la preghiera del cuore che gli è concessa per obbedienza, la commozione e le lacrime. Costui ama il Signore e teme di offenderlo con una trasgressione; poiché il Signore misericordioso gli concede pensieri santi e umili, egli ama il mondo intero e innalza per il mondo preghiere accompagnate da lacrime: così la grazia istruisce l’anima mediante l’obbedienza.

Dobbiamo pensare: il Signore mi ha condotto qui e mi ha affidato a questo starec. Il Signore ci conceda di essere salvati. Il nemico ci tende numerosi tranelli, ma chi manifesta i propri pensieri sarà salvato, perché lo Spirito santo è accordato al padre spirituale per la nostra salvezza.

Il Signore si fa conoscere dai cuori semplici che obbediscono. Il re David era il fratello minore e faceva il pastore (cf. 1Sam 16,11), e il Signore lo amava per la sua mitezza. I miti sono sempre obbedienti. David ha scritto per noi il salterio in forza dello Spirito santo che viveva in lui. Anche il profeta Mosè era pastore, presso suo suocero (cf. Es 3,1): ecco l’obbedienza. Anche la Madre di Dio era obbediente, così come i santi apostoli. È la via che il Signore stesso ci ha insegnato. Dobbiamo custodirla e riceveremo sulla terra i frutti dello Spirito santo.

I disobbedienti sono tormentati da pensieri malvagi: così il Signore vuole insegnarci a essere obbedienti in modo da poter contemplare la sua abbondante misericordia già sulla terra. La nostra mente sarà sempre occupata in Dio, la nostra anima sarà sempre umile.

Quando ero nel mondo, la gente mi lodava, e io credevo di essere buono. Ma quando sono venuto in monastero, allora sì che ho incontrato persone veramente buone: io non valgo quanto il loro mignolo o un laccio dei loro sandali. Ecco come ci si può sbagliare, cadere nell’orgoglio e perdersi. Chi è veramente buono è raggiante di gioia e di letizia e non è come me.

Noi viviamo secondo la nostra volontà e tormentiamo noi stessi. Chi vive secondo la volontà di Dio è buono, gioioso, pacifico. Dimmi, o Adamo, come sfuggire all’afflizione sulla terra? Non c’è consolazione sulla terra: solo tristezza che rode l’anima.

Abbandonati alla volontà di Dio: l’afflizione diminuirà e sarà più leggera, perché l’anima sarà in Dio e troverà in lui consolazione. Il Signore infatti ama l’anima che si è abbandonata alla volontà di Dio e ai padri.

Un’anima chiusa su se stessa non si apre al proprio padre spirituale e cade nell’illusione. Vuole acquisire le realtà elevate, ma questo è un desiderio satanico, dice san Serafino. Dobbiamo allontanare le passioni dell’anima e del corpo e fuggire l’illusione. Il Signore si rivela ai semplici senza malizia (cf. Mt 11,25), non solo ai santi, ma anche ai peccatori. Ecco come il Signore ci ama.

Siamo costantemente in guerra. Se sei caduto nell’illusione, corri subito dal tuo padre spirituale e raccontagli tutto, affinché ti ricopra con il suoepitrachelion[1]. Sappi che sei stato riconfermato e che il demonio, da te accolto con la tua colpa, se n’è andato. Se non ti penti, non ti correggerai prima della tomba. I demoni entrano ed escono dal nostro corpo. Quando l’uomo cede all’ira, il demonio entra in lui; quando ritrova la pace, il demonio lo lascia.

Se ti metti a pregare Dio e il demonio si leva contro di te non permettendoti di prostrarti in preghiera, allora umiliati e di’: “Nessuno è peggiore di me”. Il demonio sparirà immediatamente. Essi temono enormemente l’umiltà, la contrizione e la confessione sincera. Se ti accorgi che ci sono dei demoni in te e li senti conversare tra loro, non scoraggiarti: abitano il tuo corpo, non la tua anima. Umiliati, ama il digiuno e non bere vodka né vino. Se non hai obbedito al tuo igumeno o al tuo padre spirituale, allora c’è un demonio in te: così accade dopo ogni peccato.

Se uno si confessa senza avere il cuore puro e segue la volontà propria, allora, anche se si accosta ai santi misteri, i demoni abitano nel suo corpo e sconvolgono la mente. Se vuoi che i demoni non abitino in te, allora umiliati, sii obbediente e distaccato, esegui con amore e precisione i servizi che ti vengono chiesti e confessati con cuore puro. Il padre spirituale indossa l’epitrachelion nello Spirito santo ed è simile a nostro Signore Gesù Cristo e risplende in Spirito santo: ecco, quando il padre spirituale parla, lo Spirito santo scaccia il peccato mediante le sue parole. Il padre spirituale e i presbiteri hanno lo Spirito santo. Un anziano vedeva il suo padre spirituale nell’icona di Cristo: ecco quanto il Signore ci ama!

Il Signore ama l’anima coraggiosa perché metta tutta la sua speranza nel Signore. Dobbiamo imitare Adamo nel suo pentimento e nella sua pazienza. Dobbiamo amare e venerare i pastori. Se non riusciamo a vedere in quale grazia dello Spirito santo sono i pastori, è a causa del nostro orgoglio e del fatto che non ci amiamo gli uni gli altri.

All’anima che si converte il Signore concede, in cambio del pentimento, il dono dello Spirito santo. L’anima ama Dio e nessuno può strapparla da questo amore. Il Signore vuole che lo amiamo e che, per amore suo, ci umiliamo. Il Signore vuole che ci rivolgiamo a lui con semplicità, come un bambino a sua madre (cf. Sal 131,2). Se siamo orgogliosi, dobbiamo chiedere a Dio l’umiltà e il Signore concederà all’umile di scorgere i tranelli dell’avversario. Il Signore ci ama molto e ci concede di sapere ciò che avviene in cielo e come vivono i nostri fratelli che ci hanno preceduto e che sono risultati graditi a Dio per la loro umiltà e il loro amore. Il Signore ha mostrato il paradiso ai santi umili.

Il regno di Dio è in noi (cf. Lc 17,21). Dobbiamo esaminare se il peccato vive in noi. Quando il padre spirituale dice una parola, il peccato viene bruciato nell’anima e l’anima sperimenta la libertà e la pace. Se poi l’anima fa penitenza, allora il Signore le fa conoscere la gioia e la letizia in Dio. Allora il regno di Dio è in noi.

L’anima deve umiliarsi profondamente, in ogni istante, al punto da umiliarsi persino durante il sonno. I santi amavano umiliarsi e piangere: per questo il Signore li ha amati e ha concesso loro di conoscerlo. L’amore di Dio si riconosce grazie allo Spirito santo che vive nella nostra chiesa ortodossa.

Se fossimo umili, il Signore ci farebbe vedere il paradiso ogni giorno. Ma siccome non siamo umili, dobbiamo lottare e ingaggiare battaglia contro noi stessi: se vinci te stesso, il Signore ti darà il suo santo aiuto in ricompensa della tua umiltà e della tua fatica.

[1] Epitrachelion: stola che il presbitero o il padre spirituale pone sul capo dei penitenti nell’annunciare il perdono; è simbolo della misericordia che “copre una moltitudine di peccati” (1Pt 4,8).