sabato 29 settembre 2012

Volesse Dio dare a tutti il Suo Spirito!


   

XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Anno B 


BENEDETTO XVI
ANGELUS
Castel Gandolfo
Domenica, 30 settembre 2012


Cari fratelli e sorelle!
Il Vangelo di questa domenica presenta uno di quegli episodi della vita di Cristo che, pur essendo colti, per così dire, en passant, contengono un profondo significato (cfr Mc 9,38-41). Si tratta del fatto che un tale, che non era dei seguaci di Gesù, aveva scacciato dei demoni nel suo nome. L’apostolo Giovanni, giovane e zelante come era, vorrebbe impedirglielo, ma Gesù non lo permette, anzi, prende spunto da quella occasione per insegnare ai suoi discepoli che Dio può operare cose buone e persino prodigiose anche al di fuori della loro cerchia, e che si può collaborare alla causa del Regno di Dio in diversi modi, anche offrendo un semplice bicchiere d’acqua ad un missionario (v. 41). Sant’Agostino scrive a proposito: «Come nella Cattolica – cioè nella Chiesa – si può trovare ciò che non è cattolico, così fuori della Cattolica può esservi qualcosa di cattolico» (Agostino, Sul battesimo contro i donatistiPL 43, VII, 39, 77). Perciò, i membri della Chiesa non devono provare gelosia, ma rallegrarsi se qualcuno esterno alla comunità opera il bene nel nome di Cristo, purché lo faccia con intenzione retta e con rispetto. Anche all’interno della Chiesa stessa, può capitare, a volte, che si faccia fatica a valorizzare e ad apprezzare, in uno spirito di profonda comunione, le cose buone compiute dalle varie realtà ecclesiali. Invece dobbiamo essere tutti e sempre capaci di apprezzarci e stimarci a vicenda, lodando il Signore per l’infinita ‘fantasia’ con cui opera nella Chiesa e nel mondo.
Nella Liturgia odierna risuona anche l’invettiva dell’apostolo Giacomo contri i ricchi disonesti, che ripongono la loro sicurezza nelle ricchezze accumulate a forza di soprusi (cfr Gc 5,1-6). Al riguardo, Cesario di Arles così afferma in un suo discorso: «La ricchezza non può fare del male a un uomo buono, perché la dona con misericordia, così come non può aiutare un uomo cattivo, finché la conserva avidamente o la spreca nella dissipazione» (Sermoni 35, 4). Le parole dell’apostolo Giacomo, mentre mettono in guardia dalla vana bramosia dei beni materiali, costituiscono un forte richiamo ad usarli nella prospettiva della solidarietà e del bene comune, operando sempre con equità e moralità, a tutti i livelli.
Cari amici, per intercessione di Maria Santissima, preghiamo affinché sappiamo gioire per ogni gesto e iniziativa di bene, senza invidie e gelosie, e usare saggiamente dei beni terreni nella continua ricerca dei beni eterni.

APPELLO
Cari fratelli e sorelle! 
Seguo con affetto e preoccupazione le vicende della popolazione dell’Est della Repubblica Democratica del Congo, oggetto, in questi giorni, di attenzione anche da parte di una Riunione di alto livello, presso le Nazioni Unite. Sono particolarmente vicino ai profughi, alle donne e ai bambini, che a causa dei persistenti scontri armati subiscono sofferenze, violenze e profondi disagi. Invoco Dio, perché si trovino vie pacifiche di dialogo e di protezione di tanti innocenti e affinché torni al più presto la pace, fondata sulla giustizia, e sia ripristinata la convivenza fraterna in quella popolazione così provata, come pure nell’intera Regione.
* * *
Dopo l'Angelus
E rivolgo infine un saluto cordiale ai pellegrini di lingua italiana, incominciando dai membri del rinnovato Consiglio pastorale della parrocchia di Castel Gandolfo. Cari amici, come sapete, domani rientrerò in Vaticano; con affetto vi dico «arrivederci» e vi prego di portare il mio saluto all’intera comunità. Saluto il Gruppo Scout di Bisuschio e il Lions Club di Castellabate Cilento Antico. Vorrei rivolgere anche il mio augurio alla nuova missione «Gesù al centro», della Diocesi di Roma, che in questa settimana si svolgerà nel territorio di Ostia. Prego per questo momento forte di testimonianza e di annuncio. A tutti voi, cari amici, buona domenica, buona settimana! Arrivederci! Buona domenica!

* * *

Di seguito i testi del Messale con qualche commento. Buona Domenica
Pb. Vito Valente

Foste salvati gratuitamente
Dalla «Lettera ai Filippesi» di san Policarpo, vescovo e martire
(Capp. 1, 1 - 2, 3; Funk 1, 267-269)

Policarpo e i presbiteri, che sono con lui, alla chiesa di Dio che risiede come pellegrina in Filippi: la misericordia e la pace di Dio onnipotente e di Gesù Cristo nostro salvatore siano in abbondanza su di voi.
Prendo parte vivamente alla vostra gioia nel Signore nostro Gesù Cristo perché avete praticato la parola della carità più autentica. Infatti avete aiutato nel loro cammino i santi avvinti da catene, catene che sono veri monili e gioielli per coloro che furono scelti da Dio e dal Signore nostro. Gioisco perché la salda radice della vostra fede, che vi fu annunziata fin dal principio, sussiste fino al presente e porta frutti in Gesù Cristo nostro Signore. Egli per i nostri peccati accettò di giungere fino alla morte, ma «Dio lo ha risuscitato sciogliendolo dalle angosce della morte» (At 2, 24), e in lui, senza vederlo, credete con una gioia indicibile e gloriosa( cfr. 1 Pt 1, 8), alla quale molti vorrebbero partecipare; e sapete bene che siete stati salvati per grazia, non per le vostre opere, ma per la volontà di Dio mediante Gesù Cristo (cfr. Ef 2, 8-9).
«Perciò dopo aver preparato la vostra mente all'azione» (1 Pt 1, 13), «servite Dio con timore» (Sal 2, 11) e nella verità, lasciando da parte le chiacchiere inutili e gli errori grossolani e «credendo in colui che ha risuscitato nostro Signore Gesù Cristo dai morti e gli ha dato gloria» (1 Pt 1, 21), facendolo sedere alla propria destra. A lui sono sottomesse tutte le cose nei cieli e sulla terra, a lui obbedisce ogni vivente. Egli verrà a giudicare i vivi e i morti e Dio chiederà conto del suo sangue a quanti rifiutano di credergli.
Colui che lo ha risuscitato dai morti, risusciterà anche noi, se compiremo la sua volontà, se cammineremo secondo i suoi comandi e ameremo ciò che egli amò, astenendoci da ogni specie di ingiustizia, inganno, avarizia, calunnia, falsa testimonianza, «non rendendo mala per male, né ingiuria per ingiuria» (1 Pt 3, 9), colpo per colpo, maledizione per maledizione, memori dell'insegnamento del Signore che disse: Non giudicate per non esser giudicati; perdonate e vi sarà perdonato; siate misericordiosi per ricevere misericordia; con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi (cfr. Mt 7, 1); Lc 6, 36-38) e: Beati i poveri e i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli (cfr. Mt 5, 3. 10).
 
MESSALE
Antifona d'Ingresso  Dn 3,31.29.30.43.42
Signore, tutto ciò che hai fatto ricadere su di noi
l'hai fatto con retto giudizio;
abbiamo peccato contro di te,
non abbiamo dato ascolto ai tuoi precetti;
ma ora glorifica il tuo nome e opera con noi
secondo la grandezza della tua misericordia.

Colletta
O Dio, che riveli la tua onnipotenza soprattutto con la misericordia e il perdono, continua a effondere su di noi la tua grazia, perché, camminando verso i beni da te promessi, diventiamo partecipi della felicità eterna. Per il nostro Signore.

Oppure: 
O Dio, tu non privasti mai il tuo popolo della voce dei profeti; effondi il tuo Spirito sul nuovo Israele, perché ogni uomo sia ricco del tuo dono, e a tutti i popoli della terra siano annunziate le meraviglie del tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
 
LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura 
  Nm 11, 25-29Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo!
Dal libro dei Numeri 

In quei giorni, il Signore scese nella nube e parlò a Mosè: tolse parte dello spirito che era su di lui e lo pose sopra i settanta uomini anziani; quando lo spirito si fu posato su di loro, quelli profetizzarono, ma non lo fecero più in seguito.
Ma erano rimasti due uomini nell'accampamento, uno chiamato Eldad e l'altro Medad. E lo spirito si posò su di loro; erano fra gli iscritti, ma non erano usciti per andare alla tenda. Si misero a profetizzare nell'accampamento.
Un giovane corse ad annunciarlo a Mosè e disse: «Eldad e Medad profetizzano nell'accampamento». Giosuè, figlio di Nun, servitore di Mosèfin dalla sua adolescenza, prese la parola e disse: «Mosè, mio signore, impediscili!». Ma Mosè gli disse: «Sei tu geloso per me?
Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il
 Signore porre su di loro il suo spirito!».


Salmo Responsoriale
    Dal Salmo 18
I precetti del Signore fanno gioire il cuore.
La legge del Signore è perfetta, 
rinfranca l'anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti. 
Anche il tuo servo ne è illuminato, 
per chi li osserva è grande il profitto. 
Le inavvertenze, chi le discerne? 
Assolvimi dai peccati nascosti.Anche dall'orgoglio salva il tuo servo 
perché su di me non abbia potere; 
allora sarò irreprensibile, 
sarò puro da grave peccato.


Seconda Lettura
   
Gc 5, 1-6
Le vostre ricchezze sono marce.

Dalla lettera di san Giacomo apostolo
Ora a voi, ricchi: piangete e gridate per le sciagure che cadranno su di voi! Le vostre ricchezze sono marce, i vostri vestiti sono mangiati dalle tarme. Il vostro oro e il vostro argento sono consumati dalla ruggine, la loro ruggine si alzerà ad accusarvi e divorerà le vostre carni come un fuoco.
Avete accumulato tesori per gli ultimi giorni! Ecco, il salario dei lavoratori che hanno mietuto sulle vostre terre, e che voi non avete pagato, grida, e le proteste dei mietitori sono giunte alle orecchie del Signore onnipotente. Sulla terra avete vissuto in mezzo a piaceri e delizie, e vi siete ingrassati per il giorno della strage. Avete condannato e ucciso il giusto ed egli non vi ha opposto resistenza.


Canto al Vangelo
   Cfr Gv 17,17b.a 
Alleluia, alleluia.
La tua parola, Signore, è verità; 
consacraci nella verità. 

Alleluia.


 
 Vangelo   Mc 9,38-43.45.47-48Chi non è contro di noi è per noi. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala. 

Dal vangelo secondo Marco
In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi. Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa. Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geenna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geenna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue». Parola del signore.

COMMENTI
1. Congregazione per il Clero
"Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa". (Mc 9,45).

Nulla é perduto agli occhi di Dio. Non c'é alcun atto, alcun gesto, alcun pensiero della nostra esistenza, che non abbia rilievo agli occhi del Signore.
E ciò non a causa di uno sguardo severamente giudicante, ma per quella infinita misericordia dell'amore, che diviene tenerezza, che non vuole perdere nulla della vita dell'amato. Ogni nostro respiro é importante per Colui che ci ha creati, il Quale é attento a noi, più di quanto noi stessi non riusciamo ad essere attenti, fino in fondo alle nostre esistenze.
Nel nostro tempo, caratterizzato da un'impressionante, quanto falsa, concentrazione sull'io, da un egocentrismo ateo che intenderebbe sostituire l'io a Dio, l'attenzione ai particolari, ai dettagli della vita, é sempre qualcosa che stupisce, che ridona a ciascuno quella "centralità relazionale" della quale il cuore ha sempre profondo bisogno.
É, infatti, presente in ciascuno un bisogno di essere "centro dell'amore" dell'altro; l'annuncio cristiano non cancella l'io, non lo mortifica, ma lo compie in tutta la sua grandezza: compie quel desiderio di infinito che, paradossalmente nel dettaglio, si documenta.
"Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua [...] non perderà la sua ricompensa".
Chi fa caso ad un "bicchiere d'acqua"?
Chi, nella frenesia dell'epoca contemporanea, ha un cuore così?
Il nostro Dio, il Dio cristiano, l'Emmanuele, Colui alla luce del quale e nella compagnia del quale, l'io umano, con tutti i propri desideri, é compiuto.
Un amore così, sentirsi amati così, é la ragione di ogni possibile generosità verso il fratello; solo l'esperienza della certezza di essere amati, ed amati definitivamente, oltre e dentro il proprio limite, può essere, e realmente é, motore dell'amore, forza dinamica di diffusione di qua l'attenzione all'altro, che può realmente cambiare il volto della storia.
Il realismo cristiano, che non trascura nulla, ma tutto abbraccia e valorizza, é la sola posizione autenticamente umana, perché corrispondente all'intelligenza ed al cuore!
Non c'é soggettivismo o idealismo, nichilismo o relativismo che possa reggere l'onesto confronto con la realtà ed il critico vaglio del cuore umani, con le sue costitutive ed irriducibili esigenze.
Ogni gesto della nostra esistenza ha valore al cospetto di Dio ed é importante, in ordine alla nostra salvezza eterna: "Non perderà la propria ricompensa".
In tal senso, é sempre doveroso ricordare come il primato della fede non possa mai tradurre in una sottovalutazione delle opere. Evitando accuratamente ogni decadimento funzionalista ed ogni appiattimento sull'attivismo, oggi così diffusi, il merito appartiene alla dottrina cattolica e pone le opere umane su un piano di grande rilevanza, insieme alla fede, in ordine al consapevole conseguimento partecipativo della salvezza eterna.
Le opere non ci guadagnano la salvezza, il cui prezzo é pagato da Cristo sulla Croce, una volta per sempre.
Nel contempo, esse non sono meramente "manifestative" della fede, ma concorrono realmente a percorrere quel cammino di salvezza che il Signore ci ha aperto, e che non é possibile intraprendere senza il concorso della propria libertà. Per tale ragione, la pagina evangelica insiste: "Non perderà la propria ricompensa".
La Beata Vergine Maria, attenta ai dettagli della vita del Figlio e, perciò, della Chiesa, ci guidi, quale Stella di ogni mattino, nella certezza e nella responsabilità, che scaturiscono dall'annuncio che nulla di noi andrà perduto.

 * * *
Padre R. Cantalamessa ofmcapp.
Uno degli apostoli, Giovanni, ha visto scacciare i demoni nel nome di Gesù uno che non era della cerchia dei discepoli, e glielo ha proibito. Nel riferire l'incidente al Maestro si sente rispondere da lui: "Non glielo proibite...Chi non è contro di noi, è per noi".

Si tratta di un tema di grande attualità. Che pensare di quelli di fuori, che fanno qualcosa di buono e presentano delle manifestazioni dello Spirito, senza tuttavia credere in Cristo e aderire alla Chiesa? Possono anch'essi essere salvi?

La teologia ha sempre ammesso la possibilità, per Dio, di salvare alcune persone al di fuori delle vie ordinarie che sono la fede in Cristo, il battesimo e l'appartenenza alla Chiesa. Questa certezza si è affermata però in epoca moderna, dopo che le scoperte geografiche e le accresciute possibilità di comunicazione tra i popoli hanno costretto a prendere atto che c'erano infinite persone che, senza alcuna loro colpa, non avevano mai udito l'annuncio del Vangelo, o lo avevano udito in modo improprio, da conquistatori o colonizzatori senza scrupoli che rendevano assai difficile accettarlo. Il Concilio Vaticano II ha detto che "lo Spirito Santo, in un modo noto solo a Dio, offre a ogni uomo la possibilità di venire in contatto con il mistero pasquale di Cristo" e quindi di essere salvato.

È cambiata dunque la nostra fede cristiana? No, purché continuiamo a credere due cose: primo, che Gesù è, oggettivamente e di fatto, il Mediatore e il Salvatore unico di tutto il genere umano, e che anche chi non lo conosce, se si salva, si salva grazie a lui e alla sua morte redentrice. Secondo, che anche costoro, pur non appartenendo alla Chiesa visibile, sono oggettivamente "orientati" verso di essa, fanno parte di quella Chiesa più ampia, conosciuta solo da Dio.

Due cose, nel nostro brano evangelico, Gesù sembra esigere da queste persone "di fuori": che non siano "contro" di lui, cioè che non combattano positivamente la fede e i suoi valori, che non si mettano, cioè, volontariamente contro Dio. Secondo, che, se non sono in grado di servire e amare Dio, servano e amino almeno la sua immagine che è l'uomo, specie il povero. Dice infatti, nel seguito del nostro brano, parlando ancora di quelli di fuori: "Chiunque vi darà un bicchiere d'acqua nel mio nome perché siete di Cristo, vi dico che non perderà la sua ricompensa".

Ma, chiarita la dottrina, io credo che ci sia da rettificare anche qualcos'altro e cioè l'atteggiamento interiore, la psicologia di noi credenti. Si può capire, ma non condividere il mal celato disappunto di certi credenti nel vedere cadere ogni privilegio esclusivo legato alla propria fede in Cristo e appartenenza alla Chiesa: "Allora a che serve fare i bravi cristiani...?" Dovremmo al contrario rallegrarci immensamente di fronte a queste nuove aperture della teologia cattolica. Sapere che i nostri fratelli di fuori, hanno anch'essi la possibilità di salvarsi: cosa c'è di più liberante e cosa conferma meglio la infinita generosità di Dio e la sua volontà "che tutti gli uomini siano salvi" (1 Tim 2,4)? Dovremmo fare nostro il desiderio di Mosè riportato nella prima lettura di questa domenica: "Volesse Dio dare a tutti il suo Spirito!".

Dobbiamo, con questo, lasciare ognuno tranquillo nella sua convinzione e smettere di promuovere la fede in Cristo, dal momento che ci si può salvare anche in altri modi? Non di certo. Solo dovremmo far leva più sul motivo positivo che su quello negativo. Quello negativo è: "Credete in Gesù, perché chi non crede in lui sarà condannato in eterno"; il motivo positivo è: "Credete in Gesù, perché è meraviglioso credere in lui, conoscerlo, averlo accanto come Salvatore, nella vita e nella morte".


 * * *
Luciano Manicardi
La tentazione del credente di impedire e porre ostacolo all’azione dello Spirito se questa si manifesta in modi e forme non corrispondenti ai suoi schemi; una visione chiusa e rigida dell’appartenenza comunitaria di contro a una visione aperta e accogliente; la gelosia come grande minaccia portata alla vita comunitaria: questi alcuni temi che legano tra loro prima lettura e vangelo.
L’atto con cui i discepoli impediscono a uno sconosciuto di cacciare demoni perché non fa parte del loro gruppo (“non era dei nostri”; letteralmente: “non ci seguiva”) mostra anzitutto la frustrazione che diventa arroganza. Incapaci di scacciare il demone che affliggeva l’epilettico (cf. Mc 9,18), i discepoli proibiscono di cacciare demoni nel nome di Gesù a un estraneo che ci riusciva, e questo solo perché “non li seguiva”.
Ma quel gesto mostra anche la pretesa del gruppo dei discepoli di detenere il monopolio della presenza del Signore e di stabilire chi può accedere al “Nome” santo e chi no. È una pretesa di dominio e di potere. Alla concezione di un’identità di gruppo chiusa ed escludente propugnata dai discepoli, si oppone la concezione aperta e inclusiva di Gesù. A coloro che dicono: “Non ci segue, dunque deve essere escluso”, si oppone Gesù che dice: “Chi non è contro di noi è per noi”. Gesù non è totalitario e non afferma che tutti debbano appartenere al gruppo dei suoi discepoli. Il Nome del Signore travalica i confini della chiesa che tale Nome confessa.

Nel nostro testo, in cui appartenenza e identità del gruppo dei discepoli appaiono in primo piano, affiora anche il problema dell’inimicizia. Ai discepoli che vedono un nemico nell’esorcista estraneo, Gesù dice: “Chi non è contro di noi, è per noi”. Il rapporto chiesa-nemico si situa all’interno di una fondamentale polarità. Da un lato, se la chiesa vive la radicalità evangelica e lo spirito delle beatitudini, non può non conoscere persecuzioni e inimicizie a causa del Nome di Cristo; dall’altro, la stessa radicalità evangelica impedisce alla chiesa di fabbricarsi dei nemici, di entrare in regime di inimicizia con gli uomini non credenti o di dar nome di nemico ad “altri”, a categorie di persone o a gruppi umani che semplicemente sono segnati da diversità o estraneità. Sul problema dell’inimicizia la chiesa gioca la sua capacità di assumere e gestire, positivamente o meno, il problema dell’alterità e della differenza al proprio interno e di fronte a sé.
La Potenza e la Presenza del Signore non sono in mano ai soli cristiani, ma sono suscitate dallo Spirito e noi “dobbiamo ritenere che lo Spirito santo dia a tutti la possibilità di venire in contatto, nel modo che Dio conosce, con il mistero pasquale” (GS 22). Nemmeno la chiesa può pretendere questa conoscenza, pena il ridurre Dio a idolo e il divenire occasione di scandalo, cioè inciampo e ostacolo al cammino dell’uomo verso Dio. Certamente la prima accezione delle parole di Gesù sulloscandalo è comunitaria, e intravede la possibilità che un corpo comunitario si opacizzi al punto da non essere più trasparenza della presenza di Cristo. Ma tali parole hanno anche una valenza personale: occorre vigilare sul proprio agire (mani), sul proprio comportamento (piedi) e sulle proprie relazioni (occhi) per non divenire un ostacolo alla vocazione e al cammino di fede dell’altro.
  
Anzi, occorre il coraggio della rinuncia a ciò che può ostacolare l’ingresso nel Regno, ingresso che avviene non a partire da un di più o da un pieno, ma da un vuoto, da una mancanza, da una povertà. Abbiamo qui l’esigenza (oggi forse impopolare) di un’ascesi, di una lotta, di un duro combattimento contro le tendenze che portano l’uomo a un agire, a un comportamento e una relazionalità antievangelici. Tagliare e cavare (lett. “gettare”) non sono disumane direttive da applicarsi letteralmente, ma indicazioni realistiche di una lotta da combattere ogni giorno per purificare il proprio cuore e vivere il vangelo con maggiore libertà. C’è un perdere la vita che è essenziale per trovarla in Cristo (cf. Mc 8,35).

* * *
Enzo Bianchi
Gesù ha appena interrotto la discussione dei Dodici su chi tra loro fosse il più grande, consegnando parole che da quel giorno regolano per sempre i rapporti all’interno della comunità cristiana: “Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti” (Mc 9,35). Ed ecco che, per bocca di Giovanni, si manifesta nuovamentel’incomprensione dei discepoli: “Maestro, abbiamo visto uno che scacciava i demoni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato, perché non ci seguiva”.
Giovanni esprime bene l’atteggiamento di chi si sente in dovere di difendere le prerogative della comunità da presunte minacce provenienti dall’esterno. Il suo è il cattivo zelo di quanti vogliono delimitare con troppa precisione i confini tra la comunità cristiana e l’esterno, con la malcelata ambizione di essere i soli detentori dell’autentico potere carismatico: nel fare questo egli finisce addirittura per esigere – caso unico in tutti i vangeli – la sequela del gruppo comunitario (“non ci seguiva”)! Già l’Antico Testamento testimoniava un episodio analogo. Per azione dello Spirito due uomini profetizzano pur senza essersi recati all’assemblea di Mosè e dei settanta anziani; Giosuè chiede allora a Mosè di fermarli, ma si sente rispondere: “Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore dare loro il suo Spirito!” (Nm 11,29)…
Gesù fa propri i sentimenti di Mosè e rimprovera Giovanni: “Non glielo proibite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio Nome e subito dopo possa parlare male di me. Chi non è contro di noi è per noi”. Certo, i discepoli incapaci di scacciare il demone che tormentava il ragazzo epilettico (cf. Mc 9,18) si meravigliano che altri compiano tali gesti, e la loro frustrazione si trasforma in arroganza e inimicizia. Ma Gesù insegna loro che la potenza del suo Nome – confessato in verità solo grazie all’azione dello Spirito santo (cf. 1Cor 12,3) – non può essere ristretta entro confini troppo angusti: sì, il Nome del Signore eccede sempre i confini della chiesa che pure lo confessa e il Signore annovera suoi testimoni ben al di là delle frontiere della comunità cristiana! Il Nome di Gesù non può essere fonte di separazione tra le persone che lo invocano positivamente perché esprime apertura e servizio universale nel dono di sé.

Nessuno può pretendere di detenere il monopolio della Presenza del Signore, se non vuole ridurre il Signore a idolo e divenire occasione di scandalo, cioè inciampo e ostacolo al cammino dell’uomo verso Dio. Uno scandalo che è tale innanzitutto all’interno della comunità cristiana: “Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si metta una macina da asino al collo e venga gettato nel mare”. Nella chiesa vi sono infatti i “piccoli”, quei cristiani la cui fede è più facilmente soggetta al turbamento (cf. Rm 14,1-23): “chi ferisce la loro coscienza debole, pecca contro Cristo” (cf. 1Cor 8,12). Queste che sono le membra del corpo più umili e indifese (cf. 1Cor 12,22-27) devono essere circondate di maggior cura, perché nel giorno del giudizio mostreranno la loro grandezza. Allora si riveleranno come le membra più vicine alla testa, a Cristo, e chiunque le abbia scandalizzate dovrà arrossire: erano infatti l’immagine di Cristo povero e umile, la cui potenza si manifesterà nell’ultimo giorno…
Lo scandalo appare inoltre nella vita personale di ogni cristiano. E qui Gesù non teme di usare immagini forti: “Se la tua mano ti scandalizza, tagliala … Se il tuo piede ti scandalizza, taglialo … Se il tuo occhio ti scandalizza, cavalo: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, che essere gettato con due occhi nella Geenna”. Sono parole che non vogliono spaventare chi le ascolta, ma solo ricordare con chiarezza le esigenze del radicalismo evangelico: occorre rinunciare a ciò che può ostacolare l’ingresso nel Regno, ossia praticare una dura lotta personale contro le tendenze che spingono l’uomo a cadere nel peccato, a seguire quelle inclinazioni che contraddicono la vita di comunione offerta dal Vangelo…
Tracciare confini troppo netti con l’esterno proprio mentre si è incapaci di vivere il Vangelo: il Signore Gesù ci mette in guardia da questo duplice errore, chiamandoci avigilare su noi stessi e a vivere un’apertura cordiale al dialogo con chi non può o non vuole appartenere alla comunità cristiana.