sabato 27 ottobre 2012

Ricevi Cristo, ricevi la vista, ricevi la luce.


   Ricevi Cristo, ricevi la vista, ricevi la luce, per conoscere a un tempo Dio e l'uomo. E' più desiderabile il Verbo dal quale 
siamo illuminati dell'oro, di molto oro 
fino; più dolce del miele e di un favo 
stillante. 
Clemente d'Alessandria, Esor. ai pag. 11 



Oggi 28 ottobre celebriamo la XXX DOMENICA DEL T. O.Anno B 

Dio ordina il mondo con armonia e concordia
e fa del bene a tutti
Dalla «Lettera ai Corinzi» di san Clemente I, papa
(Capp. 19, 2 - 20, 12; Funk, 1, 87-89)

Fissiamo lo sguardo sul padre e creatore di tutto il mondo e immedesimiamoci intimamente con i suoi magnifici e incomparabili doni di pace e con i suoi benefici. Contempliamolo nella nostra mente e scrutiamo con gli occhi dell'anima il suo amore così longanime. Consideriamo quanto si dimostri benigno verso ogni sua creatura.
I cieli, che si muovono sotto il suo governo, gli sono sottomessi in pace; il giorno e la notte compiono il corso fissato da lui senza reciproco impedimento. Il sole, la luce e il coro degli astri percorrono le orbite prestabilite secondo la sua disposizione senza deviare dal loro corso, e in bell'armonia. La terra, feconda secondo il suo volere, produce a suo tempo cibo abbondante per gli uomini, le bestie e tutti gli esseri animati che vivono su di essa, senza discordanza e mutamento alcuno per rapporto a quanto egli ha stabilito. Gli stessi ordinamenti regolano gli abissi impenetrabili e le profondità della terra. Per suo ordine il mare immenso e sconfinato si raccolse nei suoi bacini e non oltrepassa i confini che gli furono imposti, ma si comporta così come Dio ha ordinato. Ha detto: «Fin qui giungerai e non oltre e qui si infrangerà l'orgoglio delle tue onde» (Gb 38, 11). L'oceano invalicabile per gli uomini e i mondi che si trovano al di là esso sono retti dalle medesime disposizioni del Signore.
Le stagioni di primavera, d'estate, d'autunno e d'inverno si succedono regolarmente le une alle altre. Le masse dei venti adempiono il loro compito senza ritardi e nel tempo assegnato. Anche le sorgenti perenni, create per il nostro godimento e la nostra salute, offrono le loro acque ininterrottamente per sostentare la vita degli uomini. Persino gli animali più piccoli si stringono insieme nella pace e nella concordia. Tutto questo il grande creatore e Signore di ogni cosa ha comandato che si facesse in pace e concordia, sempre largo di benefici verso tutti, ma con maggiore abbondanza verso di noi che ricorriamo alla sua misericordia per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. A lui la gloria e l'onore nei secoli dei secoli. Amen.
  
MESSALE

Antifona d'Ingresso  Sal 104,3-4
Gioisca il cuore di chi cerca il Signore.
Cercate il Signore e la sua potenza,
cercate sempre il suo volto.

Colletta

Dio onnipotente ed eterno, accresci in noi la fede, la speranza e la carità, e perché possiamo ottenere ciò che prometti, f
a' che amiamo ciò che comandi. Per il nostro Signore...
 
Oppure:
O Dio, luce ai ciechi e gioia ai tribolati, che nel tuo Figlio unigenito ci hai dato il sacerdote giusto e compassionevole verso coloro che gemono nell'oppressione e nel pianto, ascolta il grido della nostra preghiera: f
a' che tutti gli uomini riconoscano in lui la tenerezza del tuo amore di Padre e si mettano in cammino verso di te. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

LITURGIA DELLA PAROLA 

Prima Lettura 
  Ger 31, 7-9Riporterò tra le consolazioni il cieco e lo zoppo.

Dal libro del profeta Geremia
Così dice il Signore:
«Innalzate canti di gioia per Giacobbe,
esultate per la prima delle nazioni,
fate udire la vostra lode e dite:
"Il Signore ha salvato il suo popolo, il resto d'Israele".
Ecco, li riconduco dalla terra del settentrione
e li raduno dalle estremità della terra;
fra loro sono il cieco e lo zoppo,
la donna incinta e la partoriente:
ritorneranno qui in gran folla.
Erano partiti nel pianto,
io li riporterò tra le consolazioni;
li ricondurrò a fiumi ricchi d'acqua
per una strada dritta in cui non inciamperanno,
perché io sono un padre per Israele,
Èfraim è il mio primogenito».


Salmo Responsoriale
    Dal Salmo 125
Grandi cose ha fatto il Signore per noi.
Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia.

Allora si diceva tra le genti:
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per noi:
eravamo pieni di gioia.

Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia.

Nell'andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni.


Seconda Lettura
   Eb 5, 1-6
Tu sei sacerdote per sempre, secondo l'ordine di Melchìsedek. 

Dalla lettera agli Ebrei
Ogni sommo sacerdote è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati.
Egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell'ignoranza e nell'errore, essendo anche lui rivestito di debolezza. A causa di questa egli deve offrire sacrifici per i peccati anche per se stesso, come fa per il popolo.
Nessuno attribuisce a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne. Nello stesso modo Cristo non attribuì a se stesso la gloria di sommo sacerdote, ma colui che gli disse: «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato», gliela conferì come è detto in un altro passo: «Tu sei sacerdote per sempre, secondo l'ordine di Melchìsedek».
 

Canto al Vangelo
   Gv 8,12 
Alleluia, alleluia.
Il salvatore nostro Cristo Gesù ha vinto la morte
e ha fatto risplendere la vita per mezzo del Vangelo. 

Alleluia.


 Vangelo   Mc 10, 46-52Rabbunì, che io veda di nuovo! 

Dal vangelo secondo Marco
In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me! ».
Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.
Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va', la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.
 Parola del Signore.

COMMENTI

CONGREGAZIONE PER IL CLERO
«Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!» (Mc 10,48). Il Vangelo appena proclamato ci pone di fronte ad una delle invocazioni più commoventi del Nuovo Testamento: «Gesù, abbia pietà di me!». E la Chiesa, all’inizio di ogni Santa Messa, ci pone sulle labbra le stesse parole del povero cieco di Gerico: «Kyrie eleison» – «Signore, pietà!»; e, ogni giorno, ripete al Suo Signore, realmente Presente nell’Eucaristia, le medesime parole: «Miserere nobis!» – «Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi!».
Potremmo, allora, domandarci: perché la Chiesa invita noi, suoi figli, a implorare pietà? Perché ci fa pregare: «abbi pietà di noi!»? Qualcuno potrebbe addirittura obiettare: la fede non dovrebbe, piuttosto, essere per ciascuno fonte di gioia, e le Celebrazioni un momento di festa? Non è forse mortificante una preghiera simile? Non è eco di uno stile penitenziale, ormai estraneo alla nostra cultura?
Per rispondere, osserviamo l’avvenimento narrato da San Marco: Bartimeo, il cieco seduto lungo la strada che, da Gerico, conduceva a Gerusalemme, sentendo che Colui che passava era Gesù il Nazareno, cominciò a gridare la sua supplica: «Abbi pietà di me!» e, a quanti lo sgridavano perché tacesse, rispondeva gridando ancora più forte: «Abbi pietà di me!». La preghiera di Bartimeo è una preghiera pronta, sicura, virile, intraprendente, di chi è abituato a domandare, di chi sa che la propria condizione – la cecità – non permette di fare altro, se non domandare. E Bartimeo domanda, con tutte le sue forze: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Tutto ciò che avviene in seguito non è altro che il frutto dell’umile obbedienza del cieco a ciò che Cristo, intervenendo, compie. Infatti, non appena Bartimeo sente le parole di quelli cui Cristo aveva comandato di chiamarlo, reagisce immediatamente, balza in piedi, getta via il mantello, e si dirige verso Gesù. Getta via il mantello, si priva cioè dell’unica coperta di cui un povero disponeva per ripararsi dalle intemperie, lascia tutto come i discepoli, e si presenta davanti al Signore, povero e cieco.
«Cosa vuoi che io faccia per te?». Con queste parole Gesù afferma, in modo straordinario, la dignità di quest’uomo, la dignità di ogni uomo. «Cosa vuoi che io faccia per te?». Tutta la Persona di Cristo, con la Sua divina regalità, e tutti coloro che Lo accompagnavano, sono, in questo momento, a disposizione di Bartimeo, il quale sembra, così, dominare la scena. Il Signore, rispondendo al suo grido, infatti, lo ha affermato, come mai nessuno aveva fatto prima di allora e come mai nessuno avrebbe più potuto fare in seguito, perché, nelle parole di Gesù – «cosa vuoi che io faccia per te?» –, tutto il Cielo è chinato sul povero mendicante; Dio, il Creatore dell’universo è attento alla Sua creatura.
E il cieco di Gerico, portando al suo culmine la tensione di questa scena, domanda ancora, domanda in modo più radicale, domanda a Cristo ciò che non aveva mai potuto domandare a nessuno, prima di allora: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». Ed ecco splendere la luce del giorno sul volto di Bartimeo, ecco splendere su di Lui la luce del Volto di Cristo, il più bello tra i figli dell’uomo! Ecco nascere nel suo cuore la gioia vera, quella «cara gioia, sopra la quale – direbbe Dante – ogni virtù si fonda!» (DANTE ALIGHIERIDivina Commedia, Paradiso, Canto XXIV).
Cristo Dio, venendo nel mondo, permette all’uomo di andare fino al fondo del proprio cuore, di dare voce a quelle domande che lo abitano e che, senza di Cristo, costituirebbero per lui solo causa di disperazione. «Nessuno – abbiamo ascoltato – attribuisce a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio» (Eb5,4). Nessuno, eccetto Cristo, può assumersi una prerogativa simile, perché solo Lui, Amore Crocifisso, è fonte di Salvezza per quelli che Gli obbediscono. Nessuno, eccetto i sacerdoti, coloro che Egli sceglie, tra i mendicanti di questo mondo, perché, elevati con Lui fin sulla Croce, possano rivolgere a ciascuno quella stessa parola, che loro per primi hanno ricevuta: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!» (Mc 10,50).
Interceda per noi la Beata Vergine Maria, Aiuto dei Cristiani, e infonda nei nostri cuori la certezza di essere ascoltati, per gridare a Colui che è la nostra Gioia: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Amen.

* * *
Raniero Cantalamessa
Il brano evangelico narra la guarigione del cieco di Gerico Bartimeo... Bartimeo è uno che non si lascia sfuggire l'occasione. Ha sentito che passava Gesù, ha compreso che era l'occasione della sua vita e ha agito con prontezza. La reazione dei presenti ("lo sgridavano perché tacesse") mette in luce la inconfessata pretesa dei "benestanti" di tutti i tempi che la miseria resti nascosta, non si mostri, non disturbi la vista e i sonni di chi sta bene. 

Il termine "cieco" si è caricato di tanti sensi negativi che è giusto riservarlo, come oggi si tende a fare, alla cecità morale dell'ignoranza e dell'insensibilità. Bartimeo non è cieco, è solo un non-vedente. Con il cuore ci vede meglio di tanti altri intorno a lui, perché ha la fede e nutre la speranza. Anzi, è questa vista interiore della fede che l'aiuta a recuperare anche quella esteriore delle cose. "La tua fede ti ha salvato", gli dice Gesù. 

Mi fermo qui nella spiegazione del vangelo perché mi preme sviluppare un tema presente nella seconda lettura di questa domenica, riguardante la figura e il ruolo del sacerdote. Del sacerdote si dice anzitutto che è "preso di tra gli uomini". Non dunque un essere sradicato o calato dal cielo, ma un essere umano che ha alle spalle una famiglia e una storia come tutti gli altri. "Preso di tra gli uomini" significa anche che il sacerdote è fatto della stessa pasta di ogni altra creatura umana: con i desideri, gli affetti, le lotte, le esitazioni, le debolezze di tutti. La Scrittura vede in questo un vantaggio per gli altri uomini, non un motivo di scandalo. In tal modo egli sarà infatti più preparato ad avere compassione, essendo rivestito anche lui di debolezza. 

Preso di tra gli uomini, il sacerdote è poi "costituito per gli uomini", cioè ridonato ad essi, posto a loro servizio. Un servizio che tocca la dimensione più profonda dell'uomo, il suo destino eterno. San Paolo riassume il ministero sacerdotale con una frase: "Ognuno ci consideri come ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio" (1 Cor 4,1). Questo non significa che il sacerdote si disinteressa dei bisogni anche umani della gente, ma che anche di questi si occupa con uno spirito diverso da quello dei sociologi e dei politici. Spesso la parrocchia è il più forte punto di aggregazione, anche sociale, nella vita di un paese o di un quartiere. 

Questa che abbiamo tracciato è una visione in positivo della figura del sacerdote. Non sempre, sappiamo, è così. Ogni tanto le cronache ci ricordano che c'è anche un'altra realtà, fatta di debolezza e infedeltà...Di essa la Chiesa non può fare altro che chiedere perdono. C'è però una verità che va ricordata a parziale consolazione della gente. Come uomo, il sacerdote può sbagliare, ma i gesti che compie come sacerdote, all'altare o in confessionale, non risultano per questo invalidi o inefficaci. Il popolo non è privato della grazia di Dio a causa dell'indegnità del sacerdote. È Cristo infatti che battezza, celebra, perdona; lui è solo lo strumento. 

Mi piace ricordare, a questo proposito, le parole che pronuncia prima di morire il "Curato di campagna" di Bernanos: "Tutto è grazia". Anche la miseria del suo alcolismo gli appare grazia, perché lo ha reso più misericordioso verso la gente. A Dio non preme tanto che i suoi rappresentanti in terra siano perfetti, quanto che siano misericordiosi.

* * *
Luciano Manicardi
Il rapporto tra fede e salvezza (cf. Mc 10,52); la fede che si esprime come lode (cf. Ger 31,7) e invocazione (cf. Mc 10,47-48); la salvezza di Dio che si manifesta come cambiamento delle sorti e che apre un cammino all’uomo (cf. Ger 31,8-9; Mc 10,52): questi alcuni temi che traversano il messaggio biblico delle pagine di Geremia e di Marco che sono anche accomunate dalla figura del cieco (cf. Ger 31,8; Mc 10,46ss.), centrale nel testo di Marco, in cui assume una importante valenza simbolica.
Più che un racconto di miracolo, il testo evangelico presenta un cammino esemplare di fede. Del resto, per Marco il cieco guarito è il tipo del discepolo, come è il tipo del catecumeno che, dopo essersi spogliato degli abiti (simbolicamente, dell’uomo vecchio: v. 50), conosce l’immersione battesimale scendendo nel buio delle acque e riemergendo da esse alla luce che gli consente di vederci chiaramente per camminare in una vita nuova tracciata da Gesù Cristo (il battesimo era chiamato anticamente “illuminazione”: v. 52). Il cammino di fede nasce dall’ascolto (v. 47), diviene invocazione e preghiera (vv. 47-48), discernimento e accoglienza di una chiamata (v. 49), incontro personale con il Signore (vv. 50-52a), sequela di Cristo (v. 52b). Questo cammino implica un dinamismo spirituale per cui l’uomo passa dalla stasi alla mobilità, dall’emarginazione alla comunione, dalla cecità alla fede. La salvezza poi, che consiste nella relazione con Gesù, viene esperita dal credente non tanto come stato a cui si perviene e in cui ci si installa, ma come cammino in cui si persevera.

I discepoli e la folla che si situano tra Gesù e il cieco divengono simbolo della comunità cristiana che ha ricevuto dal Signore il mandato di farsi ministra della sua chiamata (v. 49), ma rappresentano anche la possibilità della comunità cristiana di divenire ostacolo all’incontro degli uomini, in particolare dei più emarginati e demuniti (Bartimeo è cieco, mendicante e siede “ai lati della strada”, ai margini di una via e di una vita da cui è escluso). Molti infatti sgridavano il cieco per farlo tacere (v. 48). E così rivelano di essere loro i ciechi: credono di vederci, di sapere chi è Gesù e come devono comportarsi coloro che lo seguono, credono di difendere Gesù, di proteggerlo zittendo il cieco che grida. Ma la sequela di Cristo e l’ascolto della parola del Signore sono autentici se non sono scissi dall’ascolto del grido di sofferenza dell’uomo. Così, il sofferente, e in questo caso, il cieco, diviene il maestro che può aprire gli occhi a coloro che credono di vederci. Molte sono le situazioni di cecità dei discepoli: cecità per desiderio di primeggiare (cf. Mc 10,35-40), cecità per non-ascolto della Parola e incomprensione di Gesù, per chiusura nell’ostinatezza delle proprie convinzioni e durezza di cuore (cf. Mc 8,14-21, seguito dal racconto di guarigione di un cieco: Mc 8,22-26); cecità per troppo zelo (cf. Mc 9,38-40; 10,13-16; 10,48); cecità per ristrettezza di orizzonti e meschinità di visione così che si diviene scrupolosi osservanti dei dettagli della Legge dimenticando le cose davvero importanti e basilari (cf. Mt 23,23-24, dove scribi e farisei sono apostrofati come “guide cieche”); cecità perché non si ama il fratello (cf. 1Gv 2,11).

* * *

Enzo Bianchi

Prima dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme, dove si svolgerà l’ultima parte della sua esistenza terrena, Marco narra l’incontro di Gesù con un uomo cieco. Come la guarigione del cieco di Betsaida (cf. Mc 8,22-26) precedeva immediatamente la confessione di Pietro a Cesarea (cf. Mc 8,27-30), così questo incontro è una sorta di preludio all’acclamazione messianica di Gesù da parte delle folle che accompagneranno la sua entrata nella città santa (cf. Mc 11,1-10).
Attorniato dai suoi discepoli e da molta gente, Gesù sta uscendo da Gerico, luogo d’accesso alla terra promessa; ed ecco che «il figlio di Timeo, Bartimeo, cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Costui, al sentire che c’era Gesù, cominciò a gridare e a dire: “Figlio di David, Gesù, abbi pietà di me!”». La sua è un’ostinata richiesta di compassione e di misericordia, che non si lascia intimorire dai rimproveri di quanti vorrebbero zittirlo; nello stesso tempo, è anche una grande confessione di fede, che proclama Gesù quale «Figlio di David», cioè Cristo, il Re-Messia a lungo atteso da Israele e inviato da Dio per instaurare il suo regno di pace e giustizia sulla terra (cf. 2Sam 7,8-17; Is 11,1-9). Il cieco Bartimeo ripete con altre parole quanto aveva affermato Pietro: «Tu sei il Cristo» (Mc 8,29); egli sapeva che il Messia avrebbe aperto gli occhi ai ciechi, compiendo anche in questo le Sante Scritture (cf. Is 35,5; 42,7).

Gesù, dal canto suo, non reagisce intimandogli di tacere, come faceva abitualmente di fronte alle confessioni degli spiriti impuri (cf. Mc 1,25.34; 3,12), i quali non erano disposti a coinvolgersi con lui nel cammino della sequela; al contrario, ordina di chiamarlo. E Bartimeo risponde senza indugio alla chiamata di Gesù: getta subito a terra il mantello in cui raccoglieva le monete ricevute in elemosina, mantello che al contempo era coperta per la notte e, per questo, proprietà inalienabile del povero (cf. Dt 24,13); per donarsi a Gesù totalmente si spoglia di tutto ciò che potrebbe essere d’intralcio all’incontro con lui, si spoglia di ogni pur minima sicurezza, del suo passato, della sua stessa vita, e «balzando in piedi viene da Gesù». Il figlio di Timeo si pone nella sua nuda povertà e nella sua cecità di fronte a Gesù, «Figlio di David» e «Figlio di Dio» (Mc 1,1; 15,39)!
A questo punto Gesù gli rivolge la stessa domanda fatta poco prima a Giacomo e Giovanni (cf. Mc 10,36): «Cosa vuoi che io faccia per te?»; Bartimeo non esige per sé posti di onore, ma gli chiede con grande franchezza: «Rabbunì – cioè Maestro – che io riabbia la vista!». Come già aveva detto alla donna malata di emorragia (cf. Mc 5,34), Gesù allora esclama: «Va’, la tua fede ti ha salvato». Il vero miracolo che qui è narrato è il miracolo della fede, una fede capace di vedere l’invisibile (cf. Eb 11,27) e di sperare ciò che sembra impossibile: Gesù sa riconoscere chi si avvicina a lui con fede sincera e risponde offrendogli gratuitamente un segno di salvezza e di pienezza di vita, anticipazione di ciò che sarà definitivo nel Regno…

«E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo lungo la via»: la salvezza viene sperimentata dal credente non tanto come condizione in cui installarsi, ma comecammino perseverante dietro a Gesù, come relazione quotidiana con lui. Ecco perché Bartimeo, quale discepolo guarito dalla sua cecità, segue Gesù sulla strada per Gerusalemme, quella strada che lo condurrà alla passione e alla morte. Insieme a lui, sono risanati e illuminati da Gesù quelli che, chiamati alla sequela, l’avevano contraddetta: Pietro, che aveva contestato l’annuncio della passione; i Dodici, che avevano discusso per stabilire chi tra loro fosse il più grande; Giacomo e Giovanni, che avevano chiesto per sé i primi posti.
Questo brano contiene dunque anche un pressante avvertimento per ogni lettore del vangelo: egli deve invocare con insistenza la guarigione dalla propria cecità, deve ascoltare la chiamata del Messia Gesù e corrergli prontamente incontro, deve lasciarsi da lui interrogare e aprire gli occhi del cuore, in modo da vederci chiaro per poterlo seguire nella sua passione, morte e resurrezione, senza scandalizzarsi! Solo vivendo in questo modo noi cristiani potremo essere in verità «quelli della via» (At 9,2), uomini e donne alla sequela di Gesù, il crocifisso-risorto che sempre ci precede sulle nostre strade e ci chiama a condividere la sua stessa vita.


* * *

COMMENTI DALLA TRADIZIONE PATRISTICA


S. Agostino 
Amate il Signore! Di più degno di amore non trovate nulla. Voi amate più l'argento che il ferro e il
bronzo; ma più amate l'oro perché superiore all'argento; più le pietre preziose, perché superano il valore dell'oro. Voi amate infine questa luce della vita
che ognuno che teme la morte paventa di dover lasciare. Amate, dico, questa luce, cosi come amava
di un amore immenso colui che faceva giungere a
Gesù il suo grido: Abbi pietà di me, figlio di Davide.
Il cieco gridava così mentre Gesù passava. Temeva
che Gesù passasse e non lo risanasse. Con che ardore gridava? Al punto che, mentre la folla lo zittiva,
continuava a gridare. La sua voce trionfò su chi lo
contrastava e trattenne il Salvatore. Mentre la folla
faceva strepito e gli voleva impedire di parlare, Gesù si fermò, lo chiamò e gli disse: Che vuoi che io
faccia per te ? Rispose: Signore, che io veda. [E Gesù]: Vedi! La tua fede ti ha salvato. Amate Cristo.
Desiderate quella luce che è Cristo. Se quel cieco
desiderò la luce fisica, quanto più voi dovete desiderare la luce del cuore! A lui eleviamo il nostro grido non tanto con la voce fisica quanto coll'operare
rettamente. Cerchiamo di vivere santamente, ridimensioniamo le cose del mondo. Ciò che è effimero sia come nulla per noi. Quando ci comporteremo così, gli uomini mondani ci faranno rimproveri
come se ci amassero; uomini mondani che amano
la terra, che sanno di polvere, che non traggono
nulla dal cielo, che non hanno respiro spirituale ma
solo quello delle narici. Ci criticheranno senza dub-

bio e, vedendoci disprezzare queste cose naturali,
queste cose terrene, ci diranno: "Perché vuoi soffrire
privazioni? Sei pazzo?". Costoro sono quella folla
che contrastava il cieco quando egli voleva far sentire il suo richiamo. Ci sono alquanti cristiani che
contrastano il vivere da cristiani, analogamente a
quella folla che camminava con Cristo e tuttavia si
opponeva a che ricevesse il beneficio di Cristo quell'uomo che gridava verso di lui e desiderava la luce.
Ci sono dei tali cristiani, ma noi cerchiamo di
trionfare su di loro e la nostra stessa vita sia come
un grido lanciato verso Cristo. Egli si fermerà, perché in effetti sta, immutabile.
C'è infatti qui un mistero grande. Mentre il cieco
chiamava, egli stava passando. Si fermò per risanarlo. Il fatto che Cristo passa, ci faccia attenti a chiamarlo. Che cosa è il passaggio di Cristo? Tutto ciò
che per noi soffrì nel tempo, questo è il suo passaggio. E nato: ecco un suo passaggio. Forse che ancora nasce? È cresciuto: altro passaggio. Cresce forse
ancora? Ha succhiato il latte. È chiaro che non lo
succhia più. Stanco, ha dormito. E ora forse dorme? Ha mangiato e bevuto: cosa che non fa più.
Infine è stato preso, legato, flagellato, coronato di
spine, colpito da schiaffi, lordato di sputi, sospeso
alla croce, ucciso, trapassato dalla lancia, e poi, dopo la sepoltura, è risorto. È ancora un passaggio.
Poi è asceso al cielo. Siede alla destra del Padre: qui
si è fermato. Grida dunque con quanta voce puoi!
Ora egli ti dà la vista. In realtà egli era immutabile
in se stesso per il fatto che era il Verbo presso Dio e
non subiva mutamento. E il Verbo era Dio e il Verbo
si fece carne. La carne fece molte cose nel suo passaggio e soffrì. Il Verbo era invece immutabile. Il
cuore umano da questo stesso Verbo è illuminato
perché la carne è toccata dalla dignità del Verbo
che l'ha assunta. Se togli il Verbo [dalla persona di
Cristo] che cosa è la sua carne? È come la tua. Ma

perché la carne di Cristo fosse onorata il Verbo si è
fatto carne e abitò tra noi. Gridiamo dunque, e viviamo rettamente.
(Dal Discorso 349, 5)

* * *


S. Aimone di Albertstadt 
Gesù, fermandosi, ordinò che il cieco gli fosse condotto.
Il Signore comandò che gli fosse condotto il cieco,
in senso spirituale, quando mandò gli apostoli a
predicare al genere umano, dicendo: Andando in
tutto il mondo, predicate il vangelo ad ogni creatura.
(Mc 16). E di nuovo: Andando, istruite tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e
dello Spirito Santo. (Mt 28). Ed essi glielo condussero, quando, partiti, predicarono dappertutto.
Ed essendosi avvicinato, lo interrogò, dicendo: Che cosa vuoi che faccia a te? Condotto a lui il cieco, gli
chiese che cosa volesse, non perché non lo sapesse ...
ma per concedere la luce che stava per elargirgli, per
la sua misericordia, come risposta alla sua domanda
e per lodare la sua professione di fede. Il Signore infatti, nella sua clemenza, vuole che i suoi doni gratuiti diventino come meritati da noi, cioè non vuole
darci un bene per forza o costrizione, ma vuole concedere alla nostra preghiera quello che di sua spontanea volontà ci elargisce. Perciò, sebbene conosca
che cosa ci sia necessario prima che lo chiediamo,
secondo quanto dice: Non preoccupatevi per la vostra
vita, che cosa mangerete., etc (Mt 6), tuttavia ci invita a chiedere con insistenza, quando dice: Chiedete e
riceverete, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto
(Mt 7). Ed egli rispose: Signore, che io veda. ... In tale
domanda impariamo che nella preghiera dobbiamo
cercare non l'oro, non l'argento, non le ricchezze
terrene, non una lunga vita, non la vendetta sui nemici, ma la luce ineffabile, cioè, di poter vedere Co-

lui che illumina ogni uomo che viene nel mondo (Gv
1), secondo quello che Egli stesso ci insegna, dicendo: Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia e
tutte queste cose vi saranno date in aggiunta (Mt 6).
Quanto poi valga la fede è indicato da ciò che segue: Gesù gli disse: Acquista la vista, la tua fede ti ha
salvato. ... È chiaro che la fede è la grande virtù, senza la quale è impossibile piacere a Dio (cfr. Eb 11).
Come infatti la mancanza di fede è radice e madre
di ogni vizio, così la fede è principio di ogni virtù,
come dice il profeta: Il giusto vive di fede (Ab  2 ).
Ciò il Signore raccomanda ai discepoli: Abbiate fede
in Dio (Mc 11) e di nuovo: Se avrete fede come un
granellino di senapa, direte a questo monte: Spostati di
qui, e si sposterà (Lc 17).
Ciò che segue indica invece che nessuno deve rimanere ingrato per i benefici di Dio: E subito ci vide e
lo seguiva magnificando Dio. Quanto più uno è illuminato, tanto più deve esercitarsi anche nelle opere
buone, come questo cieco che appena riavuta la vista, non rimase inoperoso, ma seguiva Dio magnificandolo. Conveniva infatti che chi era stato illuminato da Dio, non tornasse indietro, ma lo seguisse.
Seguire il Signore significa imitarlo, come egli stesso
dice: Se qualcuno mi vuol servire, mi segua (Gv 12).
(Dal Sermone XXIII)

* * *
Clemente d'Alessandria 

I comandi del Signore sono limpidi, danno luce agli
occhi (Sal 18, 9). Ricevi Cristo, ricevi la vista; ricevi
la luce per conoscere a un tempo Dio e l'uomo. E
più desiderabile il Verbo dal quale siamo illuminati
dell'oro, di molto oro fino; più dolce del miele e di un
favo stillante (Sal 18, 1). E come potrebbe non essere desiderabile, dal momento che ha portato verso
la luce la mente avvolta dalle tenebre e ha reso più

luminosi e più acuti gli occhi dell'anima? Se non ci
fosse il sole, la notte sarebbe diffusa dovunque nonostante tutte le stelle; così, se non avessimo conosciuto il Verbo e non fossimo stati da lui illuminati,
saremmo come galline nutrite al buio per poi subire
la morte. Apriamoci dunque alla luce per possedere
Dio. Accogliamo la luce per diventare discepoli del
Signore. Egli infatti lo ha promesso al Padre: Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli; ti loderò in mezzo all'assemblea (Sal  2 1 , 23). Esaltalo e poi parlami
di Dio tuo Padre: le tue parole apportano salvezza.
II tuo cantico mi insegnerà che nel cercare Dio, finora sono andato errando. Quando invece sei tu, o
Signore, a condurmi alla luce e per tuo mezzo trovo
Dio e da te accolgo il Padre, divento tuo coerede,
perché non ti sei vergognato di chiamarmi fratello
(cfr.  E b 2 , 11).
Guardiamoci dal dimenticare la verità, allontaniamoci dall'ignoranza e, dissipate le tenebre che offuscano come nube i nostri occhi, contempliamo il
vero Dio, elevando per prima cosa verso di lui questa acclamazione: Salve, o luce! Infatti, a noi che eravamo sepolti nelle tenebre e avvolti nell'ombra
della morte, è apparsa la luce dal cielo, più pura del
sole e più gioiosa di questa vita. Questa luce è la vita eterna e di essa vivono tutte le cose che ne partecipano. Invece la notte fugge la luce e, nascondendosi timorosa, ha ceduto il posto al giorno del Signore. Si è diffusa dappertutto quella luce che non
può spegnersi e il tramonto ha dato luogo all'aurora. Questo significa la nuova creazione. Infatti il Sole di giustizia, che sovrasta nel suo corso tutte le cose, illumina senza distinzioni tutto il genere umano
seguendo l'esempio del Padre suo che fa risplendere
il sole su tutti gli uomini e li irrora con la rugiada
della verità. Egli ha accostato l'occaso all'oriente, e
ha crocifisso la morte trasformandola in vita.
Divino agricoltore, ha agganciato al cielo l'uomo

strappato alla morte, trasformando con audacia il
corruttibile nell'incorruttibile, il terrestre in celeste.
Ha portato la buona novella eccitando i popoli al
bene, richiamando alla memoria le norme del vivere
onesto, donandoci un'eredità divina immensa che
nessuno può strapparci. Con una dottrina celeste ha
santificato l'uomo deponendo la legge nella sua
mente e scrivendola nel suo cuore (cfr. Ger 31, 33).
Di quale legge intende parlare? Tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore, poiché io perdonerò le loro iniquità e non mi ricorderò
più del loro peccato (Ger 31, 34).
Accogliamo le leggi della vita, obbediamo all'invito
di Dio. Accogliamolo perché ci sia propizio.
(Dall'Esortazione ai pagani, 11)