venerdì 26 ottobre 2012

Tuo avversario è la Parola di Dio





Solo l'amore distingue i figli di Dio dai figli del diavolo. 
Se tutti si segnassero con la croce, 
se rispondessero Amen e cantassero tutti l'Alleluia; 
se tutti ricevessero il battesimo ed entrassero nelle chiese, 
se facessero costruire i muri delle basiliche,
resta il fatto che soltanto la carità 
fa distinguere i figli di Dio dai figli del diavolo. 
Quelli che hanno la carità sono nati da Dio, 
quelli che non l'hanno non sono nati da Dio. 
È questo il grande criterio di discernimento.


S. Agostino, Commento prima lettera di Giovanni 5, 6-7.



Di seguito il Vangelo di oggi, 26 ottobre, venerdi della XXIX settimana del T.O., con un pensiero di commento.

Lettura
Il capitolo 12 del Vangelo di Luca, che ci ha accompagnato in questa settimana e che oggi si conclude, è alquanto composito. È difficile trovare un filo di connessione che possa collegare i vari episodi che vengono riportati. C’è come una sorta di “disordine”, che ci consegna, già in questo, un importante insegnamento: quando c’è fretta, c’è necessità di informare qualcuno su cose fondamentali, non si considera troppo la modalità della comunicazione. Ci pare di respirare questa tensione oggi nel nostro Vangelo. C’è un tempo da riconoscere, da giudicare, e Gesù rimprovera le folle della loro superficialità. “Questo tempo” cui si riferisce il Signore, è il tempo della sua venuta, è il tempo del regno, il tempo della misericordia.


Vangelo  Lc 12, 54-59

Sapete valutare l’aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo? 

Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù diceva alle folle:
«Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: “Arriva la pioggia”, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: “Farà caldo”, e così accade. Ipocriti! Sapete valutare l’aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo? E perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto?
Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada cerca di trovare un accordo con lui, per evitare che ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all’esattore dei debiti e costui ti getti in prigione. Io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo». Parola del Signore.



COMMENTO


Ce lo «assicura» il Signore, la vita è un cammino «con il nostro avversario» per giungere infine «davanti al Giudice». Ma non è proprio così che siamo abituati a «giudicare questo tempo» e le relazioni con chi ci è caro; il sentimentalismo e la passione ci impediscono di vedere nella moglie, nel marito, nei figli i nostri «avversari». Normalmente ci poniamo davanti alla storia come quando si guarda l’«aspetto della terra e del cielo» per prevedere il tempo: allo stesso modo che da una «nuvola che sale a ponente» ci aspettiamo «la pioggia», da una persona cara attendiamo comprensione, rispetto, amore. E quando ciò non «accade» è la fine del mondo, con i suoi terremoti affettivi. «Come mai» non riusciamo a frenarli? Perché siamo intrappolati nella stessa «ipocrisia» dei farisei. Questi «giudicavano» senza misericordia i peccatori presumendo di essere giusti perché all’«esterno» della loro vita «accadeva» esattamente ciò che ogni precetto prescriveva. Noi «giudichiamo» gli altri per non avere nei nostri riguardi le attitudini e i comportamenti che, ingannati, presumiamo di aver avuto con loro. E come i farisei che, accecati dal disprezzo, non hanno conosciuto la giustificazione di Dio, così anche noi sperimentiamo la «prigione» della gelosia e del rancore, dove siamo condannati a «pagare sino all’ultimo spicciolo» di noi stessi nel tentativo, inutile, di ricostruire le relazioni che abbiamo distrutto.


Ma Dio non ci ha abbandonato al nostro destino perché conosce il peccato di Adamo che ha ferito e sconvolto la natura; non si aspetta quello che non possiamo dare perché la superbia ci ha resi suoi «avversari» come qualunque altro uomo. Senza il suo perdono non possiamo fare nulla. Per questo ha «rivolto contro di sé» (Benedetto XVI) la condanna che ci spettava, inviando il suo Figlio sul nostro cammino per «accordarsi» con noi e «liberarci dal debito» che le nostre opere morte, come «esattori» esigenti, ci contestano. <i>Ha pagato per noi l’ultimo spicciolo, il peccato di oggi, con l’ultima goccia del suo sangue.</i> Per questo il «discernimento» sulla vita e le persone nasce dall’amore, sa cogliere la verità nella selva delle apparenze. Chi ha conosciuto se stesso scoprendosi identico a Giuda «avversario» del Signore, può accettare senza stupirsi che l’«avversario» si nasconda anche nella persona più cara. Così, come Gesù ha amato Giuda chiamandolo amico quando con un bacio lo tradiva, può riconoscere come favorevole per amare proprio «questo tempo» nel quale cammina accanto ai suoi nemici; «giudica da se stesso» amato gratuitamente che è «giusto» «accordarsi» con chi tradisce le sue attese, «procurando» di restituirgli quanto sino ad allora gli ha sottratto, il perdono e l'amore che ha redento entrambi. È questo il cammino che il Signore ha inaugurato per noi e sul quale ci chiama a seguirlo. L’unico ragionevole perché solo l’amore che raggiunge anche il nemico può ricreare i rapporti logorati dalla carne ammalata. La carità è pioggia anche quando soffia lo scirocco e sole anche quando salgono le nuvole da ponente; è la giustizia di Dio che supera quella ipocrita che ci ha gettato in prigione. A noi accoglierla mentre siamo per via su questa terra, per comparire nell'ultimo giorno davanti al Giudice assolti insieme ai nostri avversari.
Meditazione
“Ipocriti!”: così Gesù definisce la folla che lo seguiva! Nei testi precedenti, si era soffermato sull’insegnamento contro la doppiezza e il sistema meschino e menzognero con cui l’ipocrisia porta a vivere. Oggi Gesù lancia proprio un appello legato all’incapacità, o meglio alla consapevole cecità che non fa scorgere all’uomo i segni del tempo in cui vive. Si vede solo ciò che si vuole vedere, ciò che non ci turba, che non crea troppo contrasto con le nostre idee. Il “tempo” che si deve imparare a giudicare, come si fa nel vedere le nuvole in cielo, è quello in cui viviamo; c’è una realtà in cui stare, una vita, e una sola per ciascuno di noi, da vivere con responsabilità e gioia, c’è un contesto sociale cui esporsi. Fingere di non vedere è una consueta via di fuga che ci strappa dai nostri impegni cristiani, dall’incontro col Maestro, dalla sua misericordia. A questo ci vuole portare, raccontandoci ciò che succede quando ci sradichiamo dalla nostra realtà: ci sarà un giudice, un esattore, un carcere. In questo tempo, ci suggerisce, è bene accordarsi con l’avversario. Ma chi è questo avversario? Scriveva sant’Agostino:«Tuo avversario è la parola di Dio, finché tu vivi in contrasto con essa. Quando invece comincerai a provare gusto nell’eseguire ciò che Essa ti ordina, allora sei d’accordo con essa e da avversaria, ti diventa amica, per cui al termine del viaggio non ci sarà alcuno che ti consegni in mano al giudice»(Esposizione sul Salmo 129,3) Ecco il tempo da riconoscere come propizio per accordarci con la Parola di Dio!

Preghiera
Signore Gesù, Parola del Padre, mi visiti ogni giorno, e io fuggo da te! Preferisco le mie pigrizie, le mie sordità, le mie stesse paure. Affrontare la realtà mi spaventa. Eppure tu attendi paziente il mio ritorno, attendi il mio sì alla tua Parola. Aiutami a pronunciare questo sì, in armonia con quello che Tu hai pronunciato al Padre. Amen.
Agire
Leggerò un brano della Scrittura che conosco meno, che non ricorre spesso nei testi della liturgia (il breve libro di Rut, un capitolo del libro del Siracide…).
Meditazione del giorno a cura delle Monache Agostiniane della Comunità Santi Quattro Coronati a Romatratta dal mensile Messa Meditazione, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti: info@edizioniart.it