Ogni giorno faccio qualche chilometro di
strada a piedi, dall’uscita della scuola di kiswahili fino alla fermata
del “matatu”, il pulmino che viene usato come trasporto pubblico, dal
volume dello stereo praticamente illimitato.
Di solito faccio in modo di caricarmi
nella borsa poche cose indispensabili: un quaderno, una penna e la
grammatica. Ma quel giorno dovevo tradurre l’omelia in kiswahili, quindi
ero a pieno carico: il dizionarione, la Bibbia voluminosa, il messale, i
soliti libri di scuola, e in più il giubbottino perché adesso alla
mattina e alla sera fa freddo. Ma al ritorno da scuola, camminare sotto
il sole equatoriale di mezzogiorno con tutto quel carico di roba si
rivelò più stancante del previsto. Finalmente arrivai alla fermata del
“matatu”, e me ne stavo lì sudato con la mia pesante borsa a tracolla ad
aspettare.
All’improvviso ebbi questa semplice idea: “Ma perché continuo a tenermi addosso questo peso?” Sorrisi a me stesso, perché non ci avevo pensato prima a posare la borsa per terra? La posai e mi sentii subito meglio.
Mi tenevo addosso un peso che non aveva
senso portare. Forse tu stai facendo lo stesso errore… con un peso che
ti sta opprimendo.
C’è un meraviglioso invito nella Parola di Dio che sembra scritto proprio per te. Il Salmo 54, 23 dice: «Getta sul Signore il tuo affanno ed egli ti darà sostegno, mai permetterà che il giusto vacilli.» Alla luce di questa offerta, di questa promessa, mi domando se Dio oggi non ti chieda: “Ma perché te lo tieni addosso?”
Magari rispondi: “Ho già detto a Dio che cosa mi sta opprimendo, Lui lo sa”.
Bene, ma questo non significa necessariamente che tu abbia gettato su
di Lui il tuo affanno. Posso andare dal mio meccanico e dirgli che i
freni o la frizione o l’accensione non funzionano. Ma non ne ricavo
alcun beneficio se dopo avergli detto tutti i miei problemi prendo la
macchina e me ne vado. Non è sufficiente che gli dica tutti i miei guai
con l’automobile, non succede niente fino a quando non gliela lascio
nelle sue mani.
Ora, tu puoi aver detto a Dio degli
affanni che ti opprimono, di quanto siano pesanti, e che cosa ti
piacerebbe che Lui facesse. Ma questo non significa che glie Gli stai
lasciando gettando sul Signore i tuoi affanni. Prova a immaginarti di
essere davanti a Dio, piegato in due a causa del grande peso che stai
portando, oppresso da quella persona o da quella situazione o da quel
bisogno che grava sulla tua schiena. Ora prova a immaginarti mentre stai
lasciando la presenza di Dio dopo che hai pregato sui tuoi problemi.
Sei ancora piegato in due? O hai lasciato quel carico nelle mani di Dio
tuo Padre? Se è così, allora lasci la Sua presenza camminando diritto.
Adesso quel carico è di Dio. Ti sei
finalmente arreso e hai smesso di provare a essere tu quello che risolve
quel problema, che mette le cose a posto, che controlla la situazione.
Non è più una battaglia tua, è una battaglia del Signore: «Il Signore forte e potente, il Signore potente in battaglia» (Salmo 23, 8). Era un problema tuo quando sei entrato alla Sua presenza, ma ora è Suo!
Gettare sul Signore i nostri affanni,
lasciarGlieli nella preghiera, dona una grande pace. Non carichiamoci di
sofferenze inutili, ne abbiamo già tante! Perché angustiarsi
inutilmente? Perché caricarsi emotivamente di pesi che fanno star male
noi e gli altri? Filippesi 4, 6-7 dice: «Non angustiatevi per nulla,
ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere,
suppliche e ringraziamenti; e la pace di Dio, che sorpassa ogni
intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo
Gesù.» Il Salmo 54 dice che quando lasci che Dio si faccia carico
del tuo peso, Lui ti sosterrà e non permetterà che tu sia schiacciato da
esso. Se sei oberato da un affanno, stanco, scoraggiato… il Signore ha
una domanda da farti: “Perché te lo tieni addosso?”
Vi accompagno con la preghiera, sempre con riconoscenza e affetto
don Luciano
Fonte: filiaecclesiae