lunedì 19 novembre 2012

Nostra meta è il bene comune


ROMA, lunedi 19 novembre 2012.– Di seguito la presentazione della seconda edizione della Scuola di Formazione Politica, promossa dal Movimento PER - Politica Etica Responsabilità. Il testo porta la firma dell’onorevole Olimpia Tarzia, presidente nazionale del Movimento PER. L’iniziativa si terrà presso la Pontificia Università Lateranense, da gennaio ad aprile 2013.
Per informazioni sul programma, modalità per l’ammissione ecc., si può cliccare sul seguente link:http://www.movimentoper.it/sfp-2013/
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Il momento è indiscutibilmente difficile. L’attuale crisi finanziaria che sta colpendo l’Europa e il mondo intero, conseguenza di profondi squilibri a livello mondiale, sta causando gravi problemi anche al nostro Paese. È ormai evidente che la crisi finanziaria ed economica si sta rivelando innanzitutto una profonda crisi etica, culturale e antropologica, ed è a questi livelli, oltre che a quelli di economia e politiche economiche, che bisogna lavorare per venirne fuori.
Uno dei motivi per cui la crisi economica è così condizionante è perché si fronteggia con una crisi abissale della politica, che ha perso il significato vero e profondo del servizio e sembra non aver più nulla di costruttivo da dire, perché orfana di un progetto culturale. Solo recuperando e rilanciando la matrice culturale e antropologica in cui ci riconosciamo, solo lottando con tutte le forze nella convinzione che è ancora possibile realizzare il sogno di una società giusta, onesta, da lasciare alle generazioni future, possiamo far risalire il nostro Paese dalla china dello scoramento ed anche, ne sono convinta, restituire speranza e motivi di fiducia nel futuro, elementi base anche per la crescita e la ripresa economica.
Non è possibile, inoltre, oggi, nascondere i gravi pericoli a cui alcune tendenze culturali vorrebbero orientare le legislazioni e, di conseguenza, i comportamenti delle future generazioni.
Domina un certo relativismo culturale che teorizza e difende il pluralismo etico, che sancisce la decadenza della ragione e dei principi a fondamento della legge morale naturale. Questa tendenza genera spesso dichiarazioni pubbliche in cui si sostiene che il pluralismo etico è la condizione per la democrazia. Assistiamo così, da un lato, a rivendicazioni di cittadini circa la totale autonomia per le proprie scelte morali, dall’altro, alla formulazione di leggi che prescindono dai principi dell’etica naturale da parte di legislatori che ritengono di rispettare tale libertà di scelta, assecondando certi orientamenti culturali o morali transitori, come se si potesse assumere un atteggiamento di indifferenza di fronte a scelte opposte, come se tutte le possibili concezioni della vita avessero uguale valore.
Nello stesso tempo, invocando - a sproposito - il valore della tolleranza, a una buona parte dei cittadini, e particolarmente ai cattolici, si chiede di rinunciare a contribuire alla vita sociale e politica secondo la propria concezione antropologica della persona e del bene comune.
Noi non condividiamo la tesi relativista secondo cui non esiste una norma morale valida per tutti, radicata nella natura stessa dell’essere umano, al cui giudizio pensiamo invece si debba sottoporre ogni concezione dell’uomo, del bene comune e dello Stato.
Noi non ci riconosciamo in una concezione del pluralismo inteso come relativismo etico, dannoso per la stessa vita democratica, la quale necessita di fondamenti veri e solidi, di principi etici che, per la loro natura e per il loro ruolo di fondamento della vita sociale, sono, appunto, “non negoziabili”.
Forgiare la propria tempra e le tante qualità umane, sarebbe comunque vano, se non si avesse un porto verso cui dirigersi, una chiara visione della vita, una concezione antropologica e del futuro nella quale orientarsi, degli ideali irresistibili per cui affrontare con passione e discernimento il superamento di ogni difficoltà e infine se non si avessero degli obiettivi credibili da realizzare.
La nostra meta è il Bene Comune, fine e criterio regolativo della vita politica, contribuendo a creare “l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono ai gruppi, come ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente”. Come riuscirci se non condividendo il comune terreno di dialogo naturalmente radicato nei principi non negoziabili?
Il significato politico dei principi non negoziabili ha a che fare con i loro contenuti. Si tratta, per limitarci ai principali, della vita, della famiglia e della libertà di educazione, ai quali si può aggiungere, per la sua importanza, quello della libertà religiosa. Questi principi sono imprescindibili, ossia non c’è società pienamente umana che non li contempli. Non si tratta di principi tematici particolari o singoli argomenti della politica. Certo sono anche questo e richiedono leggi e scelte politiche mirate, ma sono molto più di questo. Sono dei quadri di fondo con ricadute in tutta la vita sociale e politica, hanno un trasversalità generale per cui, quando non vengono rispettati, è l’intero corpo sociale a risentirne.
La strada per il rispetto dei principi non negoziabili passa necessariamente dal riconoscimento delle fondamenta antropologiche della persona, della dignità di ogni persona umana, del rispetto dei suoi diritti umani intangibili e inalienabili, primo tra tutti quello alla vita dal concepimento alla morte naturale. «Sarebbe totalmente falsa e illusoria qualsiasi difesa dei diritti umani politici, economici e sociali che non comprendesse un’energica difesa del diritto alla vita dal concepimento alla morte naturale» (Benedetto XVI ai vescovi brasiliani, 28.10.2010). “Nella difesa della vita, non dobbiamo temere l’ostilità e l’impopolarità, rifiutando ogni compromesso ed ambiguità, che ci conformerebbero alla mentalità di questo mondo” (Evangelium vitae, n. 82).
La difesa della vita riguarda moltissime aree della politica.
Non si riferisce solo ad alcune prassi di tipo sanitario o inerenti la ricerca scientifica. Si tratta anche di affrontare politiche giovanili, politiche per la casa, per il lavoro, per la salute, per l’armonizzazione tra i tempi di vita familiare e di lavoro, politiche fiscali, politiche per la tutela della donna come madre e lavoratrice, per gli anziani fragili, per le persone disabili, si tratta di proteggere le giovani generazioni da falsi idoli e modelli e dalle moderne schiavitù, tra cui la droga.
Il nesso profondo tra valori non negoziabili e bene comune, risiede in alcuni pilastri fondamentali del pensiero e dell’esperienza e questi sono i nostri obiettivi. Non si tratta di per sé di «valori confessionali», poiché tali esigenze etiche sono radicate nell’essere umano e appartengono alla legge morale naturale. Essi non esigono in chi le difende la professione di fede cristiana, anche se la dottrina della Chiesa li conferma e li tutela sempre e dovunque come servizio disinteressato alla verità sull’uomo e al bene comune delle società civili. D’altronde, non si può negare che la politica debba anche riferirsi a principi che sono dotati di valore assoluto proprio perché sono al servizio della dignità della persona e del vero progresso umano.
Per questo motivo il significato politico dei principi non negoziabili non consiste solo nell’essere contro – contro l’aborto, contro l’eutanasia, contro il riconoscimento giuridico delle coppie di fatto e così via – ma si fonda su un prioritario “PER”. È l’adesione a qualcosa che precede la politica e la trascende, e così la salva anche da se stessa. Le politiche del PER sono tutte quelle politiche che i principi non negoziabili chiedono siano messe in atto. Quindi, prima di porre il problema della loro non negoziabilità, dobbiamo mettere in luce il tanto da fare che l’assunzione di quei principi richiede.



Usciamo da un lungo periodo caratterizzato da molte incertezze sul ruolo pubblico del cristianesimo e sulla natura della presenza dei cattolici in politica. È però tempo di superare queste incertezze, anche nell’ottica di una sana laicità, che non significa, ovviamente, autonomia dai principi etici. Ci sembra, infatti, giunto il tempo della responsabilità, della consapevolezza dell’importanza della presenza cattolica nel mondo politico, presenza che ne declini le parole fondanti: politica (valorizzando quegli ambienti come i gruppi, i movimenti, le associazioni), etica (con tutte le questioni implicate, quali quelle della vita, della famiglia e della libertà) e responsabilità (che richiama all’impegno personale).
Il cristianesimo deve avere una dimensione pubblica, deve poter dare un contributo significativo sull’organizzazione istituzionale, legislativa, economica della società, altrimenti tra cultura e politica, tra testimonianza di fede e impegno pubblico rimarrà sempre un divario insormontabile: ci si rinchiuderà in atteggiamenti intimistici, senza riuscire ad orientare nessuna azione pubblica nella comunità politica. Il diritto alla vita, alla libertà religiosa, i diritti della famiglia, l’identità umana dinanzi alle sfide della biotecnologia, il senso umano del nascere, del vivere e del morire sono valori da difendere e promuovere e per farlo i cristiani devono essere pronti ad assumersi impegni pubblici, istituzionali e politici, anche individuando nuove forme nella relazione tra politica e società e nell’organizzazione della partecipazione politica.
Del resto è evidente che non c’è rilevanza politica senza organizzazione politica: ecco il motivo di esistere del Movimento PER, che nasce da istanze culturali e antropologiche molto chiare e intende concretamente realizzarle nel tessuto politico e istituzionale del nostro Paese.
Ciò premesso, sono convinta che si possa formulare una proposta convincente ed inclusiva che crei consenso al di là del mondo cattolico attorno ai principi non negoziabili. È possibile e necessario un nuovo dialogo tra cristiani e laici, a patto che la laicità accetti di essere liberata dalla dittatura del relativismo. Dal magistero di Benedetto XVI emerge chiaramente che i diritti umani rischiano, senza il cristianesimo, di essere schiacciati sotto il peso della dittatura del relativismo.
Mi sembra di poter riassumere i principali elementi, che devono caratterizzare una ripresa dell’impegno dei cattolici in politica, nei seguenti temi: significato pubblico della fede cristiana, confronto serio con una laicità non ideologizzata, critica alla dittatura del relativismo, recupero e consapevolezza del concetto di legge morale naturale, rifiuto del bene comune inteso come minor male comune e della politica come compromesso al ribasso, rifiuto della ideologia della tecnica, liberazione dei temi dell’ambiente e della pace dal moralismo politico che spesso li strumentalizza, coerenza nell’impegno politico.
È necessario formare una nuova classe dirigente politica, scommettendo sui giovani, incoraggiandoli ad occuparsi del bene comune, a disporsi con atteggiamento di apertura verso il futuro, ad essere riferimenti affidabili per i loro coetanei e per le giovanissime generazioni, ad imparare ad esercitare un confronto politico rispettoso e costruttivo, ad opporsi ai compromessi, frutto di utilitarismo o debolezza di pensiero, a rafforzare il senso della legalità e delle Istituzioni, ad anteporre, sempre, il progetto culturale e la visione antropologica cristiana rispetto agli interessi di parte e di partito, a valorizzare la sussidiarietà e la solidarietà in termini di responsabilità ponendo l’attenzione allo sviluppo integrale della persona, a promuovere la libertà vera e totale intesa come  esercizio di doveri oltre che affermazione di diritti.
Investire in una nuova cultura politica significa anche combattere lo scoraggiamento, causa di un’inerzia accusatrice sempre degli altri, fautrice della passività, dell’immobilismo e del perpetuarsi dello status quo. Comune radice di questi atteggiamenti negativi e delle politiche distruttive è il relativismo etico che contraddistingue tanta parte della cultura contemporanea, che puntando alle differenze individuali ha progressivamente favorito la disgregazione sociale. Non manca chi ritiene che tale relativismo sia una condizione della democrazia, in quanto solo esso garantirebbe tolleranza, mentre le norme morali, considerate oggettive e vincolanti, porterebbero all’autoritarismo e all’intolleranza. Ma è proprio la problematica del rispetto della vita a mostrare quali equivoci e contraddizioni, accompagnati da terribili esiti pratici, si celino in questa posizione. Il valore della democrazia sta o cade con i valori che essa incarna e promuove e “alla base di questi valori non possono esservi provvisorie e mutevoli «maggioranze» di opinione, ma solo il riconoscimento di una legge morale obiettiva che, in quanto «legge naturale» iscritta nel cuore dell’uomo, è punto di riferimento normativo della stessa legge civile. Quando, per un tragico oscuramento della coscienza collettiva, lo scetticismo giungesse a porre in dubbio persino i principi fondamentali della legge morale, lo stesso ordinamento democratico sarebbe scosso nelle sue fondamenta, riducendosi a un puro meccanismo di regolazione empirica dei diversi e contrapposti interessi”. (Evangelium vitae, n. 70).
L’eredità cristiana dell’Italia offre validi orientamenti etici per la ricerca di un modello sociale che risponda adeguatamente alle esigenze di un’economia globalizzata e dei cambiamenti demografici, assicurando la crescita e lo sviluppo, la protezione della famiglia, l’uguaglianza delle opportunità per l’istruzione dei giovani e l’assistenza ai poveri. Il patrimonio cristiano può davvero contribuire in modo decisivo alla sconfitta di una cultura, largamente diffusa, che relega alla sfera privata e soggettiva la manifestazione delle proprie convinzioni religiose.
“Mentre incoraggiamo i cattolici impegnati in politica ad essere sempre coerenti con la fede che include ed eleva ogni istanza e valore veramente umani, vorrei che questa stagione contribuisse a far sorgere una generazione nuova di italiani e di cattolici che, pur nel travaglio della cultura odierna e attrezzandosi a stare sensatamente dentro ad essa, sentono la cosa pubblica come importante e alta, in quanto capace di segnare il destino di tutti, e per essa sono disposti a dare il meglio dei loro pensieri, dei loro progetti, dei loro giorni. Italiani e credenti che avvertono la responsabilità davanti a Dio come decisiva per l’agire politico” (Prolusione Card. Bagnasco al Consiglio Permanente CEI, gennaio 2010).
“L’importante è che i cattolici ci siano, siano sempre di più e siano sempre più preparati perché hanno un patrimonio grande da o rire a tutti per il bene comune” (Cardinal Bagnasco in occasione del Sinodo dei vescovi, 7 ottobre 2012).
Con la Scuola di Formazione Politica (SFP) il Movimento PER vuole contribuire alla sconfitta di una cultura, largamente diffusa, che relega alla sfera privata e soggettiva la manifestazione delle proprie convinzioni religiose, nella convinzione che per farlo bisogna investire nella formazione. Il cuore della formazione politica che la SFP intende mettere in atto sta nel coniugare strettamente l’etica sociale con l’etica della vita, nell’“attrezzarsi culturalmente”, per contribuire a formare una cittadinanza consapevole e una classe dirigente politica competente, autorevole e responsabile. Vogliamo, in sintesi, dare il nostro contributo, affinché il “sogno di una nuova generazione di politici cattolici” diventi presto realtà.
On. Olimpia Tarzia
Presidente Nazionale Movimento PER
Politica Etica Responsabilità