sabato 23 febbraio 2013

Cuore trafitto




(Dominique Ponnau - Direttore onorariodell’École du Louvre)  La Francia ha forse perso la sua anima? Certi lo pensano. Alcuni lo dicono. Come non temere che abbia perso la sua anima cristiana? Dove sono i Péguy, i Bernanos? Le fondamenta cristiane del mio Paese assomigliano a rovine. Le cattedrali di Notre-Dame di Chartres, di Reims, di Strasburgo, di Parigi, sempre così belle, a volte fanno venire voglia di piangere. Come se la Pietà del voto di Luigi XIII lanciasse nel vuoto un grido muto. L’appello angosciato di Giovanni Paolo II — «Francia, figlia primogenita della Chiesa, cos’hai fatto delle promesse del tuo battesimo?» — sembra strozzarsi in gola. E che cosa dire dell’appello costante di Benedetto XVI? Questi due Papi hanno amato, amano la mia patria, di un amore intenso. Di un amore che nulla può scoraggiare. Benedetto l’ama di un amore così ardente come quello di Giovanni Paolo. Ma di un amore infinitamente sereno. Nonostante tutti i venti contrari, confida nei battellieri che remano sulla Senna. Scommette che la nave del Regno dei Gigli condurrà i suoi marinai nel porto di Cristo. Sa, meglio di chiunque altro, che Dio non ha concluso un’alleanza con nessun popolo in particolare, oltre il Popolo d’Israele, e che tutti i popoli hanno la vocazione di unirsi a questo popolo scelto nel vascello crocifisso, che crocifigge e che risorge, di suo Figlio. 
Egli non attribuisce alcun privilegio alla Germania, alla Spagna, alla Francia e a nessun’altra nazione tra le nazioni. Ma crede che i semi del Vangelo, che da così lungo tempo fecondano le terre cristiane, non possono non germogliare un giorno, fosse anche dopo un lungo periodo di siccità, di spine, di pietre. 
Benedetto, in modo diverso da Giovanni Paolo, ma con lo stesso ardore, secondo la dolce gloria dell’olivo, confida in una nuova seminagione del grano evangelico nella terra di Francia. 
Questo uomo così intelligente, così profondo, così vero, così umile, così nobile nella sua umiltà, ci ha appena trafitto il cuore rinunciando al ministero petrino. Capiremo che trafiggendo il nostro cuore ce lo ha aperto, secondo il mistero del Cuore ferito di Cristo? Capiremo e riceveremo l’insegnamento luminoso di questa ferita? Essa ci permetterà di vivere meglio le parole del curato d’Ars, secondo il quale «il cuore del santo è un cuore liquido»? Ci permetterà di vivere meglio secondo il cuore di Benedetto? 
Ci aiuterà ad accogliere la vocazione di due santi di Francia, tra i più grandi di un Paese che ne conta tanti, e di così grandi? Voglio parlare di due santi, umili tra gli umili, che irradiano solo l’amore di Dio, veri gioielli di fedeltà assoluta e assolutamente nascosta: Benedetto Giuseppe Labre e Bernadette. Vorremo contemplare il mistero della nascita di Benedetto - Joseph Ratzinger, nato al «dolce regno della terra» un 16 aprile, dies natalis al cielo di questi due poveri tra i poveri?
Quando penso, e ci penso spesso, mi meraviglio della provvidenza del Signore. E mi dico che il nostro Benedetto Giuseppe, nato sotto gli auspici di questi due giganti dell’estrema povertà e della sublime santità francesi, è di per sé un segno che Nostra Signora di Francia non ha abbandonato uno dei regni della predilezione di suo Figlio.
L'Osservatore Romano, 24 febbraio 2013.