sabato 16 febbraio 2013

La famiglia: risorsa vitale della società



Un gesto «di grande statura spirituale»: con queste parole l’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, ha definito ieri la scelta di Benedetto XVI di lasciare il Pontificato: un gesto che pone ora la Chiesa nelle condizioni di scegliere un successore chiamato a guidare la missione della Chiesa «in questo momento cruciale della storia umana». 
L’arcivescovo Paglia ha tenuto un discorso alle Nazioni Unite, nell’ambito dei lavori della cinquantunesima sessione della Commissione per lo sviluppo sociale. L’incontro — organizzato dalla Missione permanente della Santa Sede e dal Pontificio Consiglio per la Famiglia — s’inserisce nell’ambito delle iniziative per il ventesimo anniversario dell’Anno internazionale della famiglia e nel contesto del trentesimo anniversario della Carta dei diritti della famiglia. Era presente, tra gli altri, l’arcivescovo Francis Chullikatt, nunzio apostolico, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite.
L’arcivescovo Paglia ha sottolineato che la famiglia rappresenta il fondamento della società umana. È il luogo dove le generazioni s’incontrano, amano, educano, si garantiscono, nel loro succedersi, un sostegno reciproco. Ed è sulla base di questa consapevolezza che la Santa Sede — riconoscendo che l’attenzione per la famiglia e i suoi diritti è cruciale nella formulazione delle politiche governative — trent’anni fa ha promulgato la sua «Carta dei diritti della famiglia», con l’obiettivo di riaffermare l’importanza di questa istituzione e di rafforzare l’unicità del ruolo che la famiglia riveste nella società.
Il presule ha posto un forte accento sulla famiglia quale «fondamentale risorsa» per la società, fonte di capitale sociale e primogenitura di tutta l’umanità. La stabilità di ogni società «dipende» dalle famiglie dalle quali essa deriva. Attualmente tuttavia la famiglia è minacciata su più fronti. Cionondimeno essa continua a mostrare un vigore molto più grande di quello delle numerose forze che hanno tentato di eliminarla perché intesa «come un relitto del passato e un ostacolo all’emancipazione dell’individuo e alla creazione di una società più libera».
«Ma ora posso dirvi e senza esitazione — ha dichiarato l’arcivescovo Paglia — che la famiglia, madre, padre, figli, occupa il primo posto nel cuore dei popoli del mondo, nonostante i tanti attacchi cui essa è sottoposta».
Il presule si è poi soffermato su quattro aree riguardo alle quali il Pontificio Consiglio per la Famiglia ha condotto studi sociologici. La prima area concerne la coppia e il matrimonio. «Il fatto di sposarsi — ha affermato — costituisce un valore aggiunto per le persone e per la società, in quanto il contratto matrimoniale migliora la qualità del rapporto della coppia e ha importanti conseguenze positive (biologiche, psicologiche, economiche e sociali) per i bambini e gli adulti. La semplice convivenza — ha evidenziato l’arcivescovo Paglia — non è uguale al matrimonio perché rende le relazioni instabili e crea maggiore incertezza nella vita dei bambini. Il divorzio stesso (o la scelta della mono parentalità) aumenta il rischio di fallimenti a scuola dei bambini. La stabilità delle relazioni familiari è un bene importante e, laddove manca, tutti i membri della famiglia sono a rischio». In particolare, la stabilità del matrimonio è decisiva per la socializzazione dei bambini. Il divorzio, come anche la nascita al di fuori del matrimonio, «aumenta il rischio di povertà dei bambini e delle madri». Le famiglie adottive, le famiglie ricostituite e le famiglie allargate vivono numerosi problemi per quanto riguarda le relazioni tra i nuovi genitori e i bambini nati dalle loro unioni precedenti. D’altro canto, il matrimonio tra un uomo e una donna genera benefici che altre forme di “convivenza” non danno. Semplicemente, queste altre forme «non sono la stessa cosa del matrimonio».
La seconda area riguarda le preoccupazioni intergenerazionali. Le famiglie naturali sperimentano solidarietà tra le generazioni con molta più frequenza e maggiore profondità rispetto ad altre forme di vita in comune. I bambini che vivono con i propri genitori biologici godono di una salute fisica e psicologica migliore e sperimentano maggiore fiducia e speranza nella vita rispetto a quelli che vivono in altri contesti. L’analisi di tre diverse strutture familiari, ovvero famiglie intatte con due genitori, famiglie allargate e famiglie monoparentali, rivela una maggiore fragilità degli ultimi due modelli. Nelle famiglie allargate in seguito a separazioni, i genitori hanno più difficoltà nello sviluppare il proprio ruolo educativo e molto spesso sono in disaccordo tra loro per quanto riguarda i temi educativi. I genitori singoli o quelli separati o divorziati — ha sottolineato il Presule — sono caratterizzati da una maggiore sfiducia dinanzi ai contesti sociali esterni e sviluppano una visione privatizzata della famiglia. I figli di genitori divorziati «mostrano una maggiore incidenza di malattie psicologiche importanti e di stati d’ansia. Peggio ancora, gli studi dimostrano che i bambini cresciuti senza padre costituiscono un’altissima percentuale dei senzatetto, degli adolescenti che commettono omicidi, dei suicidi tra adolescenti e dei giovani detenuti». Questi ultimi dati rappresentano «un serio motivo per essere cauti» quando si parla di “famiglie” alternative. Troppo spesso le decisioni, perfino le decisioni legislative, sembrano essere prese «senza tener conto delle tragiche conseguenze che potrebbero produrre» ha dichiarato l’arcivescovo.
Il terzo ambito di riflessione riguarda la famiglia e il lavoro. È fondamentale ricordare che la famiglia costituisce una risorsa «incredibilmente ricca» per il mondo del lavoro, molto più di quanto quest’ultimo avvantaggi la famiglia. In altri termini, il mondo del lavoro “sfrutta” la risorsa-famiglia e non tiene sufficientemente conto delle esigenze della vita familiare. È molto difficile per le famiglie, specialmente se con bambini, armonizzare la vita familiare e quella professionale. Di conseguenza, il mondo del lavoro, riconoscendo l’importanza della famiglia per la società umana, dovrebbe organizzarsi in modo da porre le esigenze della famiglia al primo posto, ha evidenziato l’arcivescovo Paglia. In tale contesto, e specialmente in tempi di grande disoccupazione, le azioni dei Governi, laddove riguardano le famiglie, «devono essere esaminate con attenzione» ha esortato il presule. Lo stato sociale è caratterizzato da programmi di assistenza alle famiglie, volti principalmente ad affrontare situazioni in cui la famiglia è disintegrata, instabile o priva di risorse interne. In questi casi, lo Stato, di fatto, cerca di sostituirsi alla famiglia, o perlomeno a qualche elemento mancante della famiglia. Ma sostituendosi alla famiglia, lo stato sociale produce una sorta di «circolo vizioso» in cui, invece di rafforzare le relazioni familiari, le indebolisce ancora di più, creando in tal modo un bisogno maggiore di assistenza governativa. Questo maggiore bisogno porta però alla crisi, poiché suscita aspettative che il Governo non può sperare di soddisfare, anzitutto perché le risorse finanziare non sono mai illimitate, ma anche, e soprattutto, «perché il Governo stesso non potrà mai funzionare come una famiglia, ma solo come un’agenzia» ha affermato il presule. La quarta e ultima area investe famiglia e capitale sociale. I processi politici ed economici liberi e democratici, ha detto l’arcivescovo, sono possibili solo laddove esiste un tessuto sociale forte, dove la sfera pubblica e civile esige e premia i valori umani, promuove il bene comune e assicura le circostanza in cui le famiglie possono crearsi e crescere. Ma quando si parla di tessuto sociale, ha rilevato il presule, è importante ricordare che, con le parole di Alexis de Tocqueville, «la democrazia moderna ha bisogno di una famiglia solida e stabile». Ciò significa che la famiglia non solo trae beneficio da un tessuto sociale forte, ma, mentre intesse e rafforza relazioni, è anche creatrice di un capitale sociale primario. Pertanto, ricorrendo ai termini usati da Adam Smith, la famiglia, in quanto creatrice del tessuto di cui ha bisogno, può essere considerata una fonte importante della “ricchezza delle nazioni”. «Queste quattro considerazioni — ha dichiarato l’arcivescovo Paglia — ci portano a una conclusione molto chiara e precisa: la famiglia naturale (matrimonio, padre, madre, figli) è e continua a essere una risorsa vitale per la società». Qualcuno potrebbe osservare, ha detto il presule, che la famiglia è cambiata nel corso dei secoli. Tuttavia va considerato che «il genoma costituzionale» della famiglia non cessa di essere fonte e origine della società. Senza questo «genoma sociale» la società perderebbe la qualità e il potere della famiglia come organismo vivente che, lungi dall’essere un fardello per la società, costituisce il «veicolo principale» per l’umanizzazione delle persone e della vita sociale.

L'Osservatore Romano 17 febbraio 2013