lunedì 25 febbraio 2013

Nelle urne si misura la nostra conversione

Pieter Bruegel il vecchio - Conversione di Saulo

Quaresima, tempo di conversione, tempo di metanoia cioè di cambiamento di mentalità, tempo in cui il popolo italiano è chiamato alle urne a dare il suo voto, ad esprimere sulla carta le sue opinioni. La mentalità diventa vita e ogni singolo esprime nel segreto delle cabine i suoi valori, lì senza infingimenti, incarnati in una persona, in uno schieramento politico.

Segna i passi del nostro percorso quaresimale, Bruegel, un artista geniale, che la critica ha variamente interpretato. A me personalmente importa la sua vita e la sua arte e di certa critica, inficiata di ideologia, diffido. 

Bruegel ha dipinto una conversione fra le più famose nella storia cristiana, anzi certo la più famosa: la conversione di Saulo. Nell’anno in cui dipinge la tavola, il 1567, l’esercito del Duca di Alba attraversava le Alpi per sedare le rivolte dei fiamminghi (in atto a causa della lotta fra cattolici e protestanti e della lotta iconoclasta). L’evento storico si trasforma per Bruegel in una riflessione sull’atteggiamento dell’uomo di fronte al mistero di una storia Altra, quella di Dio, significata appunto dalla conversione di Paolo.
Ed è proprio questo modo originale di guardare a un fatto fondamentale nella storia della Chiesa, l'incontro di Saulo sulla via di Damasco, dentro la storia dei suoi giorni che mi affascina e diventa per me estremamente comunicativo anche per l'oggi.

Osserviamo la tela: il paesaggio alpino, che Bruegel aveva potuto osservare da vicino nel corso di un suo viaggio in Italia, appare qui minaccioso. Rocce e alberi appuntiti sembrano lance rivolte verso un cielo assente e coperto da spesse nubi. Solo all’estrema sinistra della tela - a significare il ricordo di un passato lontano e colmo di pace - si apre lo scorcio di una distesa pianeggiante e serena sotto una volta azzurrina.

Il panorama di Bruegel descrive la storia di una umanità che ha perduto le sue radici, che forse guarda con nostalgia a un passato nemmeno troppo lontano, ma è incapace di convertire un presente sempre più minaccioso. A sinistra, infatti, si dirada la presenza degli uomini e l’esercito si inerpica su per un dirupo, dimentico della sicurezza pianeggiante che lo accoglieva. Più che l’esperienza di Saulo-Paolo, qui emerge appunto la condizione spirituale e storica dell’uomo del '500, drammaticamente vicina alla nostra.
Dimentico delle radici giudaico-cristiane dell'Europa anche l’uomo postmoderno s’inerpica per cammini improbabili, incurante delle minacce che si addensano all’orizzonte. 

La parte destra della tavola di Bruegel brulica di soldati e cavalieri che maggiormente si addensano laddove il cammino, invece di aprirsi un varco, pare chiudersi definitivamente senza offrire sbocco alcuno.
Nessuno si cura del pericolo, anzi, un cavaliere in giallo sbarra la strada del ritorno, attirando la nostra attenzione. La sua tunica, più luminosa del giallo delle rocce, dice - nel colore - il tradimento, la gelosia, l’ira, i vizi che allontanano l’uomo dal cammino della virtù e, dunque, della pace.
Paradossalmente tuttavia è proprio grazie a questo uomo che siamo condotti a notare un altro soldato, l’unico rivolto verso di noi, un cavaliere che ornato di un curioso pennacchio indica qualcosa.

Comprendiamo solo così quanto il titolo ci sconcertasse. Dov’è infatti l’attesa caduta da cavallo di Saulo? Dov’è la luce folgorante che ci mostrerà la tela caravaggesca della Cappella Cerasi in Roma? È là, sembra rispondere il soldato in blu (colore del mistero e dell’inconoscibile). È là in mezzo al corteo, anzi, là dove più fitta sembra essere la mischia.
Come già nella predica di San Giovanni il Battista, come nella salita al Calvario di Cristo, anche qui Bruegel nasconde il protagonista fra una folla di uomini.
Eccolo là, allora, un piccolissimo Saulo, vestito di un blu irradiato di luce, che stramazza a terra aprendosi un varco improvviso tra la folla di lance e cavalli. 

Non è l’evento sfolgorante che sconvolge il panorama religioso dell’epoca, ma è un evento tra i tanti, quasi un incidente di percorso dentro una marcia anonima che continua inarrestabile il suo cammino. Eppure questo evento ha cambiato la storia della Chiesa e persino la storia del mondo religioso di allora. 
Bruegel ci induce a riflettere. Anche noi siamo spettatori di eventi che stanno cambiando il senso profondo della storia, eppure siamo come distratti, noncuranti, preferendo dare ad essi motivazioni penultime che in definitiva ci lascino in pace e non ci obblighino a una troppo vistosa conversione.

Le rocce appuntite, la nube minacciosa che penetra all’orizzonte chiudendo il varco al corteo di soldati, preannuncia all’Apostolo delle genti la sofferenza che, per questa conversione, egli dovrà sopportare. Il varco che si apre attorno a lui durante la caduta, esprime il vuoto drammatico che ormai lo separerà dal suo popolo.

Si è alzata da più parti, ad esempio, la denuncia di una solitudine del Santo Padre, di un vuoto drammatico che lui e molti santi nostri pastori sperimentano. Ma non siamo anche noi responsabili di quel drammatico vuoto? Chi forma la nostra vita e la nostra coscienza durante le lunghe ore quotidiane passate in casa, in famiglia, al lavoro, davanti alla TV o al Pc? Il pensiero del Papa? Del Magistero dei vescovi uniti al Papa? Oppure il quotidiano più in vista o il canale televisivo super gettonato? 

Non possiamo piangere sul latte versato, come ammoniva Bruegel ai suoi contemporanei, non possiamo lamentarci se nessuno più comprende Saulo e la sua caduta, Paolo e le sue lettere, se noi per primi, come la folla di soldati dell'esercito del duca di Alba, preferiamo affidare il nostro giudizio ai mezzi umani, facendo anche noi da scudo al Mistero che si consuma tra le pieghe della storia. (Sr. M. G. Riva)
Fonte: La nuova bq