domenica 31 marzo 2013

Scola - Caffarra - Forte: Omelie di Pasqua 2013

Pontificale di Pasqua


Arcidiocesi di Milano


Domenica di Pasqua nella Risurrezione del Signore

At 1,1-8a; Sal 117; 1Cor 15,3-10a; Gv 20,11-18

Duomo di Milano, 31 marzo 2013



Omelia di S.E.R. Card. Angelo Scola, Arcivescovo di Milano


1. Dalle tenebre del Venerdì Santo e dalla discesa agli inferi del Sabato Santo, la liturgia della Chiesa, attraverso la solenne Veglia pasquale, ci ha condotto a questo radioso mattino di Risurrezione del Signore.
Oggettivamente parlando la Pasqua è il giorno definitivo della storia dell’umanità. Un giorno segnato da un inaudito paradosso. La Chiesa, infatti, ci parla – lo ascolteremo nel Prefazio – di una morte beata: «Con una morte veramente beata vince per sempre la loro morte» (Prefazio). Come può la morte essere beata? Non siamo qui messi di fronte all’assurdo più radicale che la ragione non può sopportare se vuol continuare a dirsi tale? Può l’uomo di oggi, consapevole delle strabilianti scoperte della bioingegneria, delle neuroscienze, della microfisica dare credito ad un simile annuncio? Può reggere questo annuncio di fronte alla assillante richiesta di prove ben documentate propria della sensibilità dei nostri contemporanei? Disincantati fin da bambini di fronte a tutto ciò che non è empiricamente verificabile, possiamo ragionevolmente aderire e prendere parte alla gioia dell’Alleluia Pasquale?
, se si mantiene alla ragione tutta la sua ampiezza. In questo caso, come molti scienziati credenti testimoniano, si scopre che mai la scienza rigorosa è nemica della fede autentica. Anche per l’uomo post-moderno, che giustamente si affida alle scienze e alle sofisticate tecnologie per scoprire come è fatta la realtà, la morte singolare di Cristo è veramente beata.
Cerchiamo di comprenderlo meglio.
La singolare morte di Cristo è beata anzitutto perché il Signore Gesù è il protagonista della Sua morte. Egli, in definitiva, non l’ha subìta, ma l’ha scelta, l’ha misteriosamente voluta, in obbedienza al Padre. E lo ha fatto proprio per poter riscattare, dal di dentro e dal profondo, la nostra comune morte, ogni morte umana. Sulla croce Cristo sale liberamente. Così sulla croce morte e libertà si identificano. Giustamente la Chiesa chiama Gesù Risorto «la nostra vittima pasquale». Donando totalmente se stesso per espiare i nostri peccati (vittima) Egli ci fa passare dalla morte alla vita (pasqua).
In secondo luogo il mistero della libertà di Cristo che si consegna alla morte per noi ha svelato definitivamente agli uomini la verità dell’amore, consentendo alla nostra libertà di attingere il suo più alto livello: l’essere per l’altro, per il suo bene.
Gesù che ama in questo modo può dire – ne ha il diritto – ad ogni uomo e ad ogni donna, qualunque sia la situazione in cui versa: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?» (Vangelo, Gv 20,15).
Solo Gesù che ha fatto della morte fonte di beatitudine può asciugare le lacrime che, inevitabilmente, scolpiscono il volto degli uomini. Solo Lui può abbracciare l’uomo offrendosi come definitiva compagnia per la sua vita.

2. Domandiamoci allora, carissimi: qual è la strada per credere ed imparare a vivere, anche nel nostro tempo, di questa morte beata? Che prove ci dà il Risorto? San Luca, nella Lettura degli Atti, così si esprime, senza possibilità di equivoci: «Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove» (Lettura, At 1,3). L’Apostolo Paolo, nella Prima Lettera ai Corinzi, identifica queste prove con la testimonianza dei primi: «Apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta (…) Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve a me» (Epistola, 1Cor 15,5-8).
Il modo di agire di Dio è sempre lo stesso: Egli non vuole sopraffare i Suoi figli risparmiando loro la strada del coinvolgimento personale, il cammino della libertà, la via dell’amore. L’Epistola ci dice che il Risorto appare e parla a precisi testimoni. La prova ultima della Sua attuale presenza tra noi sono questi testimoni. Il Signore ha voluto aver bisogno degli uomini affinché il Suo Spirito potesse garantire il suo essere contemporaneo a tutti i tempi e luoghi.
Per incontrare Gesù Risorto non c’è altra strada che la testimonianza: non ci sono scorciatoie che ci esimano dal fare spazio, per grazia e fede, al testimone. È questa la responsabilità fondamentale del cristiano intrisa di abbandono e di amore.

3. Partecipando alla certezza dei testimoni, non solo noi riconosciamo il Risorto, ma conosciamo pienamente noi stessi. Paolo lo dice nel versetto finale dell’Epistola che abbiamo ascoltato dopo essersi riferito al dono immeritato dell’apparizione del Risorto, a lui che è stato persecutore della Chiesa: «Per grazia di Dio sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana» (Epistola, 1Cor 15,10). Nel conoscere Cristo Risorto, Paolo si ri-conosce.
La luce della Pasqua ci offre chiarezza sulla nostra identità: noi siamo, per la misericordia del Padre e solo per essa, figli redenti. Questa è la speranza che non muore: dinanzi al Crocifisso risorto veramente possiamo dire: Ave Crux, spes unica!

4. Dalla morte beata e dall’essere testimoni scaturisce un compito pieno di gioia nei confronti di ogni fratello uomo.
«Và dai miei fratelli» (Vangelo, Gv 20,17). Le parole del Risorto a Maria di Màgdala attraversano i duemila anni di storia che ci separano da quel santo mattino per raggiungere, come in una lunga catena anello dopo anello, ciascuno di noi, qui ed ora. «Va’ dai miei fratelli»: è impressionante rendersi conto, ancora una volta, che il Risorto chiama gli apostoli, e in essi tutti gli uomini, miei fratelli. Egli, infatti, ha abbattuto ogni muro di discordia e di separazione e, nella Pasqua, ha radunato, per il dono dello Spirito, un popolo di figli a gloria di Suo Padre. Non ci sono più bastioni da difendere, solo strade da percorrere incontro agli uomini.
Raggiunti dai testimoni del Risorto, siamo chiamati ad essere anche noi testimoni della Sua presenza nel mondo attraverso la nostra umanità cambiata. Questa è l’unica nostra ricchezza e l’orizzonte totale della nostra esistenza. Non a caso il Concilio Vaticano II insegna che «tutto ciò che di bene il popolo di Dio può offrire all'umana famiglia, nel tempo del suo pellegrinaggio terreno, scaturisce dal fatto che la Chiesa è “l'universale sacramento della salvezza” che svela e insieme realizza il mistero dell'amore di Dio verso l'uomo» (Gaudium et spes 45). Un popolo di uomini e donne redenti, tesi ad edificare un mondo dal volto umano perché sorretti dalla certezza dell’eternità, questa è la Chiesa per il mondo.

5. Domandiamo con insistenza a Gesù Risorto la grazia di essere Suoi testimoni in forza della Sua misericordia che «serba i nostri cuori da ogni mondana tristezza» (All’inizio dell’Assemblea liturgica) e fa fiorire per tutti la speranza. Amen.

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La lumière de Pâques éclaire qui nous sommes vraiment : par la miséricorde du Père nous sommes fils sauvés. Surgit ainsi l’espérance qui ne meurt jamais. Joyeuses Pâques !

The light of Easter enlightens who we really are: for the Father’s mercy we are saved children. This is the hope that does not pass away. Happy Easter!

Das Osterlicht erhellt wen wir eigentlich sind; um des barmherzigen Vaters willen sind wir erlöste Kinder. Das ist die Hoffnung, die nicht zu Ende geht. Gesegnetes Osterfest!

La luz de la Pascua ilumina verdaderamente nuestra identidad: somos, por la misericordia del Padre, hijos salvados. Esta es la esperanza que no muere.¡Feliz Pascua de Resurrección!

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Di seguito il testo dell’omelia pronunciata ieri sera nella cattedrale di San Pietro dal cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, durante la Veglia Pasquale e S. Messa “della notte”.  Durante la solenne celebrazione, il porporato ha impartito il Battesimo, la Cresima e l’Eucaristia a otto adulti che hanno compiuto il cammino di preparazione durante la Quaresima.

1. Cari fratelli e sorelle, carissimi catecumeni: il Signore Iddio ha compiuto le sue più grandi opere di notte. Nella grande narrazione della storia della nostra salvezza, che abbiamo ascoltato, è questo un fatto ricorrente.
Quando «Dio creò il cielo e la terra, la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso». La prima notte: la notte in cui avvenne l’atto creativo originario.
Quando Dio liberò definitivamente il suo popolo dal dominio del Faraone, «durante la notte risospinse il mare con un forte vento d’oriente, rendendolo asciutto; le acque di divisero». La seconda notte: la notte in cui avvenne l’atto salvifico di Israele.
Quando Dio nacque nella nostra natura umana, a Betlemme, ciò avviene in una regione nella quale “alcuni pastori vegliavano di notte” [cfr. Lc 6, 8]. La terza notte: la notte in cui Dio è apparso sulla terra per vivere fra gli uomini.
Quando «passato il sabato, all’alba del primo giorno della settimana Maria di Magdala e l’altra Maria si recarono al sepolcro…non trovarono il corpo di Gesù». La quarta notte: la notte «in cui Cristo, spezzando i vincoli della morte risorge vincitore dal sepolcro».
Cari fratelli e sorelle, questa è una costante troppo ricorrente nell’agire di Dio perché non nasconda una ragione profonda. Che cosa ha voluto dirci?
In primo luogo, dove Dio è andato a cercare l’uomo; dove l’uomo si trovava: nella notte, nell’oscurità. Quale notte e quale oscurità? Il profeta Baruck ci ha risposto: «perché ti contamini con i cadaveri e sei annoverato fra coloro che scendono negli inferi? Tu hai abbandonato la fonte della sapienza!». Quando l’uomo abbandona la fonte della sapienza, la luce del Signore che illumina ogni uomo [cfr. Gv 1, 9], si trova a brancolare nelle tenebre. Non sa più né dove deve andare, né come andarvi. Perde perfino la consapevolezza di sé stesso.
Ma c’è qualcosa di più profondo, di più oscuro, significato dalla notte nella quale Dio è andato a cercare l’uomo: la notte della morte; le tenebre di una morte eterna. Chi abbandona la via del Signore, imbocca la via della morte. Non solo e non principalmente la morte fisica, ma la condizione di una solitudine senza fine, privato della beatitudine di chi vive con Dio. Dio, fattosi uomo, è venuto ad abitare «nelle tenebre e nell’ombra della morte», per prenderci per mano e tirarci fuori da questa regione dei morti. Attraverso il profeta, poc’anzi ci ha detto: «per un breve istante ti ho abbandonata [«sei polvere, ed in polvere ritornerai»]; ma ti riprenderò con immenso amore».
Egli ci ha ripreso perché è risorto, ed in Lui ciascuno di noi ha la possibilità reale di rientrare nella luce della divina sapienza, e nel possesso di una vita eterna. La Chiesa, piena di stupore, ha cantato: «questa è la notte che salva su tutta la terra i credenti nel Cristo dall’oscurità del peccato e dalla corruzione del mondo, li consacra all’amore del Padre e li unisce alla comunione dei Santi». 
2. Ma in che modo noi possiamo divenire partecipi di questo evento di salvezza? In che modo la nostra notte – la notte dei nostri errori e peccati, la notte della nostra morte – potrà “splendere come il giorno, ed essere fonte di luce per la nostra gioia”? L’apostolo Paolo ci dà la risposta.
Scrivendo ai Romani, egli dice: «se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo amore che Dio lo ha resuscitato dai morti, sarai salvo» [Rom 10, 9]. La porta che ci fa uscire dalle tenebre e dall’ombra della morte; la porta che ci fa entrare nella luce della vita è la fede. Credi nella risurrezione di Gesù, e sarai salvo.
La fede ci salva perché mediante il sacramento del battesimo fa accadere in noi ciò che Gesù ha vissuto nella notte di Pasqua. Ascoltiamo l’apostolo: «per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu resuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova».
Ecco, fratelli e sorelle, in che modo la nostra notte può essere illuminata dal giorno che è Cristo: mediante la fede ed i sacramenti.
«Voi tutti…siete figli della luce e del giorno; noi non siamo della notte, ne delle tenebre» [1Tess 5,5]. «Svegliati, o tu che dormi, destati dai morti e Cristo ti illuminerà» [Ef 5,14]. Così veramente sia. 

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La povertà che rende liberi
di Bruno Forte
Da “Il Sole 24 Ore” di oggi, 31 marzo 2013, Pasqua di Reurrezione.
In questa Pasqua del 2013 vorrei riflettere su un tema, su cui ritorna con insistenza Papa Francesco:
la scelta della povertà e dei poveri. Mi sembra che esso abbia molto da dire a tutti noi, e forse ancor
più a coloro che hanno responsabilità politiche e istituzionali, chiamati come sono al servizio del
bene comune.
Ciò che colpisce nel nuovo Vescovo di Roma è che le sue parole e i suoi gesti non hanno nulla di
retorico: si avverte che sono la punta di iceberg di una profonda maturazione, vissuta nel silenzio e
nell'eloquenza della carità. Proprio così, è un soffio di vangelo quello che sta raggiungendo i cuori
di tanti attraverso questo Papa, «venuto dalla fine del mondo».
Da molte parti mi è stato testimoniato di un ritorno alla comunione con Dio di persone lontane, che
si sono sentite toccate dalla buona novella di Francesco, che ricorda a tutti quanto siamo amati dal
Padre e quanto sia importante affidarsi senza riserve alla misericordia, rivelata e donata in Gesù. Ed
è al Nazareno che vorrei guardare per cogliere il senso profondo di questo nuovo risuonare della
buona novella ai poveri. Lo vedo nel Getsemani, alla fine del suo cammino, nel momento in cui gli
si pone dinanzi l'estrema conseguenza della sua scelta di amore. Vedo il suo sudore di sangue, e
percepisco la tentazione della fuga dal destino di croce che lo aspetta. I Vangeli ci parlano della sua
angoscia, della sua tristezza, della sua paura. Il Figlio di Dio fatto uomo avverte un immenso
bisogno di prossimità amicale: "Restate qui e vegliate con me" (Matteo 26,38). Ma è lasciato solo,
come avviene nelle scelte fondamentali di ognuno: "Non siete capaci di vegliare un'ora sola con
me!" (26,40).
Ciò che si pone dinanzi alla sua coscienza umana, e nel modo più violento, è l'alternativa radicale:
salvare la propria vita o perderla, scegliere fra la propria volontà e la volontà del Padre: "Abbà,
Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice!" (Marco 14,36). Nel momento in cui
conferma il "sì" della sua libertà, si aggrappa totalmente a Dio e lo chiama col nome della
tenerezza: "Abbà!". Non a caso è questa l'unica volta nei Vangeli in cui è conservata la forma
aramaica confidenziale dell'invocazione al Padre! Il "sì" di Gesù nasce dall'amore senza riserve: la
sua è la libertà dell'amore! Nell'ora suprema si rimette nelle mani del Padre con una confidenza
infinita, e vive la sua libertà come radicale povertà, libertà da sé per il Padre e per gli altri. È la
libertà di chi trova la propria vita perdendola, la capacità di rischiare tutto per Dio e per gli altri,
specialmente per i poveri, l'audacia di chi vive l'esodo da sé senza ritorno dell'amore.
Traspare qui l'opzione fondamentale del Cristo, la scelta su cui gioca tutto: Gesù è libero per amore,
totalmente finalizzato al Padre e agli altri. Egli testimonia come nessuno sia così libero, quanto chi è
libero dalla propria libertà a motivo di un amore più grande. Libero da sé, egli esiste per il Padre e
per gli altri: non si fa strada, fa strada a Dio e ai poveri. Questa è la sua opzione fondamentale, che
fa di lui veramente "l'uomo libero". Gesù attua quest'opzione fondamentale nelle molteplici scelte
della sua vita: tuttavia, la scelta in cui più intensamente essa sembra tradursi è quella della povertà e
dei poveri. Gesù è il povero: la sua non è la povertà passiva, la miseria che si subisce e che viene
avvertita come scandalo e castigo da cui liberarci.
Il Dio della Bibbia non tollera questa miseria, offesa alla dignità della creatura e allo stesso
Creatore. La povertà di Gesù è scelta volontariamente, espressione di libertà radicale e di fiducia
incondizionata nel Padre, di condivisione e di tenerezza per i poveri, è povertà attiva, nello spirito
della tradizione dei "poveri di Dio" (gli "anawim"), amici e servi del Signore, che in Lui si rifugiano
con amore. Gesù è libero dalle ricchezze di questo mondo e dagli altri. Libero da sé, egli è libero
per dare la sua vita a favore degli altri, per servire i poveri e farli sentire amati di un amore più forte
della morte. Nato povero, è vissuto da povero, ha operato in assoluta povertà, senza avere neppure "dove posare il capo" (Matteo 8,20), ed è morto povero, privo persino dell'ultimo segno di possesso,
le vesti. Proprio così, egli si avvicina agli altri non per possederli o strumentalizzarli, ma per amarli
così come essi sono e per donarsi loro disinteressatamente, "come colui che serve" (Luca 22,27). La
sua povertà non è pessimismo o disprezzo del mondo: egli ha amato intensamente la vita, come
dimostra il suo sudore di sangue di fronte all'avvicinarsi della morte; ha amato anche teneramente
questa terra, come traspare dal suo parlare dei gigli del campo, degli uccelli del cielo e di tutto quel
mondo così vivo e palpitante, che si affaccia nelle sue parabole; egli ha amato senza riserve il suo
prossimo, perfino i suoi crocifissori, per i quali ha chiesto il perdono al Padre nell'ora oscura e
tremenda della croce.
Il volto della sua povertà è quello di un amore gratuito e totale, che non si ferma di fronte alla
resistenza o al rifiuto, e si dona con slancio di fronte al bisogno del povero. Questo amore ha dato
senso, unità e forza alla sua vita e gli ha riempito il cuore di gratitudine per suo Padre, "Signore del
cielo e della terra, che ha tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti, e le ha rivelate ai
piccoli" (Matteo 11,26). Prima di annunciarle con la parola, Gesù ha sperimentato nella vita le
beatitudini del Regno, incarnando con le scelte la parola annunciata. La sua povertà lo rende uomo
della gioia, capace di meraviglia e di ringraziamento di fronte al dono della fedeltà sempre nuova
del Padre. Ciò che è nuovo in Papa Francesco, povero e amico dei poveri, non è allora l'attenzione
alla povertà, scelta e amata da Gesù nel suo donarsi ai poveri, ma il fatto di rendere credibile come
si possa essere poveri e servire i poveri oggi, anche dall'alto della cattedra più autorevole del
mondo. E se questo ci tocca tutti, come non toccherà i potenti della terra, quanti hanno
responsabilità di governo, quanti dovrebbero attendere al bene comune coma all'assoluta priorità del
loro impegno? Qualunque scelta faranno i nostri politici per il futuro di tutti noi, rispondano prima -
"per favore" (come ama dire papa Francesco) - alla sola domanda che conta: ciò che sto scegliendo
è per il bene dei poveri? E nelle scelte che faccio sono io stesso così povero da anteporre il bene
comune al mio e a quello del mio gruppo di potere? Rispondere onestamente a queste domande è
cominciare a vivere la resurrezione di cui questi giorni ci parlano. Buona Pasqua a tutti nel segno di
un nuovo amore ai poveri e alla povertà come stile di vita!


Messaggio Pasquale di Papa Francesco




Messaggio Pasquale di Papa Francesco: "La misericordia di Dio può far fiorire anche la terra più arida, può ridare vita alle ossa inaridite (...)Imploriamo pace per il mondo intero (...) a Gesù risorto, che trasforma la morte in vita, di mutare l’odio in amore, la vendetta in perdono, la guerra in pace"

[Text: Italiano, Français, English, Español, Português]
"Quanti deserti, anche oggi, l’essere umano deve attraversare! Soprattutto il deserto che c’è dentro di lui, quando manca l’amore per Dio e per il prossimo, quando manca la consapevolezza di essere custode di tutto ciò che il Creatore ci ha donato e ci dona".
Testo ufficiale in italiano. Il segno (...) indica frasi aggiunte dal Santo Padre a braccio. 
Cari fratelli e sorelle di Roma e del mondo intero, buona Pasqua!, (...)buona Pasqua!
Che grande gioia per me potervi dare questo annuncio: Cristo è risorto! Vorrei che giungesse in ogni casa, in ogni famiglia, specialmente dove c’è più sofferenza, negli ospedali, nelle carceri…
Soprattutto vorrei che giungesse a tutti i cuori, perché è lì che Dio vuole seminare questa Buona Notizia: Gesù è risorto, c’è speranza per te, non sei più sotto il dominio del peccato, del male! Ha vinto l’amore, ha vinto la misericordia! (...) Sempre vince la misericordia di Dio!
Anche noi, come le donne discepole di Gesù, che andarono al sepolcro e lo trovarono vuoto, possiamo domandarci che senso abbia questo avvenimento (cfr Lc 24,4). Che cosa significa che Gesù è risorto? Significa che l’amore di Dio è più forte del male e della stessa morte; significa che l’amore di Dio può trasformare la nostra vita, far fiorire quelle zone di deserto che ci sono nel nostro cuore. (...) Questo lo può fare l'amore di Dio. 
Questo stesso amore per cui il Figlio di Dio si è fatto uomo ed è andato fino in fondo nella via dell’umiltà e del dono di sé, fino agli inferi, all’abisso della separazione da Dio, questo stesso amore misericordioso ha inondato di luce il corpo morto di Gesù e lo ha trasfigurato, lo ha fatto passare nella vita eterna. Gesù non è tornato alla vita di prima, alla vita terrena, ma è entrato nella vita gloriosa di Dio e ci è entrato con la nostra umanità, ci ha aperto ad un futuro di speranza.
Ecco che cos’è la Pasqua: è l’esodo, il passaggio dell’uomo dalla schiavitù del peccato, del male alla libertà dell’amore, del bene. Perché Dio è vita, solo vita, e la sua gloria (...) siamo noi, è l’uomo vivente (cfr Ireneo, Adversus haereses, 4,20,5-7).
Cari fratelli e sorelle, Cristo è morto e risorto una volta per sempre e per tutti, ma la forza della Risurrezione, questo passaggio dalla schiavitù del male alla libertà del bene, deve attuarsi in ogni tempo, negli spazi concreti della nostra esistenza, nella nostra vita di ogni giorno. Quanti deserti, anche oggi, l’essere umano deve attraversare! Soprattutto il deserto che c’è dentro di lui, quando manca l’amore per Dio e per il prossimo, quando manca la consapevolezza di essere custode di tutto ciò che il Creatore ci ha donato e ci dona. Ma la misericordia di Dio può far fiorire anche la terra più arida, può ridare vita alle ossa inaridite (cfr Ez 37,1-14).
Allora, ecco l’invito che rivolgo a tutti: accogliamo la grazia della Risurrezione di Cristo! Lasciamoci rinnovare dalla misericordia di Dio, lasciamoci amare da Gesù, lasciamo che la potenza del suo amore trasformi anche la nostra vita; e diventiamo strumenti di questa misericordia, canali attraverso i quali Dio possa irrigare la terra, custodire tutto il creato e far fiorire la giustizia e la pace.
E così domandiamo a Gesù risorto, che trasforma la morte in vita, di mutare l’odio in amore, la vendetta in perdono, la guerra in pace. Sì, Cristo è la nostra pace e attraverso di Lui imploriamo pace per il mondo intero. 
Pace per il Medio Oriente, in particolare tra Israeliani e Palestinesi, che faticano a trovare la strada della concordia, affinché riprendano con coraggio e disponibilità i negoziati per porre fine a un conflitto che dura ormai da troppo tempo. Pace in Iraq, perché cessi definitivamente ogni violenza, e, soprattutto, per l’amata Siria, per la sua popolazione ferita dal conflitto e per i numerosi profughi, che attendono aiuto e consolazione. Quanto sangue è stato versato! E quante sofferenze dovranno essere ancora inflitte prima che si riesca a trovare una soluzione politica alla crisi? 
Pace per l’Africa, ancora teatro di sanguinosi conflitti. In Mali, affinché ritrovi unità e stabilità; e in Nigeria, dove purtroppo non cessano gli attentati, che minacciano gravemente la vita di tanti innocenti, e dove non poche persone, anche bambini, sono tenuti in ostaggio da gruppi terroristici. Pace nell’est della Repubblica Democratica del Congoe nella Repubblica Centroafricana, dove in molti sono costretti a lasciare le proprie case e vivono ancora nella paura.
Pace in Asia, soprattutto nella Penisola coreana, perché si superino le divergenze e maturi un rinnovato spirito di riconciliazione.
Pace a tutto il mondo, ancora così diviso dall’avidità di chi cerca facili guadagni, ferito dall’egoismo che minaccia la vita umana e la famiglia, egoismo che continua la tratta di persone, la schiavitù più estesa in questo ventunesimo secolo. (...) Pace a tutto il mondo, dilaniato dalla violenza legata al narcotraffico e dallo sfruttamento iniquo delle risorse naturali! Pace a questa nostra Terra! Gesù risorto porti conforto a chi è vittima delle calamità naturali e ci renda custodi responsabili del creato.
Cari fratelli e sorelle, a tutti voi che mi ascoltate da Roma e da ogni parte del mondo, rivolgo l’invito del Salmo: «Rendete grazie al Signore perché è buono, / perché il suo amore è per sempre. / Dica Israele: / “Il suo amore è per sempre”» (Sal 117,1-2).
FRANCESE
Chers frères et sœurs de Rome et du monde entier, bonne fête de Pâques !
C’est une grande joie pour moi de pouvoir vous faire cette annonce : le Christ est ressuscité ! Je voudrais qu’elle arrive dans chaque maison, dans chaque famille, spécialement là où il y a plus de souffrance, dans les hôpitaux, dans les prisons…
Surtout je voudrais qu’elle atteigne tous les cœurs, parce que c’est là que Dieu veut semer cette Bonne Nouvelle : Jésus est ressuscité, c‘est une espérance pour toi, tu n’es plus sous la domination du péché, du mal ! L’amour a vaincu, la miséricorde a vaincu !
Nous aussi, comme les femmes disciples de Jésus, qui allèrent au tombeau et le trouvèrent vide, nous pouvons nous demander quel sens a cet événement (cf. Lc 24, 4). Que signifie que Jésus est ressuscité ? Cela signifie que l’amour de Dieu est plus fort que le mal et que la mort elle-même ; cela signifie que l’amour de Dieu peut transformer notre vie, faire fleurir ces zones de désert qui sont dans notre cœur. 
Cet amour même pour lequel le Fils de Dieu s’est fait homme et est allé jusqu’au bout du chemin de l’humilité et du don de soi, jusqu’aux enfers, jusqu’à l’abîme de la séparation de Dieu, cet amour miséricordieux lui-même a inondé de lumière le corps mort de Jésus et l’a transfiguré, il l’a fait passer dans la vie éternelle. Jésus n’est pas retourné à la vie d’avant, à la vie terrestre, mais il est entré dans la vie glorieuse de Dieu et il y est entré avec notre humanité, il nous a ouvert à un avenir d’espérance.
Voilà ce qu’est Pâques : c’est l’exode, le passage de l’homme de l’esclavage du péché, du mal à la liberté de l’amour, du bien. Parce que Dieu est vie, seulement vie, et sa gloire est l’homme vivant (cf. Irénée, Adversus haereses, 4, 20, 5-7).
Chers frères et sœurs, le Christ est mort et ressuscité une fois pour toujours et pour tous, mais la force de la Résurrection, ce passage de l’esclavage du mal à la liberté du bien, doit se réaliser en tout temps, dans les espaces concrets de notre existence, dans notre vie de chaque jour. Que de déserts, aujourd’hui encore, l’être humain doit traverser ! Surtout le désert qui est à l’intérieur de lui, quand manque l’amour pour Dieu et pour le prochain, quand manque la conscience d’être gardien de tout ce que le Créateur nous a donné et nous donne. Mais la miséricorde de Dieu peut faire fleurir aussi la terre la plus aride, peut redonner vie aux ossements desséchés (cf. Ez 37, 1-14).
Alors, voici l’invitation que j’adresse à tous : accueillons la grâce de la Résurrection du Christ ! Laissons-nous renouveler par la miséricorde de Dieu, laissons-nous aimer par Jésus, laissons la puissance de son amour transformer aussi notre vie ; et devenons des instruments de cette miséricorde, des canaux à travers lesquels Dieu puisse irriguer la terre, garder toute la création et faire fleurir la justice et la paix.
Et ainsi demandons à Jésus ressuscité, qui transforme la mort en vie, de changer la haine en amour, la vengeance en pardon, la guerre en paix. Oui, le Christ est notre paix et par lui implorons la paix pour le monde entier !
Paix pour le Moyen-Orient, en particulier entre Israéliens et Palestiniens, qui travaillent à trouver la route de la concorde, afin qu’ils reprennent avec courage et disponibilité les négociations pour mettre fin à un conflit qui dure désormais depuis trop de temps. Paix en Irak, pour que cesse définitivement toute violence, et, surtout, pour la Syrie bien-aimée, pour sa population blessée par le conflit et pour les nombreux réfugiés qui attendent aide et consolation. Que de sang a été versé ! Et que de souffrances devront encore être infligées avant qu’on réussisse à trouver une solution politique à la crise ?
Paix pour l’Afrique, encore théatre de conflits sanglants. Au Mali, afin qu’il retrouve unité et stabilité ; et au Nigéria, où malheureusement ne cessent pas les attentats qui menacent la vie de tant d’innocents et où de nombreuses personnes, même des enfants, sont retenues en otage par des groupes terroristes. Paix dans l’est de la République Démocratique du Congo et en République Centrafricaine, où nombreux sont ceux qui sont contraints à laisser leurs maisons et vivent encore dans la peur.
Paix en Asie, surtout dans la Péninsule coréenne, pour que soient surmontées les divergences et que murisse un esprit renouvelé de réconciliation.
Paix au monde entier, encore si divisé par l’avidité de ceux qui cherchent des gains faciles, blessé par l’égoïsme qui menace la vie humaine et la famille, égoïsme qui continue la traite de personnes, l’esclavage le plus répandu en ce vingt-et-unième siècle. Paix au monde entier, déchiré par la violence liée au trafic de drogue et par l’exploitation inéquitable des ressources naturelles ! Paix à notre Terre ! Que Jésus ressuscité apporte réconfort aux victimes des calamités naturelles et fasse de nous des gardiens responsables de la création !
Chers frères et sœurs, à vous tous qui m’écoutez de Rome et de toutes les parties du monde, j’adresse l’invitation du Psaume : « Rendez grâce au Seigneur : Il est bon ! Éternel est son amour ! Oui, que le dise Israël : ‘ Éternel est son amour !’ » (Ps 117, 1-2).
INGLESE 
Dear brothers and sisters in Rome and throughout the world, Happy Easter! 
What a joy it is for me to announce this message: Christ is risen!  I would like it to go out to every house and every family, especially where the suffering is greatest, in hospitals, in prisons …
Most of all, I would like it to enter every heart, for it is there that God wants to sow this Good News: Jesus is risen, there is hope for you, you are no longer in the power of sin, of evil!  Love has triumphed, mercy has been victorious!
We too, like the women who were Jesus’ disciples, who went to the tomb and found it empty, may wonder what this event means (cf. Lk 24:4).  What does it mean that Jesus is risen?  It means that the love of God is stronger than evil and death itself; it means that the love of God can transform our lives and let those desert places in our hearts bloom.
This same love for which the Son of God became man and followed the way of humility and self-giving to the very end, down to hell - to the abyss of separation from God - this same merciful love has flooded with light the dead body of Jesus and transfigured it, has made it pass into eternal life.  Jesus did not return to his former life, to earthly life, but entered into the glorious life of God and he entered there with our humanity, opening us to a future of hope.
This is what Easter is: it is the exodus, the passage of human beings from slavery to sin and evil to the freedom of love and goodness.  Because God is life, life alone, and his glory is the living man (cf. Irenaeus, Adversus Haereses, 4,20,5-7).
Dear brothers and sisters, Christ died and rose once for all, and for everyone, but the power of the Resurrection, this passover from slavery to evil to the freedom of goodness, must be accomplished in every age, in our concrete existence, in our everyday lives. How many deserts, even today, do human beings need to cross!  Above all, the desert within, when we have no love for God or neighbour, when we fail to realize that we are guardians of all that the Creator has given us and continues to give us.  God’s mercy can make even the driest land become a garden, can restore life to dry bones (cf. Ez 37:1-14).
So this is the invitation which I address to everyone: Let us accept the grace of Christ’s Resurrection!  Let us be renewed by God’s mercy, let us be loved by Jesus, let us enable the power of his love to transform our lives too; and let us become agents of this mercy, channels through which God can water the earth, protect all creation and make justice and peace flourish.
And so we ask the risen Jesus, who turns death into life, to change hatred into love, vengeance into forgiveness, war into peace.  Yes, Christ is our peace, and through him we implore peace for all the world.
Peace for the Middle East, and particularly between Israelis and Palestinians, who struggle to find the road of agreement, that they may willingly and courageously resume negotiations to end a conflict that has lasted all too long.  Peace in Iraq, that every act of violence may end, and above all for dear Syria, for its people torn by conflict and for the many refugees who await help and comfort.  How much blood has been shed!  And how much suffering must there still be before a political solution to the crisis will be found?
Peace for Africa, still the scene of violent conflicts.  In Mali, may unity and stability be restored; in Nigeria, where attacks sadly continue, gravely threatening the lives of many innocent people, and where great numbers of persons, including children, are held hostage by terrorist groups.  Peace in the East of the Democratic Republic of Congo, and in the Central African Republic, where many have been forced to leave their homes and continue to live in fear.
Peace in Asia, above all on the Korean peninsula: may disagreements be overcome and a renewed spirit of reconciliation grow.
Peace in the whole world, still divided by greed looking for easy gain, wounded by the selfishness which threatens human life and the family, selfishness that continues in human trafficking, the most extensive form of slavery in this twenty-first century.  Peace to the whole world, torn apart by violence linked to drug trafficking and by the iniquitous exploitation of natural resources! Peace to this our Earth!  Made the risen Jesus bring comfort to the victims of natural disasters and make us responsible guardians of creation.
Dear brothers and sisters, to all of you who are listening to me, from Rome and from all over of the world, I address the invitation of the Psalm: “Give thanks to the Lord for he is good; for his steadfast love endures for ever.  Let Israel say: ‘His steadfast love endures for ever’” (Ps 117:1-2).
SPAGNOLO 
Queridos hermanos y hermanas de Roma y de todo el mundo: ¡Feliz Pascua!
Es una gran alegría para mí, al comienzo de mi ministerio, poderos dar este anuncio: ¡Cristo ha resucitado! Quisiera que llegara a todas las casas, a todas las familias, especialmente allí donde hay más sufrimiento, en los hospitales, en las cárceles...
Quisiera que llegara sobre todo al corazón de cada uno, porque es allí donde Dios quiere sembrar esta Buena Nueva: Jesús ha resucitado, hay esperanza para ti, ya no estás bajo el dominio del pecado, del mal. Ha vencido el amor, ha triunfado la misericordia. 
También nosotros, como las mujeres discípulas de Jesús que fueron al sepulcro y lo encontraron vacío, podemos preguntarnos qué sentido tiene este evento (cf. Lc 24,4). ¿Qué significa que Jesús ha resucitado? Significa que el amor de Dios es más fuerte que el mal y la muerte misma, significa que el amor de Dios puede transformar nuestras vidas y hacer florecer esas zonas de desierto que hay en nuestro corazón. 
Este mismo amor por el que el Hijo de Dios se ha hecho hombre, y ha ido hasta el fondo por la senda de la humildad y de la entrega de sí, hasta descender a los infiernos, al abismo de la separación de Dios, este mismo amor misericordioso ha inundado de luz el cuerpo muerto de Jesús, y lo ha transfigurado, lo ha hecho pasar a la vida eterna. Jesús no ha vuelto a su vida anterior, a la vida terrenal, sino que ha entrado en la vida gloriosa de Dios y ha entrado en ella con nuestra humanidad, nos ha abierto a un futuro de esperanza.
He aquí lo que es la Pascua: el éxodo, el paso del hombre de la esclavitud del pecado, del mal, a la libertad del amor y la bondad. Porque Dios es vida, sólo vida, y su gloria es el hombre vivo (cf. san Ireneo, Adv. haereses, 4,20,5-7).
Queridos hermanos y hermanas, Cristo murió y resucitó una vez para siempre y por todos, pero el poder de la resurrección, este paso de la esclavitud del mal a la libertad del bien, debe ponerse en práctica en todos los tiempos, en los momentos concretos de nuestra vida, en nuestra vida cotidiana. Cuántos desiertos debe atravesar el ser humano también hoy. Sobre todo el desierto que está dentro de él, cuando falta el amor de Dios y del prójimo, cuando no se es consciente de ser custodio de todo lo que el Creador nos ha dado y nos da. Pero la misericordia de Dios puede hacer florecer hasta la tierra más árida, puede hacer revivir incluso a los huesos secos (cf. Ez 37,1-14).
He aquí, pues, la invitación que hago a todos: Acojamos la gracia de la Resurrección de Cristo. Dejémonos renovar por la misericordia de Dios, dejemos que la fuerza de su amor transforme también nuestras vidas; y hagámonos instrumentos de esta misericordia, cauces a través de los cuales Dios pueda regar la tierra, custodiar toda la creación y hacer florecer la justicia y la paz.
Así, pues, pidamos a Jesús resucitado, que transforma la muerte en vida, que cambie el odio en amor, la venganza en perdón, la guerra en paz. Sí, Cristo es nuestra paz, e imploremos por medio de él la paz para el mundo entero.
Paz para Oriente Medio, en particular entre israelíes y palestinos, que tienen dificultades para encontrar el camino de la concordia, para que reanuden las negociaciones con determinación y disponibilidad, con el fin de poner fin a un conflicto que dura ya demasiado tiempo. Paz para Iraq, y que cese definitivamente toda violencia, y, sobre todo, para la amada Siria, para su población afectada por el conflicto y los tantos refugiados que están esperando ayuda y consuelo. ¡Cuánta sangre derramada! Y ¿cuánto dolor se ha de causar todavía, antes de que se consiga encontrar una solución política a la crisis?
Paz para África, escenario aún de conflictos sangrientos. Para Malí, para que vuelva a encontrar unidad y estabilidad; y para Nigeria, donde lamentablemente no cesan los atentados, que amenazan gravemente la vida de tantos inocentes, y donde muchas personas, incluso niños, están siendo rehenes de grupos terroristas. Paz para el Este la República Democrática del Congo y la República Centroafricana, donde muchos se ven obligados a abandonar sus hogares y viven todavía con miedo.
Paz en Asia, sobre todo en la península coreana, para que se superen las divergencias y madure un renovado espíritu de reconciliación.
Paz a todo el mundo, aún tan dividido por la codicia de quienes buscan fáciles ganancias, herido por el egoísmo que amenaza la vida humana y la familia, desgarrado por la violencia ligada al tráfico de drogas y la explotación inicua de los recursos naturales. Paz a esta Tierra nuestra. Que Jesús Resucitado traiga consuelo a quienes son víctimas de calamidades naturales y nos haga custodios responsables de la creación.
Queridos hermanos y hermanas, a todos los que me escuchan en Roma y en todo el mundo, les dirijo la invitación del Salmo: «Dad gracias al Señor porque es bueno, / porque es eterna su misericordia. / Diga la casa de Israel: / “Eterna es su misericordia”» (Sal 117,1-2).
PORTOGHESE
Amados irmãos e irmãs de Roma e do mundo inteiro, boa Páscoa! 
Que grande alegria é para mim poder dar-vos este anúncio: Cristo ressuscitou! Queria que chegasse a cada casa, a cada família e, especialmente onde há mais sofrimento, aos hospitais, às prisões...
Sobretudo queria que chegasse a todos os corações, porque é lá que Deus quer semear esta Boa Nova: Jesus ressuscitou, uma esperança despertou para ti, já não estás sob o domínio do pecado, do mal! Venceu o amor, venceu a misericórdia!
Também nós, como as mulheres discípulas de Jesus que foram ao sepulcro e o encontraram vazio, nos podemos interrogar que sentido tenha este acontecimento (cf. Lc 24, 4). Que significa o fato de Jesus ter ressuscitado? Significa que o amor de Deus é mais forte que o mal e a própria morte; significa que o amor de Deus pode transformar a nossa vida, fazer florir aquelas parcelas de deserto que ainda existem no nosso coração.
Este mesmo amor pelo qual o Filho de Deus Se fez homem e prosseguiu até ao extremo no caminho da humildade e do dom de Si mesmo, até a morada dos mortos, ao abismo da separação de Deus, este mesmo amor misericordioso inundou de luz o corpo morto de Jesus e transfigurou-o, o fez passar à vida eterna. Jesus não voltou à vida que tinha antes, à vida terrena, mas entrou na vida gloriosa de Deus e o fez com a nossa humanidade, abrindo-nos um futuro de esperança.
Eis o que é a Páscoa: é o êxodo, a passagem do homem da escravidão do pecado, do mal, à liberdade do amor, do bem. Porque Deus é vida, somente vida, e a sua glória é o homem vivo (cf. Ireneu, Adversus haereses, 4, 20, 5-7).
Amados irmãos e irmãs, Cristo morreu e ressuscitou de uma vez para sempre e para todos, mas a força da Ressurreição, esta passagem da escravidão do mal à liberdade do bem, deve realizar-se em todos os tempos, nos espaços concretos da nossa existência, na nossa vida de cada dia. Quantos desertos tem o ser humano de atravessar ainda hoje! Sobretudo o deserto que existe dentro dele, quando falta o amor a Deus e ao próximo, quando falta a consciência de ser guardião de tudo o que o Criador nos deu e continua a dar. Mas a misericórdia de Deus pode fazer florir mesmo a terra mais árida, pode devolver a vida aos ossos ressequidos (cf. Ez 37, 1-14).
Eis, portanto, o convite que dirijo a todos: acolhamos a graça da Ressurreição de Cristo! Deixemo-nos renovar pela misericórdia de Deus, deixemo-nos amar por Jesus, deixemos que a força do seu amor transforme também a nossa vida, tornando-nos instrumentos desta misericórdia, canais através dos quais Deus possa irrigar a terra, guardar a criação inteira e fazer florir a justiça e a paz.
E assim, a Jesus ressuscitado que transforma a morte em vida, peçamos para mudar o ódio em amor, a vingança em perdão, a guerra em paz. Sim, Cristo é a nossa paz e, por seu intermédio, imploramos a paz para o mundo inteiro.
Paz para o Oriente Médio, especialmente entre israelitas e palestinos, que sentem dificuldade em encontrar a estrada da concórdia, a fim de que retomem, com coragem e disponibilidade, as negociações para pôr termo a um conflito que já dura há demasiado tempo. Paz no Iraque, para que cesse definitivamente toda a violência, e sobretudo para a amada Síria, para a sua população vítima do conflito e para os numerosos refugiados, que esperam ajuda e conforto. Já foi derramado tanto sangue… Quantos sofrimentos deverão ainda atravessar antes de se conseguir encontrar uma solução política para a crise?
Paz para a África, cenário ainda de sangrentos conflitos: no Mali, para que reencontre unidade e estabilidade; e na Nigéria, onde infelizmente não cessam os atentados, que ameaçam gravemente a vida de tantos inocentes, e onde não poucas pessoas, incluindo crianças, são mantidas como reféns por grupos terroristas. Paz no leste da República Democrática do Congo e na República Centro-Africana, onde muitos se vêem forçados a deixar as suas casas e vivem ainda no medo.
Paz para a Ásia, sobretudo na península coreana, para que sejam superadas as divergências e amadureça um renovado espírito de reconciliação.
Paz para o mundo inteiro, ainda tão dividido pela ganância de quem procura lucros fáceis, ferido pelo egoísmo que ameaça a vida humana e a família – um egoísmo que faz continuar o tráfico de pessoas, a escravatura mais extensa neste século vinte e um. Paz para todo o mundo dilacerado pela violência ligada ao narcotráfico e por uma iníqua exploração dos recursos naturais. Paz para esta nossa Terra! Jesus ressuscitado leve conforto a quem é vítima das calamidades naturais e nos torne guardiões responsáveis da criação.
Amados irmãos e irmãs, originários de Roma ou de qualquer parte do mundo, a todos vós que me ouvis, dirijo este convite do Salmo 117: «Dai graças ao Senhor, porque Ele é bom, porque é eterno o seu amor. Diga a casa de Israel: É eterno o seu amor» (vv. 1-2).

* * *

Il commento che segue è di M. Introvigne

Nelle celebrazioni pasquali, il 30 e 31 marzo 2013, Papa Francesco ci ha invitato a riflettere sul messaggio essenziale della Pasqua: la sconvolgente novità della Resurrezione, che cambia la storia del mondo e che deve cambiare anche la nostra storia e la nostra vita. Nell'omelia della Veglia Pasquale, la meditazione è stata proposta attraverso tre quadri.

Il primo quadro è quello delle donne che si recano al sepolcro per ungere con aromi il corpo di Gesù. In quelle donne c'era «tristezza», perché credevano che la loro grande avventura con Gesù fosse terminata, e «ora si ritornava alla vita di prima». Nello stesso tempo, «continuava l’amore». «Ma a questo punto avviene qualcosa di totalmente inaspettato, di nuovo, che sconvolge il loro cuore e i loro programmi e sconvolgerà la loro vita».
«Non capita forse anche a noi così - si è chiesto il Papa - quando qualcosa di veramente nuovo accade nel succedersi quotidiano dei fatti? Ci fermiamo, non comprendiamo, non sappiamo come affrontarlo. La novità spesso ci fa paura, anche la novità che Dio ci porta, la novità che Dio ci chiede».  Di fronte alla novità, come gli apostoli, spesso abbiamo un momento di smarrimento: «spesso preferiamo tenere le nostre sicurezze». «Abbiamo paura delle sorprese di Dio». Anche quando si tratta di Gesù Cristo, abbiamo paura della Resurrezione perché, se crediamo veramente che sia risorto, allora la nostra vita cambia. Dunque preferiamo «fermarci ad una tomba, al pensiero verso un defunto, che alla fine vive solo nel ricordo della storia come i grandi personaggi del passato».
Questo è il vero appello della Pasqua: «Non chiudiamoci alla novità che Dio vuole portare nella nostra vita! Siamo spesso stanchi, delusi, tristi, sentiamo il peso dei nostri peccati, pensiamo di non farcela. Non chiudiamoci in noi stessi, non perdiamo la fiducia, non rassegniamoci mai: non ci sono situazioni che Dio non possa cambiare, non c’è peccato che non possa perdonare se ci apriamo a Lui». 

Veniamo al secondo quadro. Al sepolcro alle donne appaiono due uomini in abito sfolgorante, che dicono: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto» (Lc 24, 5-6). Qui il dramma trova la sua spiegazione, e «nulla rimane più come prima, non solo nella vita di quelle donne, ma anche nella nostra vita e nella nostra storia dell’umanità». Ora le donne accettano la novità, e «così la novità di Dio si presenta davanti agli occhi delle donne, dei discepoli, di tutti noi: la vittoria sul peccato, sul male, sulla morte, su tutto ciò che opprime la vita e le dà un volto meno umano. E questo è un messaggio rivolto a me, a te, cara sorella, a te caro fratello. Quante volte abbiamo bisogno che l’Amore ci dica: perché cercate tra i morti colui che è vivo? I problemi, le preoccupazioni di tutti i giorni tendono a farci chiudere in noi stessi, nella tristezza, nell’amarezza… e lì sta la morte. Non cerchiamo lì Colui che è vivo!».

Terzo quadro: dopo avere accolto con fede - ma ancora con timore - la novità della Resurrezione, le donne sono indotte dagli angeli ad approfondirla tramite il ricordo. Gli angeli, «i due uomini in abito sfolgorante introducono un verbo fondamentale: ricordate». «Ricordatevi come vi parlò, quando era ancora in Galilea… Ed esse si ricordarono delle sue parole» (Lc 24,6.8). Con questo «fare memoria» la fede diventa cultura e riflessione. E diventa anche evangelizzazione: le donne si sentono spinte a «portare l'annuncio della Resurrezione agli Apostoli e a tutti gli altri».

Ecco dunque la preghiera del Pontefice nella notte di Pasqua: «che il Signore ci renda partecipi della sua Risurrezione: ci apra alla sua novità che trasforma, alle sorprese di Dio, tanto belle; ci renda uomini e donne capaci di fare memoria di ciò che Egli opera nella nostra storia personale e in quella del mondo; ci renda capaci di sentirlo come il Vivente, vivo ed operante in mezzo a noi; ci insegni, cari fratelli e sorelle, ogni giorno a non cercare tra i morti Colui che è vivo».

E nel Messaggio Urbi et Orbi della domenica Papa Francesco ha parlato ancora delle donne che si recarono al sepolcro e del significato di quell'avvenimento per noi. «Che cosa significa che Gesù è risorto? Significa che l’amore di Dio è più forte del male e della stessa morte; significa che l’amore di Dio può trasformare la nostra vita, far fiorire quelle zone di deserto che ci sono nel nostro cuore. E questo può farlo l’amore di Dio!».
Sì, l'amore di Dio è la chiave per comprendere la Pasqua. «Questo stesso amore per cui il Figlio di Dio si è fatto uomo ed è andato fino in fondo nella via dell’umiltà e del dono di sé, fino agli inferi, all’abisso della separazione da Dio, questo stesso amore misericordioso ha inondato di luce il corpo morto di Gesù, lo ha trasfigurato, lo ha fatto passare nella vita eterna».

La Pasqua, così, è la nostra libertà: «è l’esodo, il passaggio dell’uomo dalla schiavitù del peccato, del male alla libertà dell’amore, del bene». E «questo passaggio dalla schiavitù del male alla libertà del bene, deve attuarsi in ogni tempo, negli spazi concreti della nostra esistenza, nella nostra vita di ogni giorno», nei nostri deserti. «Quanti deserti, anche oggi, l’essere umano deve attraversare! Soprattutto il deserto che c’è dentro di lui, quando manca l’amore di Dio e per il prossimo, quando manca la consapevolezza di essere custode di tutto ciò che il Creatore ci ha donato e ci dona». 

Se accettiamo la grazia della Pasqua, invece, apriamo «canali attraverso i quali Dio possa irrigare la terra, custodire tutto il creato e far fiorire la giustizia e la pace», anche nelle situazioni più difficili che il Papa non ha mancato di ricordare: Israele e la Palestina, l'Iraq, la Siria, il Mali, il Congo, la Repubblica Centraficana, la Corea del Nord. Dove manca la pace, lì c'è particolare bisogno di «Gesù risorto, che trasforma la morte in vita», che è capace «di mutare l’odio in amore, la vendetta in perdono, la guerra in pace».

La pace, però, non può regnare nel mondo se non regna prima nel nostro cuore. È questo il commovente appello del Papa che è risuonato nella notte di Pasqua.
«Se fino ad ora sei stato lontano da Lui, fa’ un piccolo passo: ti accoglierà a braccia aperte. Se sei indifferente, accetta di rischiare: non sarai deluso. Se ti sembra difficile seguirlo, non avere paura, affidati a Lui, stai sicuro che Lui ti è vicino, è con te e ti darà la pace che cerchi e la forza per vivere come Lui vuole».

Patriarche Fouad Twal: Homélie pour la Messe du dimanche de Pâques au Saint Sépulcre



Le Christ est vraiment ressuscité! Alléluia!
Jérusalem – La messe du Dimanche de Pâques a été célébrée ce matin le 31 mars 2013 au Saint Sépulcre, devant le Tombeau. Elle a été présidée par Sa Béatitude le Patriarche Fouad Twal, patriarche latin de Jérusalem. 
Retrouvez ci-après l’homélie du Patriarche.
Homélie pour la messe de Pâques
31 mars 2013
 Excellences,
Chers frères dans l’épiscopat et le sacerdoce
Chers amis,
Sainte fête de Pâques à tous ! Le Christ est vraiment ressuscité ! Alléluia ! Pâques illumine ! Le ressuscité nous enveloppe de sa lumière, il donne à nos cœurs une joie immense et une grande espérance et il les remplit de son amour.
Aujourd’hui nous est relatée dans l’évangile la course haletante de Pierre et Jean qui suivent Marie-Madeleine vers le tombeau où le corps de Jésus a été déposé. Mais ils découvrent un tombeau vide avec le linceul. Pourtant, instantanément Jean vit et crût que Jésus n’a pas été enlevé mais qu’il est ressuscité. La foi est donc un don et elle est aussi personnelle. C’est pourquoi une relation intime avec Dieu est nécessaire.  Elle s’établit par la prière dans le secret des cœurs devant une “présence absente”, dont témoigne le tombeau vide.  Le tombeau vide comme on le voit aujourd’hui ici-même, est le chemin de la foi qui commence. Cette foi – notre foi – s’appuie sur le témoignage des Apôtres. Il nous est demandé de croire sans voir : « Heureux ceux qui croient sans avoir vu. »  (Jean 20, 29).
La résurrection est au centre de la foi chrétienne : « Si le Christ n’est pas ressuscité, vaine est notre foi » (1Co 15,17). Malgré cela les catholiques, les orthodoxes et les protestants célèbrent Pâques à des dates différentes.   Nous savons que la division ne vient pas de Dieu. C’est pourquoi, nous avons décidé dans notre diocèse de Terre Sainte à l’exception de Jérusalem et de Bethléem, de caler la date de Pâques des catholiques  sur le calendrier julien  pour que les familles de confession mixte puissent fêter ce mystère ensemble. Comme c’est le cas en Jordanie, en Syrie et en Egypte. Une célébration commune solennelle et joyeuse de la Résurrection du Seigneur par tous les chrétiens à travers la Terre Sainte, peut devenir un témoignage crédible et authentique de l’appel du Christ pour plus de communion, ainsi que de notre réponse à cet appel..
Cette décision d’unifier la date Pâques n’est pas facile mais c’est un premier pas vers l’unité complète  que nous devons porter dans notre prière.  Dans cette Année de la foi, qui se prête très bien à ce défi, il nous est aussi demander de redynamiser notre foi et notre enthousiasme.  L’évangélisation, à travers notre charité, amour du prochain et simplicité,  semble être une priorité pour notre nouveau pape François. Notre pape argentin vient d’un continent qui compte 40 % des catholiques du monde, mais où la position de l’Eglise est contestée par les groupes évangéliques et où les relations avec le monde politique sont un peu tendues. L’Esprit-Saint qui a déjoué tous les pronostics, vient de nous donner un pape dont l’action depuis des années, se trouve dans la droite ligne des orientations du dernier synode qui portait sur la « nouvelle évangélisation. »
Le Saint Père a demandé dans son tout premier discours aux fidèles d’« entreprendre un chemin de fraternité, d’amour » et d’« évangélisation ».
Dans l’évangile de Saint Jean, Jésus nous dit qu’il est la lumière ; qui le suit « ne marchera pas dans les ténèbres, il aura la lumière de la vie » (Jn 8, 12). En tant que chrétiens, le Seigneur nous invite aussi à être une lumière pour le monde ; à porter la lumière de l’espérance au milieu des violences, des souffrances, des guerres, de l’injustice. Il nous invite ici à porter la lumière de la foi au milieu de notre région du Proche-Orient, là où le christianisme est né, là où l’Eglise-Mère de Jérusalem est née, là où naît tout chrétien. C’est pourquoi la nouvelle évangélisation, pour être moderne et efficace, doit repartir de Jérusalem,
- repartir de la première communauté chrétienne assidue à la lecture de la Parole de Dieu, à rompre le pain et à la solidarité.
- repartir de la première communauté, ancrée dans la personne du Christ, ayant une cause, pour laquelle elle était disposée à affronter tout sacrifice jusqu’au martyre. Ainsi, je renouvèle mon invitation à venir en Terre Sainte à tous les pèlerins du monde entier et en premier lieu à notre pape François qui sera le bienvenu.
Venez vous aussi comme Pierre et Jean voir le tombeau vide. Le pèlerinage aux Lieux Saints et aux “pierres vivantes”, est un excellent moyen pour raviver notre foi et celle des pèlerins. Il permet de mieux connaître le cadre culturel, historique et géographique, où sont nés les mystères auxquels nous croyons, et dont le plus important est fêté aujourd’hui : la résurrection.
Le pèlerinage ici est une occasion de rencontre personnelle et incarnée avec Jésus. En ce sens, les chrétiens de Terre Sainte sont la mémoire collective vivante de l’histoire de Jésus. Mais en même temps ils ont besoin des autres fidèles, de leurs prières et de leur solidarité ; la présence des pèlerins est de fait un véritable témoignage de foi et de communion avec notre Eglise du Calvaire.
Notre Eglise vit dans un Moyen-Orient de souffrance. L’Année de la foi répond donc ici à des enjeux spécifiques. D’abord, je pense à toutes les victimes et tous les réfugiés syriens qui affluent dans les pays voisins et notamment en Jordanie, mais aussi à tous les chrétiens de Terre Sainte qui sont tentés par l’émigration, je veux redire à tous que la fête de la résurrection est un motif d’espérance pour un monde affligé par de profondes tragédies souvent provoquées par la violence humaine. Les croix de nos vies ne sont pas pour autant balayées à Pâques ; Dieu ne vient pas les supprimer, mais il a ouvert un chemin d’espérance au milieu de la souffrance, et il veut l’ouvrir chaque jour pour nous.
Vivre au Moyen-Orient en tant que chrétien, n’est pas un choix mais une vocation. Il faut passer par la croix pour connaître la résurrection. « La croix nous fait souvent peur, car elle semble être la négation de la vie. En réalité, c’est le contraire ! Elle est le “oui” de Dieu à l’homme, l’expression extrême de son amour et la source d’où jaillit la vie. Car du cœur de Jésus ouvert sur la croix, a jailli cette vie divine, toujours disponible pour celui qui accepte de lever les yeux vers le crucifié. ». ( Benoît XVI lors de JMJ de Madrid.)
Depuis le matin de Pâques, l’espérance chrétienne est sans limite. Toute nuit noire peut être illuminée par le vainqueur du tombeau. Ce ne sont plus des terres qu’il faut reconquérir, mais des cœurs. Des cœurs qu’il faut convertir et éduquer à la paix. J’invite encore et encore la communauté internationale, au-delà des discours et des visites, à prendre concrètement les décisions efficaces pour trouver une solution équilibrée et juste pour la cause palestinienne qui est à l’origine de tous les troubles du Moyen-Orient.
En novembre 2010, j’ai rencontré personnellement le Pape en Argentine où nous avions pu évoquer la situation de la diaspora des chrétiens d’Orient en Amérique latine. L’Argentine a accueilli de nombreux émigrés du Moyen-Orient. Le pape François est ainsi sensibilisé à la question de l’émigration des fidèles de Terre Sainte. Il fut d’ailleurs jusqu’ici ordinaire pour les fidèles de rite oriental résidant dans son pays. Je suis convaincu que le Saint Père continuera avec force et détermination le travail de Benoît XVI pour la paix en Terre Sainte, et un rapprochement entre les peuples et les religions du monde. Ici en Terre Sainte, notre communion avec le Saint Père est profonde et notre confiance  absolue. Nous savons d’expérience tout l’intérêt et les efforts pour la paix ,que porte le Saint-Siège à notre Patriarcat et à la Terre Sainte.
Chers frères et sœurs, recevez mes meilleurs souhaits de Joyeuses Pâques ; que ce soit l’occasion d’une belle résurrection de nous-mêmes, de nos Eglises et de notre Terre Sainte. Qu’en ce matin de Pâques germe un printemps nouveau.
Que cette fête radieuse de la Résurrection du Christ vous apporte la bénédiction du Seigneur !
Amen.
+ Fouad Twal, Patriarche