sabato 23 marzo 2013

Obbediente fino alla morte


Celebriamo oggi, 24 marzo, la Domenica delle palme e della Passione del Signore
Anno "C"


Il Signore mi disse:"Sappi, figlia Mia, che il tuo quotidiano silenzioso martirio nella totale sottomissione alla Mia volontà, conduce molte anime in Paradiso, e quando ti sembra che la sofferenza oltrepassi le tue forze, guarda le Mie Piaghe, e t'innalzerai al di sopra del disprezzo e dei giudizi degli uomini. 
La meditazione sulla Mia Passione ti aiuta a sollevarti al di sopra di tutto".
Dal "Diario" di Santa Faustina Kowalska

* * *

Sul Vangelo della Passione l'introduzione di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:

Che mistero profondo è la vita dell’uomo, con il suo carico di sofferenza, di croce. “L’uomo è terra che soffre”, dice un antico testo cristiano (Lettera di Barnaba, 6,9): dal gemito che lo introduce alla vita, al rantolo che lo consegna all’eternità. E davanti a questo mistero non ci sono alternative: o sotto la croce, schiacciato e frantumato, o sopra la croce, libero, uomo vero, uomo che si dona. In questa Domenica delle Palme entriamo a Gerusalemme con Gesù, l’uomo della croce, vittorioso, per dare inizio alla sua Passione gloriosa. Il Vangelo oggi racconta la Via della Croce del Signore. In questa settimana, che la tradizione cristiana, con profonda verità, dice “santa”, siamo chiamati a stare, insieme alla Vergine Maria, accanto alla Croce del Signore, ad unirci a Lui, a seguirLo! Non a seguire una vittima, un condannato, ma a contemplare il dono che Egli fa di sé. Un antico inno canta: “O albero di vita eterna, pilastro dell’universo, ossatura della terra, la tua cima tocca il Cielo e nelle tue braccia aperte brilla l’amore di Dio”. Dalle croci quotidiane della vita, spesso frutto della nostra debolezza, dei nostri peccati, ma anche della violenza e della prepotenza di chi ci sta accanto, guardando la Croce di Cristo, Lui che si dona per noi, possiamo fare nostre le parole del buon ladrone: “Signore Gesù, ricordati di me quando vieni nel tuo regno”. Che questi giorni di preparazione silenziosa ed orante alla Passione di Cristo, ci permettano di udire e di accogliere la sua parola divina, il suo “Io ti dico”, rivolto ad ognuno di noi: “Oggi con me sarai nel paradiso”. E la Pasqua ci sarà data come liberazione.
(Radio Vaticana)
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Di seguito i testi del Messale e i commenti


Antifona d'Ingresso  Sal 23,9-10
Sei giorni prima della solenne celebrazione della Pasqua, quando il Signore entrò in Gerusalemme, gli andarono incontro i fanciulli: portavano in mano rami di palma, e acclamavano a gran voce: 
Osanna nell'alto dei cieli:
Gloria a te che vieni,
pieno di bontà e di misericordia.

 

Sollevate, porte, i vostri frontali,
alzatevi, porte antiche,
ed entri il re della gloria.
Chi è questo re della gloria?
Il Signore degli eserciti è il re della gloria.
 

Osanna nell'alto dei cieli:
Gloria a te che vieni,
pieno di bontà e di misericordia.


Colletta

O Dio onnipotente ed eterno, che hai dato come modello agli uomini il Cristo tuo Figlio, nostro Salvatore, fatto uomo e umiliato fino alla morte di croce, fa' che abbiamo sempre presente il grande insegnamento della sua passione, per partecipare alla gloria della risurrezione. Egli è Dio...

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura   
Is 50,4-7
Non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi, sapendo di non restare confuso.

Dal libro del profeta Isaìa

Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo,
perché io sappia indirizzare
una parola allo sfiduciato.

Ogni mattina fa attento il mio orecchio
perché io ascolti come i discepoli.
Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio
e io non ho opposto resistenza,
non mi sono tirato indietro.

Ho presentato il mio dorso ai flagellatori,
le mie guance a coloro che mi strappavano la barba;
non ho sottratto la faccia
agli insulti e agli sputi.

Il Signore Dio mi assiste,
per questo non resto svergognato,
per questo rendo la mia faccia dura come pietra,
sapendo di non restare confuso.


SALMO RESPONSORIALE  
Dal Salmo 21
Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?
Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!».

Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
Posso contare tutte le mie ossa.

Si dividono le mie vesti,
sulla mia tunica gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto.

Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all’assemblea.
Lodate il Signore, voi suoi fedeli,
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza d’Israele.


Seconda Lettura
  Fil 2,6-11
Cristo umiliò se stesso, per questo Dio lo esaltò.


Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippèsi

Cristo Gesù,
pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.

Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre. 


Canto al Vangelo
   Fil 2,8-9
Lode e onore a te, Signore Gesù!
Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome.

Lode e onore a te, Signore Gesù! 
  
  
Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Luca

Vangelo  Lc 22,14-23,56
La passione del Signore

Indicazioni per la lettura dialogata: X = Gesù;  = Cronista;  =Discepoli e amici;  =Folla;  =Altri personaggi

Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione
C Quando venne l’ora, [Gesù] prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse loro: «Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, perché io vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio». C E, ricevuto un calice, rese grazie e disse: 
«Prendetelo e fatelo passare tra voi, perché io vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non verrà il regno di Dio».Fate questo in memoria di me
Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: 
X«Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me». C E, dopo aver cenato, fece lo stesso con il calice dicendo: X«Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi».
Guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito!
«Ma ecco, la mano di colui che mi tradisce è con me, sulla tavola. Il Figlio dell’uomo se ne va, secondo quanto è stabilito, ma guai a quell’uomo dal quale egli viene tradito!». C Allora essi cominciarono a domandarsi l’un l’altro chi di loro avrebbe fatto questo.Io sto in mezzo a voi come colui che serve
E nacque tra loro anche una discussione: chi di loro fosse da considerare più grande. Egli disse: 
«I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno potere su di esse sono chiamati benefattori. Voi però non fate così; ma chi tra voi è più grande diventi come il più giovane, e chi governa come colui che serve. Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve. Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove e io preparo per voi un regno, come il Padre mio l’ha preparato per me, perché mangiate e beviate alla mia mensa nel mio regno. E siederete in trono a giudicare le dodici tribù di Israele.Tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli
Simone, Simone, ecco: Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli». C E Pietro gli disse: D«Signore, con te sono pronto ad andare anche in prigione e alla morte».C Gli rispose: 
X «Pietro, io ti dico: oggi il gallo non canterà prima che tu, per tre volte, abbia negato di conoscermi».Deve compiersi in me questa parola della Scrittura
C
 Poi disse loro: 
X «Quando vi ho mandato senza borsa, né sacca, né sandali, vi è forse mancato qualcosa?». C Risposero: D «Nulla». C Ed egli soggiunse: X «Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così chi ha una sacca; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. Perché io vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: “E fu annoverato tra gli empi”. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo compimento».C Ed essi dissero: D «Signore, ecco qui due spade». C Ma egli disse: X«Basta!».Entrato nella lotta, pregava più intensamente
Uscì e andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo, disse loro: 
X «Pregate, per non entrare in tentazione». C Poi si allontanò da loro circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio e pregava dicendo: X «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà». C Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo. Entrato nella lotta, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra. Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. E disse loro: X «Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione».Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio dell’uomo?
C Mentre ancora egli parlava, ecco giungere una folla; colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, li precedeva e si avvicinò a Gesù per baciarlo. Gesù gli disse: «Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio dell’uomo?». C Allora quelli che erano con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: D «Signore, dobbiamo colpire con la spada?». C E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio destro. Ma Gesù intervenne dicendo: X «Lasciate! Basta così!». C E, toccandogli l’orecchio, lo guarì. Poi Gesù disse a coloro che erano venuti contro di lui, capi dei sacerdoti, capi delle guardie del tempio e anziani: X «Come se fossi un ladro siete venuti con spade e bastoni. Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete mai messo le mani su di me; ma questa è l’ora vostra e il potere delle tenebre».Uscito fuori, Pietro pianse amaramente
Dopo averlo catturato, lo condussero via e lo fecero entrare nella casa del sommo sacerdote. Pietro lo seguiva da lontano. Avevano acceso un fuoco in mezzo al cortile e si erano seduti attorno; anche Pietro sedette in mezzo a loro. Una giovane serva lo vide seduto vicino al fuoco e, guardandolo attentamente, disse: A «Anche questi era con lui». C Ma egli negò dicendo: D «O donna, non lo conosco!». C Poco dopo un altro lo vide e disse: A «Anche tu sei uno di loro!». C Ma Pietro rispose: D «O uomo, non lo sono!». C Passata circa un’ora, un altro insisteva: A «In verità, anche questi era con lui; infatti è Galileo». C Ma Pietro disse: D«O uomo, non so quello che dici». C E in quell’istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. Allora il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro, e Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detto: «Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte». E, uscito fuori, pianse amaramente.
Fa’ il profeta! Chi è che ti ha colpito?
E intanto gli uomini che avevano in custodia Gesù lo deridevano e lo picchiavano, gli bendavano gli occhi e gli dicevano: A «Fa’ il profeta! Chi è che ti ha colpito?». C E molte altre cose dicevano contro di lui, insultandolo.
Lo condussero davanti al loro Sinedrio
Appena fu giorno, si riunì il consiglio degli anziani del popolo, con i capi dei sacerdoti e gli scribi; lo condussero davanti al loro Sinedrio e gli dissero: A «Se tu sei il Cristo, dillo a noi». C Rispose loro: 
X «Anche se ve lo dico, non mi crederete; se vi interrogo, non mi risponderete. Ma d’ora in poi il Figlio dell’uomo siederà alla destra della potenza di Dio».C Allora tutti dissero: A «Tu dunque sei il Figlio di Dio?». C Ed egli rispose loro: X «Voi stessi dite che io lo sono». C E quelli dissero: A «Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza? L’abbiamo udito noi stessi dalla sua bocca».Non trovo in quest’uomo alcun motivo di condanna
C [
 Tutta l’assemblea si alzò; lo condussero da Pilato e cominciarono ad accusarlo: A «Abbiamo trovato costui che metteva in agitazione il nostro popolo, impediva di pagare tributi a Cesare e affermava di essere Cristo re». C Pilato allora lo interrogò: A «Sei tu il re dei Giudei?». C Ed egli rispose: 
X «Tu lo dici». C Pilato disse ai capi dei sacerdoti e alla folla: A«Non trovo in quest’uomo alcun motivo di condanna». C Ma essi insistevano dicendo: A «Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea, fino a qui». C Udito ciò, Pilato domandò se quell’uomo era Galileo e, saputo che stava sotto l’autorità di Erode, lo rinviò a Erode, che in quei giorni si trovava anch’egli a Gerusalemme.Erode con i suoi soldati insulta Gesù
Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto. Da molto tempo infatti desiderava vederlo, per averne sentito parlare, e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui. Lo interrogò, facendogli molte domande, ma egli non gli rispose nulla. Erano presenti anche i capi dei sacerdoti e gli scribi, e insistevano nell’accusarlo. Allora anche Erode, con i suoi soldati, lo insultò, si fece beffe di lui, gli mise addosso una splendida veste e lo rimandò a Pilato. In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici tra loro; prima infatti tra loro vi era stata inimicizia.
Pilato abbandona Gesù alla loro volontà
Pilato, riuniti i capi dei sacerdoti, le autorità e il popolo, disse loro: « AMi avete portato quest’uomo come agitatore del popolo. Ecco, io l’ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in quest’uomo nessuna delle colpe di cui lo accusate; e neanche Erode: infatti ce l’ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte. Perciò, dopo averlo punito, lo rimetterò in libertà». C Ma essi si misero a gridare tutti insieme: «Togli di mezzo costui! Rimettici in libertà Barabba!». C Questi era stato messo in prigione per una rivolta, scoppiata in città, e per omicidio. Pilato parlò loro di nuovo, perché voleva rimettere in libertà Gesù. F Ma essi urlavano: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». C Ed egli, per la terza volta, disse loro: A «Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato in lui nulla che meriti la morte. Dunque, lo punirò e lo rimetterò in libertà». C Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso, e le loro grida crescevano. Pilato allora decise che la loro richiesta venisse eseguita. Rimise in libertà colui che era stato messo in prigione per rivolta e omicidio, e che essi richiedevano, e consegnò Gesù al loro volere.
Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me
Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù. Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: 
X «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: “Beate le sterili, i grembi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato”. Allora cominceranno a dire ai monti: “Cadete su di noi!”, e alle colline: “Copriteci!”. Perché, se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?». C Insieme con lui venivano condotti a morte anche altri due, che erano malfattori.Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno
Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: 
X «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». C Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte.Costui è il re dei Giudei
Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: A «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». C Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: A «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». C Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
Oggi con me sarai nel paradiso
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: A «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». C L’altro invece lo rimproverava dicendo: A «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». C E disse: A «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». C Gli rispose: 
X «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito
C
 Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, perché il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. Gesù, gridando a gran voce, disse: 
X «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo, spirò.(Qui si genuflette e si fa una breve pausa)

C
 Visto ciò che era accaduto, il centurione dava gloria a Dio dicendo: A«Veramente quest’uomo era giusto». C Così pure tutta la folla che era venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto. Tutti i suoi conoscenti, e le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, stavano da lontano a guardare tutto questo. ]
Giuseppe pone il corpo di Gesù in un sepolcro scavato nella roccia
Ed ecco, vi era un uomo di nome Giuseppe, membro del Sinedrio, buono e giusto. Egli non aveva aderito alla decisione e all’operato degli altri. Era di Arimatèa, una città della Giudea, e aspettava il regno di Dio. Egli si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Lo depose dalla croce, lo avvolse con un lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia, nel quale nessuno era stato ancora sepolto. Era il giorno della Parascève e già splendevano le luci del sabato. Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono il sepolcro e come era stato posto il corpo di Gesù, poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo come era prescritto. Parola del Signore.

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Commento

Passione di Dio per me. Per te. Si, Dio si è appassionato alle mie cose, a quelle di tutti i giorni, al punto di morirci. Non è questo che in fondo tutti andiamo cercando? Non è qualcuno, anche uno solo, che sia attento a quello che ci accade, che abbia a cuore la nostra vita, che si accorga di noi, che ci abbracci quando ci sentiamo soli, che ci stringa forte quando le lacrime ci gonfiano gli occhi, che ci sorrida dolcemente quando ci sentiamo soli e distrutti, che ci prenda per mano e ci tiri fuori dai pasticci? Non desideriamo qualcuno che ci ami davvero, di quell'amore che non troviamo da nessuna parte, se non a brandelli, nei genitori, nei fidanzati, nelle famiglie, nei figli, negli amici. Frammenti di quello che ci urge disseminati nei giorni e che poi è così difficile rimetterli insieme perchè diano senso, e pace, e gioia alle nostre esistenze. Eccolo oggi Colui che stiamo desiderando. Eccolo amarci sino a farsi uccidere per noi. Eccolo umile su di asino, eccolo tra le pagine della Passione. Leggiamola oggi con pazienza, vi incontreremo le trame delle nostre vite. Il Sinedrio, Pilato, Barabba, e tutti gli altri, e le fruste, e i chiodi, e la lancia. La Croce. La Passione è la nostra vita. Di ieri, di oggi, di domani. Le pene, le ansie, i dolori, i sogni infranti, le malinconie, i peccati. Nella Passione di Cristo è racchiuso il gomitolo della nostra vita, tutto quello che sembra scombinato, fili senza capo né coda, dolori e gioie attorcigliate sulle ore, esperienze gettate alla rinfusa nei giorni, e non sappiamo dove siamo, ci addormentiamo in un sorriso e ci svegliamo in una lacrima, e non sappiamo perchè. La storia nostra è tutta dentro la passione d'amore di Gesù, prorpio per noi, proprio per tutto di noi. Leggiamola, meditiamola, vi troveremo l'amore sbocciare esattamente dai fatti, dai momenti più bui delle nostre esistenze. Lui è sceso e continua a scendere in ogni angolo della nostra vita, per adagiarvi il suo amore. Non vi sono spiegazioni, discorsi, poesie. solo un fatto, semplice e vero: Lui con me, sempre. E tutto di me trasformato in amore.


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Commento del cardinal Scola

1. «Così dice il Signore Dio: “Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina”» (Zc 9,9). Molti erano i pellegrini radunati a Gerusalemme in occasione della festa della Pasqua ebraica. Saputo che vi stava giungendo anche Gesù, gli corsero incontro accogliendolo come re e messia. Il Vangelo narra l’episodio in modo asciutto ma vivido.
Anche noi, radunati da varie nazioni, abbiamo appena rivissuto questo gesto. Ringrazio con molto calore la comunità filippina che ha voluto essere presente così numerosa. La partecipazione alla liturgia di persone di diverse civiltà e culture che ormai abitano la nostra città è un segno assai prezioso della missione di Milano che Benedetto XVI ci ha assegnato nella recente Visita ad limina: «La Lombardia è chiamata ad essere il cuore credente dell’Europa».
Torniamo ora alla folla acclamante di Gerusalemme. Essa guarda a Gesù come ad un re-guerriero, ad un messia nazionalista che avrebbe liberato Israele dal dominatore romano. Invece Gesù, con il gesto di cavalcare un asinello (il cavallo era la cavalcatura regale in tempo di guerra, l’asino invece in tempo di pace) sconvolge questa loro immagine. Il Suo regno sarà di altra natura.
Come sarà? Per capirlo il Prefazio ci offre un prezioso suggerimento. «Tu hai mandato in questo mondo Gesù, tuo Figlio, a salvarci perché, abbassandosi fino a noi e condividendo il dolore umano, risollevasse fino a te la nostra vita». Non si comprende a fondo l’ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme se non si tiene presente la Sua passione ormai imminente.
2. Oggi inizia la Settimana Santa(o autentica), cioè eminente, la fonte ed il vertice dell’intero anno liturgico. E noi sappiamo che la liturgia rende attuali, cioè presenti, i fatti della storia della salvezza. La celebrazione sacramentale li offre qui ed ora alla nostra libertà. L’Epistola – il celebre inno cristologico, probabilmente in uso nelle comunità dell’Asia, che Paolo inserisce nellaLettera ai Colossesi – spiega il significato del trionfo di Cristo di cui l’ingresso osannato in Gerusalemme è un anticipo. L’inno parla del «primato di Cristo su tutte le cose» (cfr Col 1,17).
In cosa consiste questo primato? Perché Gesù è più importante di tutto? Perché, in Lui sussistono tutte le cose, create in Lui ed in vista di Lui. Anzitutto ogni uomo e ogni donna. Ognuno di noi. La nostra consistenza, la consistenza della realtà è Gesù stesso. La conferma di questo è la Sua risurrezione dai morti. Egli è il primo perché riconcilia in Sé tutto. Dice l’Inno: «È piaciuto infatti a Dio che abiti in lui tutta la pienezza e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli» (Col 1,19-20). Gesù il Messia, autore della pace dei cuori e dei popoli, ci riconcilia perché è la misericordia personificata. Perciò speriamo che Egli ci usi presto la Sua misericordia (cfr 2Mac 2,18): «Il Signore mai si stanca di perdonare: mai! Siamo noi che ci stanchiamo di chiedergli perdono». Questo ci ha richiamato Papa Francesco (Omelia domenica V di Quaresima, 17.03.13). Se Lui ci riscatta, peccatori pentiti, se si rallegra più per un peccatore pentito che per novantanove giusti a cui pentirsi non serve (cfr Lc 15,17), allora accostiamoci, con un atto semplice di libertà, al Sacramento della Riconciliazione per toccare con mano la Pasqua di Gesù speranza nostra!
3. Torniamo ancora una volta, brevemente, all’Inno dell’Epistola per comprendere bene, come ci ha insegnato il Prefazio, il senso dell’Osanna del popolo di Gerusalemme. Dice: Gesù «ci ha pacificato con il sangue della sua croce». Abbiamo il coraggio di prendere sul serio questa affermazione contemplando il Crocifisso, prendendolo fisicamente in mano? O anche noi come la folla quel giorno, ci accontentiamo dell’immagine di un Messia mondano, un Messia onnipotente che eviti e ci eviti di passare per la cruna dell’ago del Golgota? Eppure l’esperienza di ogni uomo e di ogni donna insegna che, nella vita, gioia e dolore sono intrecciati in modo indisgiungibile. Come scrive Paul Claudel: chi conosce la vita «… sa che gioia e dolore in parti uguali la compongono» (L’annuncio a Maria). La fede illumina questa universale esperienza umana, mostrandoci come nel Signore Gesù, la croce è un passaggio obbligato, non però verso il nulla, ma verso la resurrezione. In Lui l’elevazione sulla croce è inseparabile dalla esaltazione nella gloria della resurrezione. Così è anche per noi poveri uomini. Ma proprio qui sta la nostra dignità di uomini consapevoli della loro natura e del loro destino, cioè liberi. I suoi discepoli lo capiranno solo dopo la discesa dello Spirito Santo, quando alla Chiesa (quindi a noi) fu chiaramente rivelato il pieno significato della vita e delle parole di Gesù. Sul momento non compresero: «I suoi discepoli… quando Gesù fu glorificato, si ricordarono che di lui erano state scritte queste cose» (VangeloGv 12,16).
L’episodio dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme, proprio perché assunto nel suo pieno valore che comprende la croce in vista della risurrezione, ci dice che per tutte le donne e tutti gli uomini c’è speranza. In modo particolare per quanti sono nella prova fisica o morale. Con le opere di misericordia corporali e spirituali teniamo nel cuore in questa Settimana Santa i malati, i moribondi, i carcerati, gli immigrati, gli smarriti – soprattutto se giovani –, i poveri e gli emarginati di ogni sorta. Cerchiamo di essere con loro ospitali. Possano sentire attraverso di noi l’eco del Dio misericordioso che riconcilia e dà speranza.
4. Un’ultima parola sulla Lettura. «L’arco di guerra sarà spezzato, annuncerà la pace» (Lettura,Zc 9,10). La profezia di Zaccaria si realizza pienamente nel Signore Gesù.
La pace, frutto eminente della morte e resurrezione del nostro amato Salvatore, diventa possibile per ogni persona, per ogni famiglia, per ogni paese, per ogni popolo, per tutto il mondo se accettiamo di metterci, con umiltà, sulla strada che Lui ha percorso.
E qui la nostra supplica al Signore della pace non può non avere nel cuore le tragiche situazioni di guerre e di violenza che insanguinano il mondo. In particolare vogliamo partecipare al dolore dei cristiani martirizzati mentre partecipavano alla Santa Messa. Quale sfida alla nostra partecipazione spesso abitudinaria!
Diventeremo operatori di pace solo immedesimandoci con Lui, l’autentico operatore di pace. Come? «A noi che innalziamo ulivi e palme nel giorno del trionfo di Cristo, dona di portare frutti di opere giuste in perenne comunione con lui» (Orazione a conclusione della liturgia della Parola).
Inoltriamoci nella settimana “autentica”, la settimana più importante dell’anno, con la fede di Maria, Madre dolorosa e Madre gloriosa. Amen.



 COMMENTO DELLA CONGREGAZIONE PER IL CLERO


La domenica delle Palme ci introduce nella Settimana Santa; stiamo per vivere i giorni più importanti di tutto l’anno liturgico, stiamo per celebrare il mistero Pasquale che, essendo denso di significati, ha bisogno di essere celebrato in più giorni.

Nella prima lettura ci viene presentato “il Servo sofferente”, colui che per aver ascoltato la Parola di Dio, pur essendo giusto, accetta la sofferenza come progetto di Dio su di lui, la fede lo sosterrà nel momento della prova. Da sempre la Chiesa ha interpretato questa figura come un’anticipazione profetica della vicenda di Gesù, il servo del Padre che obbedisce amorevolmente e servendo nella sofferenza redime e compie il disegno del Padre. È Gesù che rivolge parole di conforto a noi e a questo mondo sfiduciato. È Gesù che soffre ma non dispera, patisce ma non abbandona, prosegue senza fermarsi, anche se percorre la via dolorosa. Gesù ci insegna a non tirarci indietro nella prova. Essere discepoli significa ascoltare la parola che salva ma che espone. Essere discepoli significa essere disponibili alla parola, accoglierla ma saperla anche “portare”, essere disposti ad esporsi per essa e a vivere il rifiuto. L’accettazione della sofferenza e la fede in Dio ci aiutano a prepararci al grande Triduo pasquale.

Nella seconda lettura possiamo scorgere il movimento dell’umiliazione-esaltazione. Il Verbo si fa carne, si abbassa, assume la nostra natura umana, è in tutto simile a noi eccetto il peccato, annuncia il Regno, sposta il baricentro del mondo, fermo ai ricchi e ai potenti. Gesù fa dei poveri e dei peccatori il baricentro del suo annuncio e delle sue opere. Obbedisce amorevolmente al Padre e compie il suo volere. “Umiliandosi”, spogliando se stesso, viene esaltato dal Padre che gli dona un nome che è sopra ogni altro nome. Il nome indica autorità, potere; la solidarietà di Gesù con tutti lo fa diventare punto di riferimento universale per tutti, unica via per la salvezza.

Nell’ascolto della passione secondo il Vangelo di Luca, ci prepariamo a rivivere gli eventi della nostra salvezza. Ascolteremo, contempleremo la passione con cui Gesù redime il mondo. Potremmo soffermarci a riflettere sul termine “passione”: se da una parte ci ricorda la sofferenza che Gesù patisce, dall’altra ci ricorda che questa sofferenza non è senza senso, non è assurda ma vissuta con “passione” verso di noi, per amore del Padre, per amore nostro vive la “passione”. I racconti della passione occupano un terzo di tutti i vangeli, il grande annuncio del Regno di Dio ne è l’introduzione. Ci troviamo sul trono di Gesù, la croce. Dal suo trono il Re proclama il suo giudizio, il perdono, ed entra nel suo Regno con un peccatore. La regalità di Gesù risiede nello svelare il vero volto del Padre, nel proclamare la misericordia di Dio, nell'agire benevolo verso i peccatori. Tutto è pronto per lo spettacolo, il corteo sotto la croce inizia ad urlare il motto: “salva te stesso”! è la logica del mondo, è la logica della nostra società, salvare se stessi. Gesù non evita la morte e non eviterà a noi la morte, Gesù ci toglie la paura di morire, ci salva dalla morte eterna, donandoci la vita. La morte è dove tutti tremiamo e abbiamo freddo, dove tutti ci sentiamo soli, dove tutti sentiamo la tentazione dell’oblio; lì Dio ci porge la sua amicizia, la comunione e la vita eterna. Nella nostra riflessione potremmo soffermarci su una delle sette parole di Gesù sulla Croce: “Padre perdonali perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34). Seneca e Cicerone ci raccontano che i condannati a morte, gridavano e maledicevano il giorno della loro nascita, gli spettatori attendevano questo. Chissà con quanta enfasi attendevano parole di condanna, bestemmie, grida e lamenti strazianti. Chissà con quanta pazienza attendevano la prova che avrebbe smascherato Gesù davanti a tutti. Non solo la crocifissione pubblica ma anche le sue stesse parole di accusa e di maledizione, lui che aveva fatto tutto bene, che predicava l’amore. Tutti aspettavano di ascoltare come la sua forza d’animo veniva piegata dalle piaghe. Rimarranno delusi, nessun grido, nessuna bestemmia, nessuna maledizione ma una preghiera. Parole dolci e soavi, parole di perdono. Per chi intercede Gesù? Per tutti, i soldati che l’hanno schiaffeggiato, Pilato che per diplomazia l’ha venduto, Erode che lo ha schernito, per tutti, assolutamente per tutti e di tutti i tempi. Gesù attua una “derubricazione” del peccato, intercede affinché un peccato imperdonabile - condannare e uccidere il Verbo che si è fatto carne - diventi perdonabile a causa dell’ignoranza. Il Cristo agonizzante è ancora il buon pastore che cerca di salvare tutte le sue pecorelle, “non sanno quello che fanno”. Noi sappiamo? Sappiamo quanto è terribile il peccato? Sappiamo quanto amore c’è nella nostra vita? Sappiamo quante grazie il Signore ci ha concesso? Sappiamo che siamo stati riscattati a caro prezzo? Sappiamo quanto siamo preziosi agli occhi di Dio? Se sapessimo e continuassimo ad essere lontani da Cristo e dalla Chiesa saremmo perduti. Invece abbiamo in Cristo il sommo ed eterno sacerdote che una volta per tutte si è sacrificato per noi e continua ad intercedere per noi.

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Commento di Padre Raniero Cantalamessa ofmcapp

Nel vangelo della domenica delle Palme ascoltiamo per intero il racconto della passione secondo S. Luca. Ci poniamo la questione cruciale, quella per rispondere alla quale furono scritti i vangeli: perché un uomo così è finito sulla croce? Quale il motivo e chi i responsabili della morte di Gesù? 

Secondo una teoria che ha cominciato a circolare in seguito alla tragedia della Shoa degli ebrei la responsabilità della morte di Cristo ricade principalmente, anzi forse esclusivamente, su Pilato e l'autorità romana, il che indica che la sua motivazione è più di ordine politico che religioso. I vangeli hanno scagionato Pilato e accusato di essa i capi dell'ebraismo per tranquillizzare le autorità romane sul loro conto e farsele amiche. 

Questa tesi è nata da una preoccupazione giusta che tutti oggi condividiamo: togliere alla radice ogni pretesto all'antisemitismo che tanto male ha procurato al popolo ebraico da parte dei cristiani. Ma il torto più grave che si può fare a una causa giusta è quello di difenderla con argomenti sbagliati. La lotta all'antisemitismo va posta su un fondamento più solido che una discutibile (e discussa) interpretazione dei racconti della Passione. 

L'estraneità del popolo ebraico, in quanto tale, alla responsabilità della morte di Cristo riposa su una certezza biblica che i cristiani hanno in comune con gli ebrei, ma che purtroppo per tanti secoli è stata stranamente dimenticata: "Colui che ha peccato deve morire. Il figlio non sconta l'iniquità del padre, né il padre l'iniquità del figlio" (Ez 18,20). La dottrina della Chiesa conosce un solo peccato che si trasmette per eredità di padre in figlio, il peccato originale, nessun altro. 

Messo messo al sicuro il rifiuto dell'antisemitismo, vorrei spiegare perché non si può accettare la tesi della totale estraneità delle autorità ebraiche alla morte di Cristo e quindi della natura essenzialmente politica di essa. Paolo, nella più antica delle sue lettere, scritta intorno all'anno 50, dà, della condanna di Cristo, la stessa fondamentale versione dei vangeli. Dice che i "giudei hanno messo a morte Gesù" (1 Ts 2,15), e sui fatti accaduti a Gerusalemme poco tempo prima del suo arrivo in città egli doveva essere informato meglio di noi moderni, avendo, un tempo, approvato e difeso "accanitamente" la condanna del Nazareno. 

Non si possono leggere i racconti della Passione ignorando tutto ciò che li precede. I quattro vangeli attestano, si può dire a ogni pagina, un contrasto religioso crescente tra Gesù e un gruppo influente di giudei (farisei, dottori della legge, scribi) sull'osservanza del sabato, sull'atteggiamento verso i peccatori e i pubblicani, sul puro e sull'impuro. 

Una volta però dimostrata l'esistenza di questo contrasto, come si può pensare che esso non abbia giocato alcun ruolo al momento della resa finale dei conti e che le autorità ebraiche si siano decise a denunziare Gesù a Pilato unicamente per paura di un intervento armato dei romani, quasi a malincuore? 

Pilato non era una persona sensibile a ragioni di giustizia, tale da preoccuparsi della sorte di un ignoto giudeo; era un tipo duro e crudele, pronto a stroncare nel sangue ogni minimo indizio di rivolta. Tutto ciò è verissimo. Egli però non tenta di salvare Gesù per compassione verso la vittima, ma solo per un puntiglio contro i suoi accusatori, con i quali era in atto una guerra sorda fin dal suo arrivo in Giudea. Naturalmente, questo non diminuisce affatto la responsabilità di Pilato nella condanna di Cristo, che ricade su di lui non meno che sui capi ebrei. 

Non è il caso, oltre tutto, di volere essere "più ebrei degli ebrei". Dalle notizie sulla morte di Gesù, presenti nel Talmud e in altre fonti giudaiche (per quanto tardive e storicamente contraddittorie), emerge una cosa: la tradizione ebraica non ha mai negato una partecipazione delle autorità religiose del tempo alla condanna di Cristo. Non ha fondato la propria difesa negando il fatto, ma semmai negando che il fatto, dal punto di vista ebraico, costituisse reato e che la sua condanna sia stata una condanna ingiusta. 

Alla domanda: "perché Gesù fu condannato a morte", dopo tutte le ricerche e alternative proposte, si deve dunque dare ancora la risposta che danno i vangeli. Fu condannato per un motivo essenzialmente religioso, che però venne abilmente formulato in termini politici per meglio convincere il procuratore romano. Il titolo di Messia su cui era imperniata l'accusa del Sinedrio, nel processo davanti a Pilato diventa "Re dei giudei" e questo sarà il titolo di condanna che verrà appeso alla croce: "Gesù Nazareno Re dei giudei". Gesù aveva lottato tutta la vita per evitare questa confusione, ma alla fine sarà proprio essa a decidere della sua sorte. 

Questo lascia aperto il discorso sull'uso che si fa dei racconti della Passione. In passato essi sono stati usati spesso (per esempio in certe rappresentazioni teatrali della Passione), in maniera impropria, con forzature antigiudaiche. Questa è cosa oggi da tutti fermamente riprovata, anche se forse qualcosa resta ancora da fare per eliminare dalla celebrazione cristiana della Passione tutto ciò che può offendere la sensibilità dei fratelli ebrei. Gesù fu e resta, nonostante tutto, il dono più grande che l'ebraismo ha fatto al mondo. Un dono, tra l'altro, che ha pagato a caro prezzo... 

La conclusione che possiamo tirare dalle considerazioni storiche fatte è dunque che potere religioso e potere politico, i capi del sinedrio e il procuratore romano, parteciparono entrambi, per motivi diversi, alla condanna di Cristo. Dobbiamo aggiungere subito che la storia non dice tutto e neppure l'essenziale su questo punto. Per la fede, a mettere a morte Gesù siamo stati tutti noi con i nostri peccati. 

Lasciamo ora da parte le questioni storiche e dedichiamo qualche istante a contemplare Lui. Come si comporta Gesù nella Passione? Sovrumana dignità, pazienza infinita. Non un solo gesto o una parola che smentisca quello che egli aveva predicato nel suo vangelo, specialmente nelle Beatitudini. Egli muore chiedendo il perdono per i suoi crocifissori. 

E tuttavia nulla in lui che somigli all'orgoglioso disprezzo del dolore dello stoico. La sua reazione alla sofferenza e alla crudeltà è umanissima: trema e suda sangue nel Getsemani, vorrebbe che il calice passasse da lui, cerca sostegno nei suoi discepoli, grida la sua desolazione sulla croce: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?". 

Un tratto di questa sovrumana grandezza di Cristo nella Passione soprattutto mi affascina: il suo silenzio. "Gesù taceva" (Mt 26, 63). Tace davanti a Caifa', tace davanti a Pilato che si irrita del suo silenzio, tace davanti ad Erode che sperava vederlo fare un miracolo (cf. Lc 23, 8). "Oltraggiato non rispondeva con oltraggi, e soffrendo non minacciava vendetta", dice di lui la Prima lettera di Pietro (2, 23). 

Solo un istante prima di morire rompe il silenzio e lo fa con quel "alto grido" che emette sulla croce spirando e che strappa al centurione romano la confessione: "Veramente quest'uomo era figlio di Dio" .

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Commento di Enzo Bianchi, Priore di Bose
Nella prima domenica di Quaresima, alla fine del racconto delle tentazioni di Gesù nel deserto, abbiamo ascoltato questa precisazione lucana: «dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da Gesù per ritornare al tempo fissato» (Lc 4,13). Ed eccoci giunti al tempo fissato, l’ora della passione, l’ora in cui Gesù è nuovamente tentato dal demonio ed è sottoposto a una prova terribile, angosciosa: restare fedele al Padre, anche al prezzo di subire una morte violenta in croce, oppure percorrere altre vie, quelle suggerite dal demonio, che portano come promessa sazietà, potere, ricchezza, successo? La passione secondo Luca è davvero l’ora della grande tentazione non solo di Gesù, ma anche dei discepoli, dunque della chiesa…
Proprio durante la cena pasquale, quando Gesù anticipa con dei gesti sul pane e sul vino e con parole ciò che gli sarebbe accaduto nelle ore successive, proprio quando svela che la sua è una vita donata, spesa, offerta fino all’effusione del sangue per i discepoli, questimostrano di entrare in tentazione e di essere sedotti. Innanzitutto uno di loro tradisce l’alleanza della comunità, la nuova alleanza sancita dal sangue di Gesù, consegnandolo nelle mani dei nemici; Luca ricorda poi che, mentre Gesù a tavola serve i suoi stando in mezzo a loro, questi litigano per sapere «chi poteva essere considerato sopra di loro il più grande»; infine Pietro, la roccia, proclama a Gesù una fedeltà che smentirà per tre volte con un rinnegamento. Sì, nell’ora della tentazione i discepoli soccombono alla prova, mentre Gesù lungo tutta la passione si mostra fedele a Dio e ai discepoli…
Venuto al monte degli Ulivi, durante la lotta spirituale decisiva Gesù invita i discepoli a «pregare per non entrare in tentazione»; lui stesso dà loro l’esempio e prega il Padre, restando pienamente sottomesso alla sua volontà, fino ad accogliere l’arresto senza difendersi, senza opporre violenza a violenza, senza mutare il suo stile e il suo comportamento di mitezza e di amore, ma rimanendo fedele alla verità che aveva contraddistinto la sua vita. Pregando, Gesù è entrato nella sua passione, e pregando ha fatto della morte violenta in croce un atto: ha chiesto al Padre di perdonare i suoi crocifissori e, infine, ha invocato Dio dicendogli: «Padre, nelle tue mani consegno il mio respiro» (cf. Sal 31,6). Davanti a Dio, da lui chiamato e sentito come Padre, Gesù ha posto noi uomini e tutta la sua vita, e così è morto: in piena fedeltà a Dio, agli uomini, alla terra da cui era stato tratto come uomo, «figlio di Adamo» (Lc 3,38).

Quella di Gesù è stata una fedeltà a caro prezzo, perché anche in croce è stato nuovamente tentato, simmetricamente alle tentazioni da lui subite nel deserto, all’inizio della sua vita pubblica. Nell’ora conclusiva della sua vita terrena riecheggiano da parte degli uomini parole simili a quelle di Satana: «sei tu sei il re dei Giudei, se tu sei il Cristo, se hai salvato gli altri… salva te stesso!». Ma Gesù non vuole salvare se stesso; al contrario, vuole compiere fedelmente la volontà di Dio, continuando a comportarsi fino alla morte in obbedienza a Dio, ossia amando e servendo la verità. Questo è causa di morte per lui, ma causa di vita per gli uomini tutti!
Quanto a noi che ascoltiamo questo racconto della passione, Luca ci invita a seguire Gesù dal suo essere servo a tavola fino alla sua morte in croce. Allora potremo vedere in lui «l’uomo giusto», riconosciuto tale anche da Pilato, che per tre volte è costretto a proclamare che Gesù non ha mai commesso il male. Guardando a lui, il crocifisso che invoca il perdono per i suoi persecutori e si affida a Dio, entreremo nell’autentica contemplazione, come «le folle che, accorse a quella contemplazione–spettacolo, ripensando a quanto era accaduto se ne tornavano percuotendosi il petto». E con il centurione faremo un’autentica confessione di fede: «Veramente quest’uomo era giusto». Sì, Gesù è il Giusto perseguitato, il Figlio di Dio (cf. Sap 2,10-20); è colui che il Padre ha richiamato dai morti in risposta alla vita da lui vissuta, segnata da un amore più forte della morte.