martedì 26 marzo 2013

Papa Francesco: "L'aborto non è mai una soluzione"





Quando, sei mesi fa, le autorità amministrative di Buenos Aires decisero di ampliare le ipotesi di depenalizzazione dell’aborto, l’allora Cardinal Jorge Mario Bergoglio, oggi papa Francesco, emanò un coraggioso comunicato ufficiale, in cui la scelta di interrompere la gravidanza veniva comunque fermamente condannata senza se e senza ma. Il testo di quel comunicato, che porta la data del 10 settembre 2012 ed è intitolato“Sobre la resolución para abortos no punibles en la Ciudad de Buenos Aires”, merita di essere integralmente riportato:
Rispetto alla regolamentazione dei casi di aborto non punibili (ANP) da parte delle autorità amministrative cittadine di Buenos Aires, prendiamo atto una volta di più della deliberata intenzione di perseverare sulla strada della limitazione ed eliminazione del valore supremo della vita, e della volontà di ignorare il diritto dei bimbi a nascere. Nei confronti di una donna in stato di gravidanza dobbiamo sempre parlare di due vite, le quali debbono entrambe essere preservate e rispettate, poiché la vita è un valore assoluto. «La scienza biologica indica in modo evidente attraverso il DNA, la sequenza del genoma umano, che dal momento del concepimento esiste una nuova vita umana che deve essere tutelata giuridicamente. Il diritto alla vita è un diritto umano fondamentale» (CEA, Non una vita ma due, 2011).
L’aborto non è mai una soluzione. Occorre ascolto, vicinanza e comprensione da parte nostra per salvare tutte e due le vite: rispettare l’essere umano più piccolo e indifeso, adottare ogni mezzo che possa preservare la sua vita, permettere la sua nascita ed essere, inoltre, creativi nell’individuare percorsi che rendano possibile il suo pieno sviluppo. Questa decisione amministrativa che amplia le ipotesi di depenalizzazione dell’aborto, cedendo alle indebite pressioni della Corte Suprema nazionale – la quale, peraltro, ha prevaricato le proprie competenze in palese violazione del principio di divisione dei poteri e delle prerogative federali – comporta conseguenze di natura giuridica, culturale ed etica, poiché le leggi improntano la cultura di un popolo, e una legislazione che non protegge la vita favorisce una «cultura di morte» (Evangelium vitae, n.21)
Di fronte a questa deprecabile decisione lanciamo un appello a tutte le parti coinvolte, ai fedeli e ai cittadini, affinché, in un clima di massimo rispetto, vengano adottati mezzi positivi di promozione e protezione della madre e del suo bambino in tutti i casi, a favore sempre del diritto alla vita umana.

(traduzione a cura di Gianfranco Amato)


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«Gratitudine per la testimonianza della bellezza e del valore della fede e della pratica dei cattolici, che trovano nel matrimonio e nella famiglia una risorsa unica per il bene dell’umanità» è stata espressa dal presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, l’arcivescovo Vincenzo Paglia, in un messaggio inviato ai presuli degli Stati Uniti in occasione della Marcia per il matrimonio, tenuta martedì a Washington.
L’evento — organizzato in vista del pronunciamento della Corte Suprema sul mantenimento in vigore del Defense Of Marriage Act (Doma), la legge che fino a questo momento ha reso illegali negli Stati Uniti i matrimoni fra persone dello stesso sesso — cade nella Settimana Santa, a ricordare, ha detto monsignor Paglia, «il sacrificio di Gesù nel dare la Sua vita per noi, nel contesto di una relazione con gli uomini che si rispecchia nella vita di ogni famiglia: l’amore devoto del Figlio al Padre, l’amore provvidenziale nel piano di salvezza del Padre che porta il Figlio dalla sofferenza alla gloria, la pienezza di fede dell’amore materno di Maria ai piedi della Croce sulla quale il Figlio moriva, l’amore protettivo, che aveva imparato da San Giuseppe, che Gesù ha mostrato alla madre quando, poco prima di morire, ha affidato lei a San Giovanni e San Giovanni a lei, come madre e figlio».
Anche il segretario del dicastero, monsignor Jean Laffitte, ha inviato un saluto ai partecipanti alla marcia, ribadendo quanto affermato in occasione della analoga manifestazione che si è svolta in Francia, a Parigi, domenica scorsa, con la partecipazione di oltre un milione e mezzo di persone, per difendere il matrimonio tra uomo e donna, a «salvaguardia di una autentica cultura dell’amore e della vita». Monsignor Laffitte ha sottolineato «la fallacia di argomentazioni giuridiche che presumono di fondare pretese di diritti in nome di un principio di legalità e della tolleranza, ove invece la giustizia e il diritto non possono che fondarsi sulla dignità della persona e non su diritti relativi». Il matrimonio naturale tra un uomo e una donna tutela, innanzitutto, i diritti dei minori. «Le prime vittime sono i bambini, ove privati arbitrariamente e preventivamente di una famiglia con un padre e una madre».
Alla marcia di Washington ha preso parte l’arcivescovo di San Francisco, Salvatore Cordileone, presidente del sottocomitato per la Promozione e la difesa del matrimonio della Conferenza episcopale degli Stati Uniti: «È mia speranza e preghiera», ha detto il presule, che la Corte suprema mantenga in vigore il Doma, «rispettando la vera natura della persona umana e la natura del matrimonio come unione di un uomo e di una donna». L’intrinseca dignità di ogni essere umano, ha continuato l’arcivescovo, deve essere affermata, «ma ciò non si realizza ridefinendo il matrimonio nel senso di un mero pubblico riconoscimento di alcuni legami emotivi fra adulti. Il matrimonio è radicato nella realtà naturale, quella per la quale gli uomini e le donne sono differenti e dunque complementari e nella quale i bambini meritano di avere sia un padre sia una madre. Il rispetto di tale verità è per il bene di tutti».
L'Osservatore Romano 27 marzo 2013