giovedì 28 marzo 2013

Scola: "Annunciare Gesù Cristo come l'evangelo dell'umano".





Questo lo scopo della «speciale azione pastorale» che l’Arcivescovo ha annunciato questa mattina, nel corso della Messa Crismale del Giovedì Santo concelebrata in Duomo col clero diocesano. Di seguito il testo dell’omelia del cardinale Scola.




Arcidiocesi di Milano


Celebrazione Eucaristica con la Benedizione degli Olii

1Sa 16,1-5.10-13b; Sal 88; Eb 1,5-13; Mc 6,7-13

 

Duomo di Milano, 28 marzo 2013


Omelia di S.E.R. Card. Angelo Scola, Arcivescovo di Milano



1. «Il Signore Gesù chiamò» (Vangelo, Mc 6,7). Fin dalle prime parole il brano evangelico di Marco illumina l’origine del ministero ordinato nella Chiesa. Noi riceviamo la nostra vocazione e missione dalla chiamata del Signore, siamo presi a servizio di un popolo santo, regale, sacerdotale, un popolo che esiste non per se stesso ma per il bene del mondo.
All’origine, dunque, sta la chiamata di Gesù. Sia la Lettura dal Primo Libro di Samuele – «mi sono scelto tra i suoi figli un re» (1Sam 16,1) – che l’Epistola agli Ebrei – «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato» (Ebr 5,5) – insistono su questa elezione che si fa esplicita chiamata.
Ogni giorno dobbiamo ripartire da questa condizione di chiamati per rinnovare la verità del nostro volto ed affrontare il nostro compito: sempre Colui che ci chiama ci precede.
Non è forse questa la prospettiva da cui guardare gli avvenimenti provvidenziali che abbiamo vissuto nelle ultime settimane? Dalla rinuncia di Benedetto XVI all’elezione di Papa Francesco, il popolo cristiano ha partecipato orante all’attesa di colui che, attraverso i Cardinali, sarebbe stato chiamato dal Signore al ministero petrino. Solo la fede riesce a dire fino in fondo la natura dei fatti che, sotto la mozione dello Spirito, si sono attuati.
Il pellegrinaggio diocesano a Roma sarà  un’occasione privilegiata per essere confermati nella fede dal Successore di Pietro e per mostrargli tutto il nostro affetto, la nostra vicinanza e l’impegno di sequela. Ad esso ci prepara il Santo Triduo pasquale, carico di gratitudine e di gioia per i 118 catecumeni adulti di 27 nazionalità che, durante la veglia pasquale, riceveranno i sacramenti dell’iniziazione cristiana. Alla traditio del simbolo hanno fatto loro corona, sabato scorso, migliaia di giovani cui si sono aggiunti domenica altre migliaia di adolescenti, così come migliaia di ragazzi di terza media daranno vita al Pellegrinaggio diocesano a Roma. Non vuol esserci ombra alcuna di trionfalismo nel richiamare questi dati, piuttosto l’umile e decisa consapevolezza che la nostra azione pastorale, carissimi sacerdoti, è benedetta dallo Spirito del Risorto. E lo è perché il nostro cuore ed il nostro impegno si dilatino a tutti i giovani, battezzati e non, che vivono nelle terre di Ambrogio.

2. Gesù, precisa san Marco, «chiamó a sé» (Mc 6,7). Non ci chiama in modo generico, ma ci configura sacramentalmente a Lui, ci rende una sola cosa con Lui. La benedizione degli Olii esprime visibilmente questo dato. In particolare con il Santo Crisma saranno unti i catecumeni, i cresimandi e gli ordinandi, affinché: «Coloro che ne riceveranno l’unzione siano interiormente consacrati e resi partecipi della missione di Cristo redentore» (Benedizione del Crisma).
Senza questo essere una sola cosa con Gesù né il cristiano, né il ministro ordinato può nulla. Ecco perché, nell’omelia dell’inizio del suo ministero petrino, senza mezzi termini il Papa ci ha ricordato che «il centro della vocazione cristiana è Cristo!» (19 marzo 2013).
Il Prefazio poi descriverà il nostro ministero con queste parole: «Con la vita spesa per Te a redenzione dei fratelli, seguendo da vicino l’esempio del loro Maestro, danno testimonianza di fede e di amore» (Prefazio).
«Con la vita spesa per Te»: non siamo noi gli artefici della redenzione del mondo: siamo ministri dell’unico Redentore. In questa ottica la nostra esistenza, in tutte le espressioni quotidiane dell’esercizio del ministero, sarà veramente «a redenzione dei fratelli».
La risposta corale che daremo tra poco alle domande del Vescovo: «Lo voglio» (Rinnovazione delle promesse sacerdotali), esprimerà la libera volontà di far della nostra vita solo una testimonianza di fede e di amore. E la Chiesa, madre premurosa e realista, a suggello del nostro sì, farà pregare i suoi figli per i propri ministri: solo la grazia, infatti, può portare a compimento il nostro proposito!
Nell’orizzonte del ministero ordinato, inteso come dono e compito, abbiamo proceduto quest’anno alla verifica dei cantieri in cui la Diocesi è da tempo impegnata. Dicevamo nella Lettera Pastorale “Alla scoperta del Dio vicino”: «Con un atteggiamento di paziente ascolto cercheremo di compiere, nei modi e nei luoghi opportuni, una verifica dello stato dei cantieri in cui la Diocesi è impegnata (riforma liturgica, iniziazione cristiana, pastorale giovanile, comunità pastorali, introduzione dei sacerdoti novelli nel ministero pastorale)», n. 10.
Insieme al Consiglio Episcopale milanese, ho deciso di convocare, qui in Duomo, per la mattina del giorno 28 maggio prossimo, tutto il clero diocesano, per comunicare l’esito di questa verifica che, a diverso titolo, ha coinvolto presiteri, diaconi, consacrati e fedeli laici. Segnate fin da ora questa data impegnandovi ad essere presenti di persona.

3. Gesù «prese a mandarli a due e a due e dava loro potere». La chiamata e la consacrazione sono in funzione della missione. Essa esprime la permanente dipendenza dal Signore che ci invia.
Riflettiamo anzitutto sul dato che Gesù manda «a due a due»: la forma della missione è, pertanto, la forma stessa della Chiesa, cioè la comunione. Non è possibile svolgere il compito che il Signore ha voluto affidarci se prescindiamo dalla forma che Egli ha voluto dare a tale compito: la communio, la cui radice costitutiva è l’Eucaristia. Solo dalla communio sacramentale scaturisce nella Chiesa la potestas – “il potere” – in forza della communio che altro non è e non può essere che servizio a Cristo redentore.
Siamo un presbiterio costituito per il bene dei fratelli! Ogni volta che cadiamo nella tentazione di prescindere da questa forma comunionale della vita cristiana, della missione ed in particolare del ministero, volenti o nolenti, ci allontaniamo dalla chiamata del Signore. Riconosciamo con umiltà e richiesta di perdono, in questa Eucaristia che ogni anno ci vede riuniti particolarmente numerosi, quanto gravi sono le ferite inferte alla comunione del popolo di Dio ed in modo particolare al presbiterio. È la fragilità della comunione che indebolisce la missione.
In proposito voglio anticiparvi che già da qualche tempo in Consiglio Episcopale sta prendendo forma la decisione di dar vita, a partire dalla ripresa del prossimo anno pastorale, ad una speciale azione pastorale. Non sarà né una Visita pastorale, né una Missione al popolo nel senso classico del termine.
In Milano in special modo, e in tutte le zone pastorali, secondo forme appropriate, vorremmo in un certo senso abbattere del tutto i bastioni che ancora ci separano dai mondi dell’umana esistenza. Come parrocchie, comunità pastorali, associazioni e movimenti intendiamo andare insieme incontro agli uomini e alle donne di oggi negli ambienti della loro vita quotidiana: famiglie, scuole, università, lavoro in tutte le sue forme, luoghi di sofferenza e di emarginazione, in sintesi la società civile nelle sue diversificate manifestazioni. Con quale scopo?
Il Cardinal Bergoglio ora Papa Francesco ha affermato: «Quando la Chiesa non esce da se stessa per evangelizzare diviene autoreferenziale e allora si ammala» (manoscritto consegnato dal Cardinal Bergoglio al Cardinal Ortega, Avvenire, 27 marzo 2013, p. 3).
Annunciare Gesù Cristo come l’evangelo dell’umano: questo sarà lo scopo di questa azione ecclesiale. Dio ha scelto per questo di “aver bisogno degli uomini”, cioè di noi. E noi, sono certo, non ci sottrarremo. La misericordia di Dio, personificata in Gesù Cristo “passo”, morto e risorto, accende in noi una speranza affidabile che vogliamo umilmente comunicare al nostro fratello uomo più che mai in ricerca in questo tempo post-moderno.

4. Carissimi, attraverso la liturgia del Santo Triduo Pasquale condurremo il popolo dei fedeli alla celebrazione della gloriosa risurrezione di Gesù Nostro Signore. Nella Pasqua di Cristo misericordia e speranza si sono sposate. Ognuno di noi ne fa esaltante esperienza. Col canto Allo spezzare del Pane pregheremo convinti: «Vivi con me, sei fedeltà: felicità del mio destino! Insieme a te, l’eternità avanza già sul mio cammino». La Vergine santa ed il Suo sposo casto Giuseppe rendano verace, per voi e per me, questa personale invocazione. Amen.