In occasione del IX pellegrinaggio degli universitari della Diocesi di
Roma ad Assisi, don Fabio Rosini (*) si è occupato del tema del pellegrinaggio "Il
tuo volto, Signore, io cerco".
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(*): Don Fabio Rosini, Biblista, Direttore del Servizio per le Vocazioni
in Vicariato di Roma, è molto conosciuto per aver iniziato il progetto
di Catechesi su I Dieci Comandamenti, diffusosi a macchia d’olio in
tutta Italia. Ha rilasciato a Salvatore Cernuzio per l’agenzia Zenit una intevista, che qui riportiamo di seguito.
In un mondo secolarizzato, in una società
quasi totalmente lontana dalla fede, dove i giovani per primi sono
pronti ad attaccare il Papa e la Chiesa, sembra quasi impossibile che un
ragazzo, al giorno d’oggi, possa sentire il desiderio di affidare la
propria vita a Cristo, di rispondere ad una chiamata del Signore.
Don Fabio, com’è possibile, nel mondo di oggi, risvegliare la fiamma della vocazione?
Rosini: La vocazione è una seconda fase, la prima cosa da accendere è
l’emozione provocata dalla straordinaria esperienza dell’incontro con
Gesù Cristo. E’ vero che questa attuale situazione di difficoltà crea
tanti problemi, ma dà anche la possibilità di rispiegare nuovamente le
cose. Il problema più grande, infatti, non è quello di non conoscere
affatto la fede, ma di credere di conoscerla, di averla decodificata secondo parametri completamente estranei, però, a ciò che è realmente cristiano.
Qual è, quindi, il lavoro svolto dal Servizio per le vocazioni e da lei stesso in questa direzione?
Rosini: Un lavoro che, ad esempio, devo svolgere costantemente è
quello della demistificazione, una “divertente” demistificazione delle
cose cristiane; ovvero spiegare come in realtà stanno le cose: molto più
belle di come vengono descritte! Allora, partendo dal fatto che è
meraviglioso seguire il Signore Gesù Cristo, si passa ad una seconda
fase che è il come e cosa fare per seguirlo. In ogni caso, il primo
compito è annunziare Gesù Cristo e farlo capillarmente, per questo
stiamo attuando delle iniziative nelle Prefetture, nelle Parrocchie per
far sì che i giovani vivano esperienze di grande impatto.
Ad esempio?
Rosini: Ad esempio io porto avanti, ormai da anni, questa esperienza
dei “Dieci Comandamenti” nella parrocchia di Santa Maria Goretti, a
Roma, a cui partecipano centinaia di giovani. È un ciclo di catechesi in
cui, nei vari incontri, viene “sviscerato” ogni comandamento per farlo
comprendere a chi è lontano dalla dottrina della Chiesa e far capire
quanto siano meravigliosi e non limitativi. Queste sono esperienze
legate, però, ad un’iniziativa singola; bisogna moltiplicare questo
genere di proposte, ma soprattutto bisogna collaborare.
In che senso?
Rosini: Al problema della carenza di vocazioni ci sono due modi
sbagliati di rispondere: innanzitutto pensare che le vocazioni siano
solo quelle sacerdotali. No! Il problema è la chiamata cristiana, la
fede cristiana, quindi anche il matrimonio, ad esempio, è una vocazione.
In secondo luogo non è un tipo di problema a cui risponde un singolo
prete, ma risponde un presbiterio. Io devo collaborare in mille forme,
mettermi a disposizione, secondo le mie esperienze e le energie che Dio
mi dà, per lavorare insieme ai sacerdoti delle Parrocchie e fare delle
esperienze giovanili. Il percorso vocazionale non è uno spot, ma
l’evoluzione naturale di un processo: la formazione cristiana, che è il
primo compito da svolgere.
In che modo si può realizzare?
Rosini: Rivitalizzando le proposte esplicite della fede rivolte ai
giovani. Non dobbiamo cadere nella trappola del lasciarci condizionare
dallo status quo delle cose, ma vanno fatte proposte radicali,
serie, che mirino a toccare il centro del cuore spersonalizzato di
questa generazione. A Roma, per esempio, viviamo nella realtà di una
metropoli dove una persona, per motivi strutturali e soprattutto
mediatici, non è nessuno, non conta niente. Dobbiamo, quindi, far
comprendere che la chiamata alla fede cristiana è una chiamata
“personale” alla straordinarietà. Il nemico del cristianesimo è proprio
la mediocrità, il fare le cose senza amore, senza zelo. Fare delle
proposte di questo tipo, che mostrino ai giovani la bellezza di una vita
alta, nobile, preziosa agli occhi di Dio è di grande impatto.
Quale potrebbe essere una proposta di questo genere?
Rosini: Ad esempio, sto portando avanti dei progetti con alcune
Prefetture per cominciare un ciclo di incontri dove i giovani, per
capire cos’è la fede cristiana, possono misurarsi con la persona che più
ha avuto fede su questa terra: la Beata Vergine Maria. Accogliendo il
Vangelo di Luca come “canovaccio” del lavoro, possiamo riscoprire
l’esperienza della fecondità di Maria a partire dall’aver accolto
l’iniziativa di Dio, dall’aver detto sì alla Sua volontà per aprirsi
alle prospettive più alte. Mi sembra peraltro che sia una cosa piuttosto
“astuta” farsi aiutare dalla Vergine Maria. Lei una cosa sa fare bene:
creare figli di Dio, ne ha fatto uno e l’ha fatto perfetto, per cui
impariamo da Lei.
Quanto è importante far parte di un cammino di fede per la nascita di una vocazione?
Rosini: Sia benedetto Dio per qualsiasi esperienza che possa esser
fatta nella Chiesa, l’importante è che sia cattolica! Sia benedetto Dio
per i movimenti, le associazioni e tutto il resto! Tutto quello che c’è
internamente alla Chiesa sia incoraggiato e portato avanti, sicuramente
non sono questi il nemico.
Spesso invece vengono definiti chiese parallele, sette….
Rosini: Purtroppo ci sono critiche, problemi di discomunione, ma
queste, però, non sono indicative del valore delle cose in sé.
L’importante è essere cattolici, stare in comunione con la Chiesa;
l’eredità che Cristo ci ha lasciato è di costruire e mandare avanti la
Chiesa, e questo di solito è l’opera più difficile da compiere su questa
terra. Abbiamo problemi di fragilità e peccati autentici riguardo alla
fraternità, problemi esterni, ma anche interni. Questi ultimi sono più
dolorosi perché, mentre i problemi esterni si affrontano con maggior
coraggio, quelli interni non te li aspetti.
A cosa si riferisce in particolare?
Rosini: A tutto, dal fatto che alcune volte ci può essere un clima di
sfiducia reciproca ai giudizi e via dicendo. Ma sono cose normali che
succedono in tutte le famiglie, l’importante è superarle. Soprattutto
bisogna lasciarsi guidare dallo Spirito Santo e credere che è Dio che
guida la Chiesa, non siamo noi che dobbiamo mettere a posto le cose o
stabilire se una cosa è buona o meno. Comunque l’importante è far parte
tutti di un’unica Chiesa e ricordarci che tutte le esperienze interne ad
essa devono essere benedette ed incoraggiate. Tra l’altro non è che ci
sia chissà quanta gente nella Chiesa, se mandiamo via pure quella che
sta dentro….
A tal proposito mi viene in mente che durante l’ultima GMG di
Madrid, nell’incontro del Cammino Neocatecumenale, 5.000 ragazzi e
3.000 ragazze si sono “alzati” per rispondere alla chiamata del Signore e
dargli la propria disponibilità. È sicuramente un grande passo avanti,
cosa ne pensa lei?
Rosini: Tutto il bene possibile. È una cosa buona e santa a cui
seguirà certamente tutta la cura e il discernimento di cui questi
ragazzi hanno bisogno. Benediciamo Dio perché il Cammino Neocatecumenale
fa questo, ed è bello pensare che siamo di fronte ad un attingere sano
alle buone cose della Chiesa cattolica che porta questi frutti. Il punto
è che dobbiamo farlo tutti, non solo il Cammino! Dobbiamo moltiplicare
questo tipo di esperienze, imitarci nel bene, gareggiare nello stimarci a
vicenda come dice San Paolo.
Qual è la situazione attuale delle vocazioni, almeno in base al riscontro che lei ha dal Servizio diocesano?
Rosini: Non è facile da definire perché in realtà è un mondo più
variegato di quanto sembri, che non si limita al semplice fatto di
calcolare quanta gente entra in seminario. Molti entrano in ordini
religiosi e di questo non abbiamo alcun riscontro. Ci sono poi delle
metodiche molto diverse riguardo alcune linee. Per esempio nel Seminario
Romano maggiore i numeri sono stati molto bassi negli ultimi anni, ma
parliamoci chiaro: se noi portassimo avanti una politica vocazionale
indiscriminata, senza selettività, i numeri potrebbero essere molto più
grandi. I numeri delle entrate nel seminario sono stati abbassati negli
ultimi anni, perché è stato applicato un metodo molto più rigoroso di
selezione all’entrata. Entrano in seminario 15 ragazzi, l’anno dopo ne
entrano 30 e così via, va bene, ma quanti arriveranno all’ordinazione?
La vocazione quindi va testata. C’è dunque una maggiore rigidità?
Rosini: Non rigidità, ma una maggiore attenzione alla persona.
Bisogna seguire un corso vocazionale prima di poter entrare, non si fa
un’opera d’intercettamento, ma di verifica autentica e seria. Noi oggi
non abbiamo bisogno di una quantità indiscriminata di seminaristi,
abbiamo bisogno di “qualità”. Stiamo lavorando in questa direzione
infatti: il parametro adesso non è più “ho il dubbio di avere una
vocazione ed entro in seminario”, nel dubbio non si entra proprio!
In conclusione, qual è l’augurio che lei si fa?
Rosini: L’augurio che cresca la formazione cristiana, che aumenti il
numero di esperienze, di qualsiasi tipo, in cui le persone possano
“educarsi” cristianamente, diventare discepoli di Cristo in maniera più
compiuta. Allora avremo le vocazioni naturalmente!