lunedì 22 aprile 2013

I modelli della ispirazione biblica



Nel credo professiamo che lo Spirito Santo «ci ha parlato per mezzo dei profeti». Come parla Dio per mezzo dei profeti? O meglio, come possiamo comprendere e raffigurarci questo parlare di Dio?
Bisogna tener presente che il discorso umano su Dio non può che utilizzare il linguaggio metaforico, assumendo categorie che hanno valore puramente analogico. Su questa base possiamo parlare di quattro analogie principali che aprono uno squarcio di luce e permettono una primaria comprensione del senso dell’articolo di fede.
Primo modello: Lo strumento
Il profeta è solo la causa strumentale, l’organon. Il modello è stato sviluppato in modo particolare nella teologia scolastica. Dio è presentato come la causa efficiente. Egli è il vero autore, il principio da cui dipende l’effetto. È lui che parla per mezzo del profeta.
Questo modello che parla di Dio come «autore» del testo sacro, venne assunto dalla «Providentissimus Deus» di Leone XIII del 1893. In DV 11, si cercò di correggere questa prospettiva troppo unilaterale affermando che: «per la composizione dei libri sacri, Dio scelse e si servì di uomini nel possesso delle loro facoltà e capacità, affinché, agendo egli in essi e per loro mezzo (ut Ipso in illis et per illos agente), scrivessero come veri autori, tutte e soltanto quelle cose che egli voleva fossero scritte».
Si noti comunque che la categoria di riferimento rimane ancora quella di «causa efficiente» (si servì, agendo, per mezzo di loro…). Quindi malgrado l’affermazione che gli agiografi sono «veri autori», la dichiarazione conciliare non risulta del tutto soddisfacente.
Secondo modello: La dettatura
È la visione del profeta scrivano. Dio è immaginato come un locutore che detta il testo. Il Dictare è un dire iterativo in cui chi detta si assicura la fedeltà di chi scrive al suo intento. Un esempio artistico di tale modello è il quadro del Caravaggio dove l’angelo detta a Matteo il vangelo.
Se con questo modello interpretativo viene affermata la fedeltà del testo sacro al dettato divino, rimane problematica la comprensione dell’ispirazione in quanto sottovaluta l’aspetto umano e induce a un certo fondamentalismo. L’uomo è ridotto al solo ruolo funzionale della registrazione e trascrizione del messaggio.
Inoltre, questo modello è legato molto strettamente allo scrivere. Quindi l’unica figura di ispirazione contemplata è quello dello scrittore sacro o agiografo.
Terzo modello: l’intervento dello Spirito (o «ispirazione»)
Questo modello ha un fondamento biblico più sicuro. In Nm 11,24-30 vediamo ad esempio come lo Spirito di Mosè venne trasmesso ai settanta anziani che iniziarono a profetizzare. L’intervento dello Spirito per la profezia è sottolineato nella tradizione di Ezechiele (2,2; 3,12; 14,24) come in quella del servo di Jhwh (cf. Is 42,1; 48,16; 61,1). Le Scritture ascritte a questi uomini sono esse stesse ispirate (cf. 2 Tm 3,16; 2 Pt 1,20-21).
Questa visione esprime la visuale della Divino afflante spiritu di Pio XII (1943). Essa introduce un principio non meccanicistico quale mediazione per comprendere la qualità della persona e della parola sacra, pienamente conformi al volere divino. Sono illuminanti al riguardo le parole di Paul Beauchamp: «Lo Spirito Santo evoca precisamente l’interiorità, la profondità e di conseguenza la dolcezza dell’azione divina sugli autori della Scrittura: un’azione così dolce non solo rispetta, ma consacra la libertà».
La problematica, però, è che questa forma di ispirazione non è l’unica presente nella Scrittura.
Quarto modello: La parola (di Dio all’uomo)
È il modello che la Scrittura presenta come fondamentale in ogni manifestazione profetica. Il profeta è un messaggero: ascolta la parola di Dio, ne percepisce il valore e l’esigenza normativa per tutti tale da essere mosso e inviato agli uomini del suo tempo.
Il rischio è che il profeta venga preso come un ripetitore, un trasmettitore di ordini imparati a memoria. Bisogna ricordarsi che si tratta di metafore attraverso cui si cerca di spiegare la natura complessa della parola profetica.
Bisogna sempre ricordarsi che «l’uomo è assunto come soggetto dotato di altissima dignità, quella che lo vede fatto a somiglianza di Dio. Dio eleva l’uomo verso di sé ma al contempo di condiscende umilmente. Synkatábasis, attemperatio. Le parole di Dio espresse in lingua umana si sono fatte simili al linguaggio degli uomini… proprio come il Verbo incarnato (DV 13).
Imparare a dialogare con la Scrittura
La riflessione sui modelli dell’ispirazione biblica è solo una delle tematiche sviluppate nel libro di Pietro Bovati e Pasquale Basta, «Ci ha parlato per mezzo dei profeti». Ermeneutica biblica, pubblicato congiuntamente dalle Edizioni San Paolo e dalla Gregorian and Biblical Press. Siamo dinanzi a un’opera che introduce in maniera fresca alle classiche tematiche all’incrocio tra teologia biblica e teologia fondamentale: Ispirazione, canone, verità della Scrittura, sensi ed ermeneutica della Scrittura.
Più specificatamente, la prima parte del libro curata da P. Bovati sviluppa in tre capitoli il tema dell’ispirazione. L’approccio adottato non è astratto, ma, assumendo lo stampo biblico, si colora più con tratti fenomenologici. Si parte, infatti, dal desiderio della verità come appartenente alla struttura fondamentale dell’uomo. «Tutti gli uomini per natura desiderano sapere» (Aristotele, Metafisica 1,1; cf. FR 25). Questo desidero si incontra con il volere eterno di Dio a cui «piacque» non solo rivelare verità oggettive, ma «rivelare se stesso» (cf. DV 2). Quindi, partendo dalla prospettiva antropologica, la riflessione di Bovati sottolinea anche il versante teologico: la volontà di Dio di comunicare e di comunicarsi. La DV non racconta solo di una possibilità, bensì di un accadimento storico.
La seconda parte sviluppata da P. Basta presenta in quattro capitoli varie questioni inerenti al testo biblico e la sua interpretazione. Il versante considerato è quello del recettore del testo sacro, cioè il lettore nel suo ruolo responsabile. Vengono trattate problematiche importanti come quella del rapporto tra Scrittura e Tradizione, la questione del canone, il problema della verità (inerranza) della Scrittura e da ultimo, la problematica teologica riguardante i sensi della Scrittura, che ha riflessi sul rapporto tra Antico e Nuovo Testamento. (R. Cheaib)
Zenit