sabato 20 aprile 2013

Papa Francesco: " I cristiani tiepidi NON costruiscono la Chiesa"




Per non cedere alla tentazione dello scandalo. Una Chiesa fatta da cristiani liberi dalla tentazione di mormorare contro Gesù «troppo esigente», ma soprattutto liberi «dalla tentazione dello scandalo», è una Chiesa che si consolida, cammina e cresce sulla strada indicata da Gesù.È per questa Chiesa che, sabato mattina, 20 aprile, Papa Francesco ha chiesto di pregare durante la messa celebrata nella cappella della Domus Sanctae Marthae. Erano presenti una ventina di volontari che lavorano nel dispensario pediatrico Santa Marta in Vaticano e numerose famiglie. Tra i concelebranti monsignor Antonius Lambertus Maria Hurkmans, vescovo di ’s-Hertogenbosch, e il suo ausiliare e vicario generale monsignor Robertus Gerardus Leonia Maria Mutsaerts.
L’esortazione del Pontefice è stata la conclusione della riflessione sulle letture della liturgia del giorno proposta all’omelia. «Il brano del libro degli Atti degli apostoli [9, 31-42] — ha esordito — ci racconta una scena della Chiesa, che era in pace. Era in pace in tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria. Un momento di pace. E dice anche questo: “Si consolidava, camminava e cresceva”». Si trattava di una Chiesa che aveva subito la persecuzione ma che in quel periodo si rafforzava, andava avanti e cresceva. Papa Francesco ha puntualizzato che è proprio questa la vita della Chiesa, che «deve andare così: consolidarsi, camminare e crescere». E perché ciò sia possibile, «dobbiamo fare patti, dobbiamo fare negoziati, dobbiamo fare tante cose, no?». 
Ma — si è chiesto il Pontefice — come si consolida, cammina e cresce? «Nel timore del Signore e con il conforto dello Spirito Santo» è stata la sua risposta. Questo è l’ambito in cui si muove la Chiesa, l’aria che respira «camminando nel timore del Signore e con il conforto dello Spirito Santo». E questo è proprio ciò che «Dio all’inizio aveva chiesto al nostro padre Abramo: “Cammina nella mia presenza e sii irreprensibile”. È uno stile della Chiesa. Camminare nel timore del Signore. È un po’ il senso dell’adorazione, la presenza di Dio, no? La Chiesa cammina così e quando siamo in presenza di Dio non facciamo cose brutte né prendiamo decisioni brutte. Siamo davanti a Dio. Anche con la gioia e la felicità. Questo è il conforto dello Spirito Santo, cioè il dono che il Signore ci ha dato. Questo conforto ci fa andare avanti». 
Il Papa ha poi fatto riferimento al vangelo di Giovanni (6, 60-69) nel quale si leggono espressioni particolari sorrette da due verbi: mormorare e scandalizzare. «Molti dei discepoli di Gesù — ha notato — cominciarono a mormorare e a scandalizzarsi. Mormorare e scandalizzare». Alcuni si sono allontanati dicendo: «“Quest’uomo è un po’ speciale; dice delle cose che sono dure e noi non possiamo... È un rischio troppo grande andare su questa strada. Abbiamo buon senso, eh? Andiamo un po’ indietro e non tanto vicino a lui”. Costoro, forse, avevano una certa ammirazione per Gesù, ma un po’ da lontano: non immischiarsi troppo con questo uomo, perché dice delle cose un po’ strane. Costoro non si consolidano nella Chiesa, non camminano alla presenza di Dio, non hanno il conforto dello Spirito Santo, non fanno crescere la Chiesa. Sono cristiani soltanto di buon senso: prendono le distanze. Cristiani, per così dire, satelliti, che hanno una piccola Chiesa, a propria misura. Per dirlo con le parole proprie di Gesù nell’Apocalisse, cristiani tiepidi». 
La tiepidezza che viene nella Chiesa è quella di chi cammina soltanto seguendo il proprio buon senso, che spesso coincide con il senso comune. Sono coloro che camminano con una prudenza che il Papa non ha esitato a definire «prudenza mondana», una tentazione per molti. «Penso — ha aggiunto il Pontefice — a tanti dei nostri fratelli e sorelle che in questo momento, proprio in questo momento, danno testimonianza del nome di Gesù, anche fino al martirio. Questi non sono cristiani satelliti: questi vanno con Gesù, sulla strada di Gesù. Questi sanno perfettamente quello che Pietro dice al Signore, quando il Signore gli fa la domanda: “Anche voi volete andare, essere cristiani satelliti?”. Gli rispose Simon Pietro: “Signore da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna”. Così da un gruppo grande, diventa un gruppo un po’ più piccolo, ma di quelli che sanno perfettamente che non possono andare da un’altra parte, perché soltanto Lui, il Signore, ha parole di vita eterna». 
Andare con Gesù, dunque, senza timore sulla strada da lui indicata. È l’invito di Papa Francesco che al termine dell’omelia ha chiesto di pregare durante la messa «per la Chiesa, perché continui a crescere, a consolidarsi, a camminare nel timore di Dio e con il conforto dello Spirito Santo. Che il Signore ci liberi dalla tentazione di quel “buon senso”; dalla tentazione di mormorare contro Gesù, perché è troppo esigente; e dalla tentazione dello scandalo».
L'Osservatore Romano, 21 aprile 2013.

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 Nemica di eresie e di ideologie
di R. Brichetti Messori
In uno dei tanti libri usciti a tamburo battente dopo l’elezione di papa Francesco, c’è un’intervista che nel 2010 egli concesse a due giornalisti Sergio Rubin e Francesca Angioletti. Ebbene, proprio in una delle risposte dell’allora cardinale di Buenos Aires Jorge Bergoglio, trovo alcune frasi che mi hanno colpito molto e che riguardano, seppure indirettamente, anche i temi mariani che qui ci interessano.
Il contesto nel quale in quel momento l’intervista si muove è quello della teologia della liberazione che, come è noto, costituì per parecchio tempo una spina nel fianco dell’episcopato dell’America latina ma anche della Chiesa intera e che richiese una presa di posizione anche da parte della Congregazione della Dottrina della fede, diretta a quel tempo dall’allora cardinal Ratzinger.
In realtà sappiamo che più che di una teologia, si trattava di una ideologia elaborata a tavolino da alcuni teologi europei e successivamente esportata nel cosiddetto Terzo mondo, il quale aveva sì bisogno di trovare una via d’uscita ai propri problemi di povertà, ma non certo con una strumentalizzazione in chiave politica della fede.
«La maggiore preoccupazione per i poveri che negli anni Sessanta irruppe nel cattolicesimo – dice Bergoglio -  costituiva un brodo di cultura perfetto per qualunque ideologia. Il rischio era di snaturare  una cosa che la Chiesa ha chiesto nel Concilio Vaticano II e che da allora non ha mai smesso di ripetere: bisogna trovare il cammino giusto per rispondere alla preoccupazione per i poveri, esigenza evangelica assolutamente imprescindibile e centrale».
Il rischio dunque che la fede degenerasse in ideologia – anche per istigazione di quell’Europa che era maestra nel crearne una dopo l’altra – era reale e la pressione generata dai tanti problemi fortissima. Eppure, nonostante  alcune deviazioni, alla fine si riuscì a mantenere un se pur difficile equilibrio. Come fu possibile tutto questo? Ecco come lo spiega Bergoglio: «Il pericolo di una infiltrazione ideologica è via via scomparso, mentre cresceva la consapevolezza di una grande ricchezza del nostro popolo: la pietà popolare». Infatti: «Più gli agenti pastorali scoprono la pietà popolare, più l’ideologia decade perché si avvicinano alla gente e ai suoi problemi con una ermeneutica reale tratta dal popolo stesso».
Poche parole che tuttavia contengono una verità scioccante: chi alla fine permise di rimettere la barra al centro, facendo capire molte cose anche a teologi, sacerdoti, religiosi eccitati dall’idea della rivoluzione, fu la fede tenace e persistente della gente semplice. L’istinto religioso delle persone concrete, di quelle che, a differenza degli intellettuali che elaborano teorie a tavolino, si trovano davvero a dover combattere con i problemi reali di sopravvivenza. E che proprio per questo alla fine intuiscono come stiano davvero le cose riuscendo, anche in situazioni di estrema difficoltà materiale, a mantenere vivo e operante quel sensus fidei che li spinge  a cercare aiuto e protezione dove capiscono di poterli davvero trovare. Dove avvertono che, nonostante tutto, il loro essere trova accoglienza e la loro esistenza, per quanto miserrima, un significato.
E quanta parte di questa pietà popolare si esprima nel culto mariano lo sappiamo bene. Da mesi anche in queste pagine non facciamo altro che ripeterci quanto sia forte, radicata fin dalle origini cristiane, l’invocazione alla Madre per giungere al Figlio. Così come continuiamo a dirci che è l’esperienza di duemila anni a confermarci che tutto ciò è realtà e non pia illusione, è certezza di aiuto e non sogno nebuloso. Le filosofie, le ideologie, le mode di tutti i tipi passano. Tra mille incertezze e difficoltà, la fede rimane l’unica speranza certa.
Ma c’è di più, perché credo che quanto diceva Bergoglio a proposito della teologia della liberazione valga per tutti i contesti. Anche per questo nostro europeo di oggi, in crisi da tanti punti di vista. Così, se siamo onesti, non possiamo non ammettere una cosa assai importante e al contempo assai semplice e cioè che, mentre per decenni ci si è accapigliati per decidere come si dovesse realizzare il Concilio e la nuova evangelizzazione, quel poco di fede che nonostante tutto restava in circolazione, era in gran parte quella che si alimentava a fenomeni capaci si suscitare la pietà popolare e di rispondere alle sue esigenze, come le apparizioni e i santuari mariani. Oppure, un povero cappuccino stigmatizzato e fatto simile a Cristo stesso, come padre Pio.
D’altra parte, forse è proprio dall’aver capito tutto questo che, ora papa, Jorge Bergoglio trae quella sua semplicità capace di porsi in collegamento immediato con ciò che sta, magari sepolto sotto la cenere, nel cuore di molti e cioè il bisogno istintivo, primario e ineludibile di Dio e del suo amore.
 La nuova bq