martedì 30 aprile 2013

Peres al Papa: "Tutto Israele l'aspetta a Gerusalemme!"

Shimon Peres con papa Francesco

  Intervista al presidente dello Stato d’Israele Shimon Peres. Dialogo per una regione formata da minoranze


(Luca M. Possati) Dall’attuale situazione dello Stato di Israele, agli sforzi per giungere alla pace con i palestinesi; dal ruolo delle organizzazioni internazionali, alle relazioni tra cristiani ed ebrei. Sono questi alcuni dei temi toccati dal presidente israeliano, Shimon Peres, nell’intervista rilasciata in esclusiva al nostro giornale.


A oltre quaranta anni dalla nascita dello Stato d’Israele, crede che il progetto originario dei padri fondatori sia ancora vivo? Che tipo di Paese è, oggi, Israele?

Non tutto ciò che abbiamo sognato è stato realizzato, ma quanto è stato realizzato ha superato di gran lunga le nostre aspettative. Sessantacinque anni fa, quando venne fondato lo Stato d’Israele, non avremmo mai immaginato di potere trasformare una terra arida e inospitale in un leader mondiale nell’ambito dell’agricoltura, dell’alta tecnologia, della medicina, della ricerca sul cervello e di tanto altro ancora. Abbiamo fatto pace con i nostri due vicini più grandi, l’Egitto e la Giordania, e desideriamo completare la pace con i palestinesi. Non penso che fossero in tanti a crederci. Ma abbiamo fatto tutto questo e anche di più. Israele è diventato un Paese basato sulle risorse umane piuttosto che su quelle naturali. Siamo arrivati nella terra promessa e desideriamo farne una terra di promessa; comportarci conformemente ai dieci comandamenti e costruire la nostra vita sulla scienza e sulla pace.

Quale può essere il contributo degli israeliani in una prospettiva di dialogo con i palestinesi in vista di una soluzione pacifica del contenzioso? 

Dovremmo completare il processo di pace tra noi e i palestinesi. Abbiamo già compiuti validi progressi, abbiamo offerto loro uno Stato indipendente e una vita in pace e cooperazione da buoni vicini. Di fatto, la soluzione è già evidente: due Stati per due popoli; uno Stato ebraico, Israele, e uno Stato arabo, la Palestina. Siamo partiti dagli Accordi di Oslo, e ora dobbiamo superare il divario che ancora rimane. Ciò è possibile, e il modo per farlo è attraverso il dialogo e i negoziati, in spirito di tolleranza, coesistenza e pace tra i popoli.

Quale, a suo avviso, può essere attualmente il ruolo di istanze internazionali quali le Nazioni Unite? 

Le Nazioni Unite e altri organismi internazionali possono aiutare a stabilizzare il Medio Oriente, che sta vivendo importanti cambiamenti. Ritengo che i problemi del Medio Oriente siano esistenziali più che politici. La gente ha bisogno di cibo, di lavoro, di educazione, di assistenza sanitaria. La comunità internazionale può avere un profondo impatto in questi ambiti, aiutando i Paesi della regione a trovare soluzioni.

La crisi siriana è sempre più grave. Qual è l’impatto degli aspetti umanitari e quali sono le possibilità d’intervento della comunità internazionale? 

Quella in Siria è anzitutto una crisi umanitaria. È drammatico assistere allo spargimento di sangue. Il popolo della Siria merita un futuro più luminoso, basato sulla libertà, l’indipendenza, i diritti umani e la prosperità. Ritengo che le Nazioni Unite dovrebbero dare alla Lega Araba un mandato per inviare un contingente di caschi blu per stabilizzare il Paese e consentire la formazione di un Governo di transizione. La Siria è un problema arabo, e la soluzione dovrebbe essere una soluzione araba, con il sostegno del mondo intero, compreso Israele. Il pericolo costituito dalle armi siriane, inoltre, è tra i più gravi nel mondo.

Anche Israele sta subendo gli effetti della crisi economica mondiale. Come trovare una via d’uscita all’attuale congiuntura negativa?

Israele ha affrontato la propria crisi economica in modo positivo. La via di uscita dalle attuali difficoltà economiche, non solo per noi, ma per il mondo intero, è quella che passa per la scienza e la tecnologia, la ricerca e lo sviluppo dell’alta tecnologia. Stiamo vivendo in un mondo nuovo, ma ancora gestito con una mentalità vecchia. Oggi il mondo è globale, e penso che molte soluzioni si trovino proprio dentro il mondo globalizzato.

Qual è lo stato delle relazioni tra cattolici ed ebrei dopo l’impulso ricevuto durante il pontificato di Benedetto XVI, con i suoi viaggi in Vicino Oriente, e quali prospettive si possono ancora aprire, allargando il dialogo stesso ai musulmani?

Le relazioni tra Israele e la Santa Sede e tra il popolo ebraico e i cattolici non sono mai state così buone negli ultimi due millenni. Continuano a migliorare costantemente, e spero che la mia visita e una futura visita da parte di Papa Francesco in Israele possano servire a rafforzarle ulteriormente. Il dialogo è fondamentale per ridurre le tensioni e migliorare la comprensione. Non importa se si tratta di ebrei, cristiani, musulmani o di credenti di altre religioni. C’è già un dialogo, ma certamente andrebbe allargato. Il Medio Oriente è costituito più da minoranze che da maggioranze. Dovremo rispettarle tutte; la gente ha diritto non solo all’uguaglianza, ma anche alla diversità. È questa la democrazia ai giorni nostri: l’uguale diritto a essere diversi.

Quali sono le responsabilità dei credenti e degli uomini di buona volontà di fronte all’intolleranza crescente verso le minoranze religiose? 

Le persone sono libere di avere credenze diverse o di non averne affatto, ma devono rispettare gli altri. È questo un elemento fondamentale dei nostri valori. Il razzismo e l’intolleranza sono una malattia. La nostra responsabilità è di essere tolleranti verso gli altri, di mostrare loro amore, compassione e fratellanza. Papa Francesco è un esempio straordinario di questo amore per gli altri. Provo profondo rispetto per lui. Nel suo dialogo con il rabbino Abraham Skorka afferma che la torre di Babele è stata un errore perché coloro che l’hanno costruita volevano essere il più possibile vicini al cielo, ignorando però la gente. Il Papa suggerisce che dobbiamo essere modesti, rispettare il cielo ma anche amare le persone e tutti i loro interlocutori nel mondo presente.
L'Osservatore Romano 1°maggio 2013

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Un incontro cordiale, di trenta minuti, al termine del quale il presidente Shimon Peres ha invitato Papa Francesco a Gerusalemme: «Non l'aspetto solo io - ha detto il capo dello Stato ebraico - ma tutto il popolo di Israele». All'inizio dell'udienza, al momento della prima stretta di mano, Peres ha chiesto a Bergoglio: «Preghi per tutti noi». E al momento del commiato, il presidente ha assicurato al Pontefice la sua preghiera: «Domani andrò ad Assisi e pregherò per lei». Successivamente Peres ha incontrato il Segretario di Stato Tarcisio Bertone e il «ministro degli Esteri» Dominique Mambert

Nel corso dei «cordiali colloqui», informa un comunicato della Santa Sede, «è stata affrontata la situazione politica e sociale del Medio Oriente, dove perdurano non poche realtà conflittuali. Si è auspicata una pronta ripresa dei negoziati tra israeliani e palestinesi affinché, con decisioni coraggiose e disponibilità da ambedue le parti, nonché con il sostegno della comunità internazionale, si possa raggiungere un accordo rispettoso delle legittime aspirazioni dei due Popoli e così contribuire risolutamente alla pace e alla stabilità della regione». Non è mancato, continua la nota, «un riferimento all’importante questione della città di Gerusalemme».



«Si è manifestata particolare preoccupazione per il conflitto che affligge la Siria per il quale si è auspicato una soluzione politica, che privilegi la logica della riconciliazione e del dialogo». Non sono mancati accenni ai rapporti tra lo Stato d'Israele e la Santa Sede e tra le «autorità statali e le comunità cattoliche locali». Infine, «sono stati apprezzati i notevoli progressi fatti dalla Commissione bilaterale di lavoro, impegnata nell’elaborazione di un accordo su questioni di comune interesse, per il quale si auspica - spiega il Vaticano - una pronta conclusione».



Sui lavori della commissione - un processo lungo e farraginoso, sempre sul punto di concludersi ma finora mai concluso - Peres era intervenuto in un'intervista al «Corriere della Sera», spiegando che «abbiamo appianato il 99 per cento delle questioni». Nel corso dell'udienza il presidente avrebbe assicurato a Francesco che da parte israeliana c'è la volontà di concludere l'accordo, anche sull'annosa questione del Cenacolo, che anticamente apparteneva alla Custodia francescana di Terra Santa. Israele potrebbe concedere ai cristiani di tornare a celebrare la messa nel luogo dove secondo la tradizione Gesù celebrò l'Ultima Cena.



Secondo quanto emerso a suo tempo, la soluzione alla quale si lavorava negli anni scorsi tra la delegazione vaticana e quella israeliana, prevedeva che il possesso della sala del Cenacolo, delle due salette attigue e della scala di accesso venisse trasferito alla Custodia di Terra Santa. Lo Stato israeliano avrebbe invece mantenuto la proprietà del convento costruito dai francescani (impegnandosi a non concedere spazi a nuovi affittuari rispetto a quelli già esistenti) e dell'area della Tomba di Davide, che si trova nella zona sottostante il Cenacolo. Ma a quanto pare questa potrebbe non essere la soluzione finale, a lungo sperata dal Vaticano. Come del resto traspare dalle parole dello stesso Peres che a proposito del Cenacolo e della possibilità di tornare a celebrarvi la messa, concessa da Israele a una «speciale autorità» del Pontefice. Lasciando così intendere che il uno dei più importanti luoghi santi non sarebbe restituito ai cristiani come proprietà.



Il Papa ha donato a Peres delle medaglie, mentre il presidente israeliano ha regalato una copia della Bibbia di Gerusalemme, nota traduzione curata dalla Ecole Biblique de Jerusalem dei domenicani, in inglese e ebraico. «Le auguro di prosperare in tutto quello che lei fa e dovunque vada, con profonda stima, Shimon Peres» è la dedica che il presidente ha apposto a mano sul volume. Il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, ha assicurato che l'invito di Peres è stato accolto con gioia da Papa Francesco, perché i Pontefici si recano sempre volentieri in Terra Santa, ma ha anche aggiunto che non ci sono date per l'eventuale trasferta. Bergoglio era già stato invitato a Gerusalemme dal patriarca latino Fouad Twal. Mentre il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I aveva accennato a Francesco la possibilità di commemorare, mezzo secolo dopo, lo storico abbraccio avvenuto tra Paolo VI e Atenagora a Gerusalemme nel gennaio 1964. (A. Tornielli)
Vatican Insider

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 Comunicato della Santa Sede sull'Udienza di Papa Francesco al Presidente d'Israele Shimon Peres
[Text: Italiano, English] 
Sala stampa della Santa Sede

Oggi, nel Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza Sua Eccellenza il Sig. Shimon Peres, Presidente dello Stato d’Israele, che ha incontrato successivamente anche l’Em.mo Segretario di Stato, Card. Tarcisio Bertone, accompagnato dall’Ecc.mo Segretario per i Rapporti con gli Stati, Mons. Dominique Mamberti.
Durante i cordiali colloqui è stata affrontata la situazione politica e sociale del Medio Oriente, dove perdurano non poche realtà conflittuali. Si è auspicata una pronta ripresa dei negoziati tra Israeliani e Palestinesi affinché, con decisioni coraggiose e disponibilità da ambedue le Parti, nonché con il sostegno della comunità internazionale, si possa raggiungere un accordo rispettoso delle legittime aspirazioni dei due Popoli e così contribuire risolutamente alla pace e alla stabilità della Regione. Non è mancato un riferimento all’importante questione della Città di Gerusalemme. Si è manifestata particolare preoccupazione per il conflitto che affligge la Siria per il quale si è auspicato una soluzione politica, che privilegi la logica della riconciliazione e del dialogo. Sono state affrontate anche alcune questioni riguardanti i rapporti tra lo Stato d’Israele e la Santa Sede e tra le Autorità statali e le comunità cattoliche locali. 
Sono stati apprezzati infine i notevoli progressi fatti dalla Commissione bilaterale di lavoro, impegnata nell’elaborazione di un Accordo su questioni di comune interesse, per il quale si auspica una pronta conclusione.


Traduzione in lingua inglese
 
Today in the Vatican Apostolic Palace, the Holy Father Francis received in audience His Excellency Mr. Shimon Peres, President of the State of Israel. President Peres then went on to meet with the Secretary of State, Cardinal Tarcisio Bertone, S.D.B., accompanied by Archbishop Dominique Mamberti, secretary for Relations with States. 
During the cordial talks, the political and social situation in the Middle East—where more than a few conflicts persist—was addressed. A speedy resumption of negotiations between Israelis and Palestinians is hoped for, so that, with the courageous decisions and availability of both sides as well as support from the international community, an agreement may be reached that respects the legitimate aspirations of the two Peoples, thus decisively contributing to the peace and stability of the region. Reference to the important issue of the City of Jerusalem was not overlooked. Particular worry for the conflict that plagues Syria was expressed, for which a political solution is hoped for that privileges the logic of reconciliation and dialogue. 
A number of issues concerning relations between the State of Israel and the Holy See and between state authorities and the local Catholic communities were also addressed. In conclusion, the significant progress made by the Bilateral Working Commission, which is preparing an agreement regarding issues of common interest, was appreciated and its rapid conclusion is foreseen.