mercoledì 22 maggio 2013

Apartheid d’Europa.




 Il rapporto Osce 2012 sulle discriminazioni contro i cristiani

È mai possibile che una maggioranza possa essere socialmente discriminata da una minoranza? Nella storia è già successo — basti pensare all’apartheid — e oggi succede, sempre più spesso, nei confronti dei cristiani anche nella vecchia Europa, dove può essere sconveniente, e in alcuni casi addirittura vietato, indossare un simbolo religioso o parlare pubblicamente di fede durante una conversazione sul luogo di lavoro. È la situazione, per molti versi incredibile, denunciata dalla studiosa austriaca Gudrun Kugler che ieri, martedì, ha presentato il rapporto 2012 dell’Osservatorio sull’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani in Europa, in occasione della speciale conferenza internazionale organizzata a Tirana dall’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce). Incontro che, significativamente, cade mentre sono in corso le celebrazioni per i millesettecento anni dell’editto di Milano, svolta memorabile per la storia dell’umanità e dei suoi diritti fondamentali.
Tuttavia, per molti versi, ben diciassette secoli sembrano essere passati invano e la libertà religiosa introdotta dall’editto costantiniano sembra sempre venire minacciata. Nel 2010 — è stato ricordato — il sociologo Massimo Introvigne, che è stato rappresentante Osce per la lotta contro il razzismo, la xenofobia e la discriminazione, documentò come nel mondo ogni cinque minuti muoiano per la propria fede. Oggi, a distanza di pochi anni, e con riferimento alla sola area europea, la situazione non può certo considerarsi incoraggiante.
Il rapporto 2012 dell’Osce suddivide il vecchio continente in due macro aree geografiche, a est e a ovest di Vienna. Nel primo caso, si registrano, per lo più, difficoltà per i missionari nell’ottenere i visti d’ingresso dai Governi, e impedimenti nella formazione del clero e nell’insegnamento della religione ai bambini. Nel secondo, l’organizzazione ha studiato e documentato ottocento casi d’intolleranza e discriminazione avvenuti negli ultimi cinque anni. Ma si tratta, viene osservato, di dati sottostimati. Al riguardo, viene citato uno studio condotto nel 2011 nel Regno Unito, in cui il 74 per cento dei cristiani intervistati ritiene che ci sia più discriminazione verso i battezzati che nei confronti dei seguaci di altre fedi. Più del 60 per cento pensa che l’emarginazione dei cristiani sia in aumento nei luoghi pubblici e di lavoro e, addirittura, il 71 per cento percepisce un aumento della marginalizzazione dei cristiani da parte del sistema dei media.
Un altro recente studio, condotto da esperti giuridici, ha documentato nell’Europa occidentale l’esistenza di 41 leggi in 15 Paesi che comportano restrizioni alle libertà di coscienza, espressione e riunione nonché lesive dei diritti dei genitori. Non importa cioè se a un cristiano venga impedito d’indossare sul luogo di lavoro un crocifisso o una medaglietta religiosa, oppure se un medico venga costretto a fornire prestazioni contrarie alla propria coscienza. Oppure, ancora, se i genitori non si possono opporre per i loro figli a una educazione sessuale che va contro i propri principi. Tutti indizi, viene sottolineato, di una piccola e silenziosa persecuzione, che se non viene fermata nella sua fase iniziale rischia di trasformarsi in qualcosa di più grande e ancora più pericolosa.
Torna utile, in questo caso, rifarsi ancora all’imperatore Costantino e al suo editto, nel quale largo spazio veniva dedicato alla garanzie concesse ai luoghi di culto, compresa la restituzione dei beni precedentemente sequestrati. Così, se a ovest di Vienna si registra un crescente vandalismo — l’84 per cento degli episodi registrati in Francia nel 2010 erano diretti contro luoghi di culto cristiani — a est troppo spesso non è garantita la registrazione, l’acquisizione e la tutela della proprietà ecclesiastica.
«A volte mi chiedo — ha detto Kugler — come sia possibile per una maggioranza venire discriminata. Beh, a essere discriminato non è il cristiano allineato al pensiero dominante, ma coloro che intendono vivere secondo le elevate esigenze etiche del cristianesimo. E questi ultimi non sono la maggioranza. E, anche se lo fossero, la storia ha dimostrato che una minoranza che comanda può discriminare una maggioranza pacifica, come si è visto nel caso eclatante dell’apartheid». Non mancano, però, i segnali positivi. Solo pochi giorni fa il Consiglio d’Europa ha votato, quasi all’unanimità, un risoluzione in cui si chiede che le credenze religiose siano accolte nella sfera pubblica e che venga garantito e ben definito il diritto all’obiezione di coscienza sulle questioni eticamente sensibili.
L'Osservatore Romano