venerdì 24 maggio 2013

Come procede la primavera....




Le violente manifestazioni che si sono tenute il 19 maggio a Kairouan, la città santa dell’islam nordafricano, hanno acceso i riflettori sulla crescita del movimento fondamentalista salafita in Tunisia. Una galassia che, per il momento, non conta su un grande numero di seguaci. Eppure è una minoranza rumorosa che con parole d’ordine semplici e dirette sta facendo breccia nella società del piccolo Paese sulle sponde del Mediterraneo. «Prima della rivoluzione - ricorda Ouejdane Mejri, presidente dell’associazione Pontes che raggruppa i tunisini in Italia - non esisteva un movimento salafita che operasse alla luce del sole. Se esisteva, era un’organizzazione clandestina che non aveva alcun rilievo a livello pubblico. Oggi non siamo in grado di misurare la forza di questo movimento. Sappiamo però che si sono riuniti in associazioni, che organizzano manifestazioni, che predicano nelle moschee. Vediamo che stanno prendendo corpo».

Che il movimento sia in crescita lo testimonia la stessa manifestazione di Kairouan repressa duramente dalla polizia. La polizia parlava di 30-40mila militanti presenti contro i 5mila presenti dello scorso anno. «La diffusione del salafismo - spiega Stefano Torelli, ricercatore dell’Ispi - è dovuta a due fattori concomitanti: la scarcerazione avvenuta dopo la Rivoluzione dei Gelsomini di moltissimi fondamentalisti islamici che erano stati incarcerati dalla polizia di Ben Ali e la reticenza, da parte del governo attuale, a reprimere le forme più estreme di islamismo».

Le organizzazioni salafite
 sono molto attive nel reclutamento di adepti soprattutto nei quartieri poveri di Tunisi e delle altre città tunisine. «I salafiti - continua Torelli - hanno molta presa sui ragazzi delle scuole superiori. Sono giovani tra i 15 e i 17 anni di bassa estrazione. E sono sempre i giovani che organizzano ogni domenica nei quartieri popolari dibattiti sul Corano e sulla legge islamica. Il problema è che predicano un islam che loro hanno conosciuto solo attraverso le parole dei telepredicatori wahabiti. All’interno del movimento, molti adulti guardano con perplessità questi ragazzi e questi sistemi di proselitismo che, a loro detta, sminuirebbero l’autentico messaggio islamico».

I tunisini però stanno reagendo. In questo ultimi mesi si è registrato un forte dibattito nella società tunisina (nei locali, nelle piazze, nei forum, nei blog, ecc.) in merito alla pretesa dei religiosi salafiti di essere al di sopra della legge. A Kairouan i salafiti non hanno voluto chiedere allo Stato l’autorizzazione per la manifestazione e la polizia ha reagito. «È un movimento - spiega Torelli - che non riconosce l’attuale sistema istituzionale tunisino. Sono molto schietti su questi punti: sono contro i partiti e la democrazia e vogliono arrivare all’applicazione integrale della legge islamica. È chiaro che la maggioranza dei tunisini non può accettare un simile atteggiamento».

Gli stessi musulmani tunisini rifiutano l’interpretazione dell’islam proposta dai salafiti, un islam di impronta fondamentalista wahabita estraneo alla tradizione malichita tunisina. «Le nostre istituzioni religiose sono scese in campo - osserva Mejri -. L’università Al Zaitouna, l’equivalente tunisino dell’egiziana Al-Azhar, sta reagendo. I professori vanno sempre più spesso in televisione a spiegare l’islam malachita. Su questo stesso tema stanno inoltre uscendo numerose pubblicazioni, si tengono molte conferenze e incontri. Dalla moschea dell’università sono stati poi cacciati i salafiti».

L’emergere del movimento salafita si inserisce in un momento complesso della vita politica tunisina. Le elezioni che si dovevano tenere a marzo sono state spostate a luglio. Poi il presidente Marzouki ha annunciato che si terranno il 29 dicembre. Molto più probabilmente slitteranno nella primavera 2014.

Si prevede che Ennahda, il partito islamico al governo, possa perdere voti. Secondo i sondaggi più recenti non dovrebbe superare il 30%, testa a testa con la nuova formazione Nida Tounes che raccoglie laici e islamici moderati. Nida Tounes però è molto criticata perché è vista come un’edizione rinnovata del vecchio partito di Ben Ali (Rassemblement Constitutionnel Démocratique). Molti uomini di fiducia dell’ex presidente infatti si stanno riproponendo sulla scena politica proprio nelle fila di questa nuova formazione.

«A soffrire di questa situazione - conclude Torelli - sono soprattutto i giovani che rappresentano il 60% della popolazione. Avvertono che il governo non si sta occupando di loro e delle riforme che si attendono nei campi dell’istruzione e del lavoro. Loro, che sono stati i protagonisti della Rivoluzione dei Gelsomini, si sentono ormai tagliati fuori». (E. Casale)

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