giovedì 22 agosto 2013

Il (fallito) progetto islamista dei Fratelli Musulmani



P. Samir: In Egitto vera democrazia.
di Samir Khalil Samir
Il popolo egiziano, musulmani e cristiani, assieme all'esercito, hanno rifiutato la Fratellanza perché non ha migliorato l'economia e perché si è solo interessata al suo dominio e al progetto del Califfato islamico. Fratelli Musulmani disprezzati da tutti, ma ammirati dall'occidente. Incomprensibili le posizioni di Barack Obama e dell'Unione europea. Lavorare per le elezioni presidenziali, da tenere presto. 
*
Sono un po' irritato contro la stampa occidentale, americana ed europea, che definisce Morsi "il primo presidente egiziano eletto in modo democratico". Alcuni lo hanno perfino definito "il nuovo Nelson Mandela". Ma è una farsa.
Morsi, primo presidente egiziano eletto democraticamente"!
Se si parla in modo formale, bisogna dire che tutti i presidente egiziani sono stati eletti "democraticamente": Nasser, Sadat, Mubarak, con percentuali dell'80 - 90%. Ma se analizziamo ciò che è successo, possiamo comprendere di più i motivi che hanno portato alla caduta di Morsi, anche se "eletto democraticamente".
Dobbiamo dire anzitutto che chi ha fatto la rivoluzione sono i giovani. Dopo alcuni mesi - prima erano contrari alla Primavera araba -  sono subentrati i Fratelli musulmani. E poiché essi sono il gruppo più organizzato nel Paese - un gruppo molto autoritario e capillare, copiato sul sistema sovietico - quando si sono tenute  le elezioni, hanno vinto.
Ma hanno vinto anche perché non vi erano altri concorrenti: i giovani erano troppo inesperti; i politici navigati erano stati esclusi perché parte dell'antico regime di Mubarak. A ciò va aggiunto che la popolazione egiziana, al 40%  analfabeta, ha votato in modo generico chi diceva di voler sostenere l'islam e la religione.
Sappiamo inoltre che in quel periodo sono fluiti in Egitto centinaia di milioni di dollari da parte del Qatar, per pagare gli imam delle moschee che lasciassero i  Fratelli musulmani predicare al loro posto, facendo campagna elettorale. Il loro discorso era molto vago: parlavano di un Egitto nuovo, senza corruzione, religioso. Ha perciò trovato un facile appoggio nella gente per nulla abituata alla democrazia. E pur coi mezzi di questa campagna efficientissima, i Fratelli musulmani sono stati eletti, ma hanno preso solo il 51% dei voti.
Ma la democrazia significa "il potere del popolo". Quando i giovani hanno lanciato la campagna per raccogliere  firme contro Morsi, hanno superato i 22 milioni di firme documentabili. E al 30 giugno, chiedendo le dimissioni di Morsi, erano 30 milioni. E questo non è potere del popolo? Non è democrazia?
L'esercito
Vediamo poi l'esercito. Fino al 30 giugno l'esercito non è mai intervenuto. È questo è già stupefacente: se guardiamo l'Egitto, occorre dire che l'esercito è stato sempre presente nella società egiziana, influenzando elezioni, economia, ecc..
Vorrei far notare due cose importanti . Primo, durante la rivoluzione di piazza Tahrir, l'esercito ha sempre difeso la popolazione e si vedono ancora oggi tante foto dove i giovani di piazza Tahrir vanno a braccetto coi soldati.
Secondo, da questo ultimo  intervento nella cacciata di Morsi l'esercito non ha guadagnato niente. Non è stato come ai tempi di Nasser, Sadat o Mubarak - che provenivano tutti dall'esercito - in cui i militari hanno preso il potere. Questa volta essi hanno messo in atto un governo di laici e si sono fatti garanti dell'ordine. Come è ovvio, il generale Al-Sissi è stato nominato ministro della difesa, ma il presidente è un noto magistrato egiziano, il prof. Adlī Manṣūr, che si è laureato in Egitto, Spagna e Francia. Per le sue qualità,  il 19 maggio scorso Mohamed Morsi lo aveva nominato Presidente della Suprema Corte Costituzionale dell'Egitto!
Quale profitto ne ha tratto l'esercito? Negli ultimi giorni ha avuto un centinaio di morti. Nessuno militare ha preso più potere. Hanno voluto sempre garantire che nel nuovo governo tutti fossero rappresentati, e hanno chiesto a tutti i partiti di presentare qualche candidato. Ma i pro-Morsi hanno rifiutato. Anche i salafiti  -  che sono più estremisti dei Fratelli Musulmani - hanno accettato e sono presenti nel governo. Ma i Fratelli hanno rifiutato qualunque dialogo, obbligando così l'esercito a garantire la sicurezza.
L'Unione Europea (con il presidente Manuel Barroso) e gli Stati Uniti (con il presidente Barack Obama) continuano a dire che l'esercito deve entrare in dialogo con i Fratelli musulmani, che non si deve escluderli, ma sono proprio i Fratelli musulmani ad aver bloccato il dialogo e a rifiutare la collaborazione,  pretendendo sempre e soltanto il ritorno di Morsi.
L'esercito avrà forse abusato della sua forza, ma è anche vero che i Fratelli musulmani, molti di loro armati fino ai denti, hanno attaccato soldati, banche, sedi del governo, individui, senza parlare di decine di chiese e di istituzioni cristiane.
Il fallimento del progetto sociale dei Fratelli Musulmani
L'esercito è entrato nella mischia  per sostenere il popolo che chiedeva l'allontanamento di Morsi e il motivo era chiaro: i Fratelli musulmani non hanno fatto granché per la popolazione. Quello che la gente chiedeva era che loro operassero sull'economia, che migliorassero i prezzi dei beni alimentari, che si creasse lavoro. Invece la nuova leadership della Fratellanza non ha fatto nulla di tutto questo.
In aprile mi trovavo al Cairo e ho visto chilometri di auto in coda per acquistare la benzina.  I camion arrivavano al distributore la sera prima nella speranza che la mattina seguente avrebbero potuto fare rifornimento e andare a lavorare. E questa carenza a cosa era dovuta? Al fatto che una gran parte del carburante - qualcuno dice fino al 30% - viene offerta ai palestinesi di Hamas a Gaza.
Il traffico, già caotico, lo è diventato molto di più. Le manifestazioni ripetute rendono il traffico ancora più difficile. La popolazione è stanca!
Sotto la Fratellanza, il turismo, un'entrata base dell'economia egiziana, è morto o langue, grazie a tutte le regole morali imposte dai Fratelli musulmani (velo per le donne, separazione donne/uomini, insicurezza, violenze, ecc.). In quasi un anno non è stato creato nemmeno un nuovo posto di lavoro.
Per i Fratelli, la priorità va alla loro ideologia religiosa di restauro del Califfato
La preoccupazione dei Fratelli musulmani è stata soprattutto ideologica e non sociale. Ad esempio, il loro ministro della cultura, appena entrato in carica, si è subito preoccupato di una cosa: che alla televisione pubblica le donne si coprano il capo. Egli ha tolto la Direttrice dell'Opera del Cairo (forse perché era donna) malgrado la protesta di tutti i membri dell'Opera, e ha criticato il fatto che le ballerine mostravano le gambe nelle danze classiche!
Il ministro dell'Educazione ha fatto cambiare i libri scolastici in uso (in Egitto, c'è per ogni classe ed ogni materia un manuale di obbligo), inserendovi un'enfasi molto religiosa.
Inoltre, nel breve periodo di un mese, i Fratelli musulmani hanno stilato una nuova costituzione che rafforzava gli elementi della sharia, la legge islamica, chiedendo poi di votarla la settimana dopo. Ho cercato di leggere questo documento su internet, ma era quasi impossibile, per chi non era giurista, capirne le sottigliezze ... Come il popolo egiziano poteva votare la costituzione? Anche questa era una farsa!
Un altro segno che i Fratelli musulmani hanno dato priorità a loro stessi e al loro potere, è che hanno nominato nove governatori di province, tutti provenienti dalle loro file.
Hanno poi fatto degli accordi diplomatici - presi in giro da tutto il Paese - con Gaza, per lasciare una parte del Sinai in mano a contrabbandieri, militanti islamisti, terroristi. Questo ha portato all'uccisione di soldati, poliziotti, e cristiani. Prima il Sinai era un luogo molto tranquillo. Si dice che hanno fatto accordi col Sudan per dare ad esso una parte del sud-Egitto, della Nubia. Si parla anche di accordi segreti con la Libia. ... E il popolo si è stancato.
In tutto questo c'è un progetto che i Fratelli proseguono da decenni, quello del "Restauro del Califfato" che dovrebbe ridare all'Islam la sua forza e bellezza di una volta!
Secondo osservatori occidentali, il popolo non doveva cacciare Morsi, ma aspettare le prossime elezioni e scalzarlo in modo "legale". Questa sarebbe la "vera democrazia"! Ma in questo modo si rischiava davvero la paralisi economica e sociale del Paese, e fino alle prossime elezioni il "popolo" sarebbe morto di fame!
Il progetto islamista
Anche l'attacco a così tante chiese e case cristiane è molto significativo, segno di un progetto ideologico islamico e non nazionale, a servizio della popolazione.
I Fratelli musulmani hanno un progetto islamista e per questo colpiscono i cristiani. In Egitto, ogni anno attaccano alcune chiese, con vari pretesti. Ciò rientra nel progetto d'islamizzazione del Paese, perché  si arrivi a un califfato di cui devono far parte tutte le terre che sono state islamiche. A questo progetto appartiene anche, per alcuni di loro, la "riconquista" della Spagna o almeno dell'Andalusia! L'Egitto resiste perché non è islamista e i cristiani sono molto legati alla loro terra. Non dobbiamo dimenticare che la parola "copto" viene da "egypti": i copti sono la popolazione locale originale, i veri egiziani.
L'islamizzazione cerca di colonizzare il Paese attraverso leggi sempre favorevoli ai musulmani, ma i cristiani egiziani resistono. In realtà, non solo i cristiani resistono, ma la maggioranza dei musulmani resiste con loro. Abbiamo visto in questi giorni i musulmani darsi la mano e creare una catena per difendere la cattedrale copta ortodossa del Cairo contro qualunque assalto dei Fratelli. Allo stesso modo, durante la Primavera dei primi mesi del 2011, avevamo visto musulmani e cristiani portare il Vangelo e il Corano in segno di unione indissolubile.
L'occidente stravede per i Fratelli musulmani
È incomprensibile tutta la stima che oggi l'occidente ha verso i Fratelli musulmani. In Medio Oriente essi sono ovunque criticati. Sono stati banditi per così tanto tempo dalla politica in Egitto, dai vari regimi. Sono ritenuti responsabili dell'assassinio di Anwar Sadat il 6 ottobre 1981, che pur essendo un simpatizzante della Fratellanza, ha avuto il coraggio di fare un discorso storico alla Knesset il 20 novembre 1977 e firmare gli accordi di pace con Israele a Camp David il 17 settembre 1978. E lo hanno ucciso per questo.
Perfino Al Azhar, che rappresenta la voce ufficiale dell'islam sunnita mondiale, si è messa contro i Fratelli Musulmani e  si è pronunciata contro lo stesso Morsi. Rappresentanti di Al Azhar hanno accettato di entrare nel nuovo governo di transizione, proprio come alcuni cristiani.  Da qui si vede che musulmani e cristiani sono ormai contro i Fratelli musulmani.
Questi riescono al massimo a  raccogliere nelle manifestazione un milione di persone, compresi mogli e bambini, bloccando il traffico. Cristiani e musulmani raccolgono decine di milioni di persone, tutte in manifestazioni pacifiche. E il popolo egiziano che è sceso in piazza il 30 giugno scorso,  non era composto da fanatici.
Per questo non si capisce la posizione del presidente Usa, Barack Obama, che nei giorni scorsi ha detto parole contro l'esercito, ma non ha mai detto nulla contro i Fratelli musulmani. Ho l'impressione che Obama non sappia cosa fare. Per chi conosce la situazione locale, la sua posizione non ha davvero senso.
Per me l'esercito egiziano si sta comportando in genere in modo corretto, anche se ci sono stati degli eccessi, provocati dall'ostinazione dei Fratelli. L'esercito è sempre stato aperto alla partecipazione dei Fratelli musulmani, mettendo come condizione l'uso di mezzi pacifici. Ma i Fratelli musulmani continuano a chiedere solo il ritorno di Morsi. Se oggi si dicesse agli egiziani di votare pro o contro Morsi, il verdetto sarebbe molto probabilmente contro Morsi. Il progetto attuale dei Fratelli musulmani è solo per creare il caos e rovinare il Paese
Ora bisogna sperare in elezioni presidenziali a presto, aperte a tutti i partiti e tendenze della società egiziana. Si deve dare il tempo di preparare queste elezioni. Sarebbe molto desiderabile che si sviluppassero in presenza di rappresentanti delle Nazioni Unite, e con tutte le garanzie internazionali..
Il volto ambiguo dei Fratelli musulmani
Il discorso dei Fratelli musulmani è stato sempre moderato in apparenza, ed essi riescono ad ingannare chi non conosce bene la loro storia. Ai tempi di Mubarak, almeno 80 Fratelli musulmani facevano parte del parlamento, tutti entrati non in nome del partito - che era fuorilegge - ma per la loro aria di perbenismo religioso, come rappresentanti dei medici o degli avvocati con una chiara fede islamica.
Anche in occidente prevale la stima verso di loro  perché - si dice - sono musulmani moderati. Ma l'islam non è solo un atteggiamento spirituale, vi è anche la politica. E dietro i Fratelli musulmani vi è l'anti-occidentalismo, l'anti-Israele, ecc..
A parole i Fratelli musulmani fanno gesti di aiuto per il popolo: distribuiscono cibo e medicinali ai poveri durante il Ramadan, offrono visite mediche gratis, ecc., ma non sono riusciti a creare posti di lavoro.
A me colpisce il fatto che essi siano alleati di Hamas e di al Qaeda. Ayman Al-Zawahiri, il capo attuale di al-Qaeda, nato a Kafr ad-Dawwar il 19 giugno 1951, e cresciuto a Maadi (quartiere borghese del Cairo), proviene da una famiglia famosa (il suo zio materno, Abd al-Rahmān Azzām Pascià, era il primo Segretario generale della Lega Araba). A 14 anni è entrato nelle file dei Fratelli Musulmani, e diviene seguace di Sayyid Qutb, il più famoso teorico dei Fratelli Musulmano, condannato a morte sotto Nasser, assieme ad altri sei membri dei Fratelli, e giustiziato il 29 agosto 1966 tramite impiccagione.
E' certo che i Fratelli non sono da identificare con i terroristi. Tuttavia, c'è tra di loro una tendenza ad usare tutti i mezzi, compresi quelli della violenza, per realizzare il loro ideale. L'abbiamo visto la settimana scorsa al Cairo dove una parte è scesa in strada contro l'esercito con armi da fuoco, mentre altri sono rimasti a casa o nella moschea.
E occorre qui ricordare che nei giorni scorsi, essi hanno avuto ancora un doppio linguaggio: ai media in inglese essi parlavano come vittime della democrazia, sottolineavano i diritti umani, le violenze dell'esercito, il "colpo di Stato", ecc... Ai media in arabo essi parlavano della lotta contro l'occidente, delle posizioni da tenere, del jihad da potenziare e del califfato da ricostruire.
Per concludere : cercare una via verso la pace e la democrazia
Per concludere, vorrei ricordare un punto. La democrazia è una parola composta da due parole greche: demos e kratos, che significano "popolo" e "potere". Ora, chiedo a tutti: le manifestazioni del popolo egiziano, che hanno raggiunto decine di millioni di cittadini adulti, non rappresentano l'opinione del popolo? Se questo non è la voce della "democrazia",  mi domando dov'è: nelle elezioni sistematicamente arrangiate? Il popolo egiziano ha espresso la sua volontà in modo chiarissimo, scendendo pacificamente per le strade. L'esercito ha sostenuto questa volontà, talvolta in modo imperfetto, nell'intenzione di proteggere il popolo.
Il nostro desiderio e la nostra speranza (parlo in nome dei cittadini egiziani) è che l'Occidente aiuti il popolo egiziano, in questo momento difficile, a costituire, pacificamente e legalmente, un governo rappresentativo della maggioranza, senza escludere le voci minoritarie. Sarebbe un passo positivo verso la vera democrazia tanta desiderata!
asianews

*

Appello dei Patriarchi e dei capi delle Chiese in Gerusalemme. Per un Egitto unito e tollerante

Un appello alla comunità internazionale a opporsi alla violenza e al terrorismo e a aiutare il popolo egiziano a superare questa spirale cruenta e sanguinosa, per fare in modo che il Paese torni sulla giusta strada, è stato rivolto dai Patriarchi e i capi delle Chiese e delle comunità religiose di Gerusalemme attraverso una dichiarazione diffusa mercoledì. «Noi, Patriarchi e capi delle Chiese in Gerusalemme — si legge nella dichiarazione — seguiamo con grande preoccupazione la terribile situazione dell’Egitto, che soffre per divisioni interne, atti terroristici e deliberata violenza contro persone innocenti, sia cristiane che musulmane. Istituzioni governative sono state attaccate, un gran numero di soldati egiziani e di poliziotti è stato ucciso, proprietà pubbliche sono state distrutte e chiese cristiane sono state profanate». Le «profanazioni e l’incendio delle chiese», prosegue il documento, «è uno scandalo senza precedenti e va contro i valori della tolleranza, che per secoli hanno animato l’Egitto. Apprezziamo il fatto che molti musulmani si sono schierati a fianco dei compatrioti cristiani nel difendere chiese e istituzioni».
Condannando con forza «questi atti di vandalismo compiuti da alcuni estremisti» i leader religiosi fanno appello «a tutte le parti a fermare la violenza e le uccisioni e lavorare per l’unità nazionale, senza la quale l’Egitto rischia la guerra civile. Siamo al fianco del popolo egiziano nella sua lotta contro il terrorismo e le fazioni contrapposte, sia localmente che a livello internazionale. Esprimiamo la nostra solidarietà e la nostra vicinanza a tutte le vittime e preghiamo per la guarigione dei feriti e per quanti soffrono». Preghiamo «l’unico Dio», concludono gli esponenti religiosi, «a illuminare i leader egiziani al fine di salvare i valori della democrazia, la dignità di tutti e la libertà religiosa».
Il documento è sottoscritto da rappresentanti cattolici, ortodossi, protestanti e dalla Custodia di Terra Santa.
L'Osservatore Romano

*

“l'Unità” - Rassegna "Fine settimana"
(Intervista ad Andrea Riccardi a cura di Umberto De Giovannangeli) «Forse la “Primavera egiziana” era già sfiorita nell’incapacità a governare dimostrata dal presidente Morsi e dal suo governo. Tuttavia, credo che la difficile situazione egiziana non si risolva con i (...)

*


L’arcivescovo di Jos su una iniziativa di capi religiosi nello Stato di Plateau. Cristiani e musulmani per lo sviluppo della Nigeria

«Dobbiamo convincere le persone di fedi diverse a dissipare le loro paure e a far sì che si instaurino rapporti di amicizia e di collaborazione, contribuendo a costruire un clima di fiducia»: è quanto sottolineato in un comunicato giunto al termine di un recente incontro tra rappresentanti cristiani e musulmani di varie organizzazioni in Nigeria, durante il quale è stata presa in esame la situazione dello Stato di Plateau. Nell’area si fronteggiano da anni gruppi armati di agricoltori di religione cristiana, maggioritari nel Plateau, e di allevatori di religione islamica. I rappresentanti religiosi si sono riuniti per trovare una serie di soluzioni durature che pongano fine allo stato di tensione. 
L’incontro si è svolto presso il Centro per il dialogo, la riconciliazione e la pace di Jos, la capitale dello Stato. L’arcivescovo di Jos e presidente della Conferenza episcopale in Nigeria, monsignor Ignatius Ayau Kaigama, commentando l’iniziativa, ha osservato che «i capi religiosi, affinché siano ascoltati, devono dare il buon esempio con la coerenza delle loro azioni». Tra i vari temi trattati vi è stato quello della ricostruzione dei luoghi culto. I rappresentanti religiosi riuniti a Jos hanno indicato la necessità «di riaprire i luoghi di culto distrutti e, se possibile, di unire le mani per ricostruire collettivamente le strutture». Infine, è stato chiesto alle autorità statali di garantire elezioni politiche libere ed eque. 
Da tempo in Nigeria operano varie organizzazioni cristiane che forniscono un contributo essenziale al dialogo. Tra queste, per esempio, vi è la Fellowship of Churches of Christ in Nigeria, un’organizzazione che raggruppa tredici comunità di varie denominazioni cristiane — aderente al World Council of Churches — particolarmente presente con le proprie attività nella regione centro-settentrionale del Paese, teatro di violenti attacchi da parte di gruppi estremisti che fomentano l’odio tra gli appartenenti alle diverse comunità religiose. L’organizzazione promuove soprattutto progetti imprenditoriali per dare opportunità di lavoro ai giovani, nell’ambito del cosiddetto “peace desk”, ovvero un organismo di consultazione e collaborazione tra le comunità cristiana e musulmana.
Sulla situazione generale del Paese è intervenuto anche l’arcivescovo di Lagos, monsignor Alfred Adewale Martins. Il presule ha offerto alcune riflessioni in occasione di un’intervista pubblicata sul sito del quotidiano nigeriano «Vanguard». Monsignor Martins ha in particolare auspicato l’unità per il Paese. «Abbiamo bisogno di una Nigeria unita — ha sottolineato — nella quale tutti abbiano un senso di appartenenza come parte integrante della nazione». L’arcivescovo ha anche accennato alla questione relativa alla disparità economica tra le classi sociali, in particolar modo quella degli emolumenti elevati dei funzionari statali. «Occorre che i fondi pubblici — ha osservato — non siano dirottati verso il pagamento di enormi emolumenti, ma piuttosto nello sviluppo di infrastrutture sociali, che hanno più impatto sulla vita delle persone». Sul tema della povertà monsignor Martins ha voluto in particolare richiamare l’esempio di Papa Francesco. «Il suo accento — ha ricordato il presule — è posto sulla necessità di amare i poveri e su quello di garantire che venga presa cura delle persone svantaggiate». E ha aggiunto: «Dio ha uno scopo per qualsiasi cosa che accade e Dio ha uno scopo per averci dato Papa Francesco in questo momento, che contribuisce a rifocalizzare la nostra attenzione su settori sui quali dobbiamo lavorare».
L’arcivescovo di Lagos ha, fra l’altro, fatto cenno all’impegno nella tutela dei valori fondamentali, quali il matrimonio e la famiglia. Nel Paese sono infatti in atto tentativi legislativi di introdurre il matrimonio dei minori e quello fra persone dello stesso sesso. Il presule ha esortato il Parlamento «ad ascoltare la gente». 
Su matrimonio e famiglia si erano espressi nei giorni scorsi, con un comunicato, anche i vescovi della provincia ecclesiastica di Ibadan. «Proteggere i valori tradizionali del matrimonio e della famiglia come modo per promuovere una società coesa»: è questa l’esortazione lanciata dai presuli, che ribadiscono l’insegnamento tradizionale della Chiesa cattolica in materia. «Riaffermiamo — si legge nel comunicato — che una famiglia è composta da un uomo, una donna e dei bambini». Pur ricordando la necessità di garantire il rispetto della dignità di tutte le persone, i presuli concludono con un appello a tutti i nigeriani affinché si adoperino nella protezione di valori tradizionali, come quelli del matrimonio e della famiglia, allo scopo di promuovere una società più coesa. I vescovi della provincia ecclesiastica di Ibadan hanno poi evidenziato nuovamente il dramma originato «dalla violenza e dall’insensato spargimento di sangue in alcune parti del Paese».
L'Osservatore Romano