sabato 24 agosto 2013

La religione di Nietzsche



Il 25 agosto del 1900 moriva Friedrich Nietzsche, il filosofo che dichiarò la morte di Dio dalla coscienza degli uomini...

«Dio è morto […] lo abbiamo ucciso noi»: così recita la nota sentenza di Nietzsche, nel paragrafo 125 de La gaia scienza, in un brano suggestivo su cui le molteplici interpretazioni hanno versato fiumi di inchiostro.
Ma come è possibile uccidere Dio? In particolare, visto che − per Nietzsche − Dio non esiste, e dato che non è possibile uccidere ciò che non esiste, che cosa significa uccidere Dio?
Ebbene, sempre secondo Nietzsche, Dio non aveva un’esistenza reale prima della sua uccisione, però aveva un’esistenza nella coscienza degli uomini; ma la società occidentale, che si è fondata sull’esistenza di Dio, si è poi, nei secoli, allontanata da lui e in questo senso lo ha ucciso: Dio è morto nel senso che, sempre di più, ha smesso di essere il fine ultimo degli esseri umani.
La morte di Dio è l’evento più importante della storia, è l’evento che fa da spartiacque per la storia dell’umanità (non la nascita di Cristo): «non ci fu mai un’azione più grande: tutti coloro che verranno dopo di noi apparterranno, in virtù di questa azione, ad una storia più alta di quanto mai siano state le storie fino ad oggi!» (ibidem).
Ora, però, Nietzsche ha sì proclamato la morte di Dio, tuttavia sarebbe sbagliato dire che egli è propriamente ateo: probabilmente non intende rigettare del tutto Dio; piuttosto, vuole estromettere il Dio della tradizione occidentale e del cristianesimo per sostituirlo con un nuovo Dio, che è l’Oltreuomo: «ciò che ci distingue non sta nel fatto che non ritroviamo un Dio […] ma nel fatto che non consideriamo, come divino, ciò che fu venerato» (Nietzsche, Frammenti postumi 1887-1888, 11 [122], p. 267; qui e di seguito citiamo dall’edizione Adelphi delle opere di nietzscheane).
In effetti, così si rivolge a Nietzsche-Zarathustra un interlocutore: «Oh Zarathustra, tu sei più devoto di quanto non sai, con questa tua miscredenza! Un qualche Dio dentro di te ti convertì al tuo ateismo. Non è la tua stessa devozione che non ti fa più pensare a Dio? […]. Vicino a te, sebbene tu  voglia essere più di tutti l’indifferente senzadio, ho il sentore di un segreto aroma di incenso» (Nietzsche, Così parlò Zarathustra, p. 317). Nietzsche si sbarazza del Dio della tradizione per sostituirlo con un nuovo Dio che, in buona sostanza, è lui stesso: la morte di Dio, e la conseguente teoria dell’Oltreuomo, sottende l’anelito di autodeificazione di Nietzsche stesso.
Non a caso, se talvolta Nietzsche si firma con l’espressione «Dioniso contro il crocifisso», altre volte si firma invece «Dioniso o il crocifisso»: la teoria dell’Oltreuomo esprime il desiderio di Nietzsche di immedesimarsi con Dio, di attingere una condizione di libertà estrema e radicale dalla quale sia esente qualsiasi limitazione.
Così, proclamando la morte di Dio, da un lato egli ratifica un dato di fatto, cioè la progressiva erosione della fede nelle società occidentali; dall’altro esprime un desiderio radicale: Dio deve morire perché ci possa essere un nuovo Dio, cioè l’Oltreuomo, incarnato specialmente da Nietzsche stesso.
Va però notato che Nietzsche non dimostra mai l’inesistenza di Dio: è vero che − come Feuerbach, Marx, e Freud − anche Nietzsche svolge una ricostruzione genealogica dell’invenzione del concetto di Dio, ma è piuttosto dubbio che egli voglia dimostrare l’inesistenza di Dio tramite il metodo genealogico.
Del resto, egli è consapevole che la ricostruzione genealogica di un’idea, anche qualora sia corretta, è diversa dall’analisi sulla verità o falsità di quell’idea (io posso sapere come una persona ha acquisito una nozione – ad esempio da un libro o dalla spiegazione di un insegnante – ma non so ancora se questa nozione sia vera). Come dice proprio Nietzsche, «chi ha compreso le condizioni nelle quali è nata una valutazione morale, non ne ha ancora sfiorato il valore, (Nietzsche, Frammenti postumi 1884, 27 [5], p. 255).
Piuttosto, per Nietzsche, «Che cosa mai resterebbe da creare se gli dei esistessero? Se vi fossero dei, come potrei sopportare di non essere Dio? Dunque non ci sono dei» (Nietzsche, Così parlò Zarathustra, p. 101). Quello di Nietzsche, quindi, è un ateismo postulatorio: è una premessa indimostrata, assunta come punto di partenza di tutto il suo sistema filosofico, che gli consente di assecondare il suo desiderio di autodeificazione.
Forse Nietzsche ha voluto sradicare la morale, la metafisica e la gnoseologia precedenti proprio per realizzare questo scopo. È lui stesso che sembra affermarlo: «una volta mi [a me Friedrich Nietzsche] sembrò la soluzione giusta decretare: “l’esistenza[…] non è sottoposta alla giurisdizione della morale; anzi la morale appartiene anch’essa al mondo delle apparenze”; un’altra volta dissi: “tutti i concetti di colpa sono soggettivamente privi di valore, e soggettivamente tutta la vita è necessariamente ingiusta e illogica”. Una terza volta arrivai alla negazione di tutti i fini, e mostrai l’inconoscibilità dei nessi causali. E a che scopo tutto ciò? Non era forse per poter dare a me stesso la sensazione della totale irresponsabilità – per pormi al di là di ogni infamia e di ogni lode, indipendente da ogni allora e da ogni oggi, così da poter inseguire il mio fine a modo mio?» (Nietzsche, Frammenti postumi 1884-1885, vol. VII, tomo III, 36 [10], p. 231).
Ma, se l’inesistenza di Dio è da Nietzsche soltanto asserita e non dimostrata e se l’alternativa vitalista al Dio cristiano proposta da Nietzsche è impraticabile (per varie ragioni, su cui cfr., per esempio, l’ottimo recente volume: G. Morra, Il cane di Zarathustra. Tutto Nietzsche per tutti con un’antologia delle opere, Ares 2013), ha però fin troppo ragione lo stesso Nietzsche quando sottolinea l’esito della morte del Dio cristiano, con una capacità chiaroveggente che gli consente di descrivere la nostra epoca, con più di cento anni di anticipo: «Chi ci dette la spugna per strusciare via l’intero orizzonte? Che mai facemmo, a sciogliere questa terra dalla catena del suo sole? Dov’è che si muove ora? Dov’è che ci muoviamo noi? Via da tutti i soli? Non è il nostro un eterno precipitare? […] Non stiamo forse vagando come attraverso un infinito nulla?» (Nietzsche, La gaia scienza, § 125).
È per questo motivo che dobbiamo spenderci instancabilmente affinché si possa affermare, all’opposto della sentenza nietzscheana che – non solo duemila anni fa in un sepolcro di Gerusalemme, ma anche nella mente dell’uomo odierno – Dio è risorto.
V. Adanti