sabato 24 agosto 2013

Meeting Rimini 2013: la vittoria dell'esperienza

Circa 800mila presenze da oltre 80 paesi. Il tema dell'edizione 2014 sarà: "Verso le periferie dell'esistenza. Il destino non ha lasciato solo l'uomo"


"La vittoria dell'esperienza al di là dell'ideologia". Con queste parole la presidente del Meeting di Rimini, Emilia Guarnieri, ha tratto un sintetico bilancio a caldo di questa XXXIV edizione appena conclusa.
Durante la conferenza stampa di chiusura la presidente del Meeting ha dichiarato che gli ospiti della manifestazione hanno saputo pienamente cogliere l'essenza del tema di quest'anno: Emergenza uomo.
Una "emergenza" che si è concretizzata in circa 800mila presenze da oltre 80 paesi stranieri, oltre 3000 volontari, oltre 100 incontri, 5 grandi mostre, 7 esposizioni "Uomini all'opera", 23 spettacoli.
Chi è venuto a visitare il Meeting di quest'anno, lo ha fatto per darsi una risposta all'eterna domanda "come si fa a vivere?", ha commentato Guarnieri.
Ancora una volta il Meeting si è confermato "luogo di incontro, di dialogo e di amicizia reale su questioni reali, su temi di alta cultura e spiritualità e sui problemi del quotidiano".
Guarnieri ha ricordato il videomessaggio del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, trasmesso il giorno di apertura del Meeting, in cui il capo dello stato invitava a reagire all'emergenza dell'"impoverimento spirituale, culturale, di motivazioni umane", salutando in tal senso con favore "il contributo che viene ai più alti livelli dalla Chiesa cattolica [...] che soltanto dei ciechi possono non vedere".
Questo ed altri interventi, ha sottolineato Guarnieri, sono la dimostrazione che "l'esperienza ha vinto ed è quello che ci aspettiamo sempre dal Meeting".
Soddisfazione è stata espressa dalla presidente del Meeting anche in merito alle firme raccolte nella petizione per la libertà religiosa nel mondo. "Non ricordo un personaggio che non l'abbia firmata", ha detto Guarnieri, auspicando che il tema "possa diventare uno dei punti qualificanti al prossimo semestre italiano di presidenza dell'UE".
La presidente del Meeting ha infine annunciato quello che sarà il tema della XXXV edizione, in programma dal 24 al 30 agosto 2014: Verso le periferie dell'esistenza. Il destino non ha lasciato solo l'uomo.
Si tratta di un tema, ha spiegato, che "riconferma il cuore, la centralità, il DNA del Meeting. Non c'è cuore umano che non batta".
Un tema che richiama un'immagine - quella delle periferie - assai cara a papa Francesco che nel messaggio augurale di inizio Meeting, aveva individuato come riflessione centrale del Meeting di quest'anno "l'urgenza di restituire l'uomo a se stesso, alla sua altissima dignità, all'unicità e preziosità di ogni esistenza umana dal concepimento fino al termine naturale".

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E' bello e buono essere famiglia

Mariolina Ceriotti Migliarese spiega come la psicoanalisi non afferma niente che sia in contraddizione con l'antropologia cristiana

Mariolina Ceriotti Migliarese lavora in un servizio territoriale di Neuropsichiatria Infantile ed esercita attività privata come psicoterapeuta per adulti e coppie. Da molti anni si occupa di formazione di genitori e insegnanti. Collabora con la rivista Fogli, per la quale tiene una rubrica mensile. Sposata dal 1973, ha sei figli dai 32 ai 12 anni, e due nipotine.
E' membro del Comitato Scientifico della Fondazione Happy-Child con sede in Arese (MI), che opera per lo studio, la ricerca, la promozione, la realizzazione, il sostentamento e la gestione di iniziative nell'ambito del sostegno al nucleo familiare. Tiene seminari, convegni e conferenze in molte città italiane e presso Centri Culturali.
Ha pubblicato per le edizioni ARES La famiglia imperfetta. Come trasformare ansie e problemi in sfide, appassionanti (2011), La coppia imperfetta. Come trasformare i difetti in ingredienti dell'amore (2012) e nel luglio di questo anno 2013 Cara Dottoressa... Risposte alle famiglie imperfette.
ZENIT ha incontrato la dott. Ceriotti Migliarese al Meeting di Rimini, dove ha presentato il libro di Claudio Risè, Il padre, libertà, dono, ed ha guidato un incontro nello stand del movimento per la Vita. Secondo la psicoterapeuta, “non c’è contraddizione tra l’approccio alla psicologia vera e l’antropologia cristiana” ed è facile “riconoscere che l’antropologia cristiana è il miglior modello per l’umanità”.
“Per esempio – ha precisato – di Giovanni Paolo II mi ha sempre colpito la grande umanità. Il Papa polacco è una figura pienamente incarnata, così realizzata da diventare un santo”. “Guardando alla storia dell’umanità – ha rilevato - mi sono sempre chiesta quale ideologia, filosofia, cultura, religione avesse generato grandi e belle figure. Ho provato tante delusioni, ma anche la dimostrazione che il cristianesimo ha prodotto una grande quantità di persone belle e sante”. “In questo senso, il cristianesimo prepara e realizza la miglior riuscita dell’umano” ha sottolineato.
Per la psicologa, “il problema di oggi è che molti cristiani non conoscono bene i presupposti della propria antropologia”. Per questo motivo, “siamo tenuti a capire di cosa siamo portatori e per questo bisognerebbe approfondire bene molti aspetti della nostra antropologia”. In merito a coloro che vorrebbero cambiare l’identità e la costituzione dalla famiglia naturale, la Ceriotti Migliarese ha spiegato che “dal punto di vista della realtà c’è un punto che non può essere valicato ed è l’identità sessuale”.
Esiste l’uomo e la donna. La Genesi parla di Dio che “uomo e donna li creò”. “E’ evidente – ha spiegato - che non si può essere entrambi le cose e che l’umano è limitato intrinsecamente. Per raggiungere la completezza ha bisogno dell’altro”. “Oggi – ha aggiunto - qualcuno vuole negare che si sia un limite che distingue i due sessi e in maniera egoistica e onnipotente intende diventare creatura di se stesso. Questo modo di pensare sta cercando di cancellare la bellezza della differenza”.
“Nessuna tecnica per quanto sofisticata – ha affermato la dottoressa - può superare la bellezza della procreazione concepita nell’unità tra uomo e donna. Se vuoi diventare veramente umano devi rafforzarti nella tua identità sessuale in cui la bellezza è in funzione della relazione”. La realtà ci dice chiaramente che ci sono due sessi distinti. La differenza cromosonica riguarda ogni singola cellula ed è funzionale anche all’identità psicologica. “La differenza è un valore – ha concluso - e le conoscenze che abbiamo acquisito ci possono fornire davvero la possibilità di un rapporto migliore tra uomo e donna”.
A. Gaspari

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In Dickens l'umano è l'unica chiave per il sociale

Al Meeting di Rimini un dibattito sul grande scrittore britannico

La mia casa sei tu: riscoprirsi uomini leggendo Dickens: su questo tema è stata articolata la conferenza letteraria sul grande scrittore britannico al Meeting di Rimini.
Ne è emerso che Charles Dickens (1812-1870) scrittore “sociale” per eccellenza dell’era vittoriana, è in realtà il narratore dell’umano e dei sentimenti, l’unica possibile forma di riscatto per i meno fortunati.
Come ha messo in luce Alison Milbank, docente di letteratura e teologia all’Università di Nottingham, l’opera di Dickens ha sempre un profondo risvolto autobiografico. All’età di dodici anni, lo scrittore dovette abbandonare la scuola per lavorare in fabbrica, venendo così a contatto con classi sociali che precedentemente mai aveva frequentato.
È proprio durante questa esperienza così umiliante e degradante, che il giovanissimo Dickens, scopre la bellezza dell’amicizia e la ricchezza dei rapporti umani. “Se c’è qualcosa che manca in Dickens – ha dichiarato la prof.ssa Milbank - è la proposta di una soluzione collettiva ai bisogni sociali. Tutto passa attraverso piccoli gruppi di persone di buona volontà, reti di amicizie, che possono avviare al cambiamento”.
Rispetto ai tempi di Dickens, un fattore non è cambiato ed è lo sfruttamento e la miseria dei bambini: la sofferenza loro e di tutti i personaggi “umili” usciti dalla penna di Dickens diventa così la “lente di ingrandimento” attraverso la quale la società si svela per quella che è.
Secondo il critico letterario Edoardo Rialti, esperto di letteratura inglese, nell’opera di Dickens spicca il contrasto tra la “città della quantità” e la “città della qualità”, due realtà che si compenetrano e a volte si incontrano.
Schiavi della quantità sono personaggi come l’usuraio Scrooge, protagonista del Canto di Natale, che misura ogni relazione umana in base al denaro. Altri hanno come unico riferimento il potere sociale, umano o psicologico. “Tutti costoro ─ ha aggiunto Rialti ─ hanno il deserto intorno a sé e dentro di sé”.
Ognuno di questi personaggi è come “legato a una catena” che è spesso quella del moralismo, come avviene per Mrs. Pardiggle, il cui moralismo non cede nemmeno di fronte alla tragedia di una mamma che ha perso il suo bambino; in questo caso, ha osservato Rialti “è una città, quella della qualità, che entra nell’altra città, quella della quantità. Una mano tesa verso le nostre debolezze”.
Lo stesso ruolo viene svolto dal piccolo storpio Tim che sconvolge la vita di Scrooge, spezzando la sua “catena”. “È il più bel regalo che Scrooge abbia mai avuto - ha commentato Rialti - e che gli permette di essere per Tim quello che, nella sua infanzia, nessuno era mai stato per lui”.
Il paradigma di Dickens è quindi sempre quello della misericordia e la risposta alla povertà e alla miseria è sempre quella dell’umano, dell’apertura del cuore. Ogni persona è un mistero e l’uomo dinnanzi ad essa prova un inquietudine simile a quella per la morte.
“Il nostro mistero ha bisogno di uno che lo accolga. Dickens afferma che è possibile diventare uomini quando incontriamo lo sguardo di uno con il quale siamo già a casa nostra”, ha quindi concluso Rialti.
L. Marcolivio