lunedì 30 settembre 2013

Il silenzio degli eremiti

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Un ampio reportage fotografico di Carlo Bevilacqua dedicato agli eremiti contemporanei sarà pubblicato sul numero di “Luoghi dell’infinito” di novembre. Il mensile di “Avvenire” dedicherà lo speciale ai luoghi del silenzio, dai deserti alle stelle, dalla natura incontaminata ai memoriali della storia, con scritti, tra gli altri, di Pierangelo Sequeri, Anna Maria Cànopi, Roberto Mussapi. Anche l’editoria si è accorta dell’interesse che suscitano gli anacoreti di oggi. In Italia recentemente sono usciti I nuovi eremiti di Isacco Turina (Medusa), Come gufi nella notte di Cristina Saviozzi (San Paolo), Un eremo è il cuore del mondo di Francesco Antonioli (Piemme) ed Eremiti di Espedita Fisher (Castelvecchi). All’estero Alech Soth ha pubblicato Broken Manual e due cineasti francesi lo hanno seguito e realizzato un documentario, Somewhere to disappear. L’inglese Sara Maitland dopo il successo di A book of silence esce con un nuovo titolo ambientato nel Sinai. 

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Fin da ragazzo sono sempre stato affascinato dalla figura del sapiente, del vecchio saggio. Sarà questa fascinazione che mi ha portato ad esplorare il mondo dell’eremitismo contemporaneo? Non lo so, ma sicuramente è stato un viaggio che ha mi ha insegnato tanto, mi ha fatto vedere il mondo da un’altra angolazione e con più consapevolezza. Ma chi sono questi nuovi eremiti? Perché delle persone che conducono delle vite normalissime e anzi, sono magari nel pieno delle loro attività lavorative scelgono di ritirarsi dal mondo, se di ritiro si può parlare? Quali sono le motivazioni di una scelta così radicale? Prima di iniziare questo lavoro non pensavo che esistessero ancora eremiti, se non nei monasteri. Li immaginavo come figure di un passato molto remoto; ho scoperto con sorpresa che sono una realtà viva e presente in tutto il mondo, sviluppatasi soprattutto negli ultimi decenni.

Il fenomeno è in crescita, ma al di là delle statistiche, come sottolinea Isacco Turina in I nuovi eremiti, «l’eremitismo è una scelta che chiede di essere interpretata, più che misurata». Il mio primo contatto con il mondo eremitico/monastico avvenne alcuni anni fa in Grecia, alle Meteore, monasteri edificati in cima a falesie di arenaria dove vivono tuttora monaci ortodossi. Lì si innescò una sorta di curiosità, ma un primo vero interesse iniziò quando incontrai a Filicudi un ex capitano di navi da crociera che viveva in una grotta, arredata in modo minimale ma allo stesso tempo raffinatissima. La semplicità della sua esistenza mi aveva colpito. Il suo approccio alla vita era disarmante per me così integrato. La vera svolta fu però l’incontro con Espedita Fisher, una giovane, divertente scrittrice piena di talento che stava lavorando, anche lei, a un libro, tra l’altro appena uscito, dal titolo Eremiti. Insieme abbiamo girovagato per un po’, intervistando e fotografando questi, apparentemente strani personaggi. Una volta esplorato il mondo eremitico italiano ho rivolto il mio interesse fuori dall’Italia che mi ha portato sul monte Athos, in Grecia, nello Yorkshire e nel Lincolnshire in Inghilterra, in grotte o in eremi in mezzo alla natura, in Francia, in Georgia, nell’India del Sud, nel Darjeeling, nel deserti della California. Ho incontrato eremiti in cimiteri, in case ai margini di boschi e paesi, in canoniche rimesse a posto, in grotte o, ancora, in mezzo al deserto. Quello che avevano in comune la maggior parte di loro e che mi colpiva, era sempre la semplicità della loro esistenza e l’estremo rispetto per la natura. In modo forse inconsapevole talvolta, ma sembrava che non volessero essere di peso alla natura. Ciò mi sconvolgeva.

In un epoca dove è così di moda parlare di sostenibilità i gli eremiti erano un esempio di sostenibilità spontanea, ante litteram, senza le sovrastrutture political-radical-chic-ecologlste che ben conosciamo. Sostenibilità anche spirituale, e non solo per gli eremiti diocesani o religiosi, ma anche, e forse , soprattutto per i cosiddetti eremiti laici. Una spiritualità non imposta, non cercata ma spontanea e semplice come il loro stile di vita. Semplicità nell’anima, semplicità nella ricerca, nel silenzio. Non voglio con questo dire che le persone che ho incontrato siano delle menti semplici, anzi : il loro pensiero è talvolta molto sofisticato. Non sono dei senza tetto che la vita ha portato a vivere ai margini della nostra società per problemi psicologici o economici. Tutt’altro. Quanto interesse intorno al silenzio . Forse siamo stanchi di una società organizzata dove vince chi grida più forte? Forse sta iniziando un’epoca dove ri-impareremo ad ascoltarci lontano dai miti e dai bisogni del nostro, alle volte urlante ossessivo e frenetico mondo?

Carlo Bevilacqua (Avvenire)