mercoledì 25 settembre 2013

Innamorato di un bugiardo?



Scalfari
di Costanza Miriano
Sono sicura che Dio salverà delle anime, chissà quali, per un guizzo di bene, per uno sguardo rivolto a lui, per un momento di umiltà. Sono certa che lui sappia raccogliere da terra le nostre briciole di bene, che non ne sprechi nessuna. Sono certissima che sappia farlo molto più di noi.
L’altra sera persino io, per dire, (che comunque sono nel mio piccolo a sua immagine e somiglianza) ho provato un moto di tenerezza – figuriamoci quanta ne ha provata Lui! – per Scalfari, ascoltando le sue risposte all’intervista di Lilli Gruber. (n.b. Ascoltando è una parola grossa: stavo dando la cena ai ragazzi, e, con una deroga alla regola della tv spenta, mi sono comprata il loro silenzio dicendo alcuni sì a caso alle loro richieste. Credo che si siano mangiati sei gelati a testa).
Comunque, per quel che mi è stato dato di sentire, ho potuto cogliere la grande padronanza e la visione di insieme del vecchio osservatore – non tanto esterno – di tutta la vita politica e sociale italiana degli ultimi decenni.
Ma quando si è arrivati al tema della fede, la mancanza dei fondamentali del grande Eugenio mi si è palesata in tutta la sua evidenza: si capiva benissimo che stava parlando un linguaggio non suo, che attraversava con passo insicuro terreni mai solcati, o abbandonati da tanto tempo, incolti, irti per lui di pericoli. Niente di male, si intenda: io avrei la stessa poca padronanza, la stessa insicurezza nell’esprimermi, la stessa visione elementare se mi trovassi a parlare praticamente di tutti gli argomenti dello scibile umano. Solo che in bocca a un uomo così scaltro, potente, sicuro in altri campi, quella poca sapienza suonava strana.
È poi c’è stato il momento in cui ho provato tenerezza, lo ammetto. Quando il fondatore del giornale che tutti conosciamo (inserire qui aggettivi a scelta, siete soli davanti al computer, potete farlo) ha detto: “ma io sono innamorato!! Sono innamorato di Gesù! Un uomo grandissimo, straordinario!”, ecco, in quel momento ho visto con tenerezza tutta la fragilità di un uomo molto avanti con gli anni, non in ottima salute, di fronte alle grandi domande della vita.
Moltissimi di noi sono innamorati di Gesù. Molti lo sono così tanto che ci si sono giocati tutto, tutta la propria vita. Hanno scommesso su di lui qualcosa di serio, di molto serio, hanno rinunciato a qualcosa che non tornerà mai più. Tutto lasciato alle spalle per seguirlo. Ma perché?
Perché hanno, abbiamo creduto che quello che Gesù diceva è vero.
D’altra parte ci sono solo due possibilità: o è vero, o non lo è. Quel falegname nato in Palestina sotto Augusto e morto sotto Tiberio, una persona esistita davvero, ormai è provato storicamente, o era un bugiardo piuttosto in gamba, o è il Figlio di Dio. O ci ha detto un sacco di balle, o la verità (o, come dice lui, addirittura è la verità).
Se ha mentito, non è che abbia fatto una gran figura. Non è stato un rivoluzionario, non ha cambiato la condizione della gente che diceva di preferire, ha detto persino di dare a Cesare le monete con la sua faccia, e anche se era gentile con i poveri non ha risolto i loro problemi sociali. Diceva di dar loro da mangiare, ma aveva solo qualche pesce e qualche pane raccattato tra i suoi amici. Non è stato un eroe perché è morto senza neanche difendersi, e per di più come un malfattore. Al massimo si può dire che ha sopportato bene il dolore, ma a me che cosa cambia? Si può stimare uno perché ha una soglia del dolore altissima? (Beato lui, ma che mi risolve quando ho mal di testa? Chi consola la mamma di quel bambino malato?) Ha detto che sarebbe risuscitato e non lo ha fatto. Ha detto che poteva guarire le persone, ma se era solo un essere umano, e per di più poco affidabile, come poteva guarire solo toccando? Ha detto alcune belle parole, socialmente meritorie, porgi l’altra guancia e da’ la tunica a chi ti prende il mantello, ma se per tutto il resto ha detto delle bugie non è che sia così affascinante. Ha detto che amava i suoi amici, forse lo ha fatto, ma adesso è morto e quando mi sento incompresa come può consolarmi il pensiero che duemila anni fa è vissuto uno molto affettuoso con i suoi? Io voglio uno che ami me in quel modo assoluto e totale, e lui è morto, e nessuno mi consola. Come si può essere innamorati di uno che spara così tante balle?
Oppure quello che ha detto è tutto vero. È stato messo in un sepolcro che poi è stato trovato vuoto. Il suo corpo trafitto dai chiodi è tornato a vivere. A chi crede in Lui ha dato la possibilità di diventare figlio di Dio, quindi di non morire. Lui è Dio. Lui è con noi tutti i giorni e ci ha lasciato lo Spirito Santo. Il pane che mangiamo a messa è davvero il suo corpo. Chi vede lui vede il Padre. È una delle tre persone della Trinità. Tre persone vive con cui entrare in una relazione vera, la più vera e concreta e importante della nostra vita, più di quella con lo sposo, con i figli, con i genitori. Più amico degli amici, più fratello dei fratelli, più vero di noi stessi che adesso possiamo toccare le nostre mani mentre leggiamo. Questa è la buona notizia che cambia la storia dell’universo. Questa è la persona che tutta la vita continuiamo a cercare e desiderare. Questo è l’amore totale assoluto incondizionato di cui abbiamo nostalgia a ogni respiro.
L’altro invece, il falegname palestinese bugiardo, è uno che ha detto alcune belle parole insieme a un sacco di bugie, praticamente un buon pubblicitario. Squinternato e illuso. Incapace di cambiare la realtà che siamo (saremmo) solo cibo per vermi, destinati a finire nella terra e a marcire.
Io sono sicura che anche Scalfari cerca quell’altro Gesù, quello vero, quello che è Dio, e, chissà che questo desiderio, piccolo, dubbioso, chissà, forse soffocato da tante erbacce Dio non sappia farlo germogliare. Scalfari dice “non ho la fede ma neanche la cerco”. Io però credo che la cerchi eccome, se dice di essere innamorato di Gesù.
E soprattutto, come direbbe Francesco, chi sono io per giudicare un direttore che cerca Dio?
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Benedetto XVI scrive a Odifreddi: «La teologia è scienza, l'ateismo è fantascienza»
di Massimo Introvigne

A ciascuno la sua lettera. Se Eugenio Scalfari ha ricevuto posta da Papa Francesco, il matematico e propagandista dell'ateismo Piergiorgio Odifreddi, dopo avere pubblicato un libro intitolato «Caro Papa ti scrivo», si è visto arrivare una risposta dal Papa Emerito Benedetto XVI. Le undici pagine saranno pubblicate in integro da Mondadori in una nuova edizione del libro di Odifreddi: le leggeremo con interesse, non senza rilevare che il matematico diventerà il primo ateo che farà un po' di soldi vendendo la lettera di un Papa. Ma intanto Odifreddi ha pubblicato un corposo estratto - non un riassunto, tutte le frasi sono di Papa Ratzinger -  sulla casa madre di tutti gli atei che si rispettino, Repubblica, che di questi tempi ogni tanto assomiglia all'Osservatore Romano.

Al di là del dato curioso, la lettera è una piccola lezione di apologetica. Benedetto XVI ringrazia Odifreddi per avere letto «fin nel dettaglio» i suoi libri su Gesù di Nazaret - non è poco, considerando quanti criticano senza leggere -, comunica al matematico che anche lui, Ratzinger, ha letto il suo testo, e gli confessa che  «il mio giudizio circa il Suo libro nel suo insieme è, però, in se stesso piuttosto contrastante. Ne ho letto alcune parti con godimento e profitto. In altre parti, invece, mi sono meravigliato di una certa aggressività e dell’avventatezza dell’argomentazione». Di questa sorta di recensione critica di Benedetto XVI al libro di Odifreddi, «Repubblica» pubblica quattro parti.

La prima attiene alla teologia, che per Odifreddi non sarebbe scienza ma fantascienza. Dopo un bonario commento ironico su perché mai, se si tratta di mera fantascienza, Odifreddi passa tanto tempo a occuparsene, il Papa emerito sviluppa la sua replica su due piani. Anzitutto, osserva che se pure
«è corretto affermare che “scienza” nel senso più stretto della parola lo è solo la matematica, mentre ho imparato da Lei che anche qui occorrerebbe distinguere ancora tra l’aritmetica e la geometria»,  in senso ampio parliamo di scienza per qualunque disciplina che «applichi un metodo verificabile, escluda l’arbitrio e garantisca la razionalità nelle rispettive diverse modalità». La teologia corrisponde a questi criteri, e dunque è scienza. Inoltre, ha contribuito in modo notevole alla cultura occidentale, e ha mantenuto vivo il dialogo fra fede e ragione. Questo dialogo è essenziale anche per i non credenti: «esistono patologie della religione e – non meno pericolose – patologie della ragione. Entrambe hanno bisogno l’una dell’altra, e tenerle continuamente connesse è un importante compito della teologia».

In secondo luogo, Papa Ratzinger osserva che «la fantascienza esiste, d’altronde, nell’ambito di molte scienze». Esiste «nel senso buono»: Benedetto XVI cita scienziati come Werner Heisenberg (1901-1976) e  Erwin Schrödinger (1887-1961) che hanno proposto «visioni ed anticipazioni», «immaginazioni con cui cerchiamo di avvicinarci alla realtà», una fantascienza che però è stata utile alla scienza. Ma gli scienziati, afferma il Papa emerito, producono talora «fantascienza in grande stile» in senso meno buono, per esempio «all’interno della teoria dell’evoluzione» usata per cercare di fornire un'impossibile prova scientifica dell'ateismo. 

Con un po' di malizia Papa Ratzinger cita le teorie del biologo e divulgatore scientifico Richard Dawkins, infaticabile propagandista dell'ateismo e amico di Odifreddi, come «un esempio classico di fantascienza» spacciata per scienza. Uno dei padri dell'evoluzionismo, Jacques Monod (1910-1976), nota ancora non senza umorismo Benedetto XVI, nel suo fin troppo famoso «Il caso e la necessità», «ha scritto delle frasi che egli stesso avrà inserito nella sua opera sicuramente solo come fantascienza». Papa Ratzinger ne cita una: «La comparsa dei Vertebrati tetrapodi... trae proprio origine dal fatto che un pesce primitivo “scelse” di andare ad esplorare la terra, sulla quale era però incapace di spostarsi se non saltellando in modo maldestro e creando così, come conseguenza di una modificazione di comportamento, la pressione selettiva grazie alla quale si sarebbero sviluppati gli arti robusti dei tetrapodi. Tra i discendenti di questo audace esploratore, di questo Magellano dell’evoluzione, alcuni possono correre a una velocità superiore ai 70 chilometri orari...». Non potendo dimostrare questa storiella, Monod, come tanti evoluzionisti, ha prodotto tecnicamente fantascienza, e neppure della migliore qualità.

Secondo capitolo della risposta di Benedetto XVI. Odifreddi insiste sui preti pedofili. È una tragedia che da Pontefice Ratzinger, dice, ha affrontato «con profonda costernazione. Mai ho cercato di mascherare queste cose. Che il potere del male penetri fino a tal punto nel mondo interiore della fede è per noi una sofferenza che, da una parte, dobbiamo sopportare, mentre, dall’altra, dobbiamo al tempo stesso, fare tutto il possibile affinché casi del genere non si ripetano». Per quanto questo non consoli né le vittime né il Papa emerito, questo fa però osservare a Odifreddi che «secondo le ricerche dei sociologi, la percentuale dei sacerdoti rei di questi crimini non è più alta di quella presente in altre categorie professionali assimilabili». 

Dunque «non si dovrebbe presentare ostentatamente questa deviazione come se si trattasse di un sudiciume specifico del cattolicesimo». E, se «non è lecito tacere sul male nella Chiesa, non si deve però, tacere neppure della grande scia luminosa di bontà e di purezza, che la fede cristiana ha tracciato lungo i secoli» e continua a lasciare oggi. Basti pensare alle «grandi e nobili figure della Torino dell’Ottocento» che, insegnando a Torino, Odifreddi dovrebbe conoscere.

Terzo estratto: Papa Ratzinger bacchetta Odifreddi per «quanto dice sulla figura di Gesù [che] non è degno del Suo rango scientifico. Se Lei pone la questione come se di Gesù, in fondo, non si sapesse niente e di Lui, come figura storica, nulla fosse accertabile, allora posso soltanto invitarLa in modo deciso a rendersi un po’ più competente da un punto di vista storico». Benedetto XVI fornisce al matematico un po' di bibliografia accademica, neppure cattolica, da cui Odifreddi potrà facilmente ricavare che «ciò che dice su Gesù è un parlare avventato che non dovrebbe ripetere». 

Forse lo studioso ateo si è fatto fuorviare, insinua il Papa emerito, dalle «molte cose di scarsa serietà» pubblicate da esegeti progressisti, i quali - il Pontefice emerito cita un commento di Albert Schweitzer (1875-1965), che non fu solo un missionario protestante della carità ma anche un celebre teologo - confermano solo che spesso «il cosiddetto “Gesù storico” è per lo più lo specchio delle idee degli autori». Ma «tali forme mal riuscite di lavoro storico, però, non compromettono affatto l’importanza della ricerca storica seria, che ci ha portato a conoscenze vere e sicure circa l'annuncio e la figura di Gesù». E Odifreddi ha capito male Benedetto XVI se pensa che egli proponga un rifiuto del metodo storico-critico: al contrario, per il Papa emerito «l'esegesi storico-critica è necessaria per una fede che non propone miti con immagini storiche, ma reclama una storicità vera e perciò deve presentare la realtà storica delle sue affermazioni anche in modo scientifico». 

Il quarto estratto va al cuore della visone del mondo atea. Per Odifreddi, come per Dawkins, non c'è bisogno di Dio perché tutto si spiega con la Natura. La risposta di Benedetto XVI è antica, ma sempre persuasiva: «Se Lei, però, vuole sostituire Dio con “La Natura”, resta la domanda, chi o che cosa sia questa natura. In nessun luogo Lei la definisce e appare quindi come una divinità irrazionale che non spiega nulla». Ma soprattutto nella religione atea di Odifreddi «tre temi fondamentali dell’esistenza umana restano non considerati: la libertà, l’amore e il male». Dell'amore e del male Odifreddi non parla, e la libertà è liquidata come un'illusione che sarebbe smascherata come tale dalla neurobiologia. Ma «qualunque cosa la neurobiologia dica o non dica sulla libertà, nel dramma reale della nostra storia essa è presente come realtà determinante e deve essere presa in considerazione». E un religione che rifiuta la libertà e non dà risposte sull'amore e sul male «resta vuota». 

Interessa anche a pochi: le statistiche sociologiche confermano che Odifreddi potrà anche vendere tanti libri, ma queste vendite e tutto il foklore dei vari autobus atei non fanno aumentare il numero degli atei. A Odifreddi interessano solo i fatti misurabili. È un fatto misurabile che Papa Francesco, e anche Papa Benedetto, persuadono molte più persone degli atei militanti.



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Dal blog SETTIMO CIELO di S. Magister, solo in italiano:

Concorsi letterari. Bergoglio scrive a Scalfari, Ratzinger a Odifreddi

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La fede coniugata con la ragione, Ratzinger dialoga coi non credenti
Corriere della Sera
 
(Gian Guido Vecchi) C'è tutto Joseph Ratzinger — la mitezza così lontana dall'immagine da tempo logora dell'inquisitore, l'acribia del grande teologo che replica syn logo , secondo ragione, alle obiezioni più dure — nella lettera che Benedetto XVI ha scritto al matematico (...) 
- Se Cesare non è dalla parte di Dio (Emanuele Severino in Corriere della Sera) 
- La ricerca di un senso (Umberto Galimberti in La Repubblica) 
- I due volti della libertà (Giulio Giorello in la Repubblica) 
- Siamo in lotta contro il male (Umberto Veronesi in la Repubblica)
- La novità di Ratzinger (Corrado Augias in la Repubblica)
- Ratzinger: la teologia non è «fantascienza» (Roberto Timossi in Avvenire)