giovedì 26 settembre 2013

L’Asia e il volto futuro della Chiesa

tagle tagliato

Il Vangelo come una “bellissima storia” di cui la Chiesa “diviene narratrice”. Rendendosi “docile all’ascolto dello Spirito”, essa fa udire la voce di Gesù “nelle storie soppresse di tanti uomini”. Si è svolta sul filo della metafora la conferenza che il cardinale Luis Antonio Gokim Tagle, arcivescovo di Manila ed enfant prodige della Chiesa asiatica, ha tenuto nei giorni scorsi presso la sede de “La Civiltà Cattolica”. Presentando l’ospite, il direttore della rivista dei gesuiti, padre Antonio Spadaro, ha notato che “la cosa che colpisce molto del cardinal Tagle è la sua umanità piena di gioia e piena di sorriso, che così tanto mi ricorda Papa Francesco”. Classe 1957, di madre cinese e padre filippino, Tagle ha studiato teologia alla Loyola School of Theology e ha poi conseguito il dottorato alla Catholic University of America nel 1991, con una tesi sulla collegialità episcopale nella dottrina e nella prassi di Paolo VI, che secondo Spadaro è “quanto di più attuale ci possa essere in questo momento”. Nel 1997 Giovanni Paolo lo nomina membro della Commissione teologica internazionale. Vescovo di Imus dal 2001, arcivescovo di Manila nell’ottobre del 2011, Benedetto XVI lo ha creato cardinale nel suo ultimo concistoro, nel novembre 2012.
“Il card. Tagle – ha notato padre Spadaro – rappresenta una Chiesa giovane, aperta verso il futuro e le nuove grandi sfide”, e “propone una visione di Chiesa che sappia essere significativa in un contesto, quale quello di oggi, di un mondo globalizzato. La sua Chiesa è Chiesa di grandi energie”.
Invitato a riflettere su “L’Asia e il volto futuro della Chiesa”, il cardinale ha offerto una serie di punti, quasi un decalogo del romanzo ideale letto in parallelo alla storia di Cristo e declinato nella realtà asiatica, a partire dalla premessa che “la missione in Asia è raccontare la storia di Gesù”. Una storia credibile parla di quello che siamo. Come fecero i primi apostoli, che erano asiatici e narravano la loro esperienza. Ancora oggi raccontare la storia di Gesù in Asia “esige da parte della Chiesa l’incontro vivo con Lui nella preghiera, nella liturgia, nell’interazione con le persone, specialmente i poveri, e con i segni dei tempi”.
Narrando storie “io divento comprensibile a me stesso, ma la storia parla anche di altre persone: la mia famiglia, i miei amici, la società, la cultura, l’economia, ovvero ciò che chiamiamo i nostri tempi”. La storia di Gesù manifesta l’identità della Chiesa tra i poveri, le diverse culture e le varie religioni dell’Asia. Si afferma oggi il nuovo paradigma della missio inter gentes, missione tra le genti. “Io sostengo però che la missio ad gentes, alle genti, non vada eliminata, ma piuttosto deve essere svolta inter gentes” precisa Tagle.
Le storie sono dinamiche, aperte ad essere nuovamente interpretate e raccontate e favoriscono la trasformazione. La Chiesa in Asia “deve mantenere dinamicamente viva la memoria di Gesù, scoprendo nuovi modi di narrare la sua storia, ritrovando la vitalità di questo racconto e liberandone le potenzialità per il rinnovamento delle realtà asiatiche”, perché “se viene considerata come un pezzo da museo, non riesce a diffondere vita”.
In grandi parti dell’Asia la fede cristiana è ritenuta una “cosa straniera”. I simboli della fede devono essere ricompresi risalendo alla loro radice, alla storia fondativa di Gesù. “Il simbolismo del sacerdote come presenza di Cristo deve sbocciare da una storia vissuta di disponibilità a un popolo, senza la quale il sacerdozio diventa una posizione sociale, piuttosto che una vocazione”, avverte Tagle. Ritornare alla storia di Gesù può permettere alla Chiesa in Asia di correggere quella impressione di estraneità che viene associata alla sua dottrina, ai suoi simboli, ai suoi riti.
Le storie plasmano la comunità: sono le esperienze e i ricordi comuni a far sì che degli individui unici formino un corpo coeso. “La storia di Gesù genera la comunità Chiesa. Le Scritture, i sacramenti, le dottrine, i rituali e l’intera Tradizione sono modi di raccontare costantemente la storia di Gesù, per mantenere la sua memoria nel cuore della comunità cristiana”.
Le storie, quando vengono fatte proprie, possono trasformare chi le ascolta. “Il Vangelo è una bellissima storia, che sicuramente raggiungerà tutte le persone con una disponibilità anche minima di ascolto. Papa Giovanni Paolo dice nell’Ecclesia in Asia che noi condividiamo il dono di Gesù non per fare proseliti, ma per obbedire al Signore e come atto di servizio ai popoli dell’Asia. Lasciamo che sia la storia di Gesù a parlare e a raggiungere le persone. Ma se vuole riuscire a dire qualcosa di significativo, la Chiesa deve essere una buona ascoltatrice dello Spirito, dei poveri, delle culture e delle religioni”.
Le storie possono essere raccontate in molti modi, ma la testimonianza di una vita santa è ancora la migliore storia di Gesù in Asia. Anche se raccontare storie ci viene naturale, vi sono tuttavia fattori che possono sopprimere la narrazione, come il dolore causato da un ricordo traumatico, o il senso di vergogna o di colpa. “I dittatori, in Asia, per conservare il loro regime censurano e reprimono tutte le storie che denunciano corruzione, oppressione, assassinio e distruzione. Essi corrompono i responsabili dei media e minacciano quelli che vogliono divulgare la verità. Impongono una storia ufficiale della nazione, che cancella le memorie che possono mettere in cattiva luce il governo. Alcune storie sono troppo pericolose da raccontare, perché chi le ascolta potrebbe sentire il richiamo del cambiamento”. La Chiesa è, piuttosto, “la voce delle storie soppresse; racconta la storia di Gesù, le cui parole spesso rimasero inascoltate e che fu ucciso perché non potesse più raccontare la sua storia”.
In conclusione, secondo Tagle, “la missione come narrazione della storia di Gesù ha già cominciato a compiersi in Asia”. La vita e l’identità di Gesù erano radicate in una “costante unione con l’Abbà e tuttavia egli visse come un normale ebreo e riunì una comunità: la nuova famiglia di coloro che volevano ascoltare la parola di Dio e metterla in pratica”. “Egli raccontava loro le storie dell’Abbà, e la vita nell’Abbà. Nessuno poté impedirgli di raccontare la sua storia, neppure sulla croce. Riversando il suo dono dello Spirito Santo nei nostri cuori, Gesù affida a noi la sua storia. Io lo sento dire: ascoltate la mia storia – si commuove il porporato –, andate e raccontate la mia storia, là dove tutto è iniziato, nella mia casa, nella mia amata Asia”.
Interrogato, infine, a partire da un passaggio del suo libro Gente di Pasqua, in cui ribadisce che la fede non si misura dalla quantità di persone, ma dalla qualità della loro adesione al Vangelo a Cristo, il cardinale Tagle ha accennato a una sua esperienza, narrando della predicazione di un ciclo di esercizi spirituali in Cambogia, “ove la Chiesa è un piccolo gregge”. 50 sacerdoti per tutto il Paese, con pochi parrocchiani. “Però c’era una gioia, una vitalità, una speranza in questa parte del mondo dove Gesù è quasi sconosciuto… E Gesù è presente, la Chiesa vive! Questa testimonianza di fatica, coraggio, perseveranza, pazienza, non solo del sacerdote, ma anche di questa piccola comunità, per me è molto forte”. A Manila si contano invece 14 milioni di cattolici, “ma il numero non è garanzia che la fede è profonda e che sia vissuta nella vita ordinaria, quotidiana”.
Infine una considerazione sul cristianesimo in Europa. “Durante il Sinodo dell’anno scorso, sulla Nuova Evangelizzazione per la trasmissione della fede, ho udito spesso dai vescovi europei l’espressione ‘stanchezza della Chiesa’… Ma stanca di che? La Chiesa è giovane! Qual è la ragione di questa stanchezza? Mi pare che essa sia motivata dall’incapacità di dire che forse lo Spirito Santo ci invita ad una nuova forma di essere Chiesa, perché se nella mente esiste una sola immagine, una sola idea di Chiesa, quando questa idea finisce la conclusione è che la Chiesa è morta… No, non è morta né la Chiesa, né la fede. In questa prospettiva la Chiesa non ha tempo per essere stanca, perché ogni giorno cerca la mano dello Spirito Santo, la via che la storia di Gesù vuole perseguire”.
Korazym