venerdì 27 settembre 2013

Notizia sciok(ka) dalla Francia


Francia Troppe feste cristiane “Cambiamo il calendario” 
di Anais Ginori
in “la Repubblica” del 27 settembre 2013
Il calendario francese delle festività è «troppo cristiano». Lo sostiene, con una frase choc, uno dei 
membri dell’Osservatorio nazionale per la laicità. Secondo Dounia Bouzar, antropologa da poco 
nominata in questo organismo pubblico, la preponderanza di ricorrenze solo cristiane impedisce la 
giusta integrazione delle altre comunità religiose. La studiosa sottolinea la discriminazione dei 
fedeli non cristiani nella scansione delle vacanze programmate a scuola e negli uffici pubblici. 
Bouzar propone che nel calendario siano tolte due ricorrenze, per esempio Ognissanti e la 
Pentecoste, per sostituirle con la festa ebraica dello Yom Kippur e l’Eid, durante la quale i 
musulmani celebrano tradizionalmente la fine del Ramadan.
È solo una proposta, che per ora non ha molte possibilità di essere accolta dal governo. 
L’Osservatorio della laicità lavora a stretto contatto con il primo ministro e si occupa, tra l’altro, di 
vigilare sui simboli religiosi negli uffici pubblici. Il presidente dell’organismo, il socialista JeanLouis Bianco, ha subito precisato che cambiare il calendario delle festività religiose «non è una 
priorità». Il governo vuole evitare nuove polemiche con la Chiesa cattolica, dopo la lunga stagione 
di ostilità aperta dall’approvazione del matrimonio per le coppie omosessuali.
Bouzar è nata a Grenoble da genitori algerini e pubblica da anni saggi sull’integrazione delle varie 
comunità religiose, soprattutto nei luoghi di lavoro. In Francia, come in Italia, il calendario delle 
festività è scandito sulle ricorrenze cristiane. Tutte le famiglie, ha osservato Bouzar, festeggiano 
Natale. «Ma dovremmo poter condividere i momenti simbolici delle altre due principali religioni 
del paese». Una tema complesso, che tocca nervi scoperti di chi difende le “radici cristiane” della 
società francese. Il ministro dell’Istruzione, Vincent Peillon, ha da poco mandato in tutte le scuole 
una “Carta della laicità” che ribadisce i principi della divisione tra Stato e religione secondo la legge
che risale al lontano 1905.
«La Francia è stata all’avanguardia nel riconoscere la libertà religiosa e i diritti dei non credenti. 
Adesso il nostro paese — prosegue l’antropologa — dovrebbe continuare a essere più avanti degli 
altri». Negli ultimi anni, sono aumentate le rivendicazioni di alcuni gruppi, in particolare 
musulmani, sulla possibilità di assentarsi dal lavoro o di non mandare a scuola i figli durante le 
ricorrenze religiose. «Il sistematico rifiuto davanti ad alcune richieste di buon senso — nota Bouzar 
— non fa altro che alimentare le teorie di complotto di alcune frange più estremiste». La proposta 
della studiosa francese ha aperto un acceso dibattito tra i rappresentati delle varie confessioni. «Il 
nostro calendario delle festività è il frutto di una storia, di una cultura. È il riflesso delle radici 
cristiane che fanno parte del nostro patrimonio comune» ha detto Pierre-Hervé Grosjean, segretario 
della Commissione etica e politica della diocesi di Versailles. Molti cattolici temono un 
“estremismo laico” da parte della sinistra al governo. A sorpresa, l’idea di inserire l’Eid nel 
calendario delle festività non convince Abdallah Zekri, presidente dell’Osservatorio contro 
l’islamofobia, che predilige una soluzione di compromesso. «Piuttosto che sopprimere festività 
cristiane — dice — sarebbe meglio aggiungere due giorni per ebrei e musulmani ». Un’altra 
rivoluzione in nome della laicità tanto cara ai francesi non sembra alle porte. Ma se ne sentirà 
parlare ancora, in una società che diventa sempre più multiculturale e multireligiosa.

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Mobilitazione in Francia a difesa della tradizione religiosa nelle scuole pubbliche. I sikh chiedono rispetto per la loro identità

La comunità sikh in Francia ha avviato una mobilitazione per sensibilizzare le autorità al rispetto della tradizione religiosa. La comunità, che conta nel Paese circa 30.000 fedeli, chiede che i bambini possano indossare il turbante, il pagri, all’interno delle scuole pubbliche dove è vietato portare simboli religiosi. È infatti entrata in vigore la Charte de la laïcité à l’école (deve anche essere affissa e ben visibile) che vieta di portare a scuola simboli, tra cui anche la croce e, appunto il turbante, o di indossare abbigliamento «attraverso i quali gli studenti manifestano chiaramente un’appartenenza religiosa». 
La carta, riprende in sostanza due leggi, una del 1905 e l’altra del 2004, apportando il divieto perché, si legge all’articolo 14, «negli istituti scolastici pubblici le regole di vita nei vari spazi, precisate dal regolamento interno, sono rispettose della laicità». La carta sottolinea, fra l’altro, che «nessuno potrà evidenziare la propria appartenenza religiosa per rifiutare di conformarsi alle regole applicabili nella Scuola della Repubblica» e che «il personale scolastico ha un dovere di stretta neutralità: non deve manifestare convinzioni religiose nell’esercizio delle proprie funzioni».
Nel 2004, in Francia, si accese la polemica quando un giovane studente sikh, Bikramjit Singh, venne espulso da un istituto perché si ostinava a indossare il turbante. Un rappresentante del principale tempio sikh in Francia, situato a Bobigny, Kashmir Singh — riferisce l’agenzia France Presse — ha osservato che per quanto riguarda alcune religioni portare simboli religiosi non è obbligatorio (citando per esempio anche la croce), mentre ha puntualizzato per i sikh la tradizione di portare i capelli lunghi avvolti nel turbante (kesh) e il turbante stesso (pagri) «è obbligatoria», aggiungendo che «non si tratta di simboli religiosi, ma di una parte sacra inerente la nostra religione». Per la comunità sikh l’uso del turbante, inoltre, non dove essere associato soltanto all’appartenenza religiosa ma «deve costituire un simbolo dell’uguaglianza, della fraternità e della libertà che sono i tre pilastri della Rivoluzione francese». 
La polemica sul turbante aveva interessato negli anni passati anche un cittadino sikh che intendeva apparire su una foto di una patente di guida, indossando il tradizionale copricapo. La questione è approdata nel 2010 alla Corte europea per i diritti dell’uomo che ha però riconosciute legittime le motivazioni delle autorità statali che per motivi di sicurezza aveva impedito al sikh di farsi fotografare in tal modo. 
Contro le discriminazioni nei confronti dei sikh è nata anche una alleanza mondiale. L’iniziativa è stata lanciata, ad agosto scorso, in occasione della Global Sikh Civil and Human Rights Conference, che si è svolta a Bobigny. All’incontro hanno partecipato i rappresentanti di venticinque organizzazioni giunti da vari Paesi. Tra le delegazioni era presente quella proveniente dall’India. Il presidente del Delhi Sikh Gurdwara Management Committee, Manjit Singh, ha criticato le discriminazioni contro la comunità, citando fra le altre proprio la situazione delle scuole francesi. Il delegato per l’Unione dei sikh di Francia, Shingara Mann-Singh, ha sottolineato che «non si può scindere la vita dalla religione e tutto ciò che influisce sulla pratica del nostro culto ha conseguenze sulla nostra identità».
L'Osservatore Romano

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Laici-cattolici ora serve un passo avanti
La Stampa - Rassegna "Fine settimana"
 
(Gian Enrico Rusconi) Il salto di qualità e di civiltà comunicativa che sta segnando in queste settimane il rapporto tra laici e uomini di Chiesa è un’ottima cosa. Ma mostra anche i suoi limiti. Lo dico senza polemica, ma per andare avanti. Nell’intenso scambio, diffuso in rete,(...)