lunedì 28 ottobre 2013

Dio mi ha trovato il lavoro!

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I disegni del Signore sembrano a volte paradossali, ma accettarli con umiltà porta alla realizzazione di sé. La storia di una insegnante di religione

*
“Cri, che lavoro fai?”.
“Insegno alle superiori… religione”.
“Religioneee????”.
“Eh già! Non te l’aspettavi, eh?!”.
“Beh, nooo. Non sembri un’insegnante di religione”.
A questo punto scoppio a ridere perché, ancora una volta, tutto si è svolto come da programma.
Ed è sempre così!
Ogni tanto ripenso a come mi sono ritrovata  a fare questo lavoro: insegnante di religione e siccome mi giungono messaggi dove me lo chiedono in tanti, io rispondo.
Vi avverto: è una storia strana. La riassumo:
A scuola, da dove mi posso ricordare, l’ora di religione mi è sempre sembrata inutile e noiosa. Alle superiori, il più delle volte, uscivo dall’aula con una scusa.
Non è che non mi interessasse riflettere sui “perché” della vita: è che mi innervosivano le risposte preconfezionate ed intrise di anni di tradizionalismo plateale.
Così quando, dopo il diploma, mi ritrovai a decidere su cosa fare del mio futuro professionale, l’insegnamento (e, per di più, di religione) manco mi passava per l’anticamera del cervello. 
Un mese dopo il diploma, arrivò l’occasione di partecipare ad un concorso per entrare a lavorare in banca. Ricordo che eravamo circa 2000 concorrenti per 8 posti. Superai lo scritto e rimanemmo in 20 circa.
Qualcuno potrebbe pensare che fui brava a superare la prova scritta del concorso. In realtà fui solo fortunata: fare i quiz veloci a risposta multipla per me (allora!) era un gioco e svolgere un tema di concorso il cui titolo si riferiva all’argomento che io avevo già sviscerato per la mia tesina d’esame, fu un colpo di fortuna enorme.
Ma più si avvicinava l’orale del concorso più io non studiavo. Ero incapace di concentrarmi su quelle nozioni che ritenevo assolutamente lontane del mio mondo a da una mia eventuale autorealizzazione professionale.
Ero come divisa in due: una vocina mi diceva che ero una superficiale disgraziata a non studiare per quell’occasione che la vita mi poneva su di un piatto d’argento… mentre un’altra vocina mi sussurrava che se mi fossi chiusa in banca avrei potuto dire addio ad ogni forma di soddisfazione professionale.
All’orale mi sentii come un pesce fuori dall’acqua. Nella stanza dove si attendeva i proprio  turno, tutti studiavano, ripassavano, chiedevano…Io sola ero arrivata senza libri o appunti. Il momento dell’orale si stava avvicinando e io non ero pronta.
Quando arrivò il mio turno non mi restò altro da fare che dichiarare candidamente, di fronte alle innumerevoli domande del presidente della commissione, che quelle cose non le sapevo.
Lo dicevo sorridendo e sentivo gli sguardi allibiti dei membri della commissione su di me. Quegli uomini (ne sono certa) si stavano chiedendo che cosa avessi da sorridere mentre la prospettiva di poter lavorare in banca si stava allontanando da me in maniera inesorabile.
Probabilmente quel giorno il mondo intero si è chiesto che cosa volessi fare “da grande”.
E me lo chiesi anche io.
L’insofferenza cresceva e la mia ricerca di un lavoro che mi piacesse, pure.
Poi, in quei giorni, improvvisa, come un colpo di fulmine, mi venne un’ida che mi folgorò.
Ero in cucina a girare il sugo. Osservavo il suo ribollire e pensavo al mio futuro, cercando di adattarmi all’idea che avrei dovuto fare un lavoro privo di soddisfazioni ma con una sicura busta paga mensile.
Pratica dovevo essere!
All’improvviso, nel mezzo di queste mie elucubrazioni, affiorò nella mia mente un’ipotesi che mai avrei pensato di prendere in considerazione: fare l’insegnante di religione!
L’insegnante di religione?
Mentre cresceva dentro di me un improvviso entusiasmo per questa idea, inevitabilmente ripensavo alle mie ore di religione da studentessa.
Praticamente il prof entrava ed io uscivo. E questo era un bene per lui, perché quando mi fermavo lo riempivo di domande altamente provocatorie facendolo letteralmente impazzire.
Ricordo quando lo incontrai subito dopo il diploma: lui si avvicinò e mi chiese con tono pacato e quasi dolce: "Ora facciamo pace?".
Io, che non avevo mai sopportato l’ora di religione, stavo pensando di farne il mio futuro.
E mi piaceva anche l’idea. Assurdooo!!!
Mi sembrava tutto impossibile.
Per vederci chiaro in tutta questa faccenda decisi di chiedere un consiglio in merito, ad un sacerdote che stimavo (e stimo!) tanto. Mi conosceva fin da piccola e mi avrebbe aiutato a capire se quello che stavo rimuginando tra me e me, potesse avere un senso.
Quel sacerdote, appena mi vide arrivare esclamò: “Proprio te cercavo! Ti volevo fare una proposta: ti piacerebbe insegnare religione alle superiori? Certo: dovresti iniziare a studiare a Roma per prenderti una laurea, però tu potresti essere adatta. Ci vuoi pensare?”
Non sapeva che io ci avevo già pensato un paio di ore prima, davanti ad un sugo che ribolliva per la pasta del pranzo!
Tante volte mi sono chiesta se tutta questa storia sia solo una curiosa coincidenza. Sono passati talmente tanti anni che, a volte, mi sembra quasi una bella favola.
Ma quello che mi è successo negli anni a seguire, a livello professionale, mi ha convinto che Dio ha guidato la mia scelta lavorativa in maniera molto decisa!
Mi sembra questa la frase giusta: molto decisa!
Mi sono anche persuasa che le vere coincidenze, nella vita terrena, sono poche o niente.
Su questa mia convinzione mi rassicura il fatto che anche Edith Stein era arrivata alla mia stessa certezza: “Ciò che non era nei miei piani era nei piani di Dio. In me prende vita la profonda convinzione che – visto dal lato di Dio – non esiste il caso; tutta la mia vita, fino ai minimi particolari, è già tracciata nei piani della provvidenza divina e davanti agli occhi assolutamente veggenti di Dio presenta una correlazione perfettamente compiuta".
In questi anni la Provvidenza Divina è stata al centro delle mie riflessioni.
Sempre.
In continuazione.
Le prove che ho dovuto superare sono state talmente tante che, avere la certezza della protezione continua di Dio, è stato vitale per me.
Dio è amore e ci ama infinitamente. Per questo nulla di ciò che ci accade può essergli indifferente. Egli ci difende come la pupilla dei suoi occhi ed anche i capelli del nostro capo sono tutti contati.
Dio guida tutta la nostra esistenza fino nei minimi dettagli. Nulla sfugge alla sua attenzione e le stesse forze dell’universo sono al suo servizio per il bene degli uomini. Egli veglia per noi 24 ore al giorno e non ci lascia soli neppure un istante. Perciò credere nella Provvidenza di Dio mi dà una straordinaria sicurezza e tranquillità.
Possiamo dormire tranquilli, sapendo che nulla accadrà, che Dio non permetta e quel che permette, è solo per il nostro bene (cfr Rm 8,28).
Dio guida le nostre vie, anche se per noi tali vi sono spesso incomprensibili.
Nulla accade per casualità.
Mi ha sempre fatto pensare il racconto dell’Antico Testamento su Giuseppe, vicerè d’Egitto. Quando, anni dopo, rincontrerà i fratelli che l’avevano venduto come schiavo, lui dirà loro: “Se voi avevate pensato del male contro di me, Dio ha pensato di farlo servire a un bene, per compiere quello che oggi si avvera: far vivere un popolo numeroso” (Gen50,20). 
M. Cristina Corvo
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