giovedì 24 ottobre 2013

Esempio di “cristianesimo ideologico”

Lo stemma della COMECEQuando i vescovi diventano meteopatici
di Riccardo Cascioli

Ingiustizia climatica; temperature fuori controllo che potranno aumentare di 6° entro il 2100; uragani e alluvioni sempre più frequenti, sempre più devastanti; livello del mare che cresce e isole che scompaiono; centinaia di milioni di persone che non avranno più acqua. E tutto questo, ovviamente, è colpa dell’uomo - e soprattutto dell’uomo occidentale - che continua a bruciare combustibile fossile e divora le risorse in modo scriteriato. E allora è necessario introdurre legislazioni vincolanti per mettere gli uomini in riga. 

«E’ la sintesi di uno studio del WWF o un manifesto di Greenpeace», direte voi. No, è ciò che è emerso nei giorni scorsi, al termine della giornata di seminario organizzato dalla COMECE, l’organismo che raccoglie le Conferenze episcopali cattoliche dell’Unione Europea. Si tratta di un seminario che già dal titolo la dice lunga: “Protezione ambientale e cambiamento climatico come una sfida per le politiche – Il ruolo di etica, stili di vita, solidarietà e giustizia globale”. Gli organizzatori parlano di un seminario che ha la formula del “Dialogo”, ma dagli interventi svolti non si capisce tra chi sia il dialogo; più corretto sarebbe definirlo “monologo a più voci”, visto che il catastrofismo climatico l’ha fatta da padrone (e uno dei relatori, il gesuita padre José Ignacio Garcia, a conclusione della giornata e dopo aver sentito profezie di sventura di ogni tipo ha anche avuto il coraggio di dire di non avere paura). 

Peraltro quello del seminario del 17 ottobre non è un episodio isolato, è invece una tendenza ben radicata all’interno della COMECE: basta andare a rileggersi il rapporto “A Christian View on Climate Change” datato novembre 2011, per trovarci una summa del catastrofismo climatico.

E’ questo uno degli esempi più eclatanti di quel “cristianesimo ideologico” denunciato da papa Francesco la settimana scorsa: una spruzzatina di spiritualità per dare una veste cristiana all’ideologia dominante, la citazione di un salmo o di una lettera di San Paolo per seguire ideologie alla moda senza dare nell’occhio. Come negli anni ’70 si seguiva il marxismo, oggi si segue l’ecologismo e diventa “profetico” installare pannelli solari per scaldare la parrocchia.

Scorrere le relazioni svolte al seminario, voluto all’indomani della pubblicazione della sintesi per i politici del 5° Rapporto dell’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change, un organismo creato in ambito Onu) e alla vigilia della Conferenza di Varsavia sui cambiamenti climatici che si svolgerà in novembre, è quantomeno sconfortante. E’ la ripetizione di luoghi comuni, peraltro superati dalla realtà, spacciati per scienza indiscutibile. Si parla di «evidenza scientifica» nell’ultimo rapporto dell’Ipcc per la responsabilità umana nei cambiamenti climatici, che sono ovviamente la principale sfida dell’umanità. Peccato però che nessuno spieghi come mai, malgrado le previsioni precise al rialzo che erano state fatte, la temperatura globale non cresce ormai dal 1998.

E peccato anche che l’Ipcc non sia affatto quel massimo tribunale della scienza che si vorrebbe far credere. Come dice il nome stesso è un organismo intergovernativo, si tratta cioè di un soggetto politico – controllato dai governi – che si avvale del contributo di scienziati, a loro volta scelti dai rispettivi governi. Fin troppo facile capire che i suoi rapporti hanno un valore scientifico molto limitato, senza considerare che spesso la “sintesi per i politici” – che precede la pubblicazione del vero Rapporto – si discosta chiaramente dai contenuti del rapporto stesso, proprio perché il vero obiettivo degli allarmi è spingere i governi a fare determinate scelte economiche ed energetiche. Come è puntualmente avvenuto negli ultimi venti anni (il primo Rapporto è stato pubblicato nel 1990). 

Si tratta peraltro di politiche che danneggiano i paesi poveri, perché li costringono a “lavorare” per soddisfare le esigenze “ecologiche” dei paesi occidentali. Lo dimostra, ad esempio, il caso dei biocarburanti: molti paesi in Africa ed Asia hanno dovuto convertire i terreni agricoli alle coltivazioni necessarie per soddisfare la domanda di biocarburante, soprattutto per l’Europa.

Perché allora l’organismo che riunisce tutti gli episcopati dell’Unione Europea sposa questa linea? I motivi possono essere vari, ma al fondo c’è una scelta essenzialmente ideologica, una riduzione delle Scritture a puro moralismo. Senza rendersi conto che l’ideologia ecologista è profondamente anti-umana e per ciò stesso anti-cristiana. L’uomo è infatti visto come un corpo estraneo rispetto all’ambiente che lo circonda, è il nemico della natura,  che – va da sé – senza la nostra presenza vivrebbe in perfetto equilibrio. C’è dietro una concezione negativa dell’uomo, tipica di un certo protestantesimo che, non a caso, genera forti tendenze totalitarie: se l’uomo, infatti, è intrinsecamente cattivo c’è bisogno di una autorità statale forte per limitare al massimo i danni che può fare. Che siano anche i vescovi cattolici a seguire questa strada non è decisamente una bella testimonianza. Forse gli episcopati nazionali dovrebbero vigilare meglio sulle attività che a proprio nome vengono effettuate in ambito europeo.

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Risoluzione Estrela rimandata in Commissione
di Nicolò Fede

Strasburgo. Nel corso di una seduta parlamentare alquanto tumultuosa, nel primo pomeriggio di martedì 22 il Parlamento europeo ha rispedito al mittente (la notoriamente progressista commissione parlamentare per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere) il Rapporto di Edite Estrela (Socialisti & Democratici) sulla salute e i diritti sessuali e riproduttivi.
 Questo documento conteneva – tra l’altro – la promozione dell’educazione sessuale fin dalla prima infanzia ed una forte spinta agli stati membri dell’UE a garantire l’aborto come se fosse un diritto umano... Gli eurodeputati delle sinistre e la lobby pro-aborto molto ascoltata a Bruxelles, pensavano di far passare tale rapporto senza troppo rumore, tanto che molti osservatori ne davano per certa l’adozione.
Inaspettatamente, ciò che è successo è dell’ordine di quegli eventi che superano la stessa storia umana, se si pensa, del resto, che martedì ricorreva la memoria del Beato Giovanni Paolo II. Un nutrito sit-in pro-life, composto da gruppi di tedeschi e francesi, si è fatto sentire con forza davanti alla sede del Parlamento di Strasburgo. Chiunque entrava, deputati in primis, poteva sentire e leggere il chiaro “Estrela No!”.
L’attività incessante di organizzazioni come la Federazione europea delle associazioni familiari cattoliche (FAFCE) ha fatto il resto: è stato chiarito a tutti i membri del parlamento europeo come l’aborto non rientri affatto tra le competenze dell’UE e in 12 punti sono state loro spiegate le buone ragioni per rifiutare questo rapporto.
Appena prima del voto, Ashely Fox, deputato conservatore britannico, ha chiesto il rinvio del testo in Commissione. Le sinistre hanno protestato con forza ed il presidente del gruppo dei socialisti e democratici, l’austriaco Hannes Swoboda, si è spinto a mentire affermando che questa richiesta non era possibile. La presidenza, tuttavia, ha messo al voto la richiesta, come da regolamento: 351 contro 319 deputati si sono espressi a favore del rinvio in commissione. Gli eurodeputati italiani hanno seguito i loro gruppi parlamentari, tranne le vistose astensioni di Tatarella (Ppe), Costa e Prodi (S&D) e l’inspiegabile parere negativo al rinvio di Speroni (Efd – Lega Nord). In attesa delle prossime elezioni europee di maggio 2014, appare importante seguire le scelte politiche dei nostri rappresentanti a Strasburgo, specialmente in questioni che toccano tanto direttamente la vita umana.
Probabilmente, sentiremo ancora parlare di questo rapporto Estrela. Infatti, si tratta soltanto di un rinvio e non di una bocciatura definitiva. Ma è chiaro che il tempo permetterà una più lunga discussione su questo testo e di mettere alla luce le contraddizioni e le assurdità che esso contiene. Se è vero che non si tratta di un rapporto vincolante per gli stati membri dell’UE, la sua approvazione darebbe un argomento politico a favore della cultura della morte e renderebbe la dignità umana in Europa ancora più minacciata.