giovedì 31 ottobre 2013

La straordinaria normalità che dà luce a tutti




Il  tweet di Papa Francesco: "Un cristiano sa affrontare le difficoltà, le prove – anche le sconfitte – con serenità e speranza nel Signore." (30 ottobre 2013)

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Filippo, la straordinaria normalità
che dà luce a tutti
Quando mi hanno detto quello che stava succedendo, non ci potevo credere. Non ci credevo. Ma sai il bello? Io non ci ho creduto finché non ti ho visto al funerale. Non potevo credere che una persona come te, forte, sempre allegra, pronta ad ascoltarti, sempre a chiederti "come stai?" (maledetta frase) non c’era più. No. Adesso è strano entrare nel salone dell’oratorio e vedere la tua foto. Prima vedevo te. So che ci sei. Ci sei sempre stato, ci sei e ci sarai sempre. Forse non te l’ho mai detto, ma... grazie». Francesca ha 18 anni ed è una delle animatrici dell’oratorio di Intra che l’anno scorso erano "tutorate" da Filippo. Ha scritto questo messaggio due giorni fa, su Facebook, tirando fuori quello che finora non gli aveva detto.

Filippo Gagliardi è morto l’11 settembre, un tumore fulminante l’ha portato via in meno di un mese. Era una persona normalissima, un ingegnere trentenne che viveva la sua fede nel quotidiano, radicato in una comunità, all’oratorio Circolo San Vittore di Intra, sponda piemontese del Lago Maggiore. Lì aveva scelto di impegnarsi come "sentinella del mattino" e di sposare Anna, con cui fin da bambino aveva giocato su quel campetto che ora porterà il suo nome. È morto mentre stava diventando padre. A fine dicembre verrà battezzato Luca Filippo, nato il 6 ottobre. Anna, durante il lungo travaglio, si è affidata proprio al suo Filippo: «Istanti di terrore di perdere quanto di più bello e prezioso avessi. Mi sono detta: "Voglio essere come Fil e affrontare qualunque cosa affidandomi al Signore", e ho pregato Lui ma anche te affidando la preziosa vita del nostro cucciolo, e ripetendo, come hai fatto tu: "Il Signore è la mia forza, in Lui confido, non ho timor"».

La vita di Filippo non ha niente di straordinario, ma è proprio questo ad aver gettato luce su una vicenda che da due mesi non smette di scuotere i tanti che l’hanno conosciuto, e anche chi di lui non sapeva quasi nulla. A don Fabrizio Corno, prete a Intra e amico di Filippo, continuano ad arrivare lettere e testimonianze di chi s’è messo in discussione. Come Stefano, un ragazzo che dopo anni si è rifatto vivo con don Fabrizio solo per dirgli che incontrava Filippo sul traghetto per andare al lavoro: «Lo vedevo tutte le mattine. Saliva a bordo, salutava tutti e poi apriva sempre un suo libretto. Mi colpiva perché vedevo che non leggeva: pregava».

Un anno fa, Filippo scriveva un sms agli animatori più piccoli dopo il ritiro: «Siete stati davvero bravi!! Lui ha bussato alla nostra porta: non abbiamo potuto rimanere indifferenti, qualcuno ha già spalancato la porta, altri l’hanno solo socchiusa! Auguro a tutti di non stancarsi mai di guardare e accogliere chi bussa alla porta della nostra vita!». E il 26 agosto scriveva all’amico sacerdote dopo aver meditato sul Vangelo della porta stretta: «Fabri, la porta si fa sempre più stretta e ho ancora offerto questo dolore per tutti voi». "Fabri" il giorno dopo la morte di Filippo ha ricevuto la lettera di monsignor Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novara: «La sua vita è un quinto Vangelo». Un mese dopo Brambilla vorrà celebrare a Intra la Messa per il trigesimo.

Ed è ancora don Fabrizio a ricordare gli ultimi istanti di Filippo: «Mi hai detto con voce flebile ma sguardo luminoso: "ti voglio bene!"... E io: "questo varrà per sempre"... E poi sei partito! Chi mi abbraccerà come facevi tu? Grazie Pippo, di tutto, soprattutto di questi ultimi giorni intensi in cui mi hai fatto il regalo più grande: poterti stare vicino! È stato un onore! Porto nel cuore la tua ultima confessione, la tua ultima comunione e il ritornello che avresti voluto cantarmi: "Il Signore è la mia forza e io spero in Lui, il Signore è il Salvator, in Lui confido non ho timor". No, di timore non ne hai avuto, la tua fede era troppo luminosa, Pippo restami vicino».​

Ilaria Nava (Avvenire)